IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva; Rilevato in fatto quanto segue: Pardini Nadia ha chiesto che il curatore del fallimento Ristorante Dal Matto S.r.l., sentito il giudice delegato o, direttamente, lo stesso giudice delegato, autorizzassero la Compagnia Milano Assicurazioni a corrispondere ad essa le somme portate da una sentenza di condanna al risarcimento dei danni ottenuta contro la societa' fallita e recante anche la condanna dell'assicuratore alla manleva in favore della predetta S.r.l.; Pardini Nadia, quale avventore del ristorante gestito dalla societa' fallita, aveva infatti subito un danno per la caduta ad essa occorsa a causa della presenza di acqua sul pavimento in prossimita' dei servizi igienici; la citata sentenza, non ottenuta nel contraddittorio del fallimento, ma solo nei riguardi della societa' fallita, conteneva statuizioni di condanna (e conseguente manleva assicurativa) con riferimento a varie voci di danno alla persona, di danno patrimoniale e di danno morale e di spese legali; il giudice delegato, a fronte della richiesta della Pardini, aveva dichiarato non luogo a provvedere sia perche' la predetta non era creditore insinuato al passivo fallimentare, sia perche' l'indennita' assicurativa costituiva cespite di spettanza della massa, sicche' la Pardini avrebbe potuto soltanto insinuarsi al passivo e richiedere la soddisfazione nei limiti entro cui l'attivo fosse risultato capiente per il grado di prelazione spettante al credito in questione; la Pardini proponeva reclamo ex art. 26 legge fall. avverso la predetta decisione, reiterando al Tribunale le proprie richieste; il Tribunale, qualificando la richiesta come diretta ad ottenere l'autorizzazione al curatore alla «ricognizione di diritti di terzi» (fattispecie prevista dall'art. 35 legge fall.) disponeva raccogliersi il parere del curatore (che, pur dubitando della fondatezza giuridica della richiesta di pagamento al di fuori del concorso, si rimetteva a giustizia) e del comitato dei creditori (che avallava, attraverso il c.d. silenzio assenso, la scelta del curatore di rimettersi a giustizia); Osservato in diritto quanto segue: l'assetto del diritto vivente (cfr. Cass. 28 agosto 2000, n. 11228; Cass. 13 maggio 2008, n. 11921) e' nel senso che, in presenza di assicurazione contro i danni stipulata dall'impresa fallita, spetti alla curatela l'incasso dell'indennita' assicurativa e che il danneggiato, quale creditore dell'impresa sottoposta a procedura concorsuale, possa soltanto far valere il diritto nel concorso, insinuandosi al passivo (art. 51 legge fall.) e ricevere soddisfazione nei limiti in cui il privilegio speciale ad esso attribuito dalla legge (art. 2767 c.c.) trovi capienza in considerazione del rango che gli artt. 2777 e 2778 c.c. attribuiscono a tale prelazione nel graduare i privilegi sui beni mobili; cio' significa che, in gran parte dei casi, il privilegio speciale in questione e' destinato a soccombere rispetto a molti privilegi mobiliari generali cui e' riconosciuto un grado superiore dai citati artt. 2777 e 2778 c.c.; nel caso di specie, allo stato attuale della procedura, ove la curatela incassasse l'indennita' assicurativa, essa finirebbe per venire assorbita dai creditori gia' ammessi e muniti di privilegio poziore rispetto alla Pardini come emerge dallo stato passivo aggiornato alla data odierna in atti e dal fatto che la procedura ha un attivo attuale di soli 295,32 euro. Ritenuto in merito alla costituzionalita' del sistema quanto segue: la normativa come sopra delineata e' tale per cui le somme (indennita' assicurativa) che la curatela puo' incassare in dipendenza del danno alla persona cagionato dall'impresa a terzi vengono in concreto destinate alla soddisfazione di creditori diversi dal danneggiato; tale sistema appare irrazionale e manifestamente ingiusto, perche' distrae le utilita' (indennita' assicurativa) che derivano all'impresa da un evento dannoso per la persona umana, dalla soddisfazione di chi di tale evento dannoso e' la vittima: da questo punto di vista appare dunque esservi contrasto con l'art. 3 della Costituzione, tale sistema collide altresi' con la tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.) e dei diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.), in quanto subordina il ristoro dei danni alla salute stessa (c.d. danno biologico) e ad altre utilita' strettamente personali (vedi danno morale) alla previa soddisfazione di altri diritti di terzi di natura patrimoniale; la supremazia del diritto alla salute sul concorso fallimentare e' del resto implicitamente confermata da quella costante giurisprudenza secondo cui le somme dovute a titolo di risarcimento del danno alla persona del fallito non rientrano nella massa attiva del fallimento (Cass. 13 giugno 2000, n. 8022; Cass. 11 gennaio 2006, n. 392). Osservato, in merito alle norme sospette di illegittimita', quanto segue: il sistema normativo sopra delineato deriva: a) dal disposto dell'art. 51 legge fall., che impone per ogni credito l'accertamento nelle forme concorsuali dell'insinuazione; b) dal disposto