LA COMMISSIONE TRIBUTARIA Ha pronunciato in data 20 ottobre 2008 la seguente ordinanza nelle cause riunite, iscritte in data 11 settembre 2008 ai nn. 473 e 474/08 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2008 aventi ad oggetto ricorso dd. 31 luglio 2008 avverso cartelle esattoriali di pagamento e vertente tra Maffei Olga + 1 res. a Strembo (Trento), ricorrenti; Contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di Tione di Trento, Equitalia Trentino-Alto Adige - Suedtirol S.p.A., resistenti. F a t t o e d i r i t t o Con separati ricorsi (R.G.R. 473 e 474/08) dd. 31 luglio 2008 Maffei Olga e Iva proponevano ricorso, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate di Tione di Trento e di Equitalia Nomos S.p.A., contro il ruolo e le cartelle di pagamento n. 112 2008 0005458565 e 112 2008 0005458565/001 per l'importo di € 4.057,72, aventi ad oggetto l'imposta di trasferimento conseguente ad aumento valore operato dall'ufficio circa la compravendita di un terreno in zona residenziale. L'aumento valore trovava giustificazione in avviso di rettifica e liquidazione non opposto dalle ricorrenti. Il solo acquirente aveva impugnato l'avviso di rettifica deciso separatamente. Le ricorrenti hanno dedotto una serie di vizi comportanti l'illegittimita' dell'atto impugnato (le cartelle esattoriali) tra i quali la loro illegittimita' per violazione dei disposti dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell'art. 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, osservando come l'art. 7 della legge 27 agosto 1990, numero 241, impongono ad ogni organo della pubblica amministrazione di indicare in tutti gli atti sia l'ufficio competente per le istanze di riesame proposte dai destinatari degli atti sia il nominativo del responsabile del procedimento all'esito del quale tale atto sia stato emanato. Nelle cartelle di pagamento opposte, notificate in data 3 giugno 2008, mancava l'indicazione del responsabile dell'iscrizione a ruolo, indicazione ritenuta necessaria, a pena di nullita', dall'art. 36, comma 4-ter del d.l. n. 248/2007 ma solo per i ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. E non esistendo elementi, nelle cartelle di pagamento, della data di consegna del ruolo all'agente della riscossione, che consentano di escludere che si possa ravvisare l'ipotesi della consegna dopo il 30 giugno 2008, la nullita' della cartella medesima sarebbe conseguita per disposto di legge. Deducevano, comunque, le ricorrenti, ove la consegna dei ruoli fosse emersa siccome anteriore al 1° giugno 2008 (dato evidenziato dall'ufficio nelle sue controdeduzioni), l'incostituzionalita' per violazione dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione, del periodo dell'art. 36, comma 4-ter del d.l. n. 248/2007 in cui dispone che «la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non e' causa di nullita' delle stesse». Considerato che l'indicazione del responsabile del procedimento, lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attivita' amministrativa, la piena informazione del cittadino e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma della Costituzione, il riferimento temporale stabilito dall'art. 36, comma 4-ter risulterebbe palesemente illegittimo. Il discrimine temporale fissato, inoltre, riserverebbe un trattamento diverso a situazioni oggettivamente uguali tranne che per la data di consegna dei ruoli all'agente della riscossione (elemento sul quale il contribuente non ha e non aveva nessun modo d'incidere), tutto cio' in violazione del principio fondamentale dell'eguaglianza tra i cittadini fissato dall'art. 3 della Costituzione. Orbene, l'eccepita violazione delle norme costituzionali soprariferite - non seguita da istanza di rimessione al Giudice delle leggi ma da richiesta tout court di annullamento del ruolo - ritiene il Collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Con la presente ordinanza viene proposta la richiesta del vaglio di compatibilita' costituzionale della norma (art. 36, comma 4-ter del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, inserito dalla legge di conversione del 28 febbraio 2008, n. 31) che, con l'obiettivo di sanare le posizioni pregresse, ha sancito la nullita' delle cartelle «mute» per i ruoli consegnati agli agenti della riscossione dal 1° giugno 2008 e la legittimita' di quelle - sempre che prive dell'indicazione dei responsabili dei procedimenti - relativa ai ruoli consegnati prima di tale data. Relativamente alla rilevanza si osserva come la stessa sia di palmare evidenza in quanto allo stato della legislazione vigente, discenderebbe il rigetto del presente ricorso. Gli elementi indefettibili della cartella esattoriale: art. 7 dello statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27 luglio 2000). Appare necessario partire dal dato normativo, ed in particolare dall'art. 7, comma 2, dello statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27 luglio 2000), che dispone quanto segue: «Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l'ufficio presso il quale e' possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l'organo o l'autorita' amministrativa presso i quali e' possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela; c) le modalita', il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorita' amministrativa cui e' possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.» La norma de qua prescrive, tra gli altri, quale requisito tassativo, l'indicazione del responsabile del procedimento, bene inteso che tassativamente significhi a pena di nullita'. Infatti, occorre rammentare che il termine «nullita» non deve necessariamente comparire nel lessico normativo, potendo lo stesso desumersi per tabulas, tenuto conto dello scopo che persegue e la funzione che adempie (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio sotto il controllo del giudice), come piu' volte affermato dalla Corte di cassazione con le sentenze n. 2787/2006, n. 138/2004 e n. 1771/2004. La Corte di cassazione - Sezione tributaria, con le suddette sentenze, ha statuito, per esempio, la natura perentoria di un termine, ancorche' in assenza di espressa previsione legislativa. Infatti, sebbene l'art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si puo' da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi la perentorieta' del termine «perche' nulla vieta di indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato» (Cass., sent. n. 1771/2004). La norma statutaria in commento, tuttavia, e' rimasta lungamente inascoltata, almeno fino alla pronuncia della Corte costituzionale n. 377 del 2007, che ha provocato a dir poco un «terremoto» intorno alla questione. In sostanza, la Consulta ha rivendicato la forza cogente e la valenza giuridica propria dello Statuto dei diritti del contribuente, ed in particolar modo dell'art. 7, comma 2, lett. a), statuendo che: «l'obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attivita' amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. (si veda l'art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa»). La valenza dello Statuto dei diritti del contribuente. Nella vicenda sulle cartelle mute, cio' che lascia piu' perplessi non e' tanto la tesi propugnata dall'Agenzia delle Entrate e da Equitalia S.p.A., finalizzata chiaramente e, comprensibilmente, a preservare il gettito erariale, quanto invece l'assoluta pacatezza con cui alcuna giurisprudenza di merito (e si vedra' anche il Legislatore del 2008), ha ignorato la valenza giuridica dell'art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente. E' necessario, infatti, ricordare come in ordine al valore ed alla portata dei principi espressi nello Statuto dei diritti del contribuente, la giurisprudenza della Cassazione abbia precisato che il contenuto di tali norme, richiamando in materia tributaria i principi costituzionali, debba ritenersi immanente nell'ordinamento giuridico, anche prima della sua entrata in vigore, vincolando l'interprete al canone ermeneutico dell'interpretazione adeguatrice alla Costituzione, che si sostanzia nel preferire l'interpretazione della legge piu' conforme alla Costituzione (ex multis: Cassazione, sentenze n. 21513 del 2006; n. 7080 del 2004 e n. 17576 del 2002). La valenza dello statuto del contribuente e' da qualificarsi alla stregua dei principi, enucleati dalla succitata giurisprudenza di legittimita' (sentenza n. 17576 del 10 dicembre 2002), secondo cui:«alle specifiche clausole rafforzative» di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle norme costituzionali richiamate e come «principi generali dell'ordinamento tributario» deve essere attribuito un preciso valore normativo ... «e' costituito, quantomeno, dalla superiorita' assiologica» dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l'interprete. In altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212 del 2000 deve essere risolto dall'interprete nel senso piu' conforme ai principi statutari. Tali principi, peraltro, sono confermati nella successiva sentenza n. 7080 del 14 aprile 2004, sempre della Corte di cassazione - Sezione tributaria, secondo cui: «ogni qual volta una normativa fiscale sia suscettibile di una duplice interpretazione, una che ne comporti la retroattivita' ed una che l'escluda, l'interprete dovra' dare preferenza a questa seconda interpretazione come conforme a criteri generali introdotti con lo statuto del contribuente, e attraverso