LA COMMISSIONE TRIBUTARIA 
    Ha pronunciato in data 20  ottobre  2008  la  seguente  ordinanza
nelle cause riunite, iscritte in data 11 settembre 2008 ai nn. 473  e
474/08 del ruolo generale per gli affari contenziosi  dell'anno  2008
aventi ad  oggetto  ricorso  dd.  31  luglio  2008  avverso  cartelle
esattoriali di pagamento e vertente  tra  Maffei  Olga  +  1  res.  a
Strembo (Trento), ricorrenti; 
    Contro Agenzia  delle  Entrate -  Ufficio  di  Tione  di  Trento,
Equitalia Trentino-Alto Adige - Suedtirol S.p.A., resistenti. 
                     F a t t o  e  d i r i t t o 
    Con separati ricorsi (R.G.R. 473 e 474/08)  dd.  31  luglio  2008
Maffei Olga e Iva proponevano  ricorso,  nei  confronti  dell'Agenzia
delle Entrate di Tione di Trento e di Equitalia Nomos S.p.A.,  contro
il ruolo e le cartelle di pagamento n. 112 2008 0005458565 e 112 2008
0005458565/001  per  l'importo  di  €  4.057,72,  aventi  ad  oggetto
l'imposta di trasferimento  conseguente  ad  aumento  valore  operato
dall'ufficio  circa  la  compravendita  di   un   terreno   in   zona
residenziale. 
    L'aumento valore trovava giustificazione in avviso di rettifica e
liquidazione non opposto dalle ricorrenti. Il solo  acquirente  aveva
impugnato l'avviso di rettifica deciso separatamente. 
    Le  ricorrenti  hanno  dedotto  una  serie  di  vizi  comportanti
l'illegittimita' dell'atto impugnato (le cartelle esattoriali) tra  i
quali la loro illegittimita' per violazione dei disposti dell'art.  7
della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell'art. 5 della legge 7 agosto
1990, n. 241, osservando come l'art. 7 della legge  27  agosto  1990,
numero 241, impongono ad ogni organo della  pubblica  amministrazione
di indicare in tutti gli atti sia l'ufficio competente per le istanze
di riesame proposte dai destinatari degli atti sia il nominativo  del
responsabile del procedimento all'esito del quale tale atto sia stato
emanato. 
    Nelle cartelle di pagamento opposte, notificate in data 3  giugno
2008, mancava l'indicazione del responsabile dell'iscrizione a ruolo,
indicazione ritenuta necessaria, a pena di  nullita',  dall'art.  36,
comma 4-ter del d.l. n. 248/2007 ma solo per i ruoli consegnati  agli
agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. 
    E non esistendo elementi, nelle cartelle di pagamento, della data
di consegna del ruolo all'agente della riscossione, che consentano di
escludere che si possa ravvisare l'ipotesi della consegna dopo il  30
giugno 2008, la nullita' della cartella medesima  sarebbe  conseguita
per disposto di legge. 
    Deducevano, comunque, le ricorrenti, ove la  consegna  dei  ruoli
fosse emersa siccome anteriore al 1° giugno  2008  (dato  evidenziato
dall'ufficio nelle sue  controdeduzioni),  l'incostituzionalita'  per
violazione dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione, del periodo
dell'art. 36, comma 4-ter del d.l. n. 248/2007 in cui dispone che «la
mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle  cartelle
di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale  data  non  e'
causa di nullita' delle stesse». 
    Considerato che l'indicazione del responsabile del  procedimento,
lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo  di  assicurare
la trasparenza dell'attivita' amministrativa, la  piena  informazione
del  cittadino  e  la  garanzia  del  diritto  di  difesa,  che  sono
altrettanti aspetti del buon  andamento  e  dell'imparzialita'  della
pubblica amministrazione predicati dall'art.  97,  primo comma  della
Costituzione, il riferimento temporale stabilito dall'art. 36,  comma
4-ter risulterebbe palesemente illegittimo. 
