O r d i n a n z a 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 206 e 224 del
codice penale e degli artt. 37 e 38 del decreto del Presidente  della
Repubblica 22 settembre 1988 n. 448 (Approvazione delle  disposizioni
sul processo penale a carico di minorenni),  promosso  dal  Tribunale
per i minorenni di Sassari nel procedimento penale a carico  di  D.G.
ed altri con ordinanza del 26 febbraio 2007, iscritta al n.  526  del
registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 28, 1ª serie speciale, dell'anno 2007. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio dell'11  marzo  2009  il  giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il  Tribunale
per i minorenni di Sassari ha sollevato, in riferimento agli artt. 2,
3, 10, 24, 31 e 111 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 206 e 224 del codice penale e degli  artt.
37 e 38 del d.P.R. 22 settembre  1988,  n.  448  (Approvazione  delle
disposizioni sul processo penale a carico di minorenni), nella  parte
«in cui consentono l'applicazione  di  una  misura  di  sicurezza,  e
specialmente  l'applicazione  provvisoria,  anche  nei  confronti  di
minori infraquattordicenni e persino di fanciulli molto giovani senza
previsione di alcun limite minimo di eta»; 
        che il giudice a  quo  premette  che,  con  sentenza  del  22
gennaio 2007, il Giudice per le  indagini  preliminari  del  medesimo
Tribunale aveva dichiarato, ai sensi dell'art. 26 del d.P.R.  n.  448
del 1988, il non luogo a procedere, per difetto di imputabilita', nei
confronti di tre minori infraquattordicenni (uno di undici anni,  gli
altri di tredici), sottoposti ad indagini per i delitti continuati di
cui agli artt. 609-bis, primo  comma  e  secondo  comma,  numero  1),
609-ter,  numero  2),  e  609-octies  cod.  pen.  (violenza  sessuale
aggravata di gruppo), commessi in concorso con altri  quattro  minori
non imputabili ai danni di una minore nata il 12 febbraio 1997; 
        che, con detta sentenza, il medesimo Giudice aveva  applicato
in via provvisoria ai minori, ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.P.R.
n. 448 del 1988, la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario,
da eseguire nelle forme del collocamento in comunita', per la  durata
di un anno, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per  i
minorenni ai fini dell'instaurazione del procedimento per la verifica
della pericolosita' previsto dall'art. 38 del medesimo decreto; 
        che, nell'udienza fissata ai sensi di  tale  disposizione,  i
difensori dei minori avevano  eccepito,  sotto  plurimi  profili,  la
nullita' della sentenza del Giudice per le  indagini  preliminari  e,
comunque, l'inefficacia della misura di sicurezza con essa applicata,
chiedendone la revoca; 
        che, ad avviso del giudice  a  quo,  tali  eccezioni  debbono
ritenersi  proponibili,  in  quanto  volte  a  far  valere   nullita'
assolute, rilevabili anche  d'ufficio  in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento, onde evitare la nullita' di tutti gli  atti  successivi
(artt. 179  e  185  del  codice  di  procedura  penale),  risultando,
tuttavia, infondate; 
        che non avrebbe pregio, anzitutto,  l'eccezione  di  nullita'
della sentenza ai sensi dell'art. 178,  comma  1,  lettera  b),  cod.
