Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  27,  comma  1,
lettere l), p), e t), punti 1 e 5, della legge della Regione Campania
30 gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  della  Regione  Campania -  legge  finanziaria
2008) e degli articoli 6; 7, comma 3; 14, commi 2, 3  e  4;  18;  20,
comma 2; 33; 36, commi 7 e 8; 53, comma 2; 58, comma 4; 59, comma  5;
60, comma 4, della legge della Regione Campania 27 febbraio 2007,  n.
3 (Disciplina dei lavori pubblici, dei servizi e delle  forniture  in
Campania), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 3 aprile 2008, depositato in cancelleria il  10
aprile 2008 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 2009 il giudice relatore
Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Vincenzo  Cocozza  per  la
Regione Campania. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso notificato il 3  aprile  2008  e  depositato  il
successivo giorno 10 il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato gli artt. 27, comma 1, lettere l), p), t),  punti  1  e  5,
della  legge  della  Regione  Campania  30   gennaio   2008,   n.   1
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione Campania -  legge  finanziaria  2008),  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) della Costituzione. Il
ricorrente ha dedotto, inoltre, la violazione del principio di  leale
collaborazione, «per omesso adeguamento» a quanto concordato  con  lo
Stato, degli articoli 6, 7, comma 3, 14, commi 2,  3  e  4,  18,  20,
comma 2, 33, 36, commi 7 e 8, 53, comma 2, 58, comma 4, 59, comma  5,
60, comma 4, della legge della Regione Campania 27 febbraio 2007,  n.
3 (Disciplina dei lavori pubblici, dei servizi e delle  forniture  in
Campania). 
    1.1. -  In  particolare,  con  un  primo  gruppo  di  censure  il
ricorrente ha dedotto la illegittimita' costituzionale delle seguenti
disposizioni della legge regionale campana n. 1 del 2008. 
    A) Innanzitutto, viene denunciato l'art. 27, comma 1, lettera l),
della predetta legge, che ha modificato l'art.  30,  comma  5,  della
legge regionale n. 3 del 2007. Quest'ultima norma, nella sua versione
originaria, prevedeva che «se un concorrente  intende  avvalersi  dei
requisiti di altro soggetto, si applicano gli articoli 49  e  50  del
Codice e successive modifiche». La norma  impugnata  ha  aggiunto  le
seguenti parole: «in caso di appalti di lavori, servizi, forniture di
importo uguale o superiore alle relative  soglie  comunitarie».  Tali
modifiche,  consentendo  il  ricorso  all'istituto   dell'avvalimento
soltanto in relazione agli appalti sopra la  soglia  comunitaria,  si
porrebbero  in  contrasto  con  l'art.  121,  comma  1,  del  decreto
legislativo 12 aprile 2006 n.  163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE), secondo il quale devono essere applicate le
norme contenute nel decreto stesso anche per i contratti di rilevanza
non comunitaria, salvo che non sia diversamente disposto dalla stessa
normativa statale. Si tratta, precisa il ricorrente, di  un  istituto
inerente  le  procedure   di   aggiudicazione   ed   i   criteri   di
qualificazione che l'art. 4, comma 3, del  d.lgs.  n.  163  del  2006
attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale, in  quanto
rientranti nella nozione di ordinamento civile, cosi'  come  statuito
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 401 del 2007. 
    B) In secondo luogo, si assume la  illegittimita'  dell'art.  27,
comma 1, lettera p), della  legge  regionale  n.  1  del  2008,  che,
modificando l'art. 38, comma 5, lettera b),  della  precedente  legge
regionale n. 3 del 2007, prevede la possibilita'  di  ricorrere  alla
procedura negoziata senza previa pubblicazione  del  bando  nell'anno
successivo alla stipulazione del contratto iniziale nel caso di nuovi
servizi consistenti nella  ripetizione  dei  servizi  analoghi,  gia'
affidati all'operatore economico aggiudicatario,  a  condizione,  tra
l'altro, che tale possibilita' sia  indicata  nel  bando  originario.
Tale disposizione regionale contrasterebbe con l'art.  57,  comma  5,
lettera b), del d.lgs. n. 163 del 2006, che stabilisce il piu'  ampio
termine di tre anni dalla stipulazione del contratto originario.  Sul
punto si rileva come l'individuazione della procedura di  affidamento
afferisca all'ambito materiale della tutela  della  concorrenza,  che
l'art. 4, comma 3, del Codice degli appalti assegna  alla  competenza
esclusiva statale, cosi' come stabilito  dalla  Corte  costituzionale
con la citata sentenza n. 401 del 2007. 
    C) Il ricorrente  ritiene  costituzionalmente  illegittimo  anche
l'art. 27, comma 1, lettera t), punto 1, della citata legge regionale
n. 1 del 2008, che, apportando modifiche all'art. 46, comma 2,  della
legge  regionale  n.   3   del   2007,   sancisce   l'obbligatorieta'
dell'esclusione automatica  delle  offerte  anomale  da  parte  delle
stazioni appaltanti, nei contratti di importo inferiore  alla  soglia
comunitaria, quando il  criterio  di  aggiudicazione  e'  quello  del
prezzo  piu'  basso.  Tale  previsione  contrasterebbe   con   quanto
stabilito dall'art. 122, comma 9, del d.lgs. n.  163  del  2006,  che
prevede  la  facolta'  e  non  l'obbligatorieta'  dell'esclusione   e
violerebbe, pertanto, la competenza esclusiva statale in  materia  di
«qualificazione e selezione dei concorrenti» di cui all'art. 4, comma
3,  del  suddetto  decreto.  Si  tratterebbe,  infatti,   di   ambiti
rientranti nella nozione di  tutela  della  concorrenza,  cosi'  come
definita da questa Corte con la richiamata sentenza n. 401 del 2007. 