    Il  discrimine  temporale  fissato,  inoltre,   riserverebbe   un
trattamento diverso a situazioni oggettivamente uguali tranne che per
la data di consegna dei ruoli all'agente della riscossione  (elemento
sul quale il contribuente non ha e non aveva nessun modo d'incidere),
tutto cio' in violazione del principio fondamentale  dell'eguaglianza
tra i cittadini fissato dall'art. 3 della Costituzione. 
    Orbene,  l'eccepita   violazione   delle   norme   costituzionali
soprariferite - non seguita da istanza di rimessione al Giudice delle
leggi ma da richiesta tout court di annullamento del ruolo -  ritiene
il  Collegio  che  sia  rilevante  e  non  manifestamente   infondata
disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Con la presente ordinanza viene proposta la richiesta del  vaglio
di compatibilita' costituzionale della norma (art.  36,  comma  4-ter
del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, inserito dalla  legge  di
conversione del 28 febbraio 2008, n.  31)  che,  con  l'obiettivo  di
sanare le posizioni pregresse, ha sancito la nullita' delle  cartelle
«mute» per i ruoli consegnati agli agenti della  riscossione  dal  1°
giugno  2008  e  la  legittimita'  di  quelle  -  sempre  che   prive
dell'indicazione dei responsabili  dei  procedimenti  -  relativa  ai
ruoli consegnati prima di tale data. 
    Relativamente alla rilevanza si osserva come  la  stessa  sia  di
palmare evidenza in quanto allo  stato  della  legislazione  vigente,
discenderebbe il rigetto del presente ricorso. 
Gli elementi indefettibili della cartella esattoriale: art.  7  dello
statuto dei diritti del contribuente (legge  n.  212  del  27  luglio
2000). 
    Appare necessario partire dal dato normativo, ed  in  particolare
dall'art. 7, comma 2, dello  statuto  dei  diritti  del  contribuente
(legge n. 212 del 27 luglio 2000), che dispone quanto segue: 
        «Gli   atti   dell'amministrazione    finanziaria    e    dei
concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: 
          a)  l'ufficio  presso  il  quale  e'   possibile   ottenere
informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il
responsabile del procedimento; 
          b) l'organo o l'autorita' amministrativa presso i quali  e'
possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di
autotutela; 
          c) le modalita', il  termine,  l'organo  giurisdizionale  o
l'autorita' amministrativa cui e' possibile ricorrere in caso di atti
impugnabili.» 
    La norma  de  qua  prescrive,  tra  gli  altri,  quale  requisito
tassativo, l'indicazione  del  responsabile  del  procedimento,  bene
inteso che tassativamente significhi a pena di nullita'. 
    Infatti, occorre rammentare che il  termine  «nullita»  non  deve
necessariamente comparire nel lessico normativo,  potendo  lo  stesso
desumersi per tabulas, tenuto conto dello scopo  che  persegue  e  la
funzione che adempie (rispetto del diritto di difesa e del  principio
del contraddittorio sotto il controllo del giudice), come piu'  volte
affermato dalla Corte di cassazione con le sentenze n. 2787/2006,  n.
138/2004 e n. 1771/2004. 
    La Corte di cassazione -  Sezione  tributaria,  con  le  suddette
sentenze, ha statuito,  per  esempio,  la  natura  perentoria  di  un
termine, ancorche' in assenza di espressa previsione legislativa. 
    Infatti,  sebbene  l'art.  152  c.p.c.  disponga  che  i  termini
stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa  li  dichiari
espressamente perentori, non si puo' da tale norma dedurre  che,  ove
manchi una esplicita dichiarazione in  tal  senso,  debba  senz'altro
escludersi la perentorieta'  del  termine  «perche'  nulla  vieta  di
indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un  termine,  per
lo scopo che  persegue  e  la  funzione  che  adempie,  debba  essere
rigorosamente osservato» (Cass., sent. n. 1771/2004). 