proc. pen., in quanto  emessa  senza  una  preventiva  richiesta  del
pubblico  ministero,  il   quale   si   era   limitato   a   chiedere
l'archiviazione del procedimento e, con separato atto, l'applicazione
provvisoria della misura di sicurezza; 
        che, in base all'art. 26 del d.P.R. n. 448 del 1988, difatti,
la sentenza di non luogo a procedere  per  difetto  di  imputabilita'
(art. 97 cod.  pen.)  deve  essere  pronunciata  dal  giudice,  anche
d'ufficio, non appena accerti che l'imputato  e'  minore  degli  anni
quattordici: e cio' in ossequio al principio  ispiratore  dell'intero
processo minorile, per cui al minore - specie se  infraquattordicenne
- deve essere garantita la piu' rapida uscita dal processo, a  tutela
della sua personalita'; detta sentenza, d'altro canto,  era  il  solo
provvedimento con il quale - a norma dell'art. 37 del d.P.R.  n.  448
del 1988 - poteva essere  applicata  provvisoriamente  la  misura  di
sicurezza richiesta dal pubblico ministero; 
        che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, inoltre,
la sentenza in questione poteva bene essere emessa dal giudice per le
indagini preliminari (che costituirebbe, anzi,  l'organo  normalmente
deputato  a  provvedervi,  trattandosi  di  pronuncia  basata  su  un
semplice riscontro anagrafico dell'eta' del minore): con  correlativa
legittimazione di  detto  giudice  a  disporre  anche  l'applicazione
provvisoria della misura di sicurezza ai sensi del citato art. 37; 
        che parimenti infondati risulterebbero gli ulteriori  assunti
difensivi, stando ai quali la misura sarebbe divenuta inefficace, sia
per non avere il  giudice  proceduto  all'interrogatorio  dei  minori
prima dell'adozione del provvedimento  o,  quanto  meno,  nei  cinque
giorni  successivi  alla  sua  esecuzione,  cosi'   come   prescritto
dall'art. 313 in riferimento all'art. 294 cod.  proc.  pen.;  sia  in
quanto la richiesta di riesame, proposta dal  difensore  di  uno  dei
minori contro il provvedimento  stesso,  non  era  stata  decisa  nel
termine di cui all'art. 309 cod. proc. pen.; 
        che  le  disposizioni  del  codice  di  rito  sul  cosiddetto
interrogatorio di garanzia e sulla richiesta  di  riesame  dovrebbero
ritenersi,  infatti,  non  operanti  in   rapporto   all'applicazione
provvisoria di misure di sicurezza ai  minori,  la  quale  trova  una
disciplina organica ed autonoma  -  derogatoria,  dunque,  di  quella
generale - nel capo IV del d.P.R. n. 448 del 1988; 
        che,  tanto  premesso,  il   Tribunale   rimettente   reputa,
tuttavia, che la disciplina  in  parola  generi  rilevanti  dubbi  di
costituzionalita', sia sotto il profilo sostanziale che sotto  quello
processuale: e cio' soprattutto nell'ipotesi in cui  coinvolga,  come
nella specie, minori di anni quattordici; 
        che  il  giudice  a  quo  dubita,   in   particolare,   della
legittimita' costituzionale degli artt. 206 e 224 cod. pen.  e  degli
artt. 37 e 38 del  d.P.R.  n.  448  del  1988,  «nei  limiti  in  cui
consentono l'applicazione di una misura di sicurezza, e  specialmente
l'applicazione  provvisoria,   anche   nei   confronti   dei   minori
infraquattordicenni  e  persino  di  fanciulli  molto  giovani  senza
previsione di alcun limite minimo di eta»; 
        che, al riguardo, il rimettente osserva  come  le  misure  di
sicurezza, e in special modo quella del  riformatorio  giudiziario  -
per quanto eseguita nelle  forme  del  collocamento  in  comunita'  -
comportino una grave  compressione  della  liberta'  personale  e  un
repentino  allontanamento  del  minore   dalla   famiglia;   il   suo
affidamento a persone sconosciute con modi e tempi che non consentono
un'adeguata preparazione  del  personale  specializzato;  una  brusca
interruzione del percorso scolastico del minore e delle sue abitudini
e relazioni sociali: e tutto cio' non per finalita' educative, ma  di
prevenzione  generale  e,   dunque,   «in   una   cornice   altamente
stigmatizzante», insita nella stessa denominazione di «riformatorio»; 
        che, di conseguenza, le misure in parola sarebbero  idonee  a
produrre un grave, e talora irreparabile, pregiudizio per lo sviluppo
della personalita' del minore, tanto piu' avvertibile quanto piu'  la
sua eta' si collochi al di sotto della  soglia  della  imputabilita':
