Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 73-ter del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), come introdotto dall'art. 9, comma 1, del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Baldi Alfonso ed altri contro il Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza con ordinanza del 16 luglio 2008, iscritta al n. 342 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 25 febbraio 2009 il giudice relatore Paolo Maria Napolitano. Ritenuto che, con ordinanza del 16 luglio 2008, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 73-bis [recte: 73-ter] del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), come introdotto dall'art. 9, comma 1, del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), in cui prevede che «Ai vice brigadieri che abbiano compiuto tre anni e sei mesi di permanenza nel grado, che nel biennio precedente abbiano riportato un giudizio non inferiore a "nella media" e che non abbiano riportato, nello stesso periodo, una sanzione disciplinare piu' grave della consegna di rigore, e' attribuito un emolumento pensionabile determinato nella somma di L. 370.000 annue lorde, valido anche per la tredicesima mensilita' e per l'indennita' di buonuscita, riassorbibile con lo scatto gerarchico attribuito nello stesso livello retributivo ovvero all'atto dell'accesso al livello retributivo superiore»; che il rimettente precisa come la questione venga sollevata limitatamente all'inciso «con lo scatto gerarchico attribuito nello stesso livello retributivo ovvero», la cui previsione, sempre secondo il giudice rimettente, avrebbe determinato una disparita' di trattamento - quanto all'erogazione dell'emolumento pensionabile - tra i vice brigadieri in servizio presso la Guardia di finanza ed il personale di pari grado in forza presso le Forze Armate e l'Arma dei carabinieri; che la questione viene sollevata nel corso di un giudizio in cui sono stati impugnati dai ricorrenti, tutti appartenenti al Corpo militare della Guardia di finanza, i provvedimenti (nota prot. n. 422650/P/I° del 18 dicembre 2003, comunicata con nota prot. n. 79091 del 30 dicembre 2003 del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di finanza - Ufficio Amministrazione - Sezione Conti e Cassa; e nota prot. n. 422650/P/I° del 18 dicembre 2003) con i quali il Comando generale della Guardia di finanza - in applicazione della disposizione su cui verte il giudizio di legittimita' - aveva rigettato le istanze tendenti al mantenimento, a favore degli stessi, dell'emolumento pensionabile attribuito ex art. 73-ter, comma 2, primo periodo, del d.lgs n. 199 del 1995; che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il TAR del Veneto ha evidenziato la sussistenza di una disciplina difforme per i vice brigadieri della Guardia di finanza rispetto a quella del personale di grado corrispondente dell'Arma dei carabinieri e delle restanti Forze Armate (con regimi previsti, rispettivamente, dall'art. 54-ter, comma 1, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, recante «Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri», aggiunto dall'art. 29 del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 83, recante «Disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri», e poi abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2005, dall'art. 15 del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193, recante «Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86»; e dall'art. 31-bis del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196, recante «Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze Armate», aggiunto dall'art. 17 del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 82, e poi abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2005, dall'art. 15 del d.lgs. 30 maggio 2003, n. 193); che il Giudice a quo rileva come negli ordinamenti in questione, pur essendo riconosciuto, a fronte dei medesimi presupposti - permanenza nel grado per un periodo di anni 3 e mesi 6, valutazione non inferiore a quella «nella media» ed insussistenza di sanzioni piu' gravi della «consegna di rigore» - un identico «emolumento pensionabile di lire 370.000 annue lorde, valido anche per la tredicesima mensilita' e per l'indennita' di buonuscita», veniva previsto un diverso meccanismo in ordine al suo riassorbimento; che per i soli vice brigadieri della Guardia di finanza, l'emolumento de quo veniva infatti ad essere qualificato come «riassorbibile» anche «con lo scatto gerarchico attribuito nello stesso livello retributivo»; che il TAR rimettente, pur registrando come tale ultimo modello di riassorbimento fosse in eguali termini contemplato per i corrispondenti gradi di vice sovrintendente