    D) Si assume poi la illegittimita' dell'art. 27, comma 1, lettera
t), punto 5,  della  legge  regionale  n.  1  del  2008.  Tale  norma
disciplinerebbe,  secondo  il  ricorrente,  la   qualificazione   dei
concorrenti  in  maniera  differente  rispetto  a   quanto   disposto
dall'art. 40 del Codice degli appalti.  Si  tratta  di  una  materia,
quella della qualificazione,  di  competenza  esclusiva  statale,  ai
sensi dell'art. 4, comma 3, del Codice degli appalti, con conseguente
invasione dell'ambito  materiale  rappresentato  dalla  tutela  della
concorrenza, di pertinenza dello Stato. 
    1.2. - Esposto cio', il ricorrente rileva  come,  in  riferimento
alla legge regionale n. 3 del 2007, si fosse tenuta, «in applicazione
del principio di leale collaborazione», una riunione tecnica in  data
14 maggio 2007, in cui «la Regione  si  era  impegnata  a  modificare
alcune disposizioni di tale  provvedimento  in  modo  da  superare  i
profili  di   illegittimita'   costituzionale   gia'   rilevati   dal
Dipartimento  affari   regionali,   nonche'   dal   Ministero   delle
infrastrutture e dall'Autorita' di vigilanza dei  contratti  pubblici
di lavori, servizi e forniture». In base a tale  impegno,  sottolinea
l'Avvocatura generale dello Stato,  la  Regione  avrebbe  dovuto,  in
ossequio al principio di leale collaborazione, modificare le seguenti
disposizioni: 
      art. 6, che disciplina il responsabile unico  del  procedimento
in maniera difforme dal Codice,  in  contrasto  con  quanto  disposto
dall'art. 10 dello stesso Codice; 
      art. 7, comma 3,  concernente  la  programmazione,  perche'  in
contrasto con l'art. 128, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006; 
      l'art. 14, commi 2, 3, 4, che attribuisce alla Giunta regionale
il compito di stabilire  le  modalita'  e  le  forme  di  verifica  e
validazione dei progetti, laddove l'art. 4, comma 3,  del  d.lgs.  n.
163 del 2006 prevede la  competenza  legislativa  dello  Stato  nella
disciplina delle attivita' di progettazione; 
      l'art. 18, in materia di interventi di urgenza e somma urgenza,
che, incidendo  sulle  procedure  di  aggiudicazione  con  previsioni
restrittive della concorrenza che  consentono  anche  il  ricorso  ad
affidamenti diretti, contrasterebbe con l'art. 4, comma 3, del d.lgs.
n. 163 del 2006; 
      l'art.  20,  comma  2,  concernente  la  qualificazione   degli
operatori economici, che,  escludendo  la  possibilita'  del  ricorso
all'istituto   dell'avvalimento   per   i   contratti   sotto-soglia,
contrasterebbe con l'art. 4, comma 3, del  d.lgs.  n.  163  del  2006
«oltre  che  con  le  direttive  comunitarie   di   riferimento   per
limitazione della concorrenza»; 
      l'art.  33,  che,  demandando,   senza   alcuna   riserva,   al
legislatore  regionale  le  modalita'  relative  alle   proposte   da
presentare all'amministrazione aggiudicatrice, «presenta  profili  di
illegittimita'  costituzionale»  in  quanto   la   disciplina   delle
procedure di aggiudicazione sarebbe di competenza dello Stato; 
      l'art. 36, commi 7 e 8, che, rinviando al regolamento regionale
per  i  «criteri  organizzativi  concernenti  l'uso  della  procedura
ristretta semplificata per i lavori non superiori  a  750.000  euro»,
violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di procedure di
affidamento; 
      l'art. 53, comma 2, che, demandando alla  Giunta  regionale  la
predisposizione di schemi di  piani  di  sicurezza  e  coordinamento,
nonche'  la  modulistica,  sarebbe   costituzionalmente   illegittimo
perche' la materia «piani di sicurezza» sarebbe di pertinenza statale
alla luce di quanto prescritto dall'art. 4, comma 3, del  Codice  (si
richiama la sentenza n. 401 del 2007 della Corte); 
      l'art. 58, comma 4, che  vietando  di  affidare  i  collaudi  a
magistrati  ordinari,  amministrativi  e  contabili,  violerebbe   la
competenza esclusiva statale prevista dagli artt. 4, comma 3, e  141,
comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006; 
      l'art. 59, comma 5, che, nella  parte  in  cui  stabilisce  che
l'incarico debba  essere  affidato  nei  modi  previsti  dalla  legge
regionale, «eccede dalla competenza regionale in quanto l'affidamento
dell'incarico dovrebbe avvenire nel rispetto delle  disposizioni  del
Codice»; 
      l'art. 60,  comma  4,  che,  «laddove  prevede  un  obbligo  di
motivazione per i soggetti non iscritti all'albo, presenta profili di
incompatibilita'  con  il  diritto  comunitario  con  la  conseguente
limitazione della concorrenza». 
    Il ricorrente ha concluso sottolineando che «si ritiene opportuno
sollecitare la Corte costituzionale affinche' valuti la  possibilita'
di  pronunciarsi   in   via   autonoma   anche   sulla   legittimita'
costituzionale di tali disposizioni della legge regionale  n.  3  del
2007 non modificate dall'art. 27 della legge regionale n. 1 del 2008,
che risultano inscindibilmente connesse alle norme  sopra  censurate,
ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953,  in  considerazione
della violazione del parametro costituzionale del principio di  leale
collaborazione, oltre che del mancato rispetto del disposto dell'art.
117, comma 2, lettere e) ed l)». 
    2. - Si e' costituita la Regione Campania deducendo quanto segue. 
    In relazione all'impugnazione dell'art. 27, comma 1, lettera  l),
della legge regionale n. 1 del 2008, si eccepisce,  innanzitutto,  la
inammissibilita'  del  relativo  motivo  di   ricorso,   atteso   che
l'Avvocatura  generale  dello   Stato   ritiene   che   la   suddetta
disposizione incida nella materia  di  competenza  esclusiva  statale
dell'ordinamento civile, mentre «ci si trova di fronte ad una ipotesi
di qualificazione dei concorrenti». 
    Nel merito si rileva come l'intervento regionale sia  finalizzato
ad attuare una semplificazione delle procedure e non una  limitazione
dell'istituto.  Infatti,   il   legislatore   regionale   ha   inteso
puntualizzare che nell'ipotesi di  appalti  sopra-soglia,  si  dovra'
applicare il rigoroso  procedimento  previsto  dalla  legge  statale.
