Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  34,  secondo
comma,  della  legge  27  aprile  1982,  n.  186  (Ordinamento  della
giurisdizione  amministrativa  e  del  personale  di  segreteria   ed
ausiliario del Consiglio di  Stato  e  dei  Tribunali  amministrativi
regionali) e 10,  comma  9,  della  legge  13  aprile  1988,  n.  117
(Risarcimento  dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni
giudiziarie e responsabilita' civile dei  magistrati),  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale del Piemonte sul ricorso  proposto
da B. E. F. contro la Corte dei conti ed altro, con ordinanza del  30
luglio 2008  iscritta  al  n.  344  del  registro  ordinanze  2008  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 25 febbraio 2009  il  giudice
relatore Sabino Cassese. 
                          Ritenuto in fatto 
    1.1. - Il Tribunale  amministrativo  regionale  del  Piemonte  ha
sollevato,  con  riferimento  agli  articoli  3,  24  e   108   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli
34, secondo comma, della legge 27 aprile 1982,  n.  186  (Ordinamento
della giurisdizione amministrativa e del personale di  segreteria  ed
ausiliario del Consiglio di  Stato  e  dei  Tribunali  amministrativi
regionali) e 10,  comma  9,  della  legge  13  aprile  1988,  n.  117
(Risarcimento  dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni
giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati), nella parte  in
cui vietano a un magistrato contabile o amministrativo  sottoposto  a
procedimento disciplinare di nominare quale difensore di  fiducia  un
avvocato del libero foro. 
    1.2. - Il tribunale rimettente riferisce che  il  ricorrente  nel
giudizio principale, che e' procuratore  regionale  della  Corte  dei
conti per la Regione Piemonte, ha impugnato i decreti con cui gli  e'
stata inflitta la sanzione disciplinare  dell'ammonimento,  all'esito
di un'istruttoria disciplinare e  di  un'udienza  segreta  nel  corso
delle quali, in applicazione delle  disposizioni  censurate,  gli  e'
stata negata la facolta' di scelta di un avvocato  del  libero  foro,
quale difensore di fiducia. Il collegio osserva che l'art. 10,  comma
9, della legge  n.  117  del  1988  rinvia,  per  la  disciplina  del
procedimento disciplinare  dei  magistrati  contabili,  all'art.  34,
secondo comma, della legge n. 186 del 1982, il quale dispone  che  il
magistrato amministrativo «ha facolta' di farsi  assistere  da  altro
magistrato», con cio' escludendosi che il magistrato  amministrativo,
e - in forza del rinvio -  il  magistrato  contabile,  possano  farsi
assistere, in un procedimento  disciplinare  a  loro  carico,  da  un
avvocato del libero foro. 
    1.3. - In ordine alla rilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale,  il  rimettente  riferisce  che  il  ricorrente   nel
giudizio principale, nel  corso  del  procedimento  disciplinare,  ha
domandato di avvalersi di un  avvocato  e,  nel  corso  del  medesimo
procedimento disciplinare e poi dinanzi al  Tribunale  amministrativo
regionale rimettente,  ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
delle norme che escludono tale facolta'. Ad avviso del rimettente, se
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  venisse   dichiarata
fondata, il ricorso meriterebbe di essere accolto. 
    1.4. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione,
il collegio rimettente ritiene,  innanzitutto,  che  le  disposizioni
censurate si pongano in contrasto con il diritto di difesa, garantito
dall'art. 24 Cost., e con il principio di  indipendenza  dei  giudici
speciali, imposto dall'art. 108  Cost.  Il  giudice  a  quo  richiama
ampiamente, in proposito, quanto affermato da  questa  Corte  con  la
sentenza n. 497 del 2000. Con tale pronuncia, secondo il  rimettente,
la Corte ha infatti riconosciuto la sussistenza di  un  «inscindibile
legame» fra l'indipendenza del magistrato  e  la  massima  espansione
della garanzia del suo diritto di difesa, che il collegio rimettente,
alla luce di una ricostruzione della cornice normativa sovranazionale
e  nazionale,   considera   inoltre   espressione   del   «patrimonio
costituzionale comune» europeo. Osserva in particolare  il  tribunale
rimettente,  sempre  riprendendo  gli  argomenti   sviluppati   nella
sentenza n. 497 del 2000, che  limitare  il  diritto  di  difesa  del
magistrato nel procedimento disciplinare, comprimendo la sua facolta'
di scegliere il difensore da lui ritenuto piu' adatto, «significa  in
definitiva menomare in parte anche il valore  dell'indipendenza».  Da
cio' deriva, ad  avviso  del  tribunale,  che  la  limitazione  della
facolta'  di  scegliere  il  difensore,  che  questa  Corte  ha  gia'
considerato illegittima con riferimento al procedimento  disciplinare
a carico dei magistrati ordinari, deve ritenersi illegittima anche se
riferita a magistrati contabili o  amministrativi,  dal  momento  che
anche  di  questi   ultimi   la   Costituzione   intende   preservare
l'indipendenza. Secondo il collegio, infatti, nel nostro  ordinamento
«anche  i  magistrati  amministrativi   e   quelli   contabili   sono
indipendenti da ogni altro potere dello Stato e siffatta  qualita'  e
prerogativa  e'  riconosciuta  dalla  Costituzione»,  e  segnatamente
dall'art. 108, secondo comma, il  quale  «obbliga  il  legislatore  a
garantire ed assicurare, con le sue leggi, l'indipendenza del giudice
speciale». 