di esso ai valori costituzionali intesi in senso ampio ed interpretati direttamente dello stesso legislatore attraverso lo statuto». Del resto il principio della tutela della ragionevolezza e dell'affidamento, posto legittimamente sulla certezza dell'ordinamento giuridico, ha trovato gia' riconoscimento non solo nella giurisprudenza della Corte (Cass. civ., 23 maggio 2003, n. 8146), ma anche in quella della Corte costituzionale (sentenze nn. 211/1997, 416/1999, 525/2000) ed in quelle della Corte di giustizia CEE (24 settembre 2002, C. 255/2000, Gr. It. S.p.A. contro Ministero delle Finanze) e della Corte europea dei diritti dell'uomo (30 maggio 2000, Ca. e Ve. contro Italia). Questi corretti principi della Corte di cassazione, peraltro, valorizzati con la succitata ordinanza n. 377 del 2007 della Corte costituzionale, devono sempre rappresentare il faro interpretativo di tutte le leggi tributarie, per cui se, come nel caso di specie, lo statuto richiede tassativamente un requisito e' chiaro che la mancanza di tale requisito determina necessariamente la nullita' dell'atto o della cartella esattoriale. La cartella di pagamento essendo un atto amministrativo autoritativo, per mezzo del quale l'ente impositore va ad incidere negativamente sulla sfera giuridico-patrimoniale del contribuente, deve contenere determinati requisiti, affinche' possa essere ritenuta un atto valido ed efficace. Questo, proprio in virtu' dell'art. 7 dello Statuto cit. che attua i principi costituzionali di trasparenza, buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione sanciti nell'art. 97 Cost. Ai sensi dell'art. 7 dello statuto cit., gli atti dei concessionari, tra cui la cartella esattoriale, devono riportare la sottoscrizione del funzionario investito dall'Ufficio avente competenza ad emanare l'atto e l'indicazione dell'Ufficio presso il quale e' possibile ottenere informazioni in merito all'atto stesso ed il responsabile del procedimento. La suddetta informativa e' necessaria: per assicurare la trasparenza dell'attivita' amministrativa, in quanto, soprattutto in un complesso sistema tributario come il nostro, non si possono emettere e notificare atti o cartelle esattoriali «anonimi», stampati in modo meccanico dai computers, con il rischio delle c.d. «cartelle pazze»; per la prima informazione del cittadino-contribuente, anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile, soprattutto oggi che sono state potenziate al massimo le procedure di riscossione e di esecuzione, con l'utilizzo, alcune volte inopportuno, di ipoteche e fermi amministrativi; infine, per la garanzia del diritto di difesa, perche' deve consentire al cittadino contribuente di conoscere «a priori» il responsabile del procedimento cui chiedere specifiche motivazioni, soprattutto nel calcolo delle indennita' di mora e degli interessi. Tale disposizione di legge, avendo rango costituzionale, non puo' assolutamente essere ignorata, ne' aggirata per mezzo di interpretazioni estemporanee, fondate sulla base di altre fondamentali disposizioni di legge (vedi quelle contenute nella legge n. 241 del 1990), che a ben vedere potrebbero cedere il passo innanzi ad una normativa a carattere speciale, come quella contenuta nello Statuto dei diritti del contribuente. L'art. 7 dello statuto, infatti, e' norma speciale e, pertanto, in virtu' del principio lex specialis derogat lex generalis, si deve ritenere che quanto disposto da tale norma di legge prevalga sulle disposizioni contenute nella legge n. 241 del 1990 e, quindi anche dell'art. 21-octies cit. L'ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 9 novembre 2007. L'ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 2007 trae spunto dalla remissione operata dalla Commissione tributaria regionale del Veneto che, nel giudizio di appello in riferimento alla legittimita' o meno della cartella di pagamento emessa dal Concessionario, aveva sollevato la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, lett. a), della legge n. 212 del 27 luglio 2000, nella parte in cui prevede che gli atti dei Concessionari della riscossione devono, cosi' come gli atti emessi dall'amministrazione finanziaria, tassativamente indicare, tra le altre cose, il responsabile del procedimento. Il giudice rimettente ha rilevato, altresi', come le disposizioni del tipo di quella censurata, proprio perche' si adattano bene all'attivita' procedimentale svolta dagli uffici della pubblica amministrazione, al fine di emettere un provvedimento amministrativo destinato ad incidere sulla sfera giuridico-patrimoniale del destinatario, non possono essere rivolte nello stesso modo all'attivita' del Concessionario della riscossione, poiche' l'attivita' di formazione