Ordinanza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 26  del  decreto
legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di  procedura
civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica
e di arbitrato, a norma dell'articolo 1,  comma  2,  della  legge  14
maggio 2005, n. 80), e dell'art. 45 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice  della  strada),  promossi  dal  Tribunale
ordinario di Sondrio con ordinanza dell'8 maggio 2008, dal  Tribunale
ordinario di Reggio Emilia con ordinanza del 7 dicembre  2007  e  dal
Tribunale ordinario di Pisa, sezione  distaccata  di  Pontedera,  con
ordinanza del 14 gennaio 2008, ordinanze rispettivamente iscritte  ai
numeri 330, 343 e 362 del registro ordinanze 2008 e pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  nn.  44,  46  e  47, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008; 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 1°  aprile  2009  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    Ritenuto che, con tre distinte ordinanze in data 7 dicembre 2007,
14 gennaio 2008 ed 8 maggio 2008, emanate nel  corso  di  altrettanti
giudizi, il  Tribunale  ordinario  di  Reggio  Emilia,  il  Tribunale
ordinario di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, ed  il  Tribunale
ordinario di Sondrio hanno sollevato, in riferimento agli artt. 76  e
77, primo comma, della Costituzione (la seconda ordinanza soltanto in
riferimento  al  primo  di  detti  parameri  costituzionali),  ed  in
relazione all'art. 1, commi 2, 3 e 4, della legge 14 maggio 2005,  n.
80 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del  decreto-legge  14
marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano
di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.  Deleghe
al Governo per la modifica del codice di procedura civile in  materia
di processo di cassazione e  di  arbitrato  nonche'  per  la  riforma
organica della disciplina delle procedure concorsuali), questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 26 (recte: art.  26,  comma  1,
lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche
al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in
funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma
2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), il quale ha abrogato  l'ultimo
comma dell'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al
sistema penale); 
        che, inoltre, il Tribunale ordinario di Sondrio ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  111  Cost.,   questione   di
legittimita' costituzionale anche dell'art. 45 (recte: art. 45, comma
6) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), nella parte  in  cui  non  prevede  che  le  apparecchiature
automatiche atte all'accertamento  delle  violazioni  alle  norme  di
circolazione   siano   sottoposte   a   periodiche    verifiche    di
funzionalita', secondo la disciplina stabilita dalla legge 11  agosto
1991, n. 273 (Istituzione del sistema nazionale di taratura); 
        che i tre giudizi principali hanno ad oggetto  l'impugnazione
delle sentenze emesse da altrettanti  Giudici  di  pace,  concernenti
opposizioni avverso un'ordinanza-ingiunzione, di irrogazione  di  una
sanzione amministrativa pecuniaria (r.o. n. 330  del  2008),  nonche'
avverso verbali di contestazione di infrazioni previste dal d.lgs. n.
285 del 1992 (r.o. n. 343 e n. 362 del 2008); 
        che, secondo i rimettenti, l'art. 26, comma  1,  lettera  b),
del d.lgs. n. 40 del 2006,  abrogando  l'ultimo  comma  dell'art.  23
della legge n. 689 del 1981, ha reso  impugnabile  con  l'appello  la
sentenza prevista da detta disposizione,  con  conseguente  rilevanza
della questione concernente la prima norma; 
        che, ad avviso dei giudici a quibus, il citato art. 26, comma
1, lettera b), si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77,  primo
comma, Cost., in relazione all'art. 1, commi 2, 3 e 4, della legge n.
80 del 2005, poiche' la delega contenuta in quest'ultima disposizione
non avrebbe avuto ad oggetto la modifica dell'art. 23 della legge  n.
689 del 1981, neppure prevista dal comma 3, lettera a), di detto art.