    In  secondo  luogo,  ad  avviso  del  tribunale  rimettente,   le
disposizioni censurate violano il principio di  uguaglianza,  di  cui
all'art. 3 Cost. Al riguardo, il collegio osserva  che,  per  effetto
della piu' volte richiamata sentenza n. 497 del 2000, il  diritto  di
farsi assistere da un avvocato del libero  foro,  nell'ambito  di  un
procedimento  disciplinare   a   proprio   carico,   e'   attualmente
riconosciuto  ai  magistrati  ordinari,  mentre,   in   forza   delle
disposizioni  legislative  censurate,  esso  e'  ancora   negato   ai
magistrati   amministrativi   e   contabili.   Tale   disparita'   di
trattamento,  ad  avviso  del  collegio,  non  trova  alcuna  ragione
giustificatrice. Ne' puo' pervenirsi a diversa  conclusione,  secondo
il tribunale rimettente, in base alla sentenza n.  182  del  2008  di
questa  Corte,  che  ha  dichiarato  non  fondata  la  questione   di
legittimita' costituzionale  della  disposizione  che  precludeva  la
facolta' di ricorrere ad un avvocato  del  libero  foro  agli  agenti
della polizia di Stato sottoposti  a  procedimento  disciplinare.  Il
collegio osserva, al riguardo, che la posizione  istituzionale  e  le
funzioni dell'agente di pubblica sicurezza sono diverse da quelle del
magistrato amministrativo o contabile, solo per il secondo  essendovi
l'esigenza di garantire l'indipendenza dal potere esecutivo, e che il
procedimento disciplinare a carico di un dipendente  pubblico,  quale
l'agente  di  pubblica  sicurezza,  non  si  svolge  «secondo  moduli
giurisdizionali», come invece accade, ad avviso del  rimettente,  per
il procedimento disciplinare a carico di un magistrato amministrativo
o contabile. 
    2.1. - Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata inammissibile o infondata. 
    2.1. - La  difesa  erariale  osserva,  in  primo  luogo,  che  la
questione di legittimita' costituzionale e' formulata 
    «in  termini  cosi'  generici  ed  ipotetici  da  farla  ritenere
inammissibile». 
    2.2. - Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato ritiene  che
le differenze sostanziali sussistenti fra la magistratura ordinaria e
quella  amministrativa  e  contabile  depongano   nel   senso   della
«inapplicabilita' al caso in esame  delle  argomentazioni»  contenute
nella  sentenza  n.  497  del  2000  della  Corte  costituzionale  ed
escludano  la  sussistenza  di   «un'ingiustificata   disparita'   di
trattamento tra le due categorie magistratuali».  Secondo  la  difesa
erariale,  la  Costituzione  disciplina  in  modo  diverso   le   due
categorie:  per  i  magistrati  ordinari,  essa  stabilisce  che   la
magistratura costituisce un ordine autonomo e  indipendente  da  ogni
altro  potere,  ne  afferma  l'inamovibilita'  e  pone   i   principi
fondamentali per la composizione e  il  funzionamento  del  Consiglio
superiore  della  magistratura;  per  i  magistrati   amministrativi,
invece,  essa  «riserva  alla  legge  ordinaria   le   modalita'   di
individuazione  della   (certamente   affermata)   indipendenza   dei
magistrati  delle  giurisdizioni  speciali   [...]   e   nulla   dice
espressamente  quanto  alla  costituzione  e  al  funzionamento   dei
relativi  organi   di   autogoverno   e   all'esercizio   dell'azione
disciplinare  dinanzi  agli  stessi».  In  particolare,   ad   avviso
dell'Avvocatura generale dello Stato, che richiama  in  proposito  la
giurisprudenza della Corte di cassazione,  e'  diversa,  per  le  due
categorie di magistrati, la  natura  del  procedimento  disciplinare:
quest'ultimo  avrebbe  natura  giurisdizionale   per   i   magistrati
ordinari, amministrativa per i magistrati amministrativi e contabili,
le cui sanzioni disciplinari non sono impugnabili  con  ricorso  alle
sezioni unite della Corte di cassazione. Tali differenze,  ad  avviso
della difesa erariale, giustificano una «disparita' di regime,  senza
che cio' realizzi un irragionevole vulnus del  dedotto  principio  di
uguaglianza». 