    La norma statutaria in commento, tuttavia, e' rimasta  lungamente
inascoltata, almeno fino alla pronuncia della Corte costituzionale n.
377 del 2007, che ha provocato a dir poco un «terremoto» intorno alla
questione. 
    In sostanza, la Consulta ha rivendicato la  forza  cogente  e  la
valenza giuridica propria dello Statuto dei diritti del contribuente,
ed in particolar modo dell'art. 7, comma 2, lett. a), statuendo  che:
«l'obbligo imposto ai concessionari di  indicare  nelle  cartelle  di
pagamento il responsabile  del  procedimento,  lungi  dall'essere  un
inutile  adempimento,  ha  lo  scopo  di  assicurare  la  trasparenza
dell'attivita' amministrativa, la piena  informazione  del  cittadino
(anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile)  e
la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti  aspetti  del
buon andamento e dell'imparzialita'  della  pubblica  amministrazione
predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. (si veda l'art.  1,  comma
1, della legge n. 241  del  1990,  come  modificato  dalla  legge  11
febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7
agosto  1990,  n.  241,  concernenti   norme   generali   sull'azione
amministrativa»). 
La valenza dello Statuto dei diritti del contribuente. 
    Nella vicenda sulle cartelle mute, cio' che lascia piu' perplessi
non e' tanto la tesi  propugnata  dall'Agenzia  delle  Entrate  e  da
Equitalia S.p.A., finalizzata  chiaramente  e,  comprensibilmente,  a
preservare il gettito erariale, quanto  invece  l'assoluta  pacatezza
con cui alcuna  giurisprudenza  di  merito  (e  si  vedra'  anche  il
Legislatore del 2008), ha ignorato la valenza giuridica  dell'art.  7
dello Statuto dei diritti del contribuente. 
    E' necessario, infatti, ricordare come in  ordine  al  valore  ed
alla portata dei principi espressi  nello  Statuto  dei  diritti  del
contribuente, la giurisprudenza della Cassazione abbia precisato  che
il contenuto di tali  norme,  richiamando  in  materia  tributaria  i
principi costituzionali, debba ritenersi  immanente  nell'ordinamento
giuridico, anche  prima  della  sua  entrata  in  vigore,  vincolando
l'interprete al canone ermeneutico  dell'interpretazione  adeguatrice
alla Costituzione, che si sostanzia nel  preferire  l'interpretazione
della legge piu' conforme alla Costituzione (ex  multis:  Cassazione,
sentenze n. 21513 del 2006; n. 7080 del 2004 e n. 17576 del 2002). 
    La valenza dello statuto del contribuente e' da qualificarsi alla
stregua dei principi, enucleati  dalla  succitata  giurisprudenza  di
legittimita' (sentenza  n.  17576  del  10  dicembre  2002),  secondo
cui:«alle specifiche  clausole  rafforzative»  di  autoqualificazione
delle disposizioni stesse come attuative delle  norme  costituzionali
richiamate e come  «principi  generali  dell'ordinamento  tributario»
deve  essere  attribuito  un  preciso  valore   normativo   ...   «e'
costituito, quantomeno, dalla superiorita' assiologica» dei  principi
espressi o desumibili dalle disposizioni  dello  Statuto  e,  quindi,
dalla loro  funzione  di  orientamento  ermeneutico,  vincolante  per
l'interprete. 
    In altri termini, il  dubbio  interpretativo  o  applicativo  sul
significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che
attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212 del  2000
deve essere  risolto  dall'interprete  nel  senso  piu'  conforme  ai
principi statutari. 
