Ordinanza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  157,  primo  e
quinto comma, del codice penale, come sostituito  dall'art.  6  della
legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche  al  codice  penale  e  alla
legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche,  di
recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato  per
i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi con  ordinanze  del
14  aprile  e  del  23  maggio  2006  dal  Giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale di Pisa, del 25 gennaio 2008 dal  Tribunale
di Livorno e del 10 aprile 2007 dal Tribunale  di  Nocera  Inferiore,
rispettivamente iscritte ai nn. 250, 380,  289  e  361  del  registro
ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 36, 49, 40 e 47, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 1°  aprile  2009  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Pisa, con ordinanza del  14  aprile  2006,  pervenuta  alla  Corte
costituzionale il 14 luglio 2008 (r.o. n. 250 del 2008), ha sollevato
- in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  -  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma,  del  codice
penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre  2005,  n.
251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354,
in materia di attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio  di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione),  nella  parte  in  cui  non  dispone  che  il  termine
triennale di prescrizione  previsto  per  i  reati  puniti  con  pena
diversa da quella detentiva  e  da  quella  pecuniaria  si  applichi,
inoltre, a tutti gli ulteriori reati di  competenza  del  giudice  di
pace; 
        che il rimettente e' chiamato a  valutare  una  richiesta  di
archiviazione   proposta   dal   pubblico   ministero,   in   ragione
dell'asserita estinzione  dei  reati  per  intervenuta  prescrizione,
nell'ambito di un procedimento per fatti di lesione  personale  (art.
582 cod. pen.) e ingiuria (art. 594 cod. pen.), commessi  nel  giugno
del 2001; 
        che,  secondo  lo  stesso  rimettente,  la   disciplina   del
riformato quinto comma dell'art. 157 cod. pen., nella parte in cui si
riferisce ai reati puniti con pene diverse da quella detentiva  e  da
quella pecuniaria,  avrebbe  riguardo  ai  reati  di  competenza  del
giudice di pace per  i  quali  sono  applicabili  le  sanzioni  della
permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita', secondo  il
disposto dell'art. 52 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.  274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di  pace,  a  norma
dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468); 
        che infatti la  norma  censurata,  ove  diversamente  intesa,
resterebbe priva di un qualunque oggetto, e d'altra parte, essendo la
norma  stessa  riferibile  a  tutte  le   previsioni   edittali   che
comprendono  le  sanzioni  cosiddette  «paradetentive»,  non  avrebbe
alcuna rilevanza la possibilita' che, nella maggior parte  dei  casi,
siano applicabili, in alternativa, anche pene di natura pecuniaria; 
        che la pertinenza del quinto comma dell'art. 157 cod. pen. ai
reati di competenza del giudice di pace non potrebbe  neppure  essere
esclusa per l'equiparazione ad «ogni effetto giuridico» istituita,  a
norma dell'art. 58 del d.lgs. n. 274  del  2000,  tra  le  originarie
sanzioni detentive e le  pene  della  permanenza  domiciliare  e  del
lavoro di pubblica utilita'; 
        che  infatti,  sempre  a  parere  del  giudice  a   quo,   il
legislatore avrebbe  inteso  creare,  mediante  le  nuove  previsioni
sanzionatorie,  un  sottosistema  caratterizzato  dall'autonomia  dei
relativi istituti rispetto allo strumentario tradizionale delle pene; 
        che il rimettente osserva  come,  alla  luce  delle  premesse
indicate, il piu' grave tra i reati contestati nel  giudizio  a  quo,
cioe' quello di lesioni  personali,  dovrebbe  considerarsi  estinto,
essendo per esso prevista l'applicazione delle pene  «paradetentive»,
con  termine  prescrizionale  pari  dunque  a  tre  anni,  mentre  la
prescrizione non sarebbe ancora maturata per il meno grave  reato  di
ingiuria, punito  con  la  sola  pena  della  multa  e  soggetto  per
l'estinzione, a norma del primo comma dell'art. 157 cod. pen., ad  un
termine di sei anni; 
        che l'evidente sperequazione  non  potrebbe  essere  evitata,
secondo il giudice  a  quo,  estendendo  l'applicazione  della  norma
censurata, in via interpretativa, a tutti i reati di  competenza  del
giudice di pace, cosi'  da  prospettare  una  prescrizione  triennale
anche per gli illeciti puniti con la sola pena pecuniaria, posto  che
per tali illeciti  e'  prevista  espressamente  una  sanzione  «della
specie  corrispondente»  a  quella  originaria,  cioe'  la  multa   o
l'ammenda (art. 52 del d.lgs. n. 274 del 2000); 
        che, secondo il rimettente, una disciplina  non  ispirata  al
criterio di proporzionalita' tra durata del termine prescrizionale  e
gravita' del reato, e che anzi inverte  la  proporzione  tra  le  due
grandezze,  sarebbe  manifestamente  irragionevole,   e   dunque   in
contrasto con l'art. 3 Cost.; 
        che il giudice a quo osserva infine, in punto  di  rilevanza,
come la richiesta di archiviazione sottoposta al suo vaglio  potrebbe
essere accolta,  quanto  al  reato  di  ingiuria,  solo  in  caso  di
riconosciuto fondamento della questione sollevata; 
        che il Tribunale di Livorno in composizione monocratica,  con
ordinanza del 25 gennaio 2008 (r.o. n. 289 del 2008), ha sollevato  -
in  riferimento  all'art.  3  Cost.  -  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 157, primo e quinto comma, cod.  pen.,  come
sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005,  nella  parte  in
cui prevede, per i reati di competenza del giudice di  pace,  che  il
termine prescrizionale sia pari a tre anni nel caso di  reati  puniti
con pene diverse da quelle detentive o pecuniarie, e sia pari  invece
a quattro o a sei anni (a seconda che si tratti di contravvenzioni  o
delitti) nel caso di reati puniti con la pena pecuniaria; 
        che il rimettente e' chiamato  a  celebrare  il  giudizio  di
appello in un procedimento concernente i delitti  di  percosse  (art.