    Neppure sarebbe ravvisabile, secondo l'Avvocatura generale  dello
Stato,  una  violazione  del  diritto  di   difesa   del   magistrato
amministrativo e contabile,  dal  momento  che  «mentre  il  giudizio
disciplinare a carico dei magistrati ordinari, in ragione  della  sua
peculiare  natura,  puo'  essere  impugnato  solo  con  ricorso   per
cassazione,  nel  giudizio  disciplinare  a  carico  dei   magistrati
amministrativi  e  contabili  -   avente   natura   di   procedimento
amministrativo - l'incolpato gode delle garanzie partecipative  poste
da norme specifiche e, ove  applicabili,  dalle  norme  generali  sul
procedimento; e puo' fruire, in piu' (con  difesa  tecnica),  di  due
gradi di giudizio di merito dinanzi al giudice  amministrativo  prima
dell'eventuale  ricorso  in  Cassazione».  La  difesa   erariale   fa
riferimento anche  alla  giurisprudenza  costituzionale,  secondo  la
quale il diritto di difesa «non si estende, nel suo pieno  contenuto,
oltre  la  sfera  della  giurisdizione,   mentre   nei   procedimenti
amministrativi   contenziosi   e'   sufficiente   la   garanzia   del
contraddittorio che assicuri un nucleo essenziale dei valori inerenti
ai diritti inviolabili della persona» (sentenza n. 356 del 1995). 
    L'Avvocatura generale dello Stato ritiene infondata,  infine,  la
dedotta violazione del principio di indipendenza  dei  giudici  delle
giurisdizioni speciali posto dall'art. 108 Cost., considerato che «la
legge regolamenta lo svolgimento  del  procedimento  (amministrativo)
disciplinare con il riconoscimento di ampie guarentigie». 
                       Considerato in diritto 
    1. -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Piemonte  ha
sollevato,  con  riferimento  agli  articoli  3,  24  e   108   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli
34, secondo comma, della legge 27 aprile 1982,  n.  186  (Ordinamento
della giurisdizione amministrativa e del personale di  segreteria  ed
ausiliario del Consiglio di  Stato  e  dei  Tribunali  amministrativi
regionali) e 10,  comma  9,  della  legge  13  aprile  1988,  n.  117
(Risarcimento  dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni
giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati), nella parte  in
cui vietano a un magistrato contabile o amministrativo  sottoposto  a
procedimento disciplinare di nominare, quale difensore di fiducia, un
avvocato del libero foro. 
    Secondo il rimettente le disposizioni impugnate,  comprimendo  il
diritto di difesa dei magistrati amministrativi e contabili,  violano
l'art. 24 Cost. Esse, in secondo luogo, limitando l'indipendenza  dei
giudici speciali, sarebbero in contrasto con l'art.  108  Cost.,  che
richiede la massima espansione del diritto di difesa del  magistrato.
Sarebbe violato, in terzo luogo, l'art. 3 Cost., per la disparita' di
trattamento tra i magistrati ordinari, ai quali e'  consentito  farsi
assistere  da  un  avvocato  del   libero   foro   nel   procedimento
disciplinare, e i magistrati amministrativi  e  contabili,  ai  quali
questa possibilita' e' negata. 
    2. -  Va  disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'  sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, basata sulla genericita'  della
censura e sulla sua natura ipotetica. L'ordinanza di  rimessione  del
tribunale  amministrativo  rimettente   individua   correttamente   i
parametri  costituzionali,  dei  quali  lamenta  la   violazione,   e
argomenta adeguatamente le censure  con  riferimento  a  ciascuno  di
esse. Ne' la questione e' formulata  in  termini  ipotetici,  perche'
l'ordinanza chiarisce che le disposizioni impugnate sono  applicabili
al giudizio principale e rilevanti per la sua decisione. 
    3. - La questione e' fondata con riferimento all'art. 108 Cost. 
    La Costituzione distingue tra la  giurisdizione  ordinaria  e  le
giurisdizioni  speciali,  ma  detta  anche   norme   generali   sulla
giurisdizione e sul processo, preoccupandosi di definire le  garanzie
necessarie  al  corretto  svolgimento  della  funzione.  Tra   queste
garanzie, vi e' quella dell'indipendenza dei magistrati, che riguarda
tanto la magistratura ordinaria, quanto  le  giurisdizioni  speciali.
Infatti, come l'art. 104 dispone che «la magistratura costituisce  un
ordine autonomo e indipendente da ogni altro  potere»,  cosi'  l'art.