della cartella di pagamento non sarebbe equiparabile a quella di un vero e proprio procedimento. La Corte costituzionale, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, lett. a), della legge n. 212 del 2000, ha statuito quanto segue: l'art. 7 della legge n. 212/2000 si applica ai procedimenti tributari non solo dell'amministrazione finanziaria, ma anche dei concessionari della riscossione, in quanto soggetti privati cui compete l'esercizio di funzioni pubbliche. Tali procedimenti comprendono sia quelli che il giudice definisce «procedimenti di massa» (i quali culminano in provvedimenti di contenuto omogeneo o standardizzato nei confronti di innumerevoli destinatari), sia di quelli di natura non discrezionale; l'obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attivita' amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. (si veda l'art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa»); anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, e cioe' dello Statuto dei diritti del contribuente, la Corte ha statuito l'applicabilita' ai procedimenti tributari della legge generale sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990 (ordinanza n. 117 del 2000, relativa all'obbligo di motivazione della cartella di pagamento). Il rapporto intercorrente tra le disposizioni della legge n. 241 del 7 agosto 1990 e lo statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000). Appare necessario soffermarsi sul rapporto esistente tra le disposizioni della legge n. 241 del 1990, che disciplina il procedimento amministrativo nella sua interezza e generalita' e le disposizioni contenute nello statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000), complesso normativo questo che appresta una tutela specifica del contribuente e detta i principi fondamentali cui il rapporto tra contribuente/fisco deve ispirarsi. La dottrina ha piu' volte precisato come lo statuto dei diritti del contribuente debba essere considerato una piccola Carta costituzionale del contribuente, in quanto attua, in ambito tributario, una serie di principi costituzionalmente protetti (tra tutti quello espresso dall'art. 97 Cost. sulla trasparenza, buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione). Certamente, nell'ambito dei procedimenti tributari, pur salvaguardando i limiti fissati dallo Statuto nella materia fiscale, si deve comunque fare riferimento ai principi generali sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), nonche' ai principi sanciti dalla giurisprudenza. Tuttavia, non si puo' trascurare come, proprio nel tributario, in concreto si faccia una peculiare applicazione dei principi generali del procedimento amministrativo. In particolare, l'art. 13, comma 2, esclude espressamente l'applicazione di alcune disposizioni dell'impianto normativo della legge n. 241/1990 ai procedimenti di natura fiscale, facendo salva l'applicazione delle specifiche norme che li regolano. L'art. 7, comma 2, lett. a), nello specifico, introducendo nella materia tributaria una disciplina conforme ai principi generali espressi dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, in ordine alla trasparenza e all'accesso dei documenti amministrativi, costituisce un esempio paradigmatico di norma speciale che regola tale aspetto del procedimento tributario. Questa norma nell'indicare tassativamente l'indicazione del responsabile del procedimento con specifico riferimento agli atti emessi dall'Amministrazione finanziaria e dai concessionari deve ritenersi norma speciale rispetto alla disciplina generale dettata dalla legge n. 241/1990. Alla luce di questa specialita', si deve ritenere assolutamente fuorviante la prassi invalsa (fino all'ordinanza n. 377/2007 cit.) che ha sempre giustificato la mancata indicazione del responsabile de quo, asserendo che l'attivita' posta in essere dagli agenti per la riscossione, finalizzata alla formazione della cartella, non fosse configurabile alla stregua di un vero e proprio procedimento amministrativo. Una siffatta interpretazione restrittiva e' del tutto incompatibile con l'impostazione innovativa dello statuto dei diritti del contribuente, quale Carta costituzionale del contribuente. Legge n. 241 del 1990: art. 21-septies. Con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 2007, la Consulta stessa ha riconosciuto che fin dall'epoca precedente all'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, recante lo statuto dei diritti del contribuente, la Corte stessa ha ritenuto l'applicabilita' ai procedimenti tributari della legge generale sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990. In virtu' di siffatto principio, si deve ritenere applicabile al procedimento tributario anche l'art. 