LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza sull'istanza  di  sospensione
dell'atto impugnato relativa al ricorso n. 305/07, depositato  il  16
maggio 2007, avverso avviso di accertamento  n.1/3/2007 assente  2006
contrib. comm.; 
    Contro comune  di  Ceresole  d'Alba,  difeso  da:  Balocco  dott.
Franco e Coppa avv. Pier Giorgio, Piazza Cristo Re n.14 - 12051  Alba
(Cuneo),  proposto dalla ricorrente: IN.PRO.MA - Industria produzione
mangimi S.r.l.,  Strada  Cantarelli  n.  26  -  12040  Ceresole  Alba
(Cuneo), difeso dagli avv.  Ternavasio e  Pizzetti  Marco  dom.ti c/o
avv. Lazzari Giuseppe - Corso Carlo Emanuele III n. 7 - 12100 Cuneo; 
    Terzi chiamati in causa:  GEC-CUNEO,  Corso  IV  Novembre  n.  18
Cuneo, Via  F.  Cavallotti  -  12100  Cuneo,  difeso  da  Rocca  avv.
Carlo, c/o GEC S.p.A., Corso IV Novembre n. 18 - 12100 Cuneo. 
                              F a t t o 
    La  S.r.l.  IN.PRO.MA,  con   sede   in   Ceresole   d'Alba,   ha
tempestivamente impugnato, nei confronti  di  detto  comune  e  della
S.p.A.  G.E.C.  -  Gestioni  Esazioni  Convenzionate,   l'avviso   di
accertamento-liquidazione  datato  1°  marzo  2007,  notificatole  il
giorno 5 successivo, con il quale la seconda ha ingiunto,  per  conto
del  primo,  il  pagamento  della  somma  di  euro  78.157,50,  oltre
accessori, quale contributo dovuto al Comune impositore ex  art.  16,
comma 4, legge reg. Piemonte n. 24/2002 come modificata dalla  L.R.P.
n. 2/2003, per l'anno 2006. 
    Nel proposto ricorso, datato 2 maggio 2007, la S.r.l. IN.PRO.MA: 
        ha riferito  che  la  propria  attivita'  imprenditoriale  e'
costituita dalla gestione di un impianto di pretrattamento di  scarti
animali ad alto rischio  ed  a  rischio  specifico  di  encefalopatia
spongiforme,  attivita'  che  la  suddetta  norma  assoggetta  ad  un
«contributo minimo  annuo  di  0,25  euro  ogni  100  chilogrammi  di
materiale trattato nell'anno»; 
        ha rappresentato che l'onere derivante da tal assoggettamento
costituisce per la ricorrente  un  costo  significativo  che  nessuna
delle altre imprese esercenti, in Italia, la  medesima  attivita'  e'
tenuta a sopportare, essendo  operanti  al  di  fuori  della  Regione
Piemonte, unica ad aver stabilito normativamente il  «contributo»  de
quo; 
        ha affermato che la  pretesa  del  comune,  concretatasi  per
l'anno 2006 nella somma di euro 78.157,50, e' illegittima,  a  motivo
dell'illegittimita'   costituzionale   della   summenzionata    norma
impositrice,  per  violazione  degli  artt.  117,  118  e  119  della
Costituzione italiana. 
    A conforto della  denunziata  illegittimita',  la  ricorrente  ha
sostenuto che il «contributo», tale definito dalla legge  piemontese,
si pone in realta' come una vera e propria  «imposta»  ed  ha  quindi
rilevato: 
        che il testo  novellato  dell'art.  119  Cost.  legittima  le
regioni ad introdurre imposte gravanti  sulle  attivita'  svolgentesi
sul proprio territorio, subordinando peraltro la  concreta  attivita'
in subjecta materia all'emanazione  di  norme  di  principio  per  il
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario,  norme
al momento non ancora approvate; 
        che  la  Regione  Piemonte   non   avrebbe   allora   potuto,
legittimamente, stabilire con legge propria il «contributo» di cui al
sovra citato  art.  16,  comma  4,  avendo  esso  in  realta'  natura
tributaria; 
        che, d'altra parte, detta  norma  impositrice  non  trova  la
propria legittimita'  nella  legge  statale  n.  549/1995  prevedente
tributi in materia di rifiuti, rispetto alla quale legge risulta anzi
nettamente contrastante: ed infatti mentre la legge statale  colpisce
finanziariamente il collocamento in discarica  e  l'incenerimento  in
quanto comportanti la mera eliminazione dei rifiuti senza recupero di
essi in alcuna misura, la legge regionale colpisce  le  attivita'  di
trattamento di «scarti animali», merce' le quali i  medesimi  vengono
riutilizzati e quindi recuperati; 
        che in forza  del  novellato  art.  117  Cost.  lo  Stato  ha
potesta' legislativa cli fissare i principi fondamentali ai quali  le
regioni devono sottostare  nell'esercizio  delle  proprie  competenze
cooperando eventualmente ad una  maggior  tutela  del  paesaggio,  ma
sempre nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato; 
        che le finalita' dell'istituzione del tributo di cui all'art.