profilo sotto il quale le norme denunciate lederebbero sia l'art. 31,
secondo comma, Cost., in  forza  del  quale  la  Repubblica  protegge
l'infanzia e la gioventu'; sia gli artt. 2 e 3 Cost.,  che  impongono
allo Stato di garantire i  diritti  involabili  della  persona  e  di
rimuovere gli  ostacoli  che  impediscono  il  pieno  sviluppo  della
personalita' umana; 
        che le  norme  impugnate  violerebbero,  inoltre,  l'art.  10
Cost., ponendosi in contrasto con le norme internazionali - tra  cui,
in particolare, l'art. 40 della Convenzione sui diritti del fanciullo
di New York del 20 novembre 1989,  ratificata  e  resa  esecutiva  in
Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, e gli  artt.  3  e  5  della
Convezione  europea  sull'esercizio  dei  diritti  dei  fanciulli  di
Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge
20 marzo 2003, n. 77 - che impegnano gli Stati  Parti  a  un'adeguata
tutela dei diritti del fanciullo accusato di un reato; 
        che, sotto il profilo piu' strettamente processuale, poi,  le
norme censurate determinerebbero, in contrasto con gli artt. 3  e  24
Cost., una irrazionale disparita' tra le garanzie difensive accordate
ai maggiorenni e quelle previste a favore dei minorenni; 
        che, infatti, mentre l'applicazione provvisoria delle  misure
di sicurezza nei confronti di maggiorenni deve essere preceduta o, se
non sia  possibile,  seguita  entro  breve  termine  (cinque  giorni)
dall'interrogatorio  dell'accusato,  con  le  garanzie  della  difesa
(artt. 313 e 294 cod. proc. pen.); analoghe  garanzie  non  sarebbero
assicurate al minore, segnatamente nel  caso  in  cui  l'applicazione
provvisoria venga disposta dal giudice per  le  indagini  preliminari
con la sentenza di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 448 del 1988; 
        che  tale  disparita'  di  trattamento  sarebbe   del   tutto
ingiustificata, in quanto la circostanza che il soggetto al quale  e'
attribuito  un  reato  sia  un  minore  infraquattordicenne  dovrebbe
comportare, semmai,  un  incremento  delle  garanzie  difensive,  sia
perche'  si  tratta  di  soggetto  debole,  sia  perche'  l'immediato
contatto tra il giudice e il minore  risulterebbe  indispensabile  ai
fini di una decisione ponderata; 
        che sarebbe leso, da ultimo, l'art. 111 Cost., in  forza  del
quale, da un lato, ogni processo deve svolgersi  nel  contraddittorio
tra le parti, in condizione di parita'; e, dall'altro,  ogni  persona
accusata deve essere,  nel  piu'  breve  tempo  possibile,  informata
riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa  elevata  a  suo
carico  e  disporre  del  tempo  e  delle  condizioni  necessari  per
preparare la sua difesa; 
        che   tali   principi   risulterebbero   compromessi    dalla
possibilita' - prefigurata dall'art. 37 in relazione all'art. 26  del
d.P.R. n. 448  del  1988  -  che  sia  il  giudice  per  le  indagini
preliminari, nella fase iniziale del procedimento,  a  disporre,  sia
pure in  via  provvisoria,  la  misura  di  sicurezza  nei  confronti
dell'infraquattordicenne, senza alcun obbligo di informare l'accusato
e senza alcun contraddittorio; 
        che,   d'altra   parte,   non   sarebbe    sufficiente    che
l'instaurazione  del  contraddittorio  sia  prevista  in  un  momento
successivo, e cioe' nell'ambito del procedimento di cui all'art.  38,
non potendo comunque esservi  «parita'  di  contraddittorio»  tra  la
pubblica accusa ed  un  soggetto  incapace  di  scelte  autonome  per
evidente immaturita' (quale il bambino di undici  anni  colpito,  nel
caso di specie, dalla misura); 
        che il giudice a quo ha reputato,  infine,  in  attesa  della
decisione sulla questione di costituzionalita', di disporre  comunque
la revoca della misura di sicurezza applicata ai  tre  minori,  cosi'
come consentito dall'art. 38, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988:  e
cio' per evitare che la protrazione di una misura disposta sulla base
di norme  sospettate  di  incostituzionalita'  produca  «un'eccessiva
stigmatizzazione» dei minori stessi, atta a compromettere lo sviluppo
della loro personalita'; 
        che nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata manifestamente infondata. 
