Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 158 del  codice
penale, promosso con ordinanza del 5  marzo  2007  dal  Tribunale  di
Verbania nel procedimento penale a carico di B. M.,  iscritta  al  n.
623 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2007. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 3 dicembre  2008  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale   di   Verbania,   in   composizione
monocratica, con ordinanza del 5 marzo 2007, ha  sollevato  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 158 del codice penale: a) in
riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, nella parte in
cui prevede che il termine di prescrizione decorra, per il delitto di
cui all'art. 640 cod. pen.,  dal  giorno  di  commissione  del  reato
anziche' dal giorno in cui la persona  abbia  contezza  della  truffa
perpretata ai suoi danni; b) in riferimento all'art. 3  Cost.,  nella
parte in cui prevede che il termine di prescrizione  decorra  per  il
reato  continuato  dal  giorno  di  consumazione  di  ciascun  reato,
anziche' dal  giorno  di  cessazione  del  reato  continuato;  c)  in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui  prevede  che
il termine di prescrizione decorra per i reati perseguibili a querela
dal giorno di commissione di ciascun reato anziche' dalla  cessazione
del reato continuato; 
        che il rimettente premette, in fatto, di  essere  chiamato  a
giudicare in ordine alla responsabilita' penale  di  M.  B.  per  una
serie di delitti di truffa, alcuni consumati, altri solo tentati,  in
danno di compagnie di assicurazione; delitti commessi, in  esecuzione
di un medesimo disegno criminoso, a partire  dal  1995  e  proseguiti
fino al 2004; 
        che all'udienza del 5  marzo  2007,  data  dell'ordinanza  di
rimessione, la difesa dell'imputato ha chiesto,  ai  sensi  dell'art.
129 del  codice  di  procedura  penale,  una  pronuncia  dichiarativa
dell'estinzione  della  gran  parte   dei   reati   per   intervenuta
prescrizione; 
        che, dunque, a parere del Tribunale di Verbania, la questione
e' rilevante perche' dovrebbe dichiarare estinti tutti i reati per  i
quali, alla data del 5 marzo 2007, ai sensi del  novellato  art.  158
cod. pen., e' decorso il termine massimo di prescrizione; 
        che, quanto alla non manifesta  infondatezza,  il  rimettente
ritiene, in primo luogo, che la norma censurata - nella parte in  cui
prevede che, per il delitto di cui all'art. 640 cod. pen., il termine
di prescrizione decorra dal giorno di commissione del reato  anziche'
dal giorno in cui la persona offesa ne ha avuto conoscenza - non  sia
conforme al parametro di ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
perche' nel reato di truffa l'inconsapevolezza della  persona  offesa
al momento della consumazione del reato non e' casuale ma strutturale
all'illecito, ed e' altresi' fisiologico che il reo «ponga in  essere
attivita' idonee, anche nella fase del post factum  non  punibile,  a
far  si'  che  tale  inconsapevolezza  permanga  il  piu'   a   lungo
possibile»; 
        che, in tal modo, sempre  secondo  il  rimettente,  l'attuale
disciplina del dies a quo dal quale  far  decorrere  la  prescrizione
favorirebbe, in modo del tutto ingiustificato, «una consumazione  del
termine prescrizionale per le ipotesi di maggiore gravita' rispetto a
quelle di minore allarme sociale  in  un  reato  che  ontologicamente
prevede la non percezione contestuale della consumazione del reato»; 
        che, secondo il Tribunale di  Verbania,  la  norma  censurata
violerebbe anche l'art. 24 Cost., perche' «diminuisce, fino  a  poter
addirittura vanificare, il diritto della persona offesa alla  propria
tutela in sede penalistica, ed altresi' puo' comportare,  sulla  base
della disciplina civilistica della prescrizione, ai sensi degli  art.