21-septies, comma 1, della legge n. 241/1990, cosi' come modificato dalla legge n. 15 dell' 11 febbraio 2005, secondo cui «E' nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che e' viziato da difetto assoluto di attribuzione, che e' stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonche' negli altri casi espressamente previsti dalla legge.» Alla luce di tutte le suesposte finalita' istituzionali e giuridiche evidenziate nell'ordinanza n. 377 del 2007 cit., si puo' ritenere che l'indicazione del responsabile del procedimento, previsto tassativamente, ex art. 7, comma 2, lett. a), possa essere qualificata come un «elemento essenziale», la cui mancanza integra un vizio di nullita' assoluto ed insanabile, ai sensi dell'art. 21-septies. La nuova normativa: il decreto milleproroghe (decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008). Con l'art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, sono state aggiunte disposizioni inerenti al contenuto della cartella di pagamento, disciplinata dall'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973. In base a tale norma: «La cartella di pagamento di cui all'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, e successive modificazioni, contiene altresi', a pena di nullita', l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative ai ruoli consegnati prima di tale data non e' causa di nullita' delle stesse.». In particolare, le cartelle di pagamento dovranno contenere, a pena di nullita', anche: l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo; l'indicazione del responsabile di emissione e di notificazione delle cartelle stesse. Tali nuove disposizioni sono applicabili ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. In relazione a tale normativa, quindi, la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti non e' comunque causa di nullita' delle cartelle di pagamento, qualora queste siano relative a ruoli consegnati prima del 1° giugno. Tale disposizione di legge nel sanare il vizio di nullita' delle cartelle mute, emanate in data precedente al 1° giugno 2008, realizza una sanatoria che in teoria (e solo in teoria) porrebbe la parola fine sulla polemica creatasi intorno all'interpretazione dell'art. 7, comma 2, lett. a), dello statuto cit. e all'ordinanza n. 377 del 2007 della Corte costituzionale. In sostanza, la sanatoria riguarda: le cartelle gia' notificate in data anteriore al 1° giugno 2008; le cartelle notificate dopo tale data, ma relative a ruoli consegnati all'agente della riscossione prima del 1° giugno 2008. Il contenuto della nuova cartella di pagamento, percio', prevede un'informativa piuttosto allargata, estesa oltre che al responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, anche al responsabile dell'emissione (agente della riscossione) e al responsabile della notificazione. In merito alla nuova normativa disposta dall'art. 36, comma 4-ter, sono sorte sostanzialmente due opposte interpretazioni: 1. - una prima interpretazione, sostenuta peraltro da autorevole dottrina, secondo la quale la norma di cui all'art. 36, comma 4-ter, non sarebbe affetta da vizi di illegittimita' costituzionale, in quanto si porrebbe come norma innovativa rispetto a quanto disposto per il passato e, comunque, in continuita' evolutiva con il contesto normativo pregresso; 2. - una seconda tesi, secondo cui l'art. 36, comma 4-ter e la sanatoria che tale norma implica conterrebbero alcuni gravissimi germi di incostituzionalita', in relazione agli artt. 3, 24 e 97 Cost. In relazione alla prima tesi, secondo cui l'art. 36, comma 4-ter, non sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto si porrebbe come norma innovativa rispetto al passato, e' bene approfondire alcuni rilievi critici. Secondo questa interpretazione, l'art. 36, comma 4-ter, ponendosi in continuita' evolutiva rispetto al principio statutario contenuto nell'art. 7, comma 2, lett. a), della legge n. 212/2000, che postula la tassativa indicazione del responsabile del procedimento negli atti impositivi ed esattivi, non farebbe altro che suggellare formalmente cio' che esiste gia' all'interno dell'ordinamento tributario (art. 7 cit.) e che la Corte costituzionale ha ampiamente riconosciuto ed avvalorato con l'ordinanza n. 377/2007. L'intervento legislativo del «Milleproroghe», non solo non darebbe luogo ad un'ingiusta sanatoria del passato, ma, essendo teso a valorizzare ulteriormente l'art. 7, comma 2, lett. a), dello statuto, avrebbe il merito di ampliare tale obbligo informativo prescrivendo, a pena di nullita', ben due responsabili del procedimento, sia pure limitatamente ai ruoli consegnati dopo il 1° giugno 2008. In quest'ottica, nel contesto normativo attuale sarebbero