della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, sostiene, per un verso, che tutte e tre tali categorie rientrano nell'ambito dei Corpi di polizia ad ordinamento civile, e non gia' nell'ambito del personale con ordinamento militare (quali sono, invece, i vice brigadieri della Guardia di finanza, oltreche' i pari grado in servizio dei Carabinieri e delle Forze Armate); che, per altro verso, nell'ordinamento della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e della Guardia di finanza l'emolumento pensionabile veniva comunque ad essere erogato in forza di presupposti non identici a quelli contemplati per il predetto personale militare, stante la diversita' della disciplina di stato; che pertanto, ad avviso del TAR del Veneto, la norma impugnata ha determinato una disparita' di trattamento all'interno del personale ad ordinamento militare, con conseguente violazione degli artt. 3 Cost. (principio di eguaglianza) e dell'art. 97 Cost. (principio di imparzialita' dell'azione amministrativa); che il rimettente ritiene, infine, rilevante la questione di legittimita' costituzionale della norma censurata - pur essendo intervenuta in forza del disposto dell'art. 15 del d.lgs. n. 193 del 2003 l'abrogazione della stessa - in quanto essa ha comunque prodotto, durante il relativo periodo di vigenza, gli effetti sperequativi lamentati dai ricorrenti nel giudizio a quo; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' ovvero la manifesta infondatezza della questione; che, preliminarmente, riguardo all'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, la difesa pubblica eccepisce che il Tribunale amministrativo - pur avendo dato conto dell'intervenuta abrogazione della norma censurata - non avrebbe fornito un'esaustiva argomentazione circa la perdurante applicabilita' della disposizione abrogata ai fini della definizione del giudizio principale, non avendo esso chiarito in quali termini l'art. 73-ter del d.lgs. n. 199 del 1995 possa trovare applicazione nelle fattispecie oggetto del giudizio principale, stante il successivo assorbimento dell'emolumento previsto dalla norma, a seguito del nuovo regime dei parametri stipendiali di cui al d.lgs. n. 193 del 2003, il cui art. 15 ha abrogato la disposizione censurata; che, quanto all'infondatezza della questione, in primo luogo, si rileva l'inconferenza del richiamo operato dal giudice rimettente all'art. 97 Cost., in quanto - come del resto ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale - «l'interesse al buon andamento ed all'imparzialita' della pubblica amministrazione non puo' essere invocato al fine di giustificare un piu' favorevole trattamento economico del dipendente pubblico, (cfr., sul punto, le sentenze nn. 15 del 1995 e 146 del 1994 nonche' l'ordinanza n. 92/93)»; che, per quanto concerne, poi, la denunciata violazione del principio di eguaglianza, l'Avvocatura dello Stato ritiene che l'art. 73-ter del d.lgs n. 199 del 1995 non ha determinato alcuna disparita' di trattamento all'interno del personale dei Corpi di polizia ad ordinamento militare; che, infatti, sempre secondo la difesa pubblica, la previsione di cui all'art. 31-bis del d.lgs. n. 196 del 1998, disciplinante l'istituto dell'emolumento pensionabile con riferimento agli appartenenti alle Forze Armate, e' stata in realta' applicata - a differenza di quanto affermato dal giudice rimettente - «nel senso che l'emolumento [de quo], riconosciuto al personale con grado di sergente, veniva riassorbito all'atto della promozione al grado di sergente maggiore (cfr., sul punto, la Circolare del Ministero della difesa n. DGPM/IV/11/2/9215 del 23 luglio 2001)»; che, inoltre, l'Avvocatura sottolinea come la disciplina dettata per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile sia sovrapponibile a quella di cui all'art. 73-ter del d.lgs n. 199 del 1995 (come evidenziato dalla proposta di legge n. 3750, - presentata nel corso della XIV legislatura - recante «Disposizioni in materia di attribuzione di un emolumento pensionabile al personale non direttivo e non dirigente delle Forze di polizia»), e come cio' dimostri l'inesistenza, in tale ambito, di una discriminazione involgente la sola posizione dei vice brigadieri della Guardia di finanza. Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 73-ter del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), come introdotto dall'art. 9, comma 1, del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza); che la questione e' stata sollevata nel corso di un giudizio volto all'annullamento sia della nota prot. n. 422650/P/I° del 18 dicembre 2003, con cui il Comando generale della Guardia di finanza - in applicazione della disposizione su cui verte il presente giudizio di legittimita' - aveva rigettato le istanze tendenti al mantenimento a favore dei ricorrenti (tutti brigadieri della Guardia di finanza) dell'emolumento pensionabile attribuito ex art. 73-ter, comma 2, del d.lgs n. 199 del 1995, sia della nota prot. n. 79091 del 3dicembre 2003 del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di finanza - Ufficio Amministrazione - Sezione Conti e Cassa, nonche' all'accertamento del diritto dei ricorrenti al mantenimento dell'emolumento spettante ai vice brigadieri, secondo quanto disposto dalla norma censurata «anche successivamente alla maturazione dello scatto gerarchico attribuito nello stesso livello retributivo»; che il TAR rimettente precisa di sollevare la questione limitatamente all'inciso «con lo scatto gerarchico attribuito nello stesso livello retributivo ovvero», la cui previsione, secondo il giudice rimettente, avrebbe determinato una disparita' di trattamento - quanto all'erogazione dell'emolumento pensionabile - tra i vice brigadieri della Guardia di finanza ed il personale di pari grado delle Forze Armate e dell'Arma dei carabinieri, con conseguente violazione degli artt. 3 e 97 Cost., poiche', confliggendo la medesima «con i canoni fondamentali di eguaglianza, nonche' di imparzialita' dell'azione amministrativa», disciplina in modo diverso situazioni sostanzialmente uguali; che, preliminarmente, non puo' essere accolta l'eccezione di inammissibilita', sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, per difetto di motivazione riguardo alla perdurante applicabilita' di una disposizione di legge ormai abrogata (quale la norma qui censurata); che, infatti, il TAR rimettente, dato conto dell'avvenuta abrogazione, ex art. 15 del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 (Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell'art. 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86), ha fornito, anche se in modo sintetico, una non implausibile motivazione in ordine ai motivi che lo inducono, ratione temporis, ad applicare la censurata disposizione per decidere la controversia (sentenza n. 200 del 2007); che la questione e' manifestamente infondata; che, in particolare, riguardo alla lamentata violazione dell'art. 3 Cost. per ingiustificata disparita' di trattamento, questa Corte ha gia' escluso la possibilita' di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneita', tra le categorie degli appartenenti a corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all'ordinamento militare (sentenza n. 191 del 1990, ordinanza n. 296 del 2000); che, al riguardo, questa Corte ha avuto modo di sottolineare le specificita' funzionali della Guardia di finanza la quale, pur essendo parte integrante delle Forze Armate dello Stato, ha compiti primari ed essenziali diversi (sentenza n. 65 del 1997); che, come affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa, l'inserimento della Guardia di finanza nel quadro delle Forze Armate non comporta l'assoluta identita' di stato dei suoi appartenenti agli appartenenti ad altri Corpi ad ordinamento militare (Esercito, Marina, Aviazione, Arma dei carabinieri), non essendo sufficiente per la piena equiparazione tra gli stessi rivestire lo status di militare, in assenza di identita' di funzioni istituzionalmente attribuite; che, infatti, mentre ai Corpi sopra richiamati spetta l'esercizio di una funzione militare attinente alla difesa collettiva, volta a far fronte ad attacchi provenienti non solo dall'interno, ma anche dall'esterno, nonche' missioni di pace all'estero, di interposizione tra forze belligeranti, alla Guardia di finanza spetta il compito primario di prevenzione e repressione delle evasioni e delle violazioni finanziarie alle dirette dipendenze del Ministro dell'economia, oltre a compiti di vigilanza dei confini e repressione del contrabbando; che, quindi, non e' configurabile una violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza invocato dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialita' degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, cosi' che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non puo' considerarsi arbitraria (ordinanza n. 91 del 1993); che del pari manifestamente infondata e' la censura svolta in riferimento all'art. 97 Cost., poiche' la Corte ha piu' volte ribadito come questo precetto costituzionale non possa essere invocato allo scopo di giustificare la pretesa al conseguimento di benefici economici di categoria (sentenze n. 290 del 2006, n. 216 del 2005, n. 480 del 2002 e sentenza n. 273 del 1997); che, pertanto, la questione sollevata e' manifestamente infondata sotto tutti i profili denunciati. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.