    Considerato che il Tribunale per i minorenni di Sassari sottopone
a scrutinio di costituzionalita' gli  artt.  206  e  224  del  codice
penale e gli artt. 37 e 38 del  d.P.R.  22  settembre  1988,  n.  448
(Approvazione delle disposizioni sul  processo  penale  a  carico  di
minorenni), prospettandone il contrasto con gli artt. 2, 3,  10,  24,
31  e  111  della  Costituzione,  nella  parte  «in  cui   consentono
l'applicazione  di  una   misura   di   sicurezza,   e   specialmente
l'applicazione   provvisoria,   anche   nei   confronti   di   minori
infraquattordicenni  e  persino  di  fanciulli  molto  giovani  senza
previsione di alcun limite minimo di eta»; 
        che la questione deve ritenersi manifestamente  inammissibile
sotto un duplice profilo; 
        che, in primo luogo, il giudice rimettente formula un petitum
in forma discorsiva, privo dei caratteri di specificita' e univocita'
cui  deve  essere  improntato  un   quesito   di   costituzionalita':
omettendo, in specie, di indicare in un modo chiaro e puntuale  quale
o quali interventi vengano richiesti a questa Corte  in  correlazione
alle  singole  censure  svolte,  che  investono  aspetti  eterogenei,
sostanziali e processuali, della disciplina censurata; 
        che, d'altro canto, ove dovesse ritenersi - in rapporto  alla
parte conclusiva della formula dianzi riprodotta - che il  giudice  a
quo intenda ottenere, tramite  la  denuncia  di  incostituzionalita',
quanto al profilo di diritto penale  sostanziale,  anche  o  soltanto
l'introduzione nell'ordinamento di  un  limite  minimo  di  eta'  per
l'applicazione delle  misure  di  sicurezza  ai  non  imputabili,  si
sarebbe evidentemente di  fronte  alla  richiesta  di  un  intervento
additivo di innovazione normativa che esorbita dai poteri  di  questa
Corte,  in  quanto  implica  scelte  discrezionali  rientranti  nella
esclusiva    competenza    del    legislatore    (sulla     manifesta
inammissibilita' di richieste consimili, con specifico riguardo  alla
disciplina delle misure di sicurezza, si vedano le  ordinanze  n.  83
del 2007, n. 254 del 2005, n. 88 del 2001 e n. 24 del 1985); 
        che,  in  secondo  luogo,  quanto  al  profilo   di   diritto
processuale,  nel  formulare  il  quesito  di  costituzionalita',  il
giudice a quo muove dal presupposto, implicito e non dimostrato,  che
la sentenza di non luogo a procedere per  difetto  di  imputabilita',
emessa nei confronti del minore di quattordici anni dal  giudice  per
le indagini preliminari ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n.  448  del
1988 - sentenza con la quale sono state applicate in via  provvisoria
le misure di sicurezza di cui si discute nel caso  di  specie  -  non
debba essere preceduta da  alcun  avviso  all'interessato  (o  a  chi
legalmente  lo  rappresenta),  ne'  da   una   qualunque   forma   di
contraddittorio; 
        che  il  rimettente   omette,   tuttavia,   di   sperimentare
preventivamente la praticabilita' di una  interpretazione  diversa  e
conforme a Costituzione del quadro normativo; 
        che, al riguardo, occorre infatti considerare che -  come  in
piu' occasioni rilevato anche dalla giurisprudenza di legittimita'  -
la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilita'  e'
idonea a produrre effetti pregiudizievoli per il  minore,  in  quanto
comporta l'accertamento del fatto e della sua  commissione  da  parte
dell'interessato: e cio' tanto piu'  nel  caso  in  cui  il  pubblico
ministero abbia richiesto, ai sensi dell'art. 37, comma 1, del d.P.R.
n. 448 del 1988, l'applicazione di una misura di sicurezza, la  quale
presuppone, per regola generale (art. 224 cod. pen.), che si  accerti
che il minore  non  imputabile  abbia  commesso  il  fatto,  che  non
ricorrano cause di  giustificazione  e  che  sussista,  altresi',  il
necessario  coefficiente   psicologico,   visto   nella   particolare
situazione del non imputabile; 
        che la sentenza in questione e' destinata, in ogni  caso,  ad
essere iscritta, sia pure temporaneamente, nel casellario  giudiziale
(art. 3, comma 1, lettera f), del d.P.R. 14 novembre 2002,  n.  313),
potendo in tal modo  formare  oggetto  di  valutazione  ai  fini  del
giudizio sulla personalita'  del  soggetto  in  eventuali  successive
vicende giudiziarie; 
        che, pertanto, il minore infraquattordicenne ha  interesse  -
morale e giuridico - a non vedersi prosciolto da un reato inesistente
o che non ha commesso solo in ragione della sua giovanissima eta'; 
        che, in questa prospettiva, si e', in particolare,  sostenuto
da una parte degli interpreti che,  ai  fini  della  pronuncia  della
sentenza di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 448  del  1988  nella  fase
delle indagini preliminari, occorra il consenso del minore (almeno in
presenza di una richiesta di applicazione provvisoria  di  misura  di
sicurezza): e cio' analogamente a quanto stabilito con riguardo  alla
possibile definizione del processo all'udienza preliminare  dall'art.