1,  il  quale  concerneva  «la  non  ricorribilita'  immediata  delle
sentenze  che  decidono  di  questioni  insorte  senza  definire   il
giudizio», fattispecie diversa da  quella  disciplinata  dalla  norma
censurata; 
        che, inoltre, secondo il Tribunale ordinario di Pisa, sezione
distaccata di Pontedera, il potere attribuito al legislatore delegato
di «revisionare la formulazione letterale  e  la  collocazione  degli
articoli del vigente codice e delle altre  norme  processuali  civili
vigenti non direttamente investiti dai principi di delega»  (art.  1,
comma 4, della legge n. 80 del  2005)  neppure  avrebbe  permesso  di
modificare l'ultimo comma del citato art. 23, il  quale  prevederebbe
un controllo di mera legalita', stabilendo una eccezione alla  regola
dell'art. 339, primo comma, del codice di procedura civile,  coerente
con  il  tipo  di  sindacato  svolto  nel  giudizio  di   opposizione
all'irrogazione delle sanzioni amministrative; 
        che il Tribunale ordinario di Sondrio,  dopo  avere  premesso
che la parte privata, con il primo motivo di appello,  ha  contestato
la prova dell'infrazione del limite di velocita', in  quanto,  a  suo
avviso, la mancata taratura periodica dell'apparecchiatura utilizzata
per  rilevarla  ne  comprometterebbe  l'affidabilita',   benche'   si
trattasse  di  dispositivo  regolarmente   omologato,   ha   altresi'
sollevato, in linea gradata, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte in cui
non prevede che  detta  apparecchiatura  debba  essere  sottoposta  a
periodiche  verifiche  di  funzionalita',   secondo   la   disciplina
stabilita dalla legge n. 273 del 1991; 
        che, secondo  il  rimettente,  la  tesi  dell'appellante  «si
appalesa infondata alla luce del  costante  ed  univoco  orientamento
della giurisprudenza di legittimita', che questo giudice condivide  e
fa proprio, secondo cui  "in  tema  di  sanzioni  amministrative  per
violazione   al   cod.   strada   le   apparecchiature   elettroniche
regolarmente omologate utilizzate  per  rilevare  le  violazioni  dei
limiti di velocita'  stabiliti,  come  previsto  dall'art.  142  cod.
strada, non devono essere  sottoposte  ai  controlli  previsti  dalla
legge n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura»,
in quanto «tale sistema  di  controlli  [...]  attiene  alla  materia
cosiddetta metrologica, diversa rispetto a quella  della  misurazione
elettronica della velocita»; 
        che, nonostante questa premessa, il  giudice  a  quo  deduce,
tuttavia, che l'art. 45, comma 6, del d.lgs. n.  285  del  1992,  non
prevedendo la sottoposizione degli apparecchi  di  misurazione  della
velocita' al sistema di taratura previsto  dalla  legge  n.  273  del
1991,  violerebbe  l'art.  3  Cost.,  in  quanto  realizzerebbe   una
ingiustificata disparita' di trattamento  rispetto  alle  fattispecie
governate da detta legge, recando una disciplina intrinsecamente  non
ragionevole, poiche' la taratura periodica  di  detti  apparecchi  ne
garantirebbe precisione ed affidabilita',  permettendo  il  controllo
successivo della esattezza della rilevazione; 
        che, infine, a suo  avviso,  la  norma  censurata  recherebbe
vulnus al diritto di difesa ed al principio della parita' delle parti
in  ordine  alla  prova  dell'infrazione,  in  considerazione   della
irripetibilita'    e    scarsa    affidabilita'     dell'accertamento
dell'infrazione a mezzo di  dette  apparecchiature,  con  conseguente
violazione degli artt. 24 e 111 Cost.; 
        che in tutti i giudizi e' intervenuto, con distinti atti,  di
contenuto sostanzialmente coincidente, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  svolgendo  argomenti  esclusivamente  in   riferimento   alla
questione di legittimita' costituzionale avente ad oggetto l'art. 26,
comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 40 del 2006 e  chiedendo  che  sia
dichiarata non fondata. 