Nell'ipotesi, invece, di appalti sotto-soglia, caratterizzati da  una
maggiore   flessibilita',   rientrerebbe   «nella    discrezionalita'
dell'amministrazione   committente   individuare   gli    adempimenti
necessari per avvalersi  dei  requisiti  di  un  altro  concorrente».
Inoltre,  nella  specie,  si  assume  che  la  difesa   dello   Stato
erroneamente evochi l'applicazione dell'art. 121, del d.lgs.  n.  163
del 2006, atteso che «l'applicazione  delle  regole  sull'avvalimento
non discendono dall'art. 121, bensi' dai  principi  comunitari».  Sul
punto, viene richiamata anche la sentenza n. 435 del 14 febbraio 2005
del Consiglio di  Stato  in  cui  si  e'  affermato  che  il  sistema
dell'avvalimento come ricostruito dalla  giurisprudenza  comunitaria:
«a) ripudia automatismi ostativi  all'ammissibilita'  del  ricorso  a
soggetti terzi; b) di conseguenza non impone l'uso di mezzi tipici di
prova della effettiva disponibilita' di risorse aziendali altrui;  c)
tiene ferma l'esigenza  di  un  rigoroso  riscontro  della  effettiva
disponibilita' della capacita' tecnico economica mutuata da imprese o
complessi aziendali  diversi».  Tali  principi  sarebbero  stati  poi
recepiti dall'art. 48 della direttiva 2004/18/CE «che si caratterizza
per una struttura  dispositiva  ampia  e  tale  da  lasciare  margini
notevoli quanto alle forme utilizzabili per dimostrare i  requisiti».
In relazione a questo profilo,  si  sottolinea  come  l'art.  49  del
Codice degli appalti irrigidisca lo schema con conseguente dubbio  in
ordine alla «coerenza di una tale norma con l'obiettivo perseguito in
sede comunitaria»; mentre la legge regionale si  sarebbe  limitata  a
riconoscere  in  presenza  di  appalti  sottosoglia  «proprio  quella
elasticita' che i principi comunitari impongono,  rinviando,  per  il
resto, alla disciplina statale». La  difesa  regionale  ha  concluso,
pertanto, assumendo che «la legge  regionale  non  potrebbe  mai  far
venire  meno  un  istituto  governato   e   derivante   da   principi
comunitari», con conseguente inammissibilita' della censura. 
    Con riferimento all'impugnazione dell'art. 27, comma  1,  lettera
p), si deduce che la limitazione ad un  anno  del  periodo  entro  il
quale si puo' ricorrere alla procedura negoziata senza bando ha «reso
piu' rigoroso il ricorso a un tipo di selezione che  fornisce  minori
garanzie  sul  piano  della  trasparenza  e  della  concorrenza».  Il
legislatore, pertanto, rispettando lo  standard  minimo  posto  dalla
legge statale, ha  approvato  una  disciplina  piu'  restrittiva  «in
ossequio all'obiettivo volto alla piu' ampia apertura  del  mercato».
Del resto, si aggiunge, la Corte costituzionale, con la  sentenza  n.
401  del  2007,  non  ha  escluso  qualsiasi  intervento   regionale,
considerato  la  sussistenza  di  «limiti  interni»  alla  competenza
statale in materia di tutela  della  concorrenza,  da  verificare  in
relazione «all'obiettivo prefissato, costituto, nella  specie,  dalla
piu' ampia apertura del mercato degli appalti alla concorrenza». 
    Con riguardo alla censura relativa all'art. 27, comma 1,  lettera
t), punto 1, si osserva come con tale norma sia stato  modificato  il
comma 2 dell'art. 46  della  legge  regionale  n.  3  del  2007,  che
prevedeva, per i  contratti  sotto-soglia,  l'obbligo  di  provvedere
«all'esclusione automatica delle offerte anomale».  A  seguito  della
modifica apportata dalla norma  impugnata  si  e',  pertanto,  inteso
affidare all'amministrazione il compito di  inserire  nel  bando,  ai
fini di trasparenza, la clausola di esclusione automatica dalla gara.
Trattandosi di appalti non di rilevanza  comunitaria,  varrebbero  le
considerazioni gia' svolte in tema di semplificazione delle procedure
«pur nel rispetto dei  principi  di  par  condicio,  imparzialita'  e
trasparenza, a cui  l'intervento  regionale  si  e'  conformato».  Si
deduce, inoltre, come il legislatore regionale  si  sarebbe  comunque
uniformato a quanto previsto dall'art. 122, comma 9,  del  d.lgs.  n.
163 del 2006, che prevede che «quando il criterio  di  aggiudicazione
e'  quello  del  prezzo  piu'  basso,  la  stazione  appaltante  puo'
prevedere nel bando l'esclusione automatica (...)».  Si  tratterebbe,
dunque, «di una disposizione regionale, in qualche modo,  ricognitiva
di quanto gia' previsto dalla legge statale  che,  comunque,  laddove
affida alla p.a. la discrezionalita' della  scelta  sulla  esclusione
automatica, conferma che non ci si trova di fronte  ad  un  principio
inderogabile che impedisce una disciplina in tale direzione». 
    In relazione all'impugnazione dell'art. 27, comma 1, lettera  t),
punto 5, si sottolinea come la disposizione impugnata si sia limitata
ad aggiungere un ulteriore strumento di conoscenza nel rispetto degli
obblighi che la normativa statale stessa pone gia' come condizione di
partecipazione agli appalti pubblici. Sul  punto,  la  legge  statale
vieta la stipulazione di contratti pubblici con soggetti  «che  hanno
commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia
di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro,
risultati dai dati in possesso dell'osservatorio» (art. 38, comma  1,
lettera  e,  del  d.lgs.  n.  163  del  2006).  Ne  consegue  che  il
legislatore regionale si sarebbe limitato ad  «integrare,  sul  piano
meramente amministrativo-procedimentale, le informazioni  che  devono
essere fornite alla stazione appaltante su un  punto  particolarmente
sensibile». 