    Tali  principi,  peraltro,  sono  confermati   nella   successiva
sentenza n. 7080 del 14 aprile 2004, sempre della Corte di cassazione
- Sezione tributaria, secondo cui: «ogni  qual  volta  una  normativa
fiscale sia suscettibile di una duplice interpretazione, una  che  ne
comporti la retroattivita' ed una che l'escluda, l'interprete  dovra'
dare preferenza a questa  seconda  interpretazione  come  conforme  a
criteri generali  introdotti  con  lo  statuto  del  contribuente,  e
attraverso di esso ai valori costituzionali intesi in senso ampio  ed
interpretati direttamente  dello  stesso  legislatore  attraverso  lo
statuto». 
    Del resto  il  principio  della  tutela  della  ragionevolezza  e
dell'affidamento,     posto     legittimamente     sulla     certezza
dell'ordinamento giuridico, ha trovato gia' riconoscimento  non  solo
nella giurisprudenza della Corte (Cass.  civ.,  23  maggio  2003,  n.
8146), ma anche in quella della Corte  costituzionale  (sentenze  nn.
211/1997, 416/1999, 525/2000) ed in quelle della Corte  di  giustizia
CEE (24 settembre 2002, C. 255/2000, Gr. It. S.p.A. contro  Ministero
delle Finanze) e della Corte europea dei diritti dell'uomo (30 maggio
2000, Ca. e Ve. contro Italia). 
    Questi corretti principi della  Corte  di  cassazione,  peraltro,
valorizzati con la succitata ordinanza n. 377 del  2007  della  Corte
costituzionale, devono sempre rappresentare il faro interpretativo di
tutte le leggi tributarie, per cui se, come nel caso  di  specie,  lo
statuto  richiede  tassativamente  un  requisito  e'  chiaro  che  la
mancanza di tale  requisito  determina  necessariamente  la  nullita'
dell'atto o della cartella esattoriale. 
    La  cartella  di  pagamento  essendo   un   atto   amministrativo
autoritativo, per mezzo del quale l'ente impositore  va  ad  incidere
negativamente sulla sfera  giuridico-patrimoniale  del  contribuente,
deve contenere determinati requisiti, affinche' possa essere ritenuta
un atto valido ed efficace. Questo, proprio  in  virtu'  dell'art.  7
dello  Statuto  cit.  che  attua   i   principi   costituzionali   di
trasparenza,  buon  andamento   ed   imparzialita'   della   pubblica
amministrazione sanciti nell'art. 97 Cost. 
    Ai  sensi  dell'art.  7  dello  statuto  cit.,   gli   atti   dei
concessionari, tra cui la cartella esattoriale, devono  riportare  la
sottoscrizione  del   funzionario   investito   dall'Ufficio   avente
competenza ad emanare l'atto e l'indicazione dell'Ufficio  presso  il
quale e' possibile ottenere informazioni in merito all'atto stesso ed
il responsabile del procedimento. 
    La suddetta informativa e' necessaria: 
        per assicurare la trasparenza dell'attivita'  amministrativa,
in quanto, soprattutto in un complesso  sistema  tributario  come  il
nostro,  non  si  possono  emettere  e  notificare  atti  o  cartelle
esattoriali «anonimi», stampati in modo meccanico dai computers,  con
il rischio delle c.d. «cartelle pazze»; 
        per la prima informazione del  cittadino-contribuente,  anche
ai  fini  di  eventuali  azioni  nei  confronti   del   responsabile,
soprattutto oggi che sono state potenziate al massimo le procedure di
riscossione  e  di   esecuzione,   con   l'utilizzo,   alcune   volte
inopportuno, di ipoteche e fermi amministrativi; 
    infine, per la garanzia  del  diritto  di  difesa,  perche'  deve
consentire al cittadino contribuente di conoscere 
    «a  priori»  il  responsabile  del  procedimento   cui   chiedere
specifiche motivazioni, soprattutto nel calcolo delle  indennita'  di
mora e degli interessi. 