3,  legge  (statale)  n.  549/1995  sono  primariamente   di   natura
ambientale e  si  concretano  nell'intendimento  del  legislatore  di
attuare il riutilizzo dei rifiuti per quanto possibile; 
        che l'istituzione del «contributo»  stabilito  dalla  Regione
Piemonte,  colpendo  le  attivita'  di  recupero   e   cioe'   quelle
palesemente rientranti nelle finalita' della legge statale,  si  pone
come costituzionalmente illegittima, per  aver  violato  l'art.  117,
secondo e terzo comma, Cost. 
    La ricorrente, conclusivamente, ha chiesto all'adita Commissione: 
        la sospensione  del  giudizio  e  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale, ex art. 134 Cost. e 23 della legge n. 87/1953, per la
dichiarazione di incostituzionalita' dell'art.  16,  comma  4,  legge
reg. Piemonte n. 24/2002 come modificata dalla legge reg. Piemonte n.
2/2003, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della  Costituzione
italiana; 
        l'annullamento  totale  dell'atto  impugnato,  dopo  avvenuta
l'auspicata declaratoria di incostituzionalita'. 
    La IN. PRO.MA S.r.l. ha poi presentato istanza ex art. 47,  d.lgs
n. 546/1992, datata 31 agosto 2007, riferendo che  la  G.E.C.  S.p.A.
con atto notificato il 25 luglio 2007 le aveva ingiunto di pagare  la
somma  portata  dall'avviso  di  accertamento-liquidazione  ut  supra
impugnato; a sostengo dell'istanza, la  ricorrente,  evidenziando  la
(ritenuta) fondatezza della questione di incostituzionalita'  in  cui
si e' sostanziato il proprio gravame, ha prospettato  il  pregiudizio
irreparabile cui sarebbe andata incontro ove avesse dovuto pagare  la
suddetta somma. 
    Nel giudizio, si sono costituite sia  la  G.E.C.  S.p.A.  sia  il
Comune di Ceresole d'Alba. 
    La prima,  rilevando  di  non  aver  titolo  (quale  societa'  di
riscossione) a replicare  alle  doglianze  della  ricorrente,  si  e'
riportata alle difese svolte dal comune impositore, tuttavia instando
per la reiezione del ricorso. 
    Il secondo, formulando analoga conclusiva istanza, ha opposto  al
ricorso quanto qui di seguito sinteticamente esposto: 
        la   ricorrente   non   ha   prospettato   alcuna   doglianza
specificamente  concernente  l'atto  tributario  impugnato,   ma   ha
prospettato, quale unico motivo  del  proposto  ricorso,  la  dedotta
incostituzionalita' della normativa che ha stabilito il  «contributo»
de quo; 
        in conseguenza di cio' il gravame e' inammissibile; 
        la dedotta incostituzionalita' e' insussistente:  perche'  il
contributo ha natura corrispettiva, come si  evince  dalla  possibile
destinazione di esso, quale risultante dal comma 5 dell'art. 3, legge
reg.Piemonte n. 24/2002; perche' in ogni caso le  regioni,  a  tenore
del  dettato  costituzionale,  possono  istituire   un   tributo   da
assoggettarsi  ai  «principi  generali»  dell'ordinamento;   perche',
ancora, e' carente l'allegato - dalla ricorrente - impatto di  natura
ambientale del contributo de quo. 
    Il  comune  convenuto  ha  pertanto  concluso  instando  per   la
declaratoria  di  infondatezza  della   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dalla ricorrente  e  per  la  conseguenziale
reiezione del gravame. 
    Quanto alla richiesta di sospensione dell'esecutivita'  dell'atto
impugnato, il comune  convenuto  ne  ha  domandato  il  rigetto,  per
asserita insussistenza di entrambi i presupposti  ex  lege  stabiliti
(fumus boni juris e periculum in mora). 
    All'udienza 11   dicembre   2007   fissata   per   la   decisione
sull'istanza di sospensione ex art.  47,  d.lgs.  n.  546/  1992,  la
decisione stessa e' stata rinviata all'udienza del 12 febbraio  2007,
unitamente alla assumenda decisione del ricorso nel merito. 
    A detta ultima udienza, previa ampia discussione ad  opera  delle
parti, la vertenza e' stata assunta a decisione dalla Commissione. 