    In relazione, infine, al motivo con cui  si  lamenta  il  mancato
rispetto dell'impegno assunto dalla Regione nella «riunione tecnica»,
si  deduce  la  inammissibilita'  del  motivo  stesso,  innanzitutto,
perche' mancherebbe la domanda: non sarebbe, infatti,  chiaro  «quale
sia l'oggetto  della  impugnativa  e  se  vi  sia  una  richiesta  di
dichiarare la illegittimita' delle norme indicate».  Se  cosi'  fosse
«le norme di cui si denuncia la incostituzionalita' sarebbero  quelle
di cui alla legge n. 3 del 2007, rispetto alla  quale  i  termini  di
impugnativa sono (...) abbondantemente scaduti».  Ne',  si  aggiunge,
«sarebbe ammissibile l'impugnativa di una  omissione  che  non  trova
spazio nel presente giudizio in via principale, per di  piu'  tenendo
conto della genericita' ed ampiezza dell'intervento  ipotizzato».  Si
sarebbe  dunque  in  presenza,  si  conclude,  di  un  tentativo   di
aggiramento dei termini di  decadenza  per  l'impugnazione  di  leggi
regionali ritenute costituzionalmente illegittime. 
    3. - Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza  pubblica
la Regione Campania ha  ribadito  le  argomentazioni  difensive  gia'
contenute nell'atto di costituzione. Con particolare  riferimento  al
censurato art. 27, comma 1, lettera l), della legge  regionale  n.  1
del 2008, si e' ribadito come l'intento sia stato soltanto quello  di
introdurre una normativa piu' elastica per il ricorso all'avvalimento
in caso di appalti di rilevanza non comunitaria. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato  gli
articoli 27, comma 1, lettere l), p), t), punti 1 e  5,  della  legge
della Regione Campania 30 gennaio 2008, n.  1  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione  Campania
- legge finanziaria 2008), prospettando la violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed l); nonche' gli articoli 6, 7, comma  3,
14, commi 2, 3 e 4, 18, 20, comma 2, 33, 36, commi 7 e 8,  53,  comma
2, 58, comma 4, 59, comma 5, 60, comma 4, della legge  della  Regione
Campania 27 febbraio 2007, n. 3 (Disciplina dei lavori pubblici,  dei
servizi e delle forniture in Campania), adducendo la  violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    2. - In via  preliminare,  devono  essere  esaminate  le  censure
formulate nei  confronti  delle  disposizioni,  da  ultimo  indicate,
contenute nella citata legge regionale n. 3 del 2007. 
    Nella  prospettiva   del   ricorrente,   tali   norme   sarebbero
costituzionalmente illegittime, in quanto la Regione avrebbe  violato
il principio  di  leale  collaborazione  che  deve  caratterizzare  i
rapporti tra i diversi livelli di governo. In particolare, si  assume
che in data 14 maggio 2007 si era tenuta una  «riunione  tecnica»  in
cui «la Regione si era impegnata a  modificare  alcune  disposizioni»
della  legge  in  questione  «in  modo  da  superare  i  profili   di
illegittimita' costituzionale gia' rilevati dal  Dipartimento  affari
regionali,   nonche'   dal   Ministero   delle    infrastrutture    e
dall'Autorita' di vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi
e forniture». 
    Orbene,  sul  punto  deve  rilevarsi   come,   in   mancanza   di
disposizioni  che  consentano  di  attribuire  rilevanza  sul   piano
costituzionale ad eventuali «accordi normativi» diretti a determinare
il contenuto di testi legislativi (cfr., ex multis, sentenze nn.  371
e 222 del 2008; n. 401 del  2007),  non  puo'  trovare  ingresso  nel
giudizio  di  costituzionalita'  la  censura  che  si   fonda   sulla
violazione del principio di leale collaborazione. 
    Del pari, non puo' ritenersi ammissibile  l'impugnazione  diretta
delle disposizioni della legge regionale n. 3 del 2007, con deduzione
di vizi di costituzionalita' che le inficerebbero, essendo  ormai  da
tempo scaduto il termine perentorio  per  l'impugnazione  diretta  di
tale legge ad opera del Governo. 
    Le censure rivolte nei confronti delle citate norme  della  legge
regionale  n.  3  del  2007  devono,  pertanto,   essere   dichiarate
inammissibili. 
    3. - Prima  di  esaminare  i  motivi  di  ricorso  formulati  con
riferimento  alla  legge  regionale  n.  1  del  2008,  e'  opportuno
richiamare  gli  orientamenti  della  giurisprudenza   costituzionale
relativi al riparto di competenze legislative statali e regionali  in
materia di contratti pubblici di appalto. 
    In particolare, la Corte, - pronunciandosi con la sentenza n. 401
del 2007 su alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo  12
aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE) - ha chiarito che l'attivita' contrattuale della pubblica
amministrazione «non puo' identificarsi in  una  materia  a  se',  ma
rappresenta, appunto, un'attivita' che inerisce alle singole  materie
sulle quali essa si esplica». 
    Sulla base di tale premessa si e' proceduto  ad  individuare  gli
ambiti materiali di competenza statale e regionale in  relazione  sia
alla fase procedimentale che precede la stipulazione del contratto di
appalto sia alla fase successiva inerente all'attuazione del rapporto
contrattuale. 
    Con riferimento alla procedura di evidenza  pubblica,  la  Corte,
con la citata sentenza, ha affermato che, in relazione a tale momento
procedimentale, il titolo di legittimazione prevalente che  viene  in
rilievo e' costituito dalla tutela della concorrenza,  di  competenza
legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. 