previsti ben tre responsabili del procedimento: 1) un responsabile del procedimento d'iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), dello Statuto dei diritti del contribuente per tutte le cartelle (ruoli) emesse fino al 1° giugno 2008; 2) un responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 36, comma 4-ter del Milleproroghe; 3) un responsabile di emissione e notifica della cartella, ai sensi dell'art. 36, comma 4-ter del Milleproroghe; Pertanto, l'espressa esclusione della nullita' per il passato operata dal Milleproroghe riguarda non la nullita' discendente dall'omessa indicazione del responsabile, ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), dello statuto del contribuente, bensi' l'omissione della duplice indicazione: del responsabile dell'iscrizione a ruolo; del responsabile di emissione e notificazione delle cartelle stesse; disposta, ai sensi dell'art. 36, comma 4-ter, in relazione al periodo di tempo intercorrente tra l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto Milleproroghe e la data del 1° giugno 2008. Cio' comporta l'art. 36, comma 4-ter, richiedendo a pena di nullita' l'indicazione di due responsabili (quello del procedimento di iscrizione a ruolo e quello dell'emissione e notifica della cartella esattoriale), innoverebbe rispetto al passato e non realizzerebbe un'iniqua sanatoria per il passato, in quanto la nullita' disposta dall'art. 7, comma 2, lett. a) rimarrebbe distinta e separata rispetto a quella prevista con il decreto Milleproroghe. L'art. 36, comma 4-ter, quindi, assurge a naturale elemento valorizzante e rafforzativo della disposizione dello Statuto dei diritti del contribuente, non realizzando alcuna violazione dei principi costituzionali in esso contenuto. Questa lettura dell'art. 36, comma 4-ter, ha senza dubbio degli spunti pregevoli, denota una spiccata capacita' di fornire chiavi di lettura alternative alla c.d. sanatoria delle cartelle mute, nell'autorevole tentativo di salvare una norma infetta da gravissimi germi di incostituzionalita'. Tuttavia lascia spazio ad alcune perplessita'. Ed in particolare, posto che l'art. 36, comma 4-ter, cit., nel prevedere l'indicazione dei responsabili del procedimento di iscrizione a ruolo e quello del procedimento di cartellazione (emissione e notificazione della cartella) innoverebbe rispetto al passato, non rimane che chiederci quale responsabile l'art. 7, comma 2, lett. a), dello statuto intendesse prevedere fino ad oggi, se non i medesimi previsti dal Milleproroghe. L'art. 7, comma 2, lett. a), prescrivendo l'indicazione del responsabile del procedimento, posto in essere dai concessionari, intende sia quello d'iscrizione a ruolo che quello della cartellazione, poiche' il provvedimento unitariamente posto in essere dal concessionario contiene, in realta', due distinti atti amministrativi: l'iscrizione a ruolo; la cartella di pagamento. E l'art. 7, comma 2, lett. a) dello Statuto dispone «Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l'ufficio presso il quale e' possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento ...». Diversamente opinando, si andrebbe a sminuire il dettato normativo disposto dall'art. 7, comma 2, lett. a), dello statuto e non certo a valorizzarne il contenuto precettivo. Non resta che rilevare, dunque, come la norma disposta dal Milleproroghe, ben lungi dall'essere innovativa e tesa a valorizzare l'art. 7 dello Statuto, si concretizzi in uno dei tanti interventi pro-fisco del Legislatore, tutt'altro che insoliti in campo tributario. La circolare n. 16/E del 6 marzo 2008 dell'Agenzia dell'Entrate. La circolare n. 16/E del 6 marzo 2008 dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale normativa e contenzioso, intervenendo sulla problematica delle c.d. cartelle mute, a seguito dell'ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 9 novembre 2007, detta criteri interpretativi ed operativi agli uffici: rinviando alla giurisprudenza relativa all'art. 5, della legge n. 241/1990, circa le conseguenze della mancata indicazione del responsabile del procedimento, asserisce che le sentenze interpretative di rigetto e le ordinanze della Corte costituzionale non avrebbero alcun valore vincolante; detta una sorta di indirizzo di gestione delle controversie pendenti da parte degli uffici, suggerendo in particolar modo di scaricare ogni responsabilita' conseguente la mancata indicazione del responsabile all'agente della riscossione; segnala l'indeducibilita' fuori dal ricorso introduttivo della nullita' della cartella di pagamento per mancata indicazione del responsabile del procedimento (non si applica l'art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992); segnala l'improponibilita' di