                            D i r i t t o 
    Va    preliminarmente    rilevato    che    la    denunzia     di
incostituzionalita' in cui  si  sostanzia,  unicamente,  il  proposto
ricorso, si risolve necessariamente in una denunzia di illegittimita'
dell'atto impugnato in quanto fondato, unicamente, su  di  una  norma
contrastante con il dettato costituzionale: il  rilievo  ora  esposto
comporta la reiezione delle eccezioni di  inammissibilita'  sollevate
da parte resistente, risultando, in forza di esso, che l'impugnazione
ha ad oggetto  un  vizio  proprio  dell'atto  impugnato  e  che,  nel
contempo, la denunzia di incostituzionalita' - lungi dall'esser  fine
a se stessa - si pone come strumentale, decisivamente, ai fini  della
caducazione del medesimo. 
    Ritenuta  l'ammissibilita'  del  ricorso,  occorre  valutarne  la
fondatezza o meno, ponendosi quindi, ed innanzitutto, questo quesito:
quello che  l'art.  16,  comma  4, legge  Reg.  Piemonte  n.  24/2002
definisce «contributo», imponendone  la  corresponsione  ai  soggetti
individuati in detta norma, si pone effettivamente come tale, e cioe'
costituisce la partecipazione ad  una  spesa  che  il  comune  ha  da
sostenere in relazione all'attivita' che detti soggetti svolgono? 
    A tal quesito ritiene la Commissione di rispondere negativamente,
perche' non e' dato vedere quale servizio o  prestazione  onerosa  il
comune ponga in essere per rendere possibile o favorire  o  agevolare
l'attivita' relativamente alla quale i soggetti che la svolgono  sono
tenuti a corrispondere il «contributo» de quo. 
    Ne' a far ritenere che si tratti effettivamente  di  «contributo»
pare giovare il richiamo fatto dal comune convenuto  al  disposto  di
cui al  comma  5 del  cennato  art.  16:  detta  norma,  invero,  non
individua un servizio o una  prestazione  per  la  cui  effettuazione
risulti giustificata la corresponsione di un «contributo» da parte di
chi  ne  beneficia,  svolgendo  l'attivita'  cui  detti  servizio   o
prestazione ineriscono; piuttosto, detta  norma,  indica  quella  che
«puo' essere» una destinazione dell'introito derivante  all'ente  che
percepisce i «contributi», ente che  non  e'  peraltro  vincolato  ad
attenersi a tale indicazione e  deve  comunque  determinarsi  «previo
accordo con i soggetti che versano i contributi». 
    Va d'altra parte considerato che destinatari (eventuali) di parte
del gettito proveniente dai «contributi»  sono  soggetti  diversi  da
quello che del gettito beneficia: anche questa  circostanza,  allora,
giustifica una risposta negativa al quesito come sopra posto. 
    In definitiva, siamo  in  costanza  di  un  onere  economico  che
risulta coattivamente imposto  dalla  legge,  a  favore  di  un  ente
pubblico ed a carico di un soggetto, per effetto del  verificarsi  di
un presupposto  di  fatto  di  rilevanza  reddituale,  senza  che  il
soggetto gravato abbia richiesto o comunque consegua  dall'ente,  con
riferimento a tal fatto, prestazioni o servizi di sorta. 
    L'onere   economico   in   questione,   impropriamente   definito
«contributo» dal legislatore regionale, e'  in  realta'  una  vera  e
propria  imposta  (se  ne  veda  la  definizione,  nei  termini   ora
prospettati, in Enciclopedia del Diritto, Giuffre' Ed., voce Imposta,
F. Malfezzoni, pagg. 448, 455). 
    Irrilevante essendo il nomen juris risultante dalla norma, deve a
questo punto darsi risposta a questo ulteriore quesito: l'imposizione
del tributo (e non «contributo») de quo e'  stata  legittima,  tenuto
conto del dettato costituzionale? 
    In sede di esegesi dell'art.  119  della  Costituzione  la  Corte
costituzionale ha affermato che l'attuazione del disegno emergente da
detta norma «richiede ... come necessaria premessa  l'intervento  del
legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l'insieme  della
finanza pubblica dovra' non solo fissare i principi cui i legislatori
regionali dovranno attenersi ma anche  determinare  le  grandi  linee
dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro
i quali potra' esplicarsi la potesta' impositiva, rispettivamente  di
Stato, regioni ed enti locali». 
    Questo assunto si legge nella motivazione della decisione  n.  37
del 26 gennaio 2004 ed e' testualmente riproposto nella decisione  n.
372 del 2 dicembre 2004, ove peraltro si fa cenno  ad  una  possibile
«inerzia del legislatore statale» nell'approntamento della  normativa
«quadro»,   «inerzia»   che   legittimerebbe -   par   di    capire -
l'istituzione  tributi,  da  parte  del  legislatore   regionale,   a
condizione che  il  medesimo  si  attenga  ai  principi  fondamentali
«comunque desumibili dall'ordinamento». 