    Piu' precisamente, in tale ambito si  possono  ricomprendere:  a)
«le misure legislative di tutela  in  senso  proprio,  che  hanno  ad
oggetto gli atti  ed  i  comportamenti  delle  imprese  che  incidono
negativamente  sull'assetto   concorrenziale   dei   mercati   e   ne
disciplinano  le  modalita'  di  controllo,  eventualmente  anche  di
sanzione» (sentenza n. 430 del  2007):  si  tratta,  in  sintesi,  di
misure antitrust; b) le disposizioni legislative «di promozione,  che
mirano ad aprire un mercato o a consolidarne  l'apertura,  eliminando
barriere  all'entrata,  riducendo  o  eliminando  vincoli  al  libero
esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della  competizione  tra
imprese» (citata sentenza n. 430 del 2007): si tratta, in sintesi, di
misure volte ad  assicurare  la  concorrenza  «nel  mercato»;  c)  le
disposizioni  legislative  che  perseguono  il  fine  di   assicurare
procedure concorsuali di garanzia mediante la strutturazione di  tali
procedure in modo da garantire «la piu' ampia apertura del mercato  a
tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007): si tratta,
in sintesi, di interventi mirati ad assicurare la concorrenza «per il
mercato». 
    Nello specifico settore degli appalti possono  certamente  venire
in   rilievo   disposizioni   che   perseguono   fini   riconducibili
all'esigenza sia di evitare comportamenti  delle  imprese  idonei  ad
alterare le regole concorrenziali, sia di  garantire  la  progressiva
liberalizzazione dei mercati in cui  sono  ancora  presenti  barriere
all'entrata o  altri  impedimenti  all'ingresso  di  nuovi  operatori
economici. 
    In questa sede assumono, pero',  rilevanza,  in  particolare,  le
norme che,  disciplinando  la  fase  procedimentale  prodromica  alla
stipulazione  del  contratto,  si  qualificano   per   la   finalita'
perseguita di assicurare la concorrenza «per il mercato».  Si  tratta
di disposizioni  che,  sul  piano  comunitario,  tendono  a  tutelare
essenzialmente i principi  della  libera  circolazione  delle  merci,
della liberta' di stabilimento e della libera prestazioni di servizi;
sul piano interno, le norme in esame sono funzionali, tra l'altro,  a
garantire il rispetto  dei  principi  di  buona  amministrazione,  di
imparzialita',  nonche'  il  perseguimento  dell'interesse   pubblico
sotteso alle specifiche procedure di gara (citata sentenza n. 401 del
2007). 
    Inoltre, con riferimento alla fase negoziale, che ha  inizio  con
la stipulazione del contratto, questa Corte ha avuto modo di rilevare
come l'amministrazione si  ponga  in  una  posizione  di  tendenziale
parita' con la controparte ed agisca  non  nell'esercizio  di  poteri
amministrativi,  bensi'  nell'esercizio   della   propria   autonomia
negoziale. Ne consegue che la disciplina  della  predetta  fase  deve
essere ascritta prevalentemente all'ambito materiale dell'ordinamento
civile.  Sussiste,  infatti,   l'esigenza,   sottesa   al   principio
costituzionale  di  eguaglianza,  di   garantire   l'uniformita'   di
trattamento, nell'intero territorio nazionale, della  disciplina  dei
momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti di  appalto.  Cio'
non significa, pero', si e' puntualizzato con la sentenza richiamata,
che, in relazione a peculiari esigenze  di  interesse  pubblico,  non
possano residuare in capo alla autorita' procedente  poteri  pubblici
riferibili, tra l'altro, a specifici aspetti organizzativi  afferenti
alla stessa fase esecutiva. 
    Individuati gli ambiti di  materie  in  cui,  in  prevalenza,  si
colloca   la    disciplina    dell'attivita'    contrattuale    della
amministrazione nel  settore  dei  pubblici  appalti,  e'  necessario
verificare, ai fini della risoluzione delle questioni poste all'esame
della Corte, quali  siano  gli  spazi  riconosciuti  alla  competenza
regionale,  in  particolare,  in  relazione  alla  disciplina   della
procedura di evidenza  pubblica  che  di  volta  in  volta  viene  in
rilievo. 
    Sul punto, la Corte, con la citata sentenza n. 401 del  2007,  ha
posto in evidenza come  nello  specifico  settore  degli  appalti  la
materia della tutela della concorrenza, nella parte in  cui  essa  e'
volta  ad  assicurare  procedure  di  garanzia,  si  connota  per  un
particolare modo di operare della  sua  trasversalita':  infatti,  la
interferenza  con  le  competenze  regionali  «si  atteggia  in  modo
peculiare non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto
con ambiti materiali di pertinenza regionale,  bensi'  la  prevalenza
della disciplina statale su ogni altra fonte normativa». Ne  consegue
che «la fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile alla
tutela della concorrenza, potra'  essere  interamente  disciplinata»,
nei  limiti  del  rispetto  dei  principi  di   proporzionalita'   ed
adeguatezza, dal legislatore statale. 
    In questa prospettiva, le  singole  Regioni  sono  legittimate  a
regolare, da un lato, quelle fasi procedimentali  che  afferiscono  a
materie di propria competenza; dall'altro, i singoli settori  oggetto
della predetta procedura e rientranti anch'essi in  ambiti  materiali
di pertinenza regionale. 
    Questa Corte ha poi affermato che, «al fine di evitare che  siano
vanificate le competenze delle  Regioni»,  e'  consentito  che  norme
regionali riconducibili a tali competenze possano  produrre  «effetti
proconcorrenziali», purche' tali effetti «siano indiretti e marginali
e non si pongano in contrasto con gli  obiettivi  posti  dalle  norme
statali che tutelano e promuovono la concorrenza»  (sentenza  n.  431
del 2007; si veda anche sentenza n. 322 del 2008). 
    4. - Alla luce di quanto sopra, va osservato che lo Stato, con il
ricorso in esame, ha, innanzitutto, impugnato  l'art.  27,  comma  1,
lettera l), della legge della Regione Campania  n.  1  del  2008,  il
quale, nel modificare l'art. 30, comma 5, della precedente legge n. 3
del 2007, consente il ricorso all'istituto dell'avvalimento  soltanto
in relazione agli appalti di importo uguale o superiore  alla  soglia
comunitaria. Cio' contrariamente a quanto previsto dagli  art.  49  e
121 del d.lgs. n. 163 del 2006, i quali legittimano invece il ricorso
a tale istituto anche in relazione ai contratti  aventi  per  oggetto
lavori, servizi e forniture  di  importo  inferiore  alla  soglia  di
rilevanza comunitaria, con conseguente  violazione  della  competenza
statale in materia di ordinamento civile. 