una domanda od eccezione del genere per la prima volta in appello (posto il divieto di domande nuove in appello ex art. 57 d.lgs. n. 546/1992); precisa che l'applicazione dell'art. 36, comma 4-ter, , cit. soltanto alle cartelle con le quali viene indicato il pagamento di somme iscritte in ruoli consegnati a partire dal l ° giugno 2008. La suddetta circolare contiene pero' molti punti di criticita', che sinteticamente si espongono nel modo seguente. Innanzitutto, l'Agenzia delle Entrate, pur facendo riferimento all'art. 7 dello statuto del contribuente, cerca di sminuirne il significato ed il valore, preferendo concentrarsi sull'interpretazione di alcuni articoli della legge n. 241 del 1990, che invece nella fattispecie hanno una minore valenza rispetto alla specifica normativa delle norme contenute nello statuto del contribuente. Infatti, l'Agenzia delle Entrate ignora che le norme dello statuto del contribuente sono disposizioni speciali di rango costituzionale, quindi applicabili anche nei rapporti tributari prima dell'entrata in vigore della legge n. 212/2000, come opportunamente rilevato dalla Corte di cassazione - Sezione Tributaria, con la citata sentenza n. 21513 del 6 ottobre 2006. La questione delle c.d. cartelle mute deve essere letta soprattutto per mezzo delle norme di rango costituzionale dello statuto del contribuente, che nel prevedere l'ipotesi tassativa dell'indicazione del responsabile del procedimento ha, indubbiamente, voluto evidenziare un elemento essenziale, la cui inosservanza ne determina la nullita'. Cio' e' stato evidenziato sia dalla Corte costituzionale con la citata ordinanza, dove si e' precisato che tale indicazione non e' un inutile adempimento, sia dall'Avvocatura Generale dello Stato, che in sede di costituzione ha precisato che l'omessa o insufficiente indicazione del responsabile del procedimento e' un dovere sanzionabile con la declaratoria di illegittimita'. Oltretutto, anche a voler analizzare la normativa della legge n. 241 del 1990, la stessa Agenzia delle Entrate richiama disposizioni che prevedono la sottoscrizione di un atto, per ben individuarne la responsabilita', cosa che e' totalmente assente anche nelle cartelle di pagamento. Il tentativo di sminuire il significato e la valenza dell'ordinanza della Corte costituzionale e' vano sol che si rifletta che i Giudici di legittimita', nel rigettare la questione di incostituzionalita' dell'art. 7, hanno confermato l'assoluta parificazione giuridica tra gli avvisi di accertamento e le cartelle di pagamento e cio' sta a significare che, come gli atti amministrativi devono necessariamente contenere l'indicazione del responsabile del procedimento a pena di nullita', la stessa procedura deve ritenersi applicabile anche alle cartelle di pagamento. Ne' vale l'indicazione del direttore dell'ufficio, che riguarda invece la procedura di accertamento, totalmente diversa dalla procedura di riscossione e di notifica della cartella esattoriale. L'art. 36, comma 4-ter, del d.l. n. 248/2007, convertito nella legge n. 31/2008, nell'intervenire sanando le procedure sino ad ora adottate, contiene sicuramente dei germi di incostituzionalita', ai sensi degli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, soprattutto per un'evidente irragionevolezza. Infatti, delle due l'una: o l'indicazione del responsabile e' un elemento essenziale a pena di nullita', e tale deve essere considerato anche per il passato, oppure e' un puro elemento di semplice irregolarita', che come tale deve valere anche per il futuro. Pertanto, non si comprende perche' tale indicazione sia da intendersi a pena di nullita' per il futuro e non per il passato. Gli evidenti profili di incostituzionalita' della nuova normativa. A seguito della modifica legislativa, di cui all'art. 36, comma 4-ter, del d.l. n. 248 del 31 dicembre 2007, convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, molti degli argomenti suesposti, al fine di contrastare le tesi esposte da Equitalia S.p.A. e dall'Agenzia dell'Entrate, devono ritenersi, per certi versi, superati. Dopo aver illustrato la teoria tesa a negare l'esistenza di una sanatoria delle cartelle mute per il passato, posto che l'indicazione del responsabile del procedimento disciplinata dalla nuova normativa non puo' che essere la medesima prescritta dall'art. 7 dello Statuto, tale sanatoria di fatto si verifichera'. E' il caso, quindi, di soffermarsi sui gravissimi profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 36, comma 4-ter, cit. La norma de qua recita quanto segue: «La cartella di pagamento di cui all'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, e successive modificazioni, contiene altresi', a pena di