Ordinanza 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  artt.  27  della
legge 18 aprile  2005,  n.  62  (Disposizioni  per  l'adempimento  di
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee. Legge comunitaria 2004), e 1 del decreto-legge  15  febbraio
2007, n.  10  (Disposizioni  volte  a  dare  attuazione  ad  obblighi
comunitari  ed  internazionali),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1 della legge 6 aprile 2007, n. 46, promosso con  ordinanza
del 17 dicembre 2007  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Firenze, nei giudizi  riuniti  vertenti  tra  s.p.a.  Publiservizi  e
l'Agenzia delle entrate, ufficio di Firenze 1, iscritta al n. 226 del
registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 30, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 14 gennaio  2009  il  giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che, nel corso di  quattro  giudizi  riuniti  aventi  ad
oggetto l'impugnazione, da parte di una societa'  per  azioni,  delle
comunicazioni-ingiunzioni  di   pagamento   dell'IRPEG   emesse   dal
competente  ufficio  dell'Agenzia  delle  entrate  (con   correlative
iscrizioni a ruolo) per gli anni dal 1995  al  1998,  la  Commissione
tributaria  provinciale  di  Firenze,  con  ordinanza  pronunciata  e
depositata il 17 dicembre 2007, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt.  53  e  97  della  Costituzione,  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 27 della  legge  18  aprile  2005,  n.  62
(Disposizioni    per    l'adempimento    di    obblighi     derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee.   Legge
comunitaria 2004), e 1 del decreto-legge  15  febbraio  2007,  n.  10
(Disposizioni volte a  dare  attuazione  ad  obblighi  comunitari  ed
internazionali), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1  della
legge 6 aprile 2007, n. 46, i quali dispongono  la  restituzione,  da
parte   dei   contribuenti,   degli   importi   corrispondenti   alle
agevolazioni fiscali da essi godute e qualificate come aiuti di Stato
incompatibili con l'ordinamento  comunitario  dalla  decisione  della
Commissione CE n. 2003/193/CE del 5  giugno  2002  e  dalla  sentenza
della Corte di giustizia CE del 1° giugno 2006 in causa C-207/05; 
        che, secondo quanto premette il  giudice  rimettente:  a)  la
ricorrente nei giudizi principali, anteriormente agli anni  d'imposta
oggetto di controversia, aveva la veste giuridica  di  consorzio  tra
Comuni e, in data 2 giugno 1995, si era costituita - ai  sensi  della
legge 8 giugno 1990, n. 142 - in societa' per azioni, partecipata  in
via maggioritaria da enti pubblici locali, esercitando quale  propria
attivita'  prevalente  la  gestione  in  ambito  locale  dei  servizi
pubblici degli enti azionisti; b) il combinato disposto dell'art. 66,
comma 14, del decreto-legge 30 agosto 1993,  n.  331  (Armonizzazione
delle  disposizioni  in  materia  di  imposte  sugli  oli   minerali,
sull'alcole, sulle bevande alcoliche,  sui  tabacchi  lavorati  e  in
materia di IVA con quelle recate da  direttive  CEE  e  modificazioni
conseguenti a detta armonizzazione, nonche' disposizioni  concernenti
la disciplina  dei  centri  autorizzati  di  assistenza  fiscale,  le
procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi
di impresa fino all'ammontare corrispondente  al  contributo  diretto
lavorativo,  l'istituzione  per  il  1993  di   un'imposta   erariale
straordinaria su  taluni  beni  ed  altre  disposizioni  tributarie),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e
dell'art. 3, comma 70, della legge 28 dicembre 1995, n.  549  (Misure
di razionalizzazione  della  finanza  pubblica),  aveva  previsto,  a
favore  dei  soggetti  aventi  le  caratteristiche   della   predetta
societa', l'esenzione dalle imposte sui redditi; c) la societa',  per
effetto di tale esenzione, non aveva presentato alcuna  dichiarazione
dei redditi ai fini dell'IRPEG per gli anni dal 1995 al 1998;  d)  la
Commissione CE, con decisione n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, aveva
pero' qualificato tale esenzione come aiuto  di  Stato  incompatibile
con l'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art.  87,  paragrafo  1,
del Trattato CEE; d) il legislatore  italiano,  in  attuazione  della
suddetta decisione ed al fine di recuperare le imposte oggetto  della
illegittima esenzione fiscale, aveva emanato la legge n. 62 del 2005,
che prevede la presentazione - da parte dei soggetti agevolati ed  in