    La censura e' fondata. 
    Innanzitutto, deve rilevarsi come questa Corte, con  la  sentenza
n. 401 del 2007, abbia gia' avuto modo di  affermare  come,  «pur  in
presenza  di  un  appalto  sotto-soglia,  debbano   essere   comunque
rispettati i principi fondamentali del Trattato idonei  a  consentire
l'esercizio di un potere  conforme,  tra  l'altro,  ai  canoni  della
parita' di trattamento, della trasparenza  e  della  pubblicita',  al
fine di garantire un assetto  concorrenziale  del  mercato».  Si  e',
inoltre, posto in  evidenza  che  «la  stessa  direttiva  comunitaria
2004/18, al considerando numero 2, ha previsto, in generale per tutti
gli appalti, che l'aggiudicazione negli Stati membri per conto  dello
Stato, degli enti pubblici  territoriali  e  di  altri  organismi  di
diritto pubblico e' subordinata al rispetto dei principi del Trattato
ed in particolare ai principi della libera circolazione delle  merci,
della  liberta'  di  stabilimento  e  della  libera  prestazione  dei
servizi, nonche' ai principi che ne derivano,  quali  i  principi  di
parita' di trattamento, di  non  discriminazione,  di  riconoscimento
reciproco, di proporzionalita' e di trasparenza». Cio' implica, si e'
puntualizzato con la  medesima  sentenza,  «che  la  distinzione  tra
contratti sotto-soglia e sopra-soglia non puo' essere,  di  per  se',
invocata quale utile criterio  ai  fini  della  individuazione  dello
stesso ambito materiale della tutela della concorrenza.  Tale  ambito
ha, infatti, una portata che trascende  ogni  rigida  e  aprioristica
applicazione di regole  predeterminate  dal  solo  riferimento,  come
nella specie, al valore economico dell'appalto. Anche un appalto  che
si pone al di sotto della rilevanza comunitaria puo' giustificare  un
intervento unitario da  parte  del  legislatore  statale».  E  se  si
riconosce, nello specifico,  la  sussistenza  di  tale  esigenza,  in
relazione ovviamente a finalita' di tutela  della  concorrenza,  deve
conseguentemente ammettersi la legittimazione statale a  disciplinare
l'istituto secondo le modalita' proprie degli  appalti  di  rilevanza
comunitaria. 
    Chiarito, dunque,  che  la  distinzione  tra  contratti  sopra  e
sotto-soglia non puo' costituire,  nei  limiti  anzidetti,  un  netto
elemento di differenziazione ai fini della individuazione del livello
di competenza statale o regionale, occorre stabilire in quale  ambito
materiale debba essere collocato l'istituto dell'avvalimento. 
    A tale proposito, il primo comma dell'art  49  del  Codice  degli
appalti stabilisce  che  il  concorrente,  singolo  o  consorziato  o
raggruppato, in relazione ad una specifica gara per l'affidamento  di
lavori, servizi, forniture, «puo' soddisfare la richiesta relativa al
possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario,  tecnico,
organizzativo,  ovvero  di  attestazione  della  certificazione  SOA,
avvalendosi dei requisiti di un altro  soggetto  o  dell'attestazione
SOA di altro soggetto», in  presenza  delle  condizioni  puntualmente
indicate nel secondo comma del medesimo articolo 49. 
    Dalla indicazione delle caratteristiche dell'istituto emerge come
la finalita' perseguita dal legislatore  statale,  in  linea  con  le
prescrizioni comunitarie, sia quella di consentire  a  soggetti,  che
non posseggono determinati requisiti di partecipazione, di concorrere
egualmente  mediante  l'ausilio  di  un'altra  impresa,  che  sia  in
possesso dei necessari requisiti,  purche'  ricorrano  le  condizioni
indicate dal citato art. 49. Si ottiene, pertanto,  il  risultato  di
ampliare  potenzialmente  la  partecipazione   delle   imprese   alle
procedure concorsuali, assicurando cosi' una  maggiore  tutela  delle
liberta' comunitarie e degli stessi  principi  di  buon  andamento  e
imparzialita'  dell'azione   amministrativa.   L'analisi   del   dato
finalistico consente, dunque, di fare rientrare la normativa in esame
nell'ambito della tutela della concorrenza. 
    Deve, pero',  precisarsi  che  alcuni  aspetti  della  disciplina
dell'avvalimento  -  relativi,  in  particolare,  da  un  lato,  agli
obblighi assunti dall'impresa  ausiliaria  «verso  il  concorrente  e
verso la stazione appaltante a mettere a disposizione  per  tutta  la
durata dell'appalto le  risorse  necessarie  di  cui  e'  carente  il
concorrente» (art. 49, comma 2, lettera d); dall'altro, al «contratto
in virtu' del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del
concorrente a fornire i requisiti  e  a  mettere  a  disposizione  le
risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto» (art. 49,  comma
2, lettera f) -  sono  riconducibili  alla  materia  dell'ordinamento
civile, anch'essa di competenza esclusiva dello Stato  ex  art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. Si tratta, infatti,  di  profili  di
disciplina  che  afferiscono,  a  prescindere   dalla   loro   esatta
qualificazione giuridica, a vicende comunque di natura essenzialmente
privatistica. 
    L'individuazione dei predetti titoli di legittimazione  statali -
che rilevano, per le considerazioni gia' esposte, anche  in  presenza
di un appalto di  rilevanza  non  comunitaria  e  che  consentono  di
ritenere non fondata l'eccezione di inammissibilita'  proposta  dalla
difesa regionale sulla base della circostanza che  lo  Stato  avrebbe
evocato soltanto la materia dell'ordinamento civile - esclude che  la
Regione possa adottare una disciplina diversa da  quella  prevista  a
livello nazionale. 
    Deve,  pertanto,  dichiararsi  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 27, comma 1, lettera l), della legge  regionale  n.  1  del
2008 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere  e)  ed  l)
Cost. 