dell'art. 1917, secondo comma c.c. che non consente il pagamento diretto dall'assicuratore al danneggiato, se non nei casi ivi previsti che pero' non si possono realizzare, secondo il sistema vigente, una volta instaurata la procedura fallimentare perche' l'assicuratore non puo' piu' decidere di pagare il danneggiato, dovendo conferire le somme alla massa fallimentare (Cass. 28 agosto 2000, n. 11228) e di converso anche il curatore non puo' richiedere all'assicuratore di pagare direttamente al danneggiato perche' egli deve invece acquisire le somme e ripartirle secondo le regole interne alla procedura fallimentare; quindi sono quelle sopra indicate le norme il cui combinato disposto va sospettato di incostituzionalita', nei termini sopra indicati e che verranno di seguito ulteriormente specificati; si deve dunque rimettere d'ufficio alla Corte costituzionale la questione di legittimita' del disposto combinato degli artt. 1917, secondo comma c.c. e 51 legge fall., per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui tali norme, nel loro congiunto operare, impongono, per un verso, la partecipazione al concorso fallimentare per i crediti risarcitori riconnessi a lesioni del diritto alla salute o di diritti strettamente personali, non consentendo, per altro verso, il realizzo diretto sull'indennita' dovuta dall'assicuratore per i medesimi danni, in relazione a contratto di assicurazione per i danni a terzi stipulata dal fallito; a completamento del ragionamento si osserva che dalla sollecitata declaratoria di incostituzionalita' deriverebbe una differenza tra la posizione del danneggiato in caso di fallimento (assicurandogli azione diretta rispetto all'indennita' assicurativa), da quella di chi abbia subito danno da impresa che permanga in bonis (che non avrebbe tale azione diretta, potendosi giovare solo della scelta discrezionale ed eventuale dell'assicuratore di pagare direttamente a lui o del danneggiante di richiedere tale pagamento diretto al danneggiato); ma cio' non irragionevolmente, in quanto alla deteriore posizione del danneggiato con impresa in bonis (sotto il profilo dell'azione diretta), farebbe da riscontro la facolta' di procedere ad azione surrogatoria (ove vi fosse inerzia del debitore nell'esercitare i propri diritti assicurativi e nell'onorare il debito risarcitorio) o anche a pignoramento presso terzi dell'indennita' dovuta dall'assicuratore al danneggiante (facolta' che sono entrambe escluse in presenza di fallimento in quanto non e' mai ammessa azione surrogatoria nei confronti del curatore - Cass. 6 marzo 1991, n. 2339; Cass. 29 settembre 2005, n. 19045 - cosi' come non e' ammissibile l'aggressione con pignoramento avverso la massa fallimentare: artt. 51 e 52 legge fall.); in definitiva le due situazioni (quella che si determinerebbe in caso di fallimento e quelle che si avrebbe ove non vi fosse interferenza della procedura fallimentare) sarebbero caratterizzate da forme diverse di tutela, tra loro eterogenee e dunque non comparabili, ma parimenti idonee a garantire il danneggiato in conformita' dei valori costituzionali sottesi. Considerato, sotto il profilo della rilevanza, quanto segue: la questione e' rilevante nel decidere il caso di specie, in quanto la richiesta formulata al tribunale va rettamente qualificata come autorizzazione alla «ricognizione di diritti di terzi» di cui all'art. 35 legge fall. (che nel testo applicabile al fallimento in questione prevede la competenza del tribunale a decidere, in quanto la procedura fallimentare era pendente alla data di entrata in vigore della novella di cui al d. lgs. 5/2006 e dunque ai sensi dell'art. 150 del citato d. lgs. continua ad applicarsi la previgente disciplina); difatti, ove fosse possibile per il danneggiato, in costanza di fallimento, chiedere il pagamento diretto all'assicuratore, e' evidente che, salva l'ipotesi dell'azione giudiziale di cognizione (che potrebbe a quel punto essere direttamente rivolta contro l'assicuratore), ben potrebbe essere attivata (come e' nel caso di specie) una richiesta di mera autorizzazione agli organi fallimentari di tale pagamento diretto che, ove non sussistesse la normativa sospettata di illegittimita', potrebbe avere corso, proprio sul rilievo del trattarsi di diritti di natura strettamente personale che il curatore, verificati i relativi presupposti ed autorizzato dagli organi competenti, potrebbe riconoscere ai sensi dell'art. 35 legge fall. come spettanti al danneggiato senza interferenza del concorso fallimentare; pertanto nel caso di specie sarebbe possibile per il tribunale, in forza del vaglio positivo in merito alla sussistenza di danni alla persona (diritto alla salute; altri diritti inviolabili) dei quali e' dovuto il risarcimento e del ricadere di essi nell'ambito della copertura assicurativa, autorizzare la curatela a richiedere all'assicuratore di pagare direttamente in parte qua alla Pardini, quale persona danneggiata dal sinistro. Ritenuto in definitiva di sollevare d'ufficio questione di costituzionalita' nei termini di cui sopra e specificamente ribaditi nel dispositivo che segue;