nullita', l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative ai ruoli consegnati prima di tale data non e' causa di nullita' delle stesse.». Tale intervento legislativo, inserendosi fra i numerosi adottati in favore del fisco, nell'intento di realizzare maggiori entrate, si pone in antitesi con il principio della certezza del diritto, della legittimita' dell'affidamento e della buona fede del contribuente (art. 10 dello statuto dei diritti del contribuente), cui invece dovrebbe ispirarsi. (cfr.: Cass., sezioni unite, sent. 25506 del 30 novembre 2006 ove si criticano aspramente gli interventi di tipo legislativo a favore del fisco adottati in spregio ai diritti fondamentali dei contribuenti). L'art. 36, comma 4-ter, quindi, si evidenzia soprattutto per il netto contrasto con i principi generali dell'ordinamento tributario, contenuti nello statuto dei diritti del contribuente, principi che come piu' volte la Corte di cassazione ha avuto modo di precisare devono ritenersi, a loro volta, di attuazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e, pertanto, principi di rango costituzionale. La Corte costituzionale, da sempre, nell'affrontare la questione dell'incidente di incostituzionalita' relativo alla retroattivita' delle norme di legge, ha riconosciuto in maniera indiscutibile che il divieto generale di retroattivita' della legge sia un principio generale dell'ordinamento, cui il Legislatore deve attenersi. Secondo la giurisprudenza della Consulta «il Legislatore ordinario puo', nel rispetto di tale limite, emanare norme retroattive, purche' trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, cosi' da non incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere dalle leggi precedenti. Se queste condizioni sono osservate, la retroattivita', di per se' sola, non puo' ritenersi elemento idoneo ad integrare un vizio della legge». Ed e' appunto, dal profilo della ragionevolezza che viene a mancare un benche' minimo supporto alla norma di cui all'art. 36, comma 4-ter, cit. Appare, infatti, evidente l'assoluta irrazionalita', irragionevolezza, nonche' la palese illogicita', incoerenza e contraddittorieta', rispetto al contesto normativo pregresso, della norma de qua, che pur riconoscendo formalmente la nullita' nell'eventualita', alquanto remota, di una violazione futura, nega al contempo la nullita' per la medesima violazione di legge perpetrata nel presente e nel passato. Diversi, quindi, i profili di incostituzionalita' dell'art. 36, comma 4-ter, cit.: violazione del principio costituzionale di uguaglianza (art. 3) per evidente disparita' di trattamento del contribuente destinatario della notificazione di una cartella di pagamento prima e dopo il 1° giugno 2008, nonche' irragionevolezza, illogicita' ed incoerenza della norma che riconoscendo e sanzionando un vizio nullita' per il futuro, al contempo lo sana per il passato; conseguente violazione del principio costituzionale di diritto alla difesa (art. 24) per tutti coloro i quali, avendo ricevuto una cartella di pagamento priva del responsabile prima del 1° giugno 2008, vedranno ridursi grandemente la possibilita' di difendersi efficacemente dalla pretesa tributaria, considerata la sanatoria della nullita' rilevata; nonche' violazione del principio del buon andamento e imparzialita' dell'operato della pubblica amministrazione (art. 97), in base al quale il contribuente deve essere posto in condizione di conoscere l'autore dell'atto impositivo, al fine di proporre contestazioni e porre in rilievo eventuali responsabilita'. Tali argomentazioni, lungi dall'essere una mera interpretazione o lettura della norma di cui all'art. 36, comma 4-ter cit., costituiscono il contesto sulla base del quale la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 377 del 2007, ha stabilito che l'indicazione del responsabile del procedimento deve essere ritenuto elemento imprescindibile di trasparenza, informazione del cittadino e garanzia del diritto alla difesa, i quali sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. Concludendo, si ritiene che tali diritti costituzionali (articoli 3, 24 e 97 della Cost.), che in quanto tali sono insopprimibili per definizione, siano volti ad apprestare una tutela piena al contribuente, tutela che non puo' e non deve essere limitata ad ambiti temporali predeterminati, ma che deve poter essere invocata sempre e comunque dai soggetti cui e' destinata. In relazione a tali rilievi critici, pertanto, non rimane che osservare come la norma di cui all'art. 36, comma 4-ter cit., realizzando un'iniqua sanatoria pro-fisco, si ponga completamente al di fuori dell'ordinamento costituzionale-tributario cogente attuato per mezzo dello statuto dei diritti del contribuente.