riferimento  agli  anni  d'imposta  per  i  quali  era  stata  goduta
l'esenzione - di apposite dichiarazioni  dei  redditi,  in  relazione
alle quali l'amministrazione finanziaria avrebbe emesso, in  seguito,
atti di accertamento dell'imposta; e) la citata legge n. 62 del  2005
era stata modificata dall'art. 1, comma 132, della legge 23  dicembre
2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), il  quale  si  era
limitato ad introdurre  «mutamenti  nominalistici»  (da  «imposte»  a
«aiuti equivalenti  alle  imposte»)  ed  a  sostituire  il  Ministero
dell'interno all'Agenzia delle entrate in ordine ad alcune competenze
nella procedura di  recupero  dei  suddetti  aiuti  di  Stato;  f)  i
contribuenti interessati (come la ricorrente nei  giudizi  principali
riuniti) avevano presentato, sia pure «con riserva», le dichiarazioni
dei redditi relative alle annualita'  per  le  quali  avevano  goduto
degli aiuti di Stato, ma lo Stato italiano non aveva, poi, provveduto
all'escussione dei debitori; g) in  considerazione  di  tale  inerzia
statale, la Corte di giustizia CE, con sentenza  1°  giugno  2006  in
causa C-207/05, aveva condannato  lo  Stato  italiano  per  non  aver
adottato i  provvedimenti  necessari  per  il  recupero  degli  aiuti
illegittimi; h) in attuazione delle  citate  decisioni  dei  suddetti
organi comunitari, il decreto-legge n. 10 del 2007,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1  della  legge  n.  46  del  2007,  prevede
l'emissione di ordinanze-ingiunzioni  per  il  recupero  degli  aiuti
equivalenti alle imposte non corrisposte; i) nel  corso  dei  giudizi
riuniti, con ordinanza n. 42/19/07  del  2  luglio  2007,  era  stata
disposta la  sospensione  cautelare  dell'efficacia  delle  impugnate
ordinanze-ingiunzioni; 
        che,  in  ordine  alla  non  manifesta   infondatezza   delle
sollevate questioni, il giudice a quo  afferma  che  le  disposizioni
denunciate  -  nell'assoggettare   retroattivamente   la   ricorrente
all'IRPEG relativa agli anni  dal  1995  al  1998  e  nel  consentire
pertanto, nella specie, l'emanazione di atti  impositivi  dopo  oltre
dieci anni dall'epoca di formazione del reddito imponibile -  violano
entrambe gli evocati parametri costituzionali e, in  particolare:  a)
l'art. 53 Cost., perche' escludono quella contiguita'  temporale  tra
il momento in cui si realizza il reddito ed  il  momento  in  cui  e'
possibile  determinare  l'ammontare  delle  imposte  dovute  che   e'
necessaria al fine di programmare le proprie scelte di investimenti o
mobilizzazioni  in  modo  adeguato  alla   situazione   contabile   e
finanziaria e che consente di mantenere un rapporto  tra  le  imposte
richieste e la capacita' contributiva; b) l'art. 97  Cost.,  perche',
disponendo per il passato, sottopongono ad  imposta  un  reddito  che
all'epoca in cui e' stato realizzato non era imponibile e,  pertanto,
compromettono «il principio costituzionale di imparzialita' e di buon
andamento della Pubblica Amministrazione»; 
        che, in ordine alla rilevanza delle questioni, il  giudice  a
quo afferma che dalle disposizioni denunciate «discende» l'iscrizione
a  ruolo  conseguente  alle  comunicazioni-ingiunzioni  impugnate  e,
quindi, «l'obbligo di corrispondere le imposte, di entita' tutt'altro
che modeste, riferite ad esercizi vecchi di dieci anni»; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  le  questioni  siano   dichiarate   inammissibili   o
manifestamente infondate; 
        che, ad avviso della difesa  erariale,  il  rimettente  muove
dall'erroneo  presupposto  che  le  norme  denunciate   costituiscano
ordinarie  norme  tributarie  retroattive  ed  omette,  pertanto,  di
considerare che esse si limitano a dare  attuazione  a  decisioni  di
recupero di aiuti di Stato illegittimi emesse da organi comunitari; 
        che, sempre  per  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  tale
erroneo presupposto dell'ordinanza di rimessione impedisce al giudice
a quo di tener conto che: a) nella specie, non si e' in  presenza  di
una imposizione fiscale, ma del recupero di una somma  corrispondente
all'agevolazione fiscale a suo tempo  illegittimamente  goduta  dalla
societa'  per  azioni  ricorrente   nei   giudizi   principali,   con
conseguente non  operativita'  dell'evocato  principio  di  capacita'
contributiva; b) il credito relativo a tale somma  ha  perso  la  sua
natura tributaria  e  si  e'  trasformato  in  un  ordinario  credito