2946 e seguenti  del  cod.  civ.,  la  speculare  prescrizione  anche
dell'azione civilistica dell'incolpevole persona offesa»; 
        che risulterebbe leso anche il principio  di  obbligatorieta'
dell'azione penale di cui all'art.  112  Cost.,  perche',  avendo  la
persona offesa la percezione della consumazione  del  reato  ai  suoi
danni solo in un secondo momento, sarebbe  inevitabile  che,  proprio
nei casi di peculiare professionalita' del reo, l'azione  penale  non
venga esercitata in tempo utile; 
        che, a parere  del  rimettente,  anche  la  disciplina  della
prescrizione del reato continuato sarebbe contraria al  principio  di
ragionevolezza, in particolare perche' la  norma  censurata,  che  fa
decorrere il termine di prescrizione dal giorno  di  consumazione  di
ciascun  reato,  anziche'  dal  giorno  di   cessazione   del   reato
continuato, non troverebbe adeguata giustificazione  in  nessuno  dei
contrapposti interessi, dell'imputato e dello Stato; 
        che, infatti,  non  vi  sarebbe  un  legittimo  e  tutelabile
interesse dell'imputato a essere prosciolto per fatti  risalenti  nel
tempo, vista l'attualita' del disegno criminoso, e  non  vi  sarebbe,
neppure, un interesse statuale a rinunciare alla pretesa punitiva per
motivi  di  «economia  processuale»  e  «buon   funzionamento   della
giustizia»,  atteso  che  la  sussistenza  dei  fatti  «coperti»   da
prescrizione, per motivi di connessione probatoria e  di  valutazione
ai sensi dell'art. 133  cod.  pen.,  rientrerebbe  «doverosamente  ed
ineluttabilmente  nella  decisione  sui  fatti   non   "coperti"   da
prescrizione»; 
        che, infine, la norma censurata,  nel  far  decorrere  per  i
reati perseguibili a querela, in caso di continuazione, il termine di
prescrizione dal giorno di  commissione  di  ciascun  reato  anziche'
dalla cessazione del reato continuato, sarebbe contraria al principio
di ragionevolezza e  lesiva  del  diritto  di  difesa  della  persona
offesa; 
        che, secondo il Tribunale di  Verbania,  in  presenza  di  un
reato perseguibile a  querela,  il  termine  di  presentazione  della
querela e' gia' sufficiente garanzia «selettiva» per l'ordinamento  e
appare palesemente irragionevole, anche per  questo  tipo  di  reati,
prevedere la decorrenza «frazionata» per ciascun reato anche nel caso
in cui il reato sia continuato; 
        che,  di  fatto,  tale  disciplina  garantirebbe  il  reo   a
discapito  della  persona  offesa  che  abbia  percepito  il  disegno
criminoso ai suoi danni solo al momento della  cessazione  del  reato
continuato e che, da quel momento, si  sia  tempestivamente  attivata
per la punizione del colpevole; 
        che non vi sarebbe alcuna legittima e tutelabile  aspettativa
dell'imputato, il quale  aveva  ancora  in  corso  il  suo  specifico
disegno criminoso, e, per di  piu',  non  vi  sarebbe  neanche  alcun
rilevante beneficio per l'amministrazione della giustizia, che,  dopo
aver necessariamente valutato la complessiva attivita' illecita posta
in essere, potrebbe sanzionarne solo una parte; 
        che e' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione  inammissibile
o infondata; 
        che, a parere dell'Avvocatura generale dello  Stato,  non  vi
sarebbe alcuna lesione del principio di ragionevolezza da parte della
norma censurata nella  parte  in  cui  fa  decorrere  il  termine  di
prescrizione dalla data di consumazione del reato di truffa, anziche'
da quella in cui la persona offesa  abbia  acquisito  contezza  della
truffa, apparendo pienamente razionale, e dunque non  censurabile  in
sede di giudizio di costituzionalita', la individuazione del  dies  a
quo del termine di prescrizione sulla base di un riferimento certo ed
oggettivo, quale e' quello costituito dalla data di consumazione  del
reato, come previsto per tutti gli altri reati non permanenti; 
        che deve essere escluso altresi'  il  contrasto  della  norma
denunciata con gli artt. 24 e 112 della Costituzione, trattandosi  di
profili di costituzionalita' prospettati dal giudice a quo in termini
di stretta  consequenzialita'  rispetto  alla  denunciata  violazione
dell'art. 3 Cost.; 
        che, per quanto riguarda la questione relativa alla  presunta
irrazionalita' dell'art. 158 cod. pen. nella parte in cui prevede che
il termine della prescrizione decorra dalla consumazione  di  ciascun
reato anziche' dalla cessazione del  reato  continuato,  l'Avvocatura
richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 1985,  con
la quale si e' ritenuta pienamente legittima la  norma  in  questione
sul rilievo che il legislatore resta libero di considerare  il  reato
continuato  ora  come  un  tutto  unitario,   ora   come   un'entita'
scomponibile  in  una  pluralita'  di   reati,   nei   limiti   della
ragionevolezza; 
        che, nel caso di specie, la sottoposizione di una  pluralita'
di  reati  uniti  dal  vincolo  della   continuazione   allo   stesso
trattamento previsto, ai fini del  computo  della  prescrizione,  per
l'ipotesi in cui sussista soltanto un concorso  materiale  di  reati,
non puo' esser  ritenuta  priva  di  ragionevolezza,  dato  che  tale