    Tale disposizione di legge, avendo rango costituzionale, non puo'
assolutamente  essere   ignorata,   ne'   aggirata   per   mezzo   di
interpretazioni   estemporanee,   fondate   sulla   base   di   altre
fondamentali disposizioni di legge (vedi quelle contenute nella legge
n. 241 del 1990), che a ben vedere potrebbero cedere il passo innanzi
ad una normativa a carattere speciale, come  quella  contenuta  nello
Statuto dei diritti del contribuente. 
    L'art. 7 dello statuto, infatti, e' norma speciale  e,  pertanto,
in virtu' del principio lex specialis derogat lex generalis, si  deve
ritenere che quanto disposto da tale norma di  legge  prevalga  sulle
disposizioni contenute nella legge n. 241 del 1990  e,  quindi  anche
dell'art. 21-octies cit. 
L'ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 9 novembre 2007. 
    L'ordinanza della Corte  costituzionale  n.  377  del  2007  trae
spunto  dalla  remissione  operata   dalla   Commissione   tributaria
regionale del Veneto che, nel giudizio di appello in riferimento alla
legittimita'  o  meno  della  cartella  di   pagamento   emessa   dal
Concessionario,  aveva  sollevato  la  questione  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 2, lett. a), della legge n. 212 del
27 luglio  2000,  nella  parte  in  cui  prevede  che  gli  atti  dei
Concessionari della riscossione devono, cosi' come  gli  atti  emessi
dall'amministrazione finanziaria,  tassativamente  indicare,  tra  le
altre cose, il responsabile del procedimento. 
    Il giudice rimettente ha rilevato, altresi', come le disposizioni
del tipo di  quella  censurata,  proprio  perche'  si  adattano  bene
all'attivita'  procedimentale  svolta  dagli  uffici  della  pubblica
amministrazione, al fine di emettere un provvedimento  amministrativo
destinato  ad  incidere  sulla   sfera   giuridico-patrimoniale   del
destinatario,  non  possono  essere   rivolte   nello   stesso   modo
all'attivita'   del   Concessionario   della   riscossione,   poiche'
l'attivita' di formazione della cartella  di  pagamento  non  sarebbe
equiparabile a quella di un vero e proprio procedimento. 
    La Corte costituzionale, nel dichiarare la manifesta infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma  2,
lett. a), della legge n. 212 del 2000, ha statuito quanto segue: 
        l'art. 7 della legge n. 212/2000 si applica  ai  procedimenti
tributari non solo dell'amministrazione  finanziaria,  ma  anche  dei
concessionari della  riscossione,  in  quanto  soggetti  privati  cui
compete  l'esercizio  di  funzioni   pubbliche.   Tali   procedimenti
comprendono sia quelli che  il  giudice  definisce  «procedimenti  di
massa» (i quali culminano in provvedimenti di  contenuto  omogeneo  o
standardizzato nei confronti di  innumerevoli  destinatari),  sia  di
quelli di natura non discrezionale; 
        l'obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle
di pagamento il responsabile del procedimento, lungi  dall'essere  un
inutile  adempimento,  ha  lo  scopo  di  assicurare  la  trasparenza
dell'attivita' amministrativa, la piena  informazione  del  cittadino
(anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile)  e
la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti  aspetti  del
buon andamento e dell'imparzialita'  della  pubblica  amministrazione
predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. (si veda l'art.  1,  comma
1, della legge n. 241  del  1990,  come  modificato  dalla  legge  11
febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7
agosto  1990,  n.  241,  concernenti   norme   generali   sull'azione
amministrativa»); 
        anche prima dell'entrata in vigore della  legge  n.  212  del
2000, e cioe' dello Statuto dei diritti del contribuente, la Corte ha
statuito  l'applicabilita'  ai  procedimenti  tributari  della  legge
generale sul procedimento amministrativo n. 241 del  1990  (ordinanza
n. 117 del 2000, relativa all'obbligo di motivazione  della  cartella
di pagamento). 
Il rapporto intercorrente tra le disposizioni della legge n. 241  del
7 agosto 1990 e lo statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212
del 2000). 