108 dispone che la legge assicura l'indipendenza  dei  giudici  delle
giurisdizioni speciali e del pubblico ministero presso di esse. 
    La garanzia dell'indipendenza  del  magistrato  rileva  anche  in
materia  di  responsabilita'  disciplinare,  perche'  la  prospettiva
dell'irrogazione di una  sanzione  puo'  condizionare  il  magistrato
nello svolgimento delle funzioni che  l'ordinamento  gli  affida.  E'
necessario, dunque, che  siano  adottate  tutte  le  misure  volte  a
evitare ogni indebito condizionamento. Tra  queste  misure  rientrano
quelle  dirette  ad  assicurare  un'efficace  difesa.  E'  in  questa
prospettiva che  la  Corte  ha  affermato  che  «vi  e'  una  stretta
correlazione  tra  l'indipendenza   del   magistrato   sottoposto   a
procedimento disciplinare e la facolta' di scelta  del  difensore  da
lui ritenuto piu'  adatto,  sicche'  limitare  quest'ultima  facolta'
significa  in  definitiva  menomare  in   parte   anche   il   valore
dell'indipendenza»:  cio'  ha   indotto   la   Corte   a   dichiarare
l'illegittimita' costituzionale della  previsione  che  escludeva  la
possibilita', per il magistrato ordinario sottoposto  a  procedimento
disciplinare, di farsi assistere da un avvocato (sentenza n. 497  del
2000). 
    La correlazione indicata prescinde dalla natura giurisdizionale o
amministrativa  del  procedimento  disciplinare,  che   dipende   dai
caratteri che il legislatore ha scelto di attribuire al  procedimento
stesso e agli organi in esso coinvolti. Il procedimento  disciplinare
relativo ai magistrati ordinari ha natura giurisdizionale e si svolge
dinanzi alla  sezione  disciplinare  del  Consiglio  superiore  della
magistratura, con quanto  ne  consegue  in  ordine  al  regime  delle
impugnazioni. Quello relativo ai magistrati amministrativi ha  natura
di procedimento amministrativo e si svolge dinanzi  al  Consiglio  di
presidenza  della  giustizia  amministrativa  o   al   Consiglio   di
presidenza della Corte dei conti. 
    Questa diversa configurazione del  procedimento  dipende  da  una
scelta  del  legislatore,  che  ben  puo'   articolare   diversamente
l'ordinamento  delle  singole  giurisdizioni,  a  patto   che   siano
rispettati i principi costituzionali comuni. Indipendentemente  dalla
natura che la  legge  attribuisce  al  procedimento  e  all'autorita'
disciplinare, dalla garanzia costituzionale  di  indipendenza  deriva
una particolarita' di questo procedimento, quando  esso  riguardi  un
magistrato, in quanto per quest'ultimo, a differenza di quanto accade
per altre categorie di personale pubblico (sentenza n. 182 del 2008),
la  Costituzione  impone  che   sia   assicurata,   anche   in   sede
disciplinare, la massima espansione del diritto di difesa. 
    Le disposizioni impugnate, consentendo al magistrato incolpato di
farsi   assistere   solo   da   un   altro    magistrato,    limitano
irragionevolmente questo diritto. La possibilita' di farsi  assistere
da un  magistrato,  dismessa  la  sua  «originaria  caratterizzazione
corporativa», e' ancora giustificabile in  quanto  il  magistrato  e'
«ritenuto  in  possesso  dell'idoneita'  tecnica  per  assumere   una
siffatta difesa» (sentenza n. 497 del 2000). Ma il divieto  di  farsi
assistere da un avvocato, che e' la figura alla  quale  l'ordinamento
riconosce  in  primo  luogo  questa   funzione,   e'   manifestamente
irragionevole. 
    In conclusione,  l'esigenza  di  indipendenza  impone,  gia'  nel
procedimento disciplinare, che  al  magistrato  sia  riconosciuto  il
diritto di scegliere il  difensore  ed  esclude  la  legittimita'  di
disposizioni che  lo  limitino.  Questa  esigenza  -  come  notato  -
prescinde dal dato oggettivo, relativo alla natura dell'organo e  del
procedimento disciplinare, e dipende dal  dato  soggettivo,  relativo
alla titolarita' della funzione giurisdizionale. 
    Di conseguenza, ferma restando la legittimita'  della  previsione
che consente ai magistrati  amministrativi  di  farsi  assistere  nel
procedimento disciplinare  da  un  altro  magistrato,  va  dichiarata
l'illegittimita' della disposizione che impedisce loro di  avvalersi,
nella stessa sede, dell'opera di un avvocato. 
    4. - Restano assorbite le  censure  mosse  con  riferimento  agli
artt. 3 e 24 Cost.