    Considerato che i giudizi, aventi ad oggetto, in parte, la stessa
norma, censurata in riferimento ai medesimi parametri  costituzionali
e con  argomentazioni  sostanzialmente  coincidenti,  possono  essere
riuniti, ai fini di una decisione congiunta; 
        che in riferimento alle censure concernenti l'art. 26,  comma
1, lettera b),  del  decreto  legislativo  2  febbraio  2006,  n.  40
(Modifiche al codice di procedura civile in materia  di  processo  di
cassazione  in  funzione  nomofilattica  e  di  arbitrato,  a   norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 14  maggio  2005,  n.  80),  va
osservato che una questione identica, avente ad oggetto detta  norma,
sollevata in riferimento  ai  medesimi  parametri  costituzionali,  e
sotto gli stessi profili indicati nelle ordinanze  di  rimessione  in
esame, e' stata  dichiarata  da  questa  Corte  non  fondata  con  la
sentenza n. 98 del 2008 e, successivamente, manifestamente  infondata
con le ordinanze n. 281 e n. 396 del 2008 e n. 8 del 2009; 
        che, secondo siffatte pronunce, la  corretta  interpretazione
dell'art. 1 della legge n. 80 del 2005,  alla  luce  della  finalita'
della legge delega di  disciplinare  il  processo  di  cassazione  in
funzione nomofilattica (comma 3, lettera a) e del significato assunto
da  tale   espressione,   di   rafforzamento   di   detta   funzione,
legittimavano il legislatore delegato ad adottare una norma diretta a
limitare i casi di  immediata  ricorribilita'  per  cassazione  delle
sentenze, anche modificando disposizioni non collocate nel codice  di
rito civile, con conseguente infondatezza  del  denunciato  vizio  di
eccesso di delega; 
        che, inoltre, la conformazione del giudizio di opposizione  a
sanzione amministrativa come giudizio di accertamento sul  fondamento
della pretesa sanzionatoria, l'ambito del sindacato svolto in sede di
legittimita' e la considerazione  che  l'ordinamento  gia'  prevedeva
casi di impugnabilita' con  l'appello  delle  sentenze  che  decidono
un'opposizione   a   sanzione   amministrativa   rendono    manifesta
l'impossibilita' di invocare  una  asserita  «logica  di  sistema»  a
conforto  di  una  interpretazione  restrittiva  della   legge-delega
(sentenza n. 98 del 2008); 
        che le ordinanze non deducono profili o argomenti  differenti
rispetto a quelli valutati nelle pronunce sopra  richiamate,  con  la
conseguenza che la questione avente ad oggetto  il  citato  art.  26,
comma 1, lettera b), deve essere dichiarata manifestamente infondata; 
        che la questione avente ad oggetto l'art. 45,  comma  6,  del
decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
strada), e'  manifestamente  inammissibile,  poiche'  l'ordinanza  di
rimessione  manca   di   un'adeguata   descrizione   della   concreta
fattispecie sottoposta a giudizio e, tra l'altro, neppure  da'  conto
dei motivi di appello proposti, quindi,  difetta  di  motivazione  in
ordine alla rilevanza della stessa nel processo a quo  (ordinanze  n.
15 del 2009 e n. 441 del 2008), non essendo detta  lacuna  emendabile
attraverso l'esame diretto  del  fascicolo  del  giudizio  principale
(ordinanze n. 395 del 2008 e n. 251 del 2007); 
        che, inoltre, benche' la giurisprudenza di  legittimita',  da
un canto, abbia sottolineato la complessita' della  disciplina  degli
strumenti di  misura,  evidenziandone  le  differenti  finalita',  in
correlazione  con  gli  scopi  avuti  di  mira  dal  legislatore   e,
dall'altro, abbia indicato presupposti e  modalita'  della  prova  in
ordine   all'eventuale   malfunzionamento   dell'apparecchiatura   di
misurazione della velocita', la questione e' stata sollevata in  modo
sostanzialmente assertivo, senza svolgere  adeguatamente  le  ragioni
del denunciato contrasto della disciplina censurata con  i  parametri
costituzionali invocati; 
        che, infine, sotto un ulteriore  e  concorrente  profilo,  la
questione e' manifestamente  inammissibile  anche  perche'  e'  stata
prospettata in antitesi con la  premessa  interpretativa  svolta  dal
rimettente, per disattendere la  tesi  svolta  dalla  parte  privata,
quindi in maniera palesemente contraddittoria (ordinanza n.  252  del
2008). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.