previsione  risulta  assolutamente  coerente  con  la  ratio  sottesa
all'istituto del reato continuato, che  e'  quella  di  limitare  gli
eccessi rigoristici derivanti dall'operativita' della disciplina  del
concorso materiale dei reati. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Verbania,  in   composizione
monocratica, dubita della legittimita' costituzionale, in riferimento
agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, dell'art. 158  del  codice
penale, nella parte in cui prevede che  il  termine  di  prescrizione
decorra: a) per il delitto di cui all'art. 640 cod. pen., dal  giorno
di commissione del reato anziche' dal giorno in cui la persona  abbia
contezza della truffa perpretata ai  suoi  danni;  b)  per  il  reato
continuato, dal giorno di consumazione di ciascun reato anziche'  dal
giorno  di  cessazione  del  reato  continuato;  c)   per   i   reati
perseguibili a querela, dal giorno di commissione  di  ciascun  reato
anziche' dalla cessazione del reato continuato; 
        che quanto alla prima questione, ad  avviso  del  rimettente,
poiche'   il   reato    di    truffa    presuppone    ontologicamente
l'inconsapevolezza da parte della persona offesa  della  consumazione
del reato, sarebbe  contrario  al  principio  di  ragionevolezza  far
decorrere il termine di prescrizione dal momento  della  consumazione
del reato anziche' dal giorno in cui la persona offesa abbia contezza
della truffa perpetrata ai suoi danni; 
        che, inoltre, la norma censurata si porrebbe in contrasto con
l'art. 24 Cost., in quanto vanificherebbe il  diritto  della  persona
offesa alla propria tutela  in  sede  penalistica,  con  il  connesso
rischio della prescrizione, ai sensi degli art. 2946 e  seguenti  del
codice civile, anche dell'azione civile; 
        che risulterebbe violato  anche  l'art.  112  Cost.  perche',
essendo strutturale al reato di truffa che la  persona  offesa  abbia
percezione della consumazione del reato solo in un  secondo  momento,
sarebbe   ineluttabile   che,   proprio   nei   casi   di   peculiare
professionalita' del reo, l'azione penale non possa essere esercitata
in tempo utile; 
        che l'attuale disciplina della prescrizione sarebbe contraria
al  principio  di  ragionevolezza  anche  con  riferimento  al  reato
continuato, laddove prevede che il termine  di  prescrizione  decorra
dal giorno di consumazione di ciascun reato, anziche' dal  giorno  di
cessazione del reato continuato; 
        che   una   tale   previsione   non    troverebbe    adeguata
giustificazione in nessuno dei contrapposti interessi: ne' in  quello
dell'imputato a non essere giudicato per fatti risalenti  nel  tempo,
atteso che vi e' l'attualita' del disegno criminoso,  ne'  in  quello
dello Stato a rinunciare alla pretesa punitiva per motivi di economia
processuale e buon  funzionamento  della  giustizia,  atteso  che  la
sussistenza dei fatti dovrebbe comunque essere accertata dal  giudice
ai fini della decisione sui fatti non ancora coperti da prescrizione; 
        che, infine, sarebbe irragionevole, con specifico riferimento
ai reati perseguibili a  querela,  che  il  termine  di  prescrizione
decorra dal giorno di commissione di ciascun  reato,  anziche'  dalla
cessazione  del  reato  continuato,   in   quanto   il   termine   di
presentazione  della  querela  sarebbe  gia'   sufficiente   garanzia
«selettiva» per l'ordinamento, mentre di fatto  l'attuale  disciplina
garantirebbe il reo a discapito della persona offesa; 
        che le questioni sono manifestamente inammissibili; 
        che,  per  costante  giurisprudenza  di  questa   Corte,   la
prescrizione, inerendo al complessivo trattamento riservato  al  reo,
e' istituto  di  natura  sostanziale  e  la  relativa  disciplina  e'
soggetta al principio della riserva di legge  sancito  dall'art.  25,
secondo comma, Cost., secondo il quale nessuno puo' essere punito  se
non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso; 
        che tale principio, rimettendo al legislatore la  scelta  dei
fatti da  sottoporre  a  pena  e  delle  sanzioni  loro  applicabili,
inibisce alla Corte tanto la creazione di nuove fattispecie criminose
o l'estensione di quelle esistenti a casi non  previsti,  quanto  «di
incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti  alla
punibilita»: aspetti fra i  quali,  indubbiamente,  rientrano  quelli
relativi alla disciplina  della  prescrizione  e  dei  relativi  atti
interruttivi o sospensivi (ex plurimis, tra le  ultime,  sentenze  n.
324 del 2008 e n. 394 del 2006 e ordinanza n. 65 del 2008); 
        che, pertanto, il principio di legalita' preclude alla  Corte
di pronunciare sentenze additive in malam partem del tipo  di  quella
richiesta  dal  rimettente,  volta  a  introdurre,  con   riferimento
rispettivamente al reato di truffa, al reato continuato  e  ai  reati
perseguibili a querela in caso di continuazione, una nuova disciplina
della prescrizione al di fuori di quella contemplata dal legislatore,
con l'intento dichiarato di allungare  i  tempi  di  prescrizione  di
alcuni reati che altrimenti, nel caso di specie, gia'  risulterebbero
prescritti. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.