    Appare necessario  soffermarsi  sul  rapporto  esistente  tra  le
disposizioni  della  legge  n.  241  del  1990,  che  disciplina   il
procedimento amministrativo nella sua interezza e  generalita'  e  le
disposizioni contenute nello statuto  dei  diritti  del  contribuente
(legge n. 212/2000), complesso  normativo  questo  che  appresta  una
tutela specifica del contribuente e detta i principi fondamentali cui
il rapporto tra contribuente/fisco deve ispirarsi. 
    La dottrina ha piu' volte precisato come lo statuto  dei  diritti
del  contribuente  debba  essere  considerato   una   piccola   Carta
costituzionale  del  contribuente,  in  quanto   attua,   in   ambito
tributario, una serie di principi  costituzionalmente  protetti  (tra
tutti quello espresso dall'art.  97  Cost.  sulla  trasparenza,  buon
andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione). 
    Certamente,   nell'ambito   dei   procedimenti   tributari,   pur
salvaguardando i limiti fissati dallo Statuto nella materia  fiscale,
si  deve  comunque  fare  riferimento  ai   principi   generali   sul
procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), nonche' ai  principi
sanciti dalla giurisprudenza. 
    Tuttavia, non si puo' trascurare come, proprio nel tributario, in
concreto si faccia una peculiare applicazione dei  principi  generali
del procedimento amministrativo. In particolare, l'art. 13, comma  2,
esclude   espressamente   l'applicazione   di   alcune   disposizioni
dell'impianto normativo della legge n. 241/1990  ai  procedimenti  di
natura fiscale, facendo salva l'applicazione delle  specifiche  norme
che li regolano. 
    L'art. 7, comma 2, lett. a), nello specifico, introducendo  nella
materia tributaria  una  disciplina  conforme  ai  principi  generali
espressi  dalla  legge  7  agosto  1990,  n.  241,  in  ordine   alla
trasparenza e all'accesso dei documenti  amministrativi,  costituisce
un esempio paradigmatico di norma speciale che  regola  tale  aspetto
del   procedimento    tributario.    Questa    norma    nell'indicare
tassativamente l'indicazione del responsabile  del  procedimento  con
specifico   riferimento   agli   atti   emessi   dall'Amministrazione
finanziaria  e  dai  concessionari  deve  ritenersi  norma   speciale
rispetto alla disciplina generale dettata dalla legge n. 241/1990. 
    Alla luce di questa specialita', si deve  ritenere  assolutamente
fuorviante la prassi invalsa (fino all'ordinanza  n.  377/2007  cit.)
che ha sempre giustificato la mancata indicazione del responsabile de
quo, asserendo che l'attivita' posta in essere dagli  agenti  per  la
riscossione, finalizzata alla formazione della  cartella,  non  fosse
configurabile  alla  stregua  di  un  vero  e  proprio   procedimento
amministrativo. 
    Una   siffatta   interpretazione   restrittiva   e'   del   tutto
incompatibile con l'impostazione innovativa dello statuto dei diritti
del contribuente, quale Carta costituzionale del contribuente. 
Legge n. 241 del 1990: art. 21-septies. 
    Con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 377  del  2007,  la
Consulta  stessa  ha  riconosciuto  che  fin  dall'epoca   precedente
all'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, recante lo statuto
dei  diritti  del  contribuente,  la   Corte   stessa   ha   ritenuto
l'applicabilita' ai procedimenti tributari della legge  generale  sul
procedimento amministrativo n. 241 del 1990. 
    In virtu' di siffatto principio, si deve ritenere applicabile  al
procedimento tributario anche l'art. 21-septies, comma 1, della legge
n. 241/1990, cosi'  come  modificato  dalla  legge  n.  15  dell'  11
febbraio 2005, secondo cui «E' nullo il provvedimento  amministrativo
che manca degli  elementi  essenziali,  che  e'  viziato  da  difetto
assoluto di attribuzione, che  e'  stato  adottato  in  violazione  o
elusione  del  giudicato,  nonche'  negli  altri  casi  espressamente
previsti dalla legge.» 