civilistico in ordine  alla  cui  esazione,  imperativamente  imposta
dall'ordinamento  comunitario,  lo  Stato  italiano  non  ha   alcuna
discrezionalita', con  conseguente  non  operativita'  degli  evocati
principi costituzionali di imparzialita' e di  buon  andamento  della
Pubblica Amministrazione; c) per costante giurisprudenza della  Corte
di giustizia CE, le imprese beneficiarie di  un  aiuto  possono  fare
legittimo affidamento su di esso solo qualora sia stato concesso  nel
rispetto della procedura di  cui  all'art.  93  del  Trattato  CE  ed
abbiano adempiuto con diligenza l'onere che loro incombe di accertare
il rispetto di tale procedura (sentenze 20 settembre 1990,  in  causa
C-5/89; 14 gennaio 1997, in causa C-169/95; 20 marzo 1997,  in  causa
C-24/95; 11 novembre 2004, in  cause  C-183/02P  e  C-187/02P;  nello
stesso senso, la sentenza della Corte di cassazione  civile  n.  4353
del 2003); d) l'avviso dell'inizio della procedura di infrazione, con
invito  agli  interessati  a  presentare  osservazioni,   era   stato
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale CE n. C 220 del 31  luglio  1999;
d) una questione di compatibilita' delle  decisioni  comunitarie  con
norme  della  Costituzione  non  e'  prospettata  dal  rimettente  e,
comunque, non vengono in rilievo, nella  fattispecie,  quei  principi
fondamentali   dell'ordinamento   costituzionale   o   quei   diritti
inalienabili della  persona  umana  che  soli  legittimerebbero  tale
prospettazione. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di  Firenze
-  nel  corso  di  quattro  giudizi   riuniti   aventi   ad   oggetto
l'impugnazione,  da  parte  di  una  societa'   per   azioni,   delle
comunicazioni-ingiunzioni di pagamento dell'IRPEG emesse dall'Agenzia
delle entrate (con correlative iscrizioni a ruolo) per gli  anni  dal
1995 al 1998 - dubita, in  riferimento  agli  artt.  53  e  97  della
Costituzione, della legittimita' degli artt. 27 della legge 18 aprile
2005, n. 62 (Disposizioni per  l'adempimento  di  obblighi  derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee.   Legge
comunitaria 2004), e 1 del decreto-legge  15  febbraio  2007,  n.  10
(Disposizioni volte a  dare  attuazione  ad  obblighi  comunitari  ed
internazionali), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1  della
legge 6 aprile 2007, n. 46; 
        che, ad  avviso  del  medesimo  rimettente,  le  disposizioni
censurate - le quali assoggettano  retroattivamente  all'imposta  sui
redditi  alcuni  contribuenti  beneficiari   di   esenzioni   fiscali
costituenti  aiuti   di   Stato   incompatibili   con   l'ordinamento
comunitario e quindi, nella  specie,  consentono  all'amministrazione
finanziaria di emettere atti impositivi relativi all'IRPEG degli anni
dal 1995 al 1998, cioe' dopo oltre dieci anni  dalla  formazione  del
reddito imponibile - violano: a) l'art. 53 Cost.,  perche'  escludono
quella contiguita' temporale tra il momento in  cui  si  realizza  il
reddito ed il momento in cui  e'  possibile  determinare  l'ammontare
delle imposte dovute che e' necessaria al  contribuente  al  fine  di
programmare le proprie scelte di  investimenti  o  mobilizzazioni  in
modo adeguato alla situazione contabile e finanziaria e che  consente
di mantenere un rapporto tra le  imposte  richieste  e  la  capacita'
contributiva; b) l'art. 97 Cost., perche', disponendo per il passato,
sottopongono ad imposta un reddito che  all'epoca  in  cui  e'  stato
realizzato  non  era  imponibile  e,  pertanto,   compromettono   «il
principio costituzionale di imparzialita' e di buon  andamento  della
Pubblica Amministrazione»; 
        che le questioni sono manifestamente infondate; 
        che infatti il rimettente, nel ritenere violati  gli  evocati
parametri costituzionali perche' le norme  denunciate  consentono  il
prelievo fiscale con riferimento a redditi imponibili formatisi molti
anni prima,  trascura  di  considerare  che  dette  norme  perseguono
l'obiettivo di porre rimedio all'illecito  comunitario  commesso  dal
legislatore italiano mediante l'illegittima  attribuzione  ad  alcuni
contribuenti (mediante il combinato disposto degli  artt.  66,  comma
14, del  decreto-legge  30  agosto  1993,  n.  331,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427,  e  dell'art.  3,
comma 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549) di esenzioni  fiscali
integranti aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune; 
        che, al riguardo, la Commissione  CE,  con  la  decisione  n.