    Tale declaratoria deve essere estesa, in via  consequenziale,  ai
sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, all'art. 20, comma  2,
della  legge  regionale  n.  3  del  2007,  il   quale,   con   norma
inscindibilmente  connessa  a  quella  dichiarata  costituzionalmente
illegittima,  stabilisce   che   «le   stazioni   appaltanti,   nella
predisposizione degli atti di gara relativi a  contratti  di  importo
inferiore alla  soglia  comunitaria,  escludono  la  possibilita'  di
ricorso all'istituto dell'avvalimento di cui agli artt. 49 e  50  del
Codice e successive modificazioni». 
    5. - Lo Stato ha, inoltre, censurato l'art. 27, comma 1,  lettera
p), della legge regionale n. 1 del 2008, che, nel  modificare  l'art.
38, comma 5, lettera b), della legge regionale  n.  3  del  2007,  ha
previsto la possibilita' di ricorrere alla procedura negoziata  senza
previa pubblicazione del bando nell'anno successivo alla stipulazione
del contratto iniziale nel caso di nuovi  servizi  consistenti  nella
ripetizione  dei  servizi  analoghi   gia'   affidati   all'operatore
economico aggiudicatario. 
    Nella prospettiva del ricorrente tale norma  sarebbe  illegittima
perche' in contrasto, da un lato, con quanto stabilito dall'art.  57,
comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede  il
piu' ampio termine di  tre  anni  dalla  stipulazione  del  contratto
originario per potere ricorrere a  tale  metodo  di  affidamento  dei
lavori, e, dall'altro, con l'art. 4, comma 3, dello  stesso  decreto,
che attribuisce allo Stato il compito di individuare le procedure  di
affidamento.  Da  qui  la  violazione  della  competenza  legislativa
esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. 
    La censura e' fondata. 
    La competenza statale in  materia  di  tutela  della  concorrenza
ricomprende  anche  la  disciplina  delle  procedure  negoziate.   La
indicazione, infatti, dei rigorosi  presupposti  che  autorizzano  il
ricorso a tali procedure si inserisce  in  un  ambito  di  disciplina
unitario finalizzato ad assicurare  un  sistema  di  tutela  uniforme
sull'intero territorio nazionale, che consenta la deroga  ai  normali
metodi di gara soltanto in  presenza  delle  condizioni  puntualmente
individuate dal legislatore statale. 
    La norma in  esame,  intervenendo  in  un  ambito  di  competenza
esclusiva  statale,  ha  un  contenuto  diverso  rispetto  a   quanto
stabilito a livello nazionale. Il  Codice  degli  appalti  autorizza,
infatti, il  ricorso  al  metodo  di  gara  in  esame  nei  tre  anni
successivi alla stipulazione del contratto iniziale;  il  legislatore
regionale, invece,  consente  l'applicazione  di  tale  metodo  «solo
nell'anno successivo alla stipulazione del contratto  iniziale  cosi'
da permettere alla stazione appaltante di verificare il servizio reso
e riavviare la procedura di gara». 
    Ne  consegue  che  la  norma  impugnata  deve  essere  dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera e),  Cost.,  senza  che  possa  assumere  rilievo,  in
mancanza di  un  autonomo  titolo  di  legittimazione  regionale,  la
circostanza, addotta dalla parte resistente, secondo cui  tale  norma
sarebbe legittima in ragione della sua idoneita' a  produrre  effetti
proconcorrenziali. 
    6. - Lo Stato ha, inoltre, censurato l'art. 27, comma 1,  lettera
t), punto 1, della legge regionale n. 1 del 2008,  che  ha  stabilito
che le stazioni appaltanti, quando il criterio di  aggiudicazione  e'
quello del prezzo  piu'  basso,  «prevedono  nel  bando  l'esclusione
automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di
ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia». 
    Secondo l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  tale  disposizione
violerebbe la competenza legislativa esclusiva statale in materia  di
tutela della concorrenza, tenuto conto che l'art. 122, comma  9,  del
d.lgs. n. 163 del 2006 stabilisce,  ricorrendo  le  condizioni  sopra
indicate, che la stazione appaltante ha la facolta' e  non  l'obbligo
di procedere all'esclusione automatica. 
    Anche tale censura e' fondata. 
    Sul punto,  questa  Corte  -  in  relazione  al  procedimento  di
verifica e di esclusione delle offerte «anormalmente basse»  fondato,
nel settore degli  appalti  di  rilevanza  comunitaria  di  cui  agli
articoli 86 e ss. del d.lgs.  n.  163  del  2006,  sul  rispetto  del
principio del contraddittorio - ha gia' avuto modo  di  rilevare  che
tale principio «imposto dal diritto comunitario, e'  finalizzato,  da
un lato, a verificare se, in ipotesi, l'impresa non  si  trovi  nelle
condizioni di garantire in maniera efficace il  risultato  perseguito
dall'amministrazione ad un prezzo piu' basso rispetto  a  quello  che
sono  in  grado  di  offrire  le  altre  imprese;   dall'altro,   non
consentendo  provvedimenti  di   esclusione   automatica   (...),   a
perseguire  l'obiettivo  della  piu'   ampia   partecipazione   degli
operatori economici alle procedure di  gara»  (sentenza  n.  401  del
2007). 
    Si e',  pertanto,  concluso  che  nel  predetto  procedimento  di
verifica in contraddittorio delle offerte anomale «assume  preminenza
la finalita' di informare il procedimento stesso  alle  regole  della
concorrenza nella fase di scelta  del  contraente»,  con  conseguente
competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo  comma,
lettera e), Cost. 
    Sulla  base  di  tale  premessa,  deve  ritenersi  che   siffatta
competenza  sussista  anche  in  relazione  alla   disciplina   della
procedura di verifica delle offerte anomale nell'ambito degli appalti
sotto la soglia di rilevanza comunitaria, al fine di assicurare,  tra
l'altro, il rispetto dei principi  generali  di  matrice  comunitaria
stabiliti nel  Trattato  e,  in  particolare,  il  principio  di  non
discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in  esame,
Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06). 