    Alla  luce  di  tutte  le  suesposte  finalita'  istituzionali  e
giuridiche evidenziate nell'ordinanza n. 377 del 2007 cit.,  si  puo'
ritenere  che  l'indicazione  del  responsabile   del   procedimento,
previsto tassativamente, ex art. 7, comma 2, lett. a),  possa  essere
qualificata come un «elemento essenziale», la cui mancanza integra un
vizio  di  nullita'  assoluto  ed  insanabile,  ai  sensi   dell'art.
21-septies. 
La  nuova  normativa:  il  decreto  milleproroghe  (decreto-legge  31
dicembre 2007, n. 248, convertito in legge  n.  31  del  28  febbraio
2008). 
    Con l'art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre  2007,  n.  248,
convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, sono  state  aggiunte
disposizioni inerenti  al  contenuto  della  cartella  di  pagamento,
disciplinata dall'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973. 
    In base a tale norma: «La cartella di pagamento di  cui  all'art.
25  del  d.P.R.  n.  602  del  29  settembre   1973,   e   successive
modificazioni, contiene altresi', a pena di  nullita',  l'indicazione
del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e  di  quello
di  emissione  e  di  notificazione   della   stessa   cartella.   Le
disposizioni di cui al  periodo  precedente  si  applicano  ai  ruoli
consegnati agli agenti della riscossione a decorrere  dal  1°  giugno
2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti  nelle
cartelle di pagamento relative ai ruoli consegnati prima di tale data
non e' causa di nullita' delle stesse.». 
    In particolare, le cartelle di pagamento  dovranno  contenere,  a
pena di nullita', anche: 
        l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione
a ruolo; 
        l'indicazione   del   responsabile   di   emissione   e    di
notificazione delle cartelle stesse. 
    Tali nuove disposizioni sono applicabili ai ruoli consegnati agli
agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. 
    In relazione a tale normativa, quindi, la mancata indicazione dei
responsabili dei procedimenti non e' comunque causa di nullita' delle
cartelle  di  pagamento,  qualora  queste  siano  relative  a   ruoli
consegnati prima del 1° giugno. 
    Tale disposizione di legge nel sanare il vizio di nullita'  delle
cartelle mute, emanate in data precedente al 1° giugno 2008, realizza
una sanatoria che in teoria (e solo in  teoria)  porrebbe  la  parola
fine sulla polemica creatasi intorno all'interpretazione dell'art. 7,
comma 2, lett. a), dello statuto cit. e all'ordinanza n. 377 del 2007
della Corte costituzionale. 
    In sostanza, la sanatoria riguarda: 
        le cartelle gia' notificate in data anteriore  al  1°  giugno
2008; 
        le cartelle notificate dopo tale data, ma  relative  a  ruoli
consegnati all'agente della riscossione prima del 1° giugno 2008. 
    Il contenuto della nuova cartella di pagamento, percio',  prevede
un'informativa piuttosto allargata, estesa oltre che al  responsabile
del  procedimento  di  iscrizione  a  ruolo,  anche  al  responsabile
dell'emissione (agente della riscossione)  e  al  responsabile  della
notificazione. 
    In merito alla  nuova  normativa  disposta  dall'art.  36,  comma
4-ter, sono sorte sostanzialmente due opposte interpretazioni: 
        1.  -  una  prima  interpretazione,  sostenuta  peraltro   da
autorevole dottrina, secondo la quale la norma di  cui  all'art.  36,
comma  4-ter,  non  sarebbe  affetta  da   vizi   di   illegittimita'
costituzionale, in quanto si porrebbe come norma innovativa  rispetto
a  quanto  disposto  per  il  passato  e,  comunque,  in  continuita'
evolutiva con il contesto normativo pregresso; 
        2. - una seconda tesi, secondo cui l'art. 36, comma  4-ter  e
la sanatoria che tale norma implica conterrebbero  alcuni  gravissimi
germi di incostituzionalita', in relazione agli  artt.  3,  24  e  97
Cost. 