2003/193/CE del 5 giugno 2002, e la Corte di  giustizia  CE,  con  la
sentenza del 1° giugno 2006 in causa C-207/05, hanno accertato che le
suddette  esenzioni  fiscali  sono  incompatibili  con  l'ordinamento
comunitario e che, conseguentemente, lo Stato italiano  ha  l'obbligo
di procedere  al  recupero  delle  somme  corrispondenti  agli  aiuti
illegali concessi; 
    che,  per  effetto  della  accertata  incompatibilita'   con   la
normativa comunitaria, le indicate agevolazioni non potevano  trovare
applicazione nell'ordinamento nazionale; 
        che l'inapplicabilita' delle esenzioni fiscali doveva  essere
rilevata dagli stessi beneficiari delle agevolazioni, i quali -  come
sottolineato  dalla  costante  giurisprudenza  comunitaria  -   hanno
l'onere  di  diligenza  di  accertare  il  rispetto  della  procedura
comunitaria prevista per la concessione degli aiuti di  Stato  e,  in
caso di inottemperanza a tale onere, non possono vantare, di  regola,
alcun   legittimo   affidamento   sugli   aiuti   incompatibili   con
l'ordinamento comunitario  (ex  plurimis:  sentenze  della  Corte  di
giustizia CE  del  22  giugno  2006,  in  cause  riunite  C-182/03  e
C-217/03; del 15 dicembre 2005, in  causa  C-148/04;  del  1°  aprile
2004, in causa C-99/02P del 7 marzo 2002, in causa C- 310/99; del  20
marzo 1997, in causa C-24/95; nello stesso senso, la  sentenza  della
Corte di cassazione civile n. 4353 del 2003); 
        che, pertanto,  la  denunciata  efficacia  retroattiva  delle
norme censurate trova giustificazione sia nell'art. 117, primo comma,
Cost.,   in   conseguenza   dell'obbligo   imposto   dall'ordinamento
comunitario al legislatore italiano di procedere  al  recupero  delle
somme corrispondenti alle agevolazioni fiscali non compatibili con la
normativa comunitaria; sia nell'art.  3  Cost.,  data  l'esigenza  di
ricondurre ad uguaglianza la posizione dei  contribuenti,  eliminando
sin dall'origine gli effetti economici illegittimamente accordati  ad
alcuni di essi, i quali, come si e' visto, non possono  invocare,  di
regola, alcun legittimo affidamento nel godere di aiuti di Stato  non
compatibili con l'ordinamento comunitario; 
        che, in particolare, non sussiste la  denunciata  violazione:
a) dell'art. 53 Cost., perche' il  prelievo  fiscale  denunciato  dal
giudice a quo non viola il principio di  capacita'  contributiva,  in
quanto costituisce un recupero dell'ammontare dell'esenzione  fiscale
indebitamente concessa e non e' effetto di  un'ulteriore  imposta  ad
efficacia  retroattiva;  b)  dell'art.  97  Cost.,  perche'  -   data
l'inapplicabilita' nell'ordinamento interno delle  esenzioni  fiscali
incompatibili con l'ordinamento comunitario - il recupero delle somme
corrispondenti ai benefici fiscali indebitamente concessi comporta la
sottoposizione ad imposta di redditi  che  (contrariamente  a  quanto
affermato dal rimettente) all'epoca della loro formazione erano  gia'
imponibili, con la conseguenza che tale recupero non lede,  ma  -  al
contrario  -   attua   gli   evocati   principi   costituzionali   di
imparzialita' e di buon andamento della Pubblica Amministrazione. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.