32, comma  1,  del  medesimo  decreto,  nel  nuovo  testo  introdotto
dall'art. 22 della legge 1° marzo 2001, n. 63,  con  l'obbiettivo  di
adeguamento al principio e alle regole  in  tema  di  contraddittorio
nella formazione della prova espressi dall'art. 111, quarto e  quinto
comma, Cost.; dovendosi notare - quanto alla disposizione del  citato
art. 32, comma 1 - che, pur a seguito della declaratoria di  parziale
incostituzionalita' recata dalla sentenza n. 195 del 2002  di  questa
Corte, l'esigenza del previo consenso del minore resta applicabile in
funzione della pronuncia delle sentenze di non luogo a procedere  che
presuppongano un accertamento di responsabilita'; 
        che, peraltro, anche da parte di  coloro  che  non  ritengono
praticabile tale soluzione ermeneutica, si e'  comunque  sottolineata
l'esigenza  di  valutare  se  e  quali  strumenti  offra  il  sistema
processuale  per  assicurare  al  minore  e  a  chi   legalmente   lo
rappresenta la possibilita' di interloquire preventivamente in  vista
della pronuncia in parola; 
        che, a  tal  riguardo,  la  piu'  recente  giurisprudenza  di
legittimita'  ha,  in  effetti,  specificamente  affermato   che   la
finalita' perseguita dal legislatore con la previsione  dell'art.  26
del d.P.R. n. 448 del 1988 - quella, cioe', di assicurare  la  rapida
uscita del minore infraquattordicenne dal procedimento,  in  modo  da
sottrarlo  all'effetto  stigmatizzante  e  traumatizzante  che   esso
comporta - non puo'  travalicare  l'interesse  difensivo  del  minore
stesso e, dunque, non esclude, ma implica la necessita'  di  adottare
«un'interpretazione adeguatrice ai principi del giusto  processo,  al
fine  di  evitare  che  sia   emessa   una   pronuncia   virtualmente
pregiudizievole in quanto non pienamente liberatoria» (Cassazione, 22
maggio 2008, n. 23612); 
        che siffatta interpretazione adeguatrice  -  non  perscrutata
dal giudice a quo - oltre a travolgere, nel merito, tutte le  censure
di ordine processuale  dal  medesimo  formulate,  inciderebbe,  prima
ancora,  sulla  rilevanza  della  questione  o,  quanto  meno,  sulla
adeguatezza della motivazione in ordine alla stessa; 
        che nella prospettiva ermeneutica dianzi  indicata,  infatti,
spetterebbe al  giudice  a  quo  appurare  se  l'eventuale  vizio  di
nullita' della sentenza di non luogo a  procedere  applicativa  della
misura di sicurezza - in quanto emessa, nel  caso  di  specie,  senza
alcuna forma di contraddittorio - si riverberi  in  senso  preclusivo
sul procedimento di verifica della pericolosita'  previsto  dall'art.
38 del d.P.R. n. 448 del 1988 - che in detta sentenza  trova  il  suo
necessario presupposto - privando cosi' di rilievo anche  le  censure
relative ai profili sostanziali della disciplina; 
        che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la  mancata
verifica preliminare da parte del giudice rimettente,  nell'esercizio
dei   poteri   ermeneutici   riconosciutigli   dalla   legge,   della
praticabilita' di una  soluzione  interpretativa  diversa  da  quella
posta a base dei dubbi di costituzionalita'  ipotizzati,  e  tale  da
determinare il superamento di tali dubbi, o da renderli comunque  non
rilevanti nel  caso  di  specie,  comporta  l'inammissibilita'  della
questione sollevata (ex plurimis, sentenza n. 192 del 2007; ordinanze
n. 193 del 2008 e n. 409 del 2007); 
        che sotto entrambi i  profili  evidenziati  la  questione  va
dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.