    Una tal possibilita' rende, all'evidenza, estremamente  opinabile
l'attivita' istitutiva tributaria del legislatore regionale,  perche'
e' per certo problematico e tutt'altro che  agevole  accertare  se  e
quali «principi  fondamentali»  il  medesimo  abbia  avuti  presenti,
attenendovisi, nell'esercizio di detta attivita' istitutiva. 
    Questa Commissione, preso atto che - com'e' pacifico - al momento
in cui venne istituito il «contributo»  (rectius:  tributo)  per  cui
evertenza non esisteva la normativa «quadro» cui hanno fatto espresso
riferimento le due decisioni  qui  sopra  menzionate,  non  individua
«principi  fondamentali  dell'ordinamento»  ai  quali  possa   essere
puntualmente ricondotta l'istituzione del ridetto  «contributo».  Sia
la ricorrente sia il comune convenuto richiamano la normativa che  ha
stabilito il «tributo speciale» in materia di  rifiuti,  e  cioe'  la
legge statale, n. 549/1995 ed il comune sostiene che proprio in detta
normativa si rinvengono i «principi fondamentali» alla luce dei quali
il  «contributo»  de  quo  risulta   legittimamente   istituito   dal
legislatore regionale. 
    Anche ad ammettere che alla materia nel cui  ambito  e'  avvenuta
tale istituzione possano correttamente applicarsi,  quanto  a  genesi
normativa, i  «principi  fondamentali»  rinvenibili  nella  legge  n.
549/1995,  non  pare  proprio  che  essi  siano   in   sintonia   con
l'istituzione del «contributo» per cui e' vertenza. 
    Si consideri, invero, che a tenore dell'art. 3, comma 24, 25, 26,
28 di detta legge: 
        il  «tributo  speciale»  e'  stato  istituito  «al  fine   di
favorire la minore produzione di rifiuti e recupero dagli  stessi  di
materia prima ed energia»; 
        «la base imponibile e' costituita dalla quantita' dei rifiuti
conferiti in discarica»; 
        l'imposta grava, in definitiva,  su  colui  che  effettua  il
conferimento ed in misura commisurata all'entita' di esso. 
    Se questi sono i  «principi  fondamentali»,  con  riferimento  ai
quali - senza meno - e' avvenuta l'istituzione del «tributo speciale»
di cui alla legge statale n. 549/ 1995, deve escludersi che  in  essi
possa aver trovato ragione  l'istituzione  del  «contributo»  di  cui
all'art. 16, comma 4, della legge Reg. Piemonte n. 24/2002. 
    I soggetti passivi del  «contributo  (rectius:  imposta)  sono  i
gestori degli impianti indicati in detto  comma  4,  l'attivita'  dei
quali si concreta nel trattamento e nel  riutilizzo  di  rifiuti,  in
particolare  «scarti  animali»:  sono  dunque  colpiti   dall'imposta
soggetti che oggettivamente  favoriscono  una  minore  produzione  di
rifiuti ed il recupero degli stessi e tendono quindi a quel risultato
per la cui  incentivazione  risulta  istituito  expressis  verbis  il
«tributo  speciale»  di  cui  alla  legge  statale  n.   549/   1995;
correlativamente, e' evidente che i  principi  ispiratori  di  questo
«tributo  speciale»  sono   incompatibili   con   l'istituzione   del
«contributo» (rectius: tributo) per cui e' vertenza. 
    In definitiva, ad avviso di questa Commissione, la  questione  di
costituzionalita'   prospettata   dalla   ricorrente   non    risulta
manifestamente infondata, per avere  la  Regione  Piemonte  stabilito
un'imposta in violazione degli artt. 117  e  119  della  Costituzione
della Repubblica Italiana, non trovando tale imposta  imprescindibile
supporto ne' nei non emanati principi di coordinamento della  finanza
pubblica e del sistema tributario ne' in altri principi fondamentali,
comunque  desumibili  dall'ordinamento,  che   risultino   idonei   a
legittimare l'istituzione del tributo de quo. 
    Quanto all'istanza di sospensione ex art. 47, d.lgs. n. 546/1992,
nel caso di specie e' riscontrabile  innanzitutto  il  requisito  del
fumus boni juris, a motivo della ritenuta - ut supra - violazione del
dettato costituzionale, la  quale,  ove  effettivamente  sussistente,
renderebbe  illegittima  l'imposizione  di  cui  all'atto  impugnato;
quanto  al  periculum  in  mora,  esso  pure  pare  configurarsi   in
considerazione della rilevante entita' del credito del comune, il cui
realizzo   potrebbe   condurre   ad   una   gravosissima    incidenza
patrimoniale, con possibile  compromissione  della  stessa  attivita'
imprenditoriale della ricorrente.