    In relazione alla prima tesi, secondo cui l'art. 36, comma 4-ter,
non sarebbe costituzionalmente illegittimo,  in  quanto  si  porrebbe
come norma innovativa  rispetto  al  passato,  e'  bene  approfondire
alcuni rilievi critici. 
    Secondo questa interpretazione, l'art. 36, comma 4-ter, ponendosi
in continuita' evolutiva rispetto al principio  statutario  contenuto
nell'art. 7, comma 2, lett. a), della legge n. 212/2000, che  postula
la tassativa indicazione del responsabile del procedimento negli atti
impositivi ed esattivi, non farebbe altro che suggellare  formalmente
cio' che esiste gia' all'interno dell'ordinamento tributario (art.  7
cit.) e che la Corte costituzionale  ha  ampiamente  riconosciuto  ed
avvalorato con l'ordinanza n. 377/2007. L'intervento legislativo  del
«Milleproroghe», non solo non darebbe luogo ad un'ingiusta  sanatoria
del passato, ma, essendo teso a valorizzare ulteriormente  l'art.  7,
comma 2, lett. a), dello statuto, avrebbe il merito di ampliare  tale
obbligo  informativo  prescrivendo,  a  pena  di  nullita',  ben  due
responsabili  del  procedimento,  sia  pure  limitatamente  ai  ruoli
consegnati dopo il 1° giugno 2008. 
    In  quest'ottica,  nel  contesto  normativo   attuale   sarebbero
previsti ben tre responsabili del procedimento: 
        1) un responsabile del procedimento d'iscrizione a ruolo,  ai
sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), dello Statuto dei  diritti  del
contribuente per tutte le cartelle (ruoli) emesse fino al  1°  giugno
2008; 
        2) un responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, ai
sensi dell'art. 36, comma 4-ter del Milleproroghe; 
        3) un responsabile di emissione e notifica della cartella, ai
sensi dell'art. 36, comma 4-ter del Milleproroghe; 
    Pertanto, l'espressa esclusione della  nullita'  per  il  passato
operata  dal  Milleproroghe  riguarda  non  la  nullita'  discendente
dall'omessa indicazione del responsabile, ai sensi dell'art. 7, comma
2, lett. a), dello statuto del contribuente, bensi' l'omissione della
duplice indicazione: del responsabile dell'iscrizione  a  ruolo;  del
responsabile di emissione  e  notificazione  delle  cartelle  stesse;
disposta, ai sensi dell'art. 36, comma 4-ter, in relazione al periodo
di tempo  intercorrente  tra  l'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto Milleproroghe e la data del 1° giugno 2008. 
    Cio' comporta l'art. 36,  comma  4-ter,  richiedendo  a  pena  di
nullita' l'indicazione di due responsabili (quello  del  procedimento
di iscrizione a  ruolo  e  quello  dell'emissione  e  notifica  della
cartella  esattoriale),  innoverebbe  rispetto  al  passato   e   non
realizzerebbe un'iniqua  sanatoria  per  il  passato,  in  quanto  la
nullita' disposta dall'art. 7, comma 2, lett. a) rimarrebbe  distinta
e separata rispetto a quella prevista con il decreto Milleproroghe. 
    L'art. 36, comma  4-ter,  quindi,  assurge  a  naturale  elemento
valorizzante e rafforzativo  della  disposizione  dello  Statuto  dei
diritti del  contribuente,  non  realizzando  alcuna  violazione  dei
principi costituzionali in esso contenuto. Questa  lettura  dell'art.
36, comma 4-ter, ha senza dubbio degli spunti pregevoli,  denota  una
spiccata capacita' di fornire chiavi di lettura alternative alla c.d.
sanatoria delle cartelle mute, nell'autorevole