581 cod. pen.) e lesioni personali (art. 582 cod. pen.), il primo dei
quali e' punito con la sola pena della multa, mentre il secondo  puo'
essere sanzionato  anche  mediante  l'applicazione  della  permanenza
domiciliare o del lavoro di pubblica utilita'; 
        che per i reati punibili con le sole pene pecuniarie, secondo
il giudice a quo, deve applicarsi il termine prescrizionale  indicato
al primo comma dell'art. 157 cod. pen., mentre  sarebbe  applicabile,
con  riguardo  ai   reati   puniti   con   le   cosiddette   sanzioni
«paradetentive», il piu' breve termine fissato dal quinto comma della
stessa norma, che si riferisce, appunto, ai  reati  puniti  con  pene
diverse da quelle pecuniarie o detentive; 
        che la previsione del termine triennale, se non  riferita  ai
piu' gravi reati  di  competenza  del  giudice  di  pace,  resterebbe
infatti priva di ogni contenuto precettivo; 
        che neppure potrebbe  farsi  riferimento,  a  sostegno  della
soluzione opposta, all'art. 58  del  d.lgs.  n.  274  del  2000,  che
equipara «ad ogni effetto giuridico» le  sanzioni  «paradetentive»  a
quelle  detentive  originariamente  previste   per   le   fattispecie
trasferite alla competenza del giudice di pace, in quanto l'art. 157,
quinto comma,  cod.  pen.  si  atteggerebbe  a  norma  successiva  di
carattere speciale rispetto alla disposizione menzionata; 
        che il rimettente osserva come,  facendo  applicazione  delle
norme censurate, dovrebbe  dichiarare  l'intervenuta  estinzione  del
reato piu' grave tra quelli contestati  nel  giudizio  a  quo,  cioe'
quello di lesioni, mentre il piu' lungo termine prescrizionale di sei
anni non sarebbe ancora decorso quanto al reato di percosse; 
        che una disciplina siffatta, a parere del Tribunale,  sarebbe
priva di razionalita' intrinseca, e come  tale  idonea  a  recare  un
vulnus ai principi di ragionevolezza e uguaglianza,  «sostanzialmente
finendo  per  omologare  tra  loro  situazioni  diverse  ovvero,   al
contrario, differenziare il trattamento di situazioni similari»; 
        che  il  Tribunale  di  Nocera  Inferiore   in   composizione
monocratica, con ordinanza del 10 aprile 2007, pervenuta  alla  Corte
costituzionale il  16  ottobre  2008  (r.o.  n.  361  del  2008),  ha
sollevato  -  in  riferimento  all'art.  3  Cost.  -   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma,  cod.  pen.,
come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella  parte
in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione  previsto
per i reati puniti con pena diversa da quella detentiva e  da  quella
pecuniaria si applichi, inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori  reati  di
competenza del giudice di pace; 
        che il rimettente - il quale procede per i reati di  ingiuria
aggravata (art. 594, primo e quarto comma, cod. pen.) e  di  minaccia
(art. 612 cod. pen.), commessi il 20 settembre 1999 -  ritiene  nella
specie applicabile il termine di prescrizione  quinquennale  previsto
dall'originario terzo comma dell'art. 157 cod. pen.,  trattandosi  di
disciplina piu' favorevole di quella introdotta, in epoca  successiva
alla consumazione dei reati, dal  testo  novellato  del  primo  comma
dello stesso art. 157 cod. pen.; 
        che il giudice a quo rileva, per altro, come la legge n.  251
del 2005 abbia previsto, mediante la norma censurata, un  termine  di
prescrizione  triennale  per  una  parte  dei  reati  assegnati  alla
competenza del giudice penale, cioe' quelli punibili con le  sanzioni
della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilita'; 
        che infatti  il  riferimento  alle  pene  diverse  da  quelle
detentive  e  da  quelle  pecuniarie  non   potrebbe   essere   letto
altrimenti,  poiche'  il  quinto  comma  dell'art.  157   cod.   pen.
risulterebbe di fatto inapplicabile; 
        che il rimettente osserva come la  norma  censurata  comporti
una prescrizione piu' rapida per reati che sono piu' gravi di  quelli
contestati nel giudizio a quo, cosi' dando luogo ad una irragionevole
disparita' di trattamento, in violazione dell'art. 3 Cost.; 
        che, secondo il Tribunale,  la  questione  e'  rilevante,  in
quanto, nell'evenienza di un suo accoglimento, il  termine  triennale
di prescrizione diverrebbe operante  anche  riguardo  ai  delitti  di
ingiuria e minaccia, cosi' comportando la declaratoria di  estinzione
dei reati contestati; 
        che il Giudice per le indagini preliminari del  Tribunale  di
Pisa,  con  ordinanza  del  23  maggio  2006,  pervenuta  alla  Corte
costituzionale il  5  novembre  2008  (r.o.  n.  380  del  2008),  ha
sollevato  -  in  riferimento  all'art.  3  Cost.  -   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma,  cod.  pen.,
come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella  parte
in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione  previsto
per i reati puniti con pena diversa da quella detentiva e  da  quella
pecuniaria si applichi, inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori  reati  di
competenza del giudice di pace; 
        che il rimettente e' chiamato a  valutare  una  richiesta  di
archiviazione   proposta   dal   pubblico   ministero,   in   ragione
dell'asserita estinzione  dei  reati  per  intervenuta  prescrizione,
nell'ambito di un procedimento per fatti di minaccia (art.  612  cod.
pen.)  e  ingiuria  (art.  594  cod.  pen.),   commessi   dall'agosto
all'ottobre del 2001; 
        che,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  richiesta   andrebbe
respinta, dovendosi applicare il termine di prescrizione quinquennale
previsto dal testo originario del  terzo  comma  dell'art.  157  cod.
pen., quale disciplina  piu'  favorevole  di  quella  introdotta  col
novellato primo comma dello stesso art. 157 cod. pen.; 
        che  la  soluzione  sarebbe  peraltro  «sommamente   iniqua»,
considerando che reati piu' gravi, tra  quelli  pure  assegnati  alla
competenza del giudice di pace, si prescrivono ormai nel  termine  di
tre anni, secondo quanto disposto dal quinto comma dell'art. 157 cod.
pen.; 
        che l'ordinanza di rimessione e' nel resto analoga  ad  altra
deliberata dal medesimo giudice, e gia' sopra illustrata (r.o. n. 250
del 2008); 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto, con atti
di identico tenore, in tutti giudizi fin qui indicati; 
        che, secondo  la  difesa  erariale,  le  questioni  sollevate
sarebbero infondate; 
        che, infatti, il quinto comma  dell'art.  157  cod.  pen.  si
riferirebbe a tutti i  reati  di  competenza  del  giudice  di  pace,
compresi quelli puniti con la sola sanzione pecuniaria, e dunque  non
sussisterebbe, nel relativo ambito, alcuna irrazionale difformita' di
trattamento. 
    Considerato che, mediante le ordinanze di rimessione indicate  in
epigrafe,  sono  state  sollevate  varie  questioni  concernenti   la
disciplina della prescrizione per i reati attributi  alla  competenza
del giudice di pace; 
        che, in particolare, il Giudice per le  indagini  preliminari
del Tribunale di Pisa ed il Tribunale di Nocera Inferiore  censurano,
in riferimento all'art. 3 Cost., il quinto comma dell'art.  157  cod.
pen., come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251
(Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354,  in
materia  di  attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio   di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione),  nella  parte  in  cui  non  dispone  che  il  termine
triennale di prescrizione  previsto  per  i  reati  puniti  con  pena
diversa da quella detentiva  e  da  quella  pecuniaria  si  applichi,
inoltre, a tutti gli ulteriori reati di  competenza  del  giudice  di
pace (r.o. n. 250, n. 361 e n. 380 del 2008); 
        che il Tribunale di Livorno  propone,  invece,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo e quinto comma, cod.
pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005,  nella
parte in cui prevede, per i reati di competenza del giudice di  pace,
che il termine prescrizionale sia pari a tre anni nel caso  di  reati
puniti con pene diverse da quelle detentive o pecuniarie, e sia  pari
invece  a  quattro  o  a  sei  anni  (a  seconda  che  si  tratti  di
contravvenzioni o delitti) nel caso  di  reati  puniti  con  la  pena
pecuniaria (r.o. n. 289 del 2008); 
        che risulta opportuno disporre, in  forza  della  sostanziale
identita' di  oggetto  delle  questioni  proposte,  la  riunione  dei
relativi giudizi; 
        che la  questione  sollevata  dal  Tribunale  di  Livorno  e'
manifestamente inammissibile, posto che il  rimettente  si  limita  a
denunciare, riguardo ai reati di competenza del giudice di  pace,  la
previsione di  termini  prescrizionali  in  rapporto  di  proporzione
inversa  rispetto   alla   gravita'   dei   reati   medesimi,   senza
l'indicazione dell'intervento mediante il quale questa Corte dovrebbe
rimuovere l'asserita situazione di irrazionalita', cosi' dando  luogo
ad un petitum sostanzialmente indeterminato; 
        che anche la questione  sollevata  dal  Tribunale  di  Nocera
Inferiore va dichiarata manifestamente inammissibile,  posto  che  il
rimettente non ha descritto compiutamente la  fattispecie  sottoposta
al suo  giudizio,  cosi'  impedendo  a  questa  Corte  il  necessario
controllo di rilevanza; 
        che  infatti,  essendo  stata   l'ordinanza   di   rimessione
deliberata ad oltre sette anni e sei mesi dalla data  di  commissione
dei reati contestati, questi ultimi  sembrerebbero  comunque  estinti
per prescrizione, tanto alla luce della disciplina vigente  all'epoca
dei fatti, tanto in base alla disciplina introdotta  con  la  riforma
dell'art. 157 cod. pen.,  cosi'  che  l'eventuale  previsione  di  un
termine inferiore sarebbe comunque irrilevante per la  decisione  nel
giudizio a quo; 
        che  l'indicata  estinzione,  non  rilevata  dal  rimettente,
potrebbe essere esclusa solo per l'eventuale computo  di  periodi  di
sospensione del termine prescrizionale, dei  quali  pero'  lo  stesso
rimettente non ha fatto alcuna menzione nella propria ordinanza; 
        che le ulteriori questioni di legittimita' costituzionale cui
si riferisce il presente giudizio -  sollevate  dal  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale  di  Pisa  con  due  ordinanze  di
analogo tenore - sono manifestamente infondate, in quanto prospettate
in base ad un erroneo presupposto interpretativo; 
        che questa Corte ha gia' chiarito,  dichiarando  non  fondate
«nei sensi  di  cui  in  motivazione»  questioni  analoghe  a  quelle
odierne, poste sia con riguardo  al  primo  che  con  riferimento  al
quinto comma dell'art. 156 cod. pen. (sentenza n. 2 del  2008),  come
debba essere esclusa l'attuale vigenza di  un  termine  triennale  di
prescrizione per i reati di competenza del giudice di  pace  punibili
mediante le cosiddette sanzioni paradetentive; 
        che con la citata pronuncia e' stata negata, in  particolare,
la riferibilita' della norma contenuta nel quinto comma dell'art. 157
cod. pen. a fattispecie  incriminatrici  che  non  prevedano  in  via
diretta ed esclusiva pene diverse da quelle pecuniarie  o  detentive,
ed e' stata altresi' rilevata la perdurante equiparazione, «per  ogni
effetto  giuridico»,  tra  le   pene   dell'obbligo   di   permanenza
domiciliare e del lavoro socialmente utile, irrogabili dal giudice di
pace in alternativa alle pene pecuniarie,  e  le  sanzioni  detentive
originariamente previste per i reati che  le  contemplano  (art.  58,
comma  1,  del  decreto  legislativo  28  agosto   2000,   n.   274 -
Disposizioni sulla competenza penale del giudice  di  pace,  a  norma
dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468); 
        che l'opzione appena descritta e' stata confermata, da questa
Corte, in occasione del vaglio di ulteriori questioni  sollevate  con
riguardo alla disciplina della prescrizione per i reati di competenza
del giudice di pace (ordinanze numeri 223, 381 e 433 del 2008); 
        che non si rinvengono, nella  motivazione  dei  provvedimenti
dai quali origina il presente  giudizio,  argomenti  che  inducano  a
modificare le valutazioni appena richiamate; 
        che la ritenuta applicabilita'  delle  disposizioni  previste
nel primo comma dell'art. 157 cod. pen. a tutti i reati di competenza
del giudice di pace esclude  l'incongrua  diversita'  di  trattamento
denunciata dal rimettente. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  innanzi
alla Corte costituzionale.