    Il legislatore statale, sul punto,  ha  previsto,  all'art.  122,
comma  9,  del  d.lgs.  n.  163  del  2006,  in  capo  alla  stazione
appaltante, il potere discrezionale  di  valutare  l'opportunita'  di
procedere   all'esclusione   automatica    ovvero    verificare    in
contraddittorio l'anomalia  dell'offerta.  A  cio'  va  aggiunto  che
l'art. 1, comma 1, lettera bb), n.  2,  del  decreto  legislativo  11
settembre  2008  n.  152   (Ulteriori   disposizioni   correttive   e
integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163,  recante
il Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e
forniture, a norma dell'articolo 25, comma 3, della legge  18  aprile
2005, n. 62) ha modificato - proprio al fine di aumentare  l'area  di
concorrenzialita' - la norma statale, la quale  ora  prevede  che  la
facolta' di esclusione automatica  «non  e'  esercitabile  quando  il
numero delle offerte ammesse e' inferiore a dieci». 
    Il legislatore regionale ha dettato  una  disciplina  diversa  da
quella statale, prevedendo che la stazione appaltante e' obbligata  a
procedere sempre ed in  ogni  caso  all'esclusione  automatica  delle
offerte anomale in presenza di un contratto di appalto  di  rilevanza
non comunitaria. Tale previsione, eliminando  radicalmente  qualunque
potere di valutazione tecnica in  capo  all'amministrazione  mediante
l'attivazione di procedure di verifica in  contraddittorio,  viola  i
principi della concorrenza. La  previsione,  infatti,  di  un  potere
vincolato di esclusione  automatica  restringe  aprioristicamente  la
possibilita' di partecipazione di un numero piu' elevato di operatori
economici,  ledendo  le  regole  concorrenziali  sancite  a   livello
comunitario e nazionale. 
    La   norma   impugnata   deve,   pertanto,   essere    dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    7. - Infine, lo Stato ha impugnato l'art. 27,  comma  1,  lettera
t), punto 5, della legge regionale n. 1  del  2008,  in  quanto  tale
norma, disciplinando la qualificazione dei concorrenti, violerebbe la
potesta' normativa esclusiva  statale  in  materia  di  tutela  della
concorrenza, tenuto conto che l'art. 40 del d.lgs. n.  163  del  2006
detta una regolamentazione diversa e  che  l'art.  4,  comma  3,  del
medesimo decreto attribuisce allo Stato il compito di disciplinare la
«qualificazione» dei concorrenti. 
    Anche tale censura e' fondata. 
    La norma impugnata -  inserita  nel  testo  di  una  disposizione
relativa ai «criteri di individuazione e di  verifica  delle  offerte
anormalmente basse» (art. 46 della legge regionale n. 3 del  2007)  -
prevede che, nell'ambito dei «requisiti per la qualificazione»  degli
esecutori, a qualsiasi titolo, di lavori pubblici di cui all'art. 22,
comma 2, della medesima legge regionale, «devono  essere  considerate
anche le  informazioni  fornite  dallo  stesso  soggetto  interessato
relativamente all'avvenuto  adempimento,  all'interno  della  propria
azienda, degli obblighi di sicurezza previsti dalla vigente normativa
e quelle fornite dai rappresentanti dei lavoratori per  la  sicurezza
se sono  stati  istituiti.  Tale  norma  ha  valore  anche  in  corso
d'opera». 
    Detta disposizione regionale  riprende,  nella  prima  parte,  il
contenuto del comma 4-bis dell'art. 87 del d.lgs. n.  163  del  2006,
introdotto dall'art. 1, comma 909, della legge 27 dicembre  2006,  n.
296  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2007).  Rispetto  alla
norma statale  viene  aggiunto,  da  un  lato,  il  riferimento  alle
informazioni  «fornite  dai  rappresentanti  dei  lavoratori  per  la
sicurezza  se  sono  stati  istituti»;   dall'altro,   l'affermazione
dell'applicazione della norma «in corso d'opera». 
    Chiarito  cio',  deve  rilevarsi  come  sia  la  disciplina   del
procedimento di verifica delle offerte anomale,  sia  il  sistema  di
qualificazione delle imprese  partecipanti  alle  procedure  di  gara
rientrino nella competenza legislativa esclusiva statale  in  materia
di tutela della concorrenza  (sentenza  n.  401  del  2007).  Spetta,
dunque, esclusivamente allo Stato, sempre nei limiti del rispetto dei
principi di adeguatezza e proporzionalita', individuare i  «requisiti
per la  qualificazione»  rilevanti  nell'ambito  della  procedura  di
valutazione tecnica dell'anomalia delle offerte, al fine di garantire
una disciplina unitaria a livello  nazionale  e  di  assicurare,  tra
l'altro, parita' di trattamento agli operatori economici del settore. 
    8.  -  Infine,  deve   rilevarsi   come   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale delle riportate norme  contenute  nella
legge della Regione Campania n. 1 del 2008 non possa comportare -  ad
eccezione di quanto gia' affermato (punto 4)  in  relazione  all'art.
20, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2007 - la declaratoria di
illegittimita' consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della  legge  n.
87 del 1953, degli articoli 6, 7, comma 3, 14, commi 2, 3  e  4,  18,
20, comma 2, 33, 36, commi 7 e 8, 53, comma 2, 58, comma 4, 59, comma
5, 60, comma 4, della citata legge regionale n. 3 del 2007, richiesta
dalla difesa dello Stato. 
    Tale pronuncia e' possibile unicamente nel caso in  cui  sussista
tra le norme dichiarate illegittime  e  le  altre  non  impugnate  un
rapporto  di  inscindibile  connessione.  Nel  caso  in  esame  detto
rapporto non sussiste. Le disposizioni oggetto della legge n.  3  del
2007, sopra richiamate, presentano un contenuto che non  si  pone  in
stretta connessione con le norme  ora  dichiarate  costituzionalmente
illegittime; con la conseguenza che, come si e'  innanzi  precistato,
esse avrebbero dovuto formare oggetto  di  rituale  impugnazione  nel
rispetto dei termini perentori prescritti dall'art. 31 della legge n.
87 del 1953.