IL COMMISSARIO REGIONALE PER GLI USI CIVICI 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
numero 1 del ruolo  generale  relativo  all'anno  2005,  promosso  da
Comune di Teulada, elettivamente domiciliato in Cagliari,  presso  lo
studio  degli  avv.  Francesco  Macis  e  Valentina  Macis,  che   lo
rappresentano per effetto di procura speciale a margine  del  ricorso
introdutivo e lo difendono, ricorrente; 
    Contro  Ministero  della  difesa,   legalmente   domiciliato   in
Cagliari, presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato,
che lo rappresenta per  legge  e  lo  difende,  resistente  e  contro
Regione autonoma della  Sardegna  -  Assessorato  dell'agricoltura  e
riforma agro-pastorale, elettivamente domiciliata presso  gli  uffici
dell'avvocatura della regione, rappresentata  dagli  avv.  Alessandra
Camba e Sandra Trincas per effetto  di  procura  speciale  a  margine
della comparsa di costituzione e  risposta  e  dagli  stessi  difesa,
resistente. 
                        M o t i v a z i o n e 
    Con ricorso depositato il 6 maggio 2005  il  Comune  di  Teulada,
premesso  che  negli  anni  1957   e   1958   taluni   terreni,   ivi
dettagliatamente  indicati,  ricompresi  nella  sua   circoscrizione,
facenti  parte  del  demanio  civico   ed   assegnati   con   decreto
commissariale, 4 dicembre 1939, n. 255, alla categoria A),  «bosco  o
pascolo», erano stati oggetto di espropriazione per opere militari  e
di successiva occupazione da parte del  Ministero  della  difesa,  ha
sostenuto che la predetta espropriazione  fosse  illegittima  perche'
attuata senza la, a  suo  parere  necessaria,  previa  autorizzazione
della Regione autonoma della  Sardegna  e  che,  di  conseguenza,  la
suddetta natura dei terreni de quibus non fosse in realta' mai venuta
meno. Pertanto ha chiesto che fosse accertata e dichiarata  l'attuale
appartenenza al demanio civico dei terreni medesimi. 
    Il  contraddittorio  si  e'  quindi  instaurato  con  la  Regione
autonoma  della  Sardegna,  che  ha  sollecitato  l'accoglimento  del
ricorso, e col Ministero della difesa, che, invece, ne ha chiesto  il
rigetto. 
    La causa, istruita con produzioni documentali, all'udienza del  6
giugno 2008 e' stata riservata per la decisione con assegnazione alle
parti  di  termini  per  il  deposito  di  comparse  conclusionali  e
repliche. 
    Esaminati gli atti del procedimento,  ritiene  il  giudicante  di
dover  sollevare  d'ufficio,  in  via   incidentale,   questione   di
legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 97  della
Costituzione e 3 e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.
3 - degli artt. 74 e 75 della legge 25 giugno 1865,  n.  2359,  nella
parte  in  cui,  disciplinando  il  procedimento  amministrativo  per
l'espropriazione di terreni per opere  militari,  non  prevedono  che
l'organo statale, investito della domanda di  espropriazione,  debba,
prima di adottare gli atti definitivi  -  qualora  i  terreni  stessi
siano ubicati nel territorio della Regione autonoma della Sardegna  e
siano altresi' assoggettati al regime giuridico dei  beni  demaniali,
di cui agli artt. 11 e 12 della legge  16  giugno  1927,  n.  1766  -
necessariamente acquisire  il  previo  parere  non  vincolante  della
regione medesima. 
    La questione non appare invero manifestamente infondata. 
    Infatti, la  circostanza  che  l'espropriazione  determini,  come
effetto necessario ed ineluttabile, la sdemanializzazione delle terre
civiche (art. 52 della legge n. 2359 del 1865, cit.,  richiamato  dal
secondo comma del successivo art. 75),  comporta  che,  nel  relativo
procedimento amministrativo, l'autorita' espropriante sia chiamata  a
ponderare l'interesse  pubblico,  sotteso  alla  realizzazione  delle
opere militari, con quello opposto, di pari rango pubblicistico, alla
conservazione del regime giuridico delle  terre  stesse  (cfr.  Corte
cost., 10 maggio 1995, n. 156). 
    Ora, titolare e gestrice  di  tale  secondo  interesse,  laddove,
ovviamente, le terre  civiche  espropriande  siano  ubicate  nel  suo
territorio, e' la Regione autonoma della Sardegna, siccome dotata  di
potesta' legislativa ed amministrativa esclusiva in  materia  di  usi
civici (artt. 3 e 6 della  legge  cost.  28  febbraio  1948,  n.  3),
nonche' del potere di autorizzare  il  mutamento  della  destinazione
delle  terre  civiche  medesime  nell'ambito   delle   procedure   di
sdemanializzazione per atto volontario della pubblica amministrazione
(art. 12 della legge n. 1766 del 1927, cit). 
    Dalle prerogative teste' richiamate  e  dal  principio  di  buona
amministrazione   discende   dunque   che,    nell'attuale    assetto
costituzionale, non e'  ammissibile  la  totale  estromissione  della
Regione autonoma della Sardegna dal procedimento  di  espropriazione,
laddove  esso  imponga  la  valutazione  dei  motivi  che  dovrebbero
giustificare la cessazione di usi civici. 
    Cio' posto,  va  peraltro  osservato  che  la  partecipazione  al
procedimento, della quale si tratta, non potrebbe attuarsi  in  forme
che subordinino al consenso dell'ente territoriale  la  realizzazione
delle opere per la difesa militare, dato che, sensi del  primo  comma
dell'art. 3  dello  Statuto  speciale,  la  potesta'  legislativa  ed
amministrativa  della  regione  deve  attuarsi  in  armonia  con   la
Costituzione e nel rispetto degli interessi nazionali. 
    Pertanto, la necessita' - imposta, si  ripete,  dall'assegnazione
alla regione, con legge costituzionale, del governo  esclusivo  della
materia degli usi civici nonche'  dal  principio  di  buon  andamento
della  pubblica  amministrazione  -  che  quest'ultima  partecipi  al
procedimento amministrativo di espropriazione delle terre civiche non
puo' che trovare attuazione con la previsione dell'obbligo,  in  capo
all'amministrazione statale, di acquisire dalla regione  medesima  un
parere non vincolante, a mezzo del  quale  vengano  rappresentate  le
esigenze di tutela e cura dei beni ad essa affidati, cosi'  da  poter
infine prendere,  con  adeguata  consapevolezza  degli  interessi  in
gioco, le sue decisioni definitive. 
    Consegue che gli artt. 74 e 75 della  legge  n.  2359  del  1865,
cit., si pongono in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
e 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, cit., in quanto,  di  fronte
al riconoscimento, operato nello statuto speciale, della titolarita',
in capo alla Regione autonoma  della  Sardegna,  dell'interesse  alla
tutela delle terre civiche ed alla  gestione  delle  modifiche  della
loro natura giuridica, non prevedono, del tutto irrazionalmente ed in
dispregio  del   principio   di   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione,  la  partecipazione  della   regione   medesima   al
procedimento di espropriazione - che quelle modifiche necessariamente
comporta - tramite un parere non vincolante, unica  forma  consentita
dall'attuale ordinamento costituzionale, suscettibile  di  permettere
all'organo statale, investito della domanda di esproprio, di porre in
essere la doverosa comparazione degli interessi coinvolti, con  piena
cognizione di causa. 
    La questione, inoltre, e' rilevante nel presente processo. 
    Invero, come si  e'  gia'  accennato,  i  terreni  in  questione,
all'esito del procedimento amministrativo  di  cui  all'art.  12  del
r.d.l.  22  maggio  1924,  n.  751,  erano  stati,  con  decreto  del
Commissario per gli usi civici, 4 dicembre 1939,  n.  255,  assegnati
alla categoria A) (terreni convenientemente utilizzabili come bosco e
come pascolo permanente - art. 9 r.d.l., cit.). 
    Secondo la giurisprudenza (Cass., 22 novembre  1990,  n.  11265),
l'atto di assegnazione  a  categoria  «e'  elemento  di  accertamento
costitutivo del regime normativo dei beni del demanio civico». 
    Pertanto, poiche' non consta che il richiamato  decreto  sia  mai
stato impugnato nelle sedi competenti, talche' e' da  tempo  divenuto
definitivo, l'originaria natura demaniale  dei  terreni  oggetto  del
presente processo non pare seriamente discutibile. 
    E'  di  poi  pacifico  in  causa   ed   e',   comunque,   rimasto
documentalmente provato (v. gli atti prodotti dallo stesso  Ministero
resistente), che, alla  fine  degli  anni  cinquanta,  i  terreni  in
questione fossero stati espropriati per opere militari. 
    Inoltre, non risulta alcun coinvolgimento della Regione  autonoma
della Sardegna nel relativo procedimento. 
    Infine, neppure risulta che siano  sopraggiunte  altre  cause  di
sdemanializzazione   (e   non,   in   particolare,    la,    pretesa,
sdemanializzazione tacita derivata dalla concreta realizzazione delle
opere militari, realizzazione di cui,  invero,  a  prescindere  dalla
astratta ammissibilita' ditale forma di estinzione del diritto di uso
civico, non e' stata fornita prova alcuna). 
    In ultima analisi, dunque,  considerato  che  la  modifica  della
natura della originaria qualitas soli delle terre  demaniali  oggetto
del presente giudizio sarebbe derivata esclusivamente dagli  atti  di
esproprio,  gli  atti  stessi,  qualora  la  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale   fosse   accolta,   dovrebbero   essere
considerati affetti dal vizio  di  violazione  di  legge,  in  quanto
adottati senza la  previa  necessaria  acquisizione  del  parere  non
vincolante della Regione autonoma della Sardegna, e potrebbero essere
quindi  disapplicati  da  questo  Commissario,   con   consequenziale
accoglimento delle domande avanzate dal comune e dalla regione,  che,
altrimenti,  rebus  sic  stantibus,  dovrebbero   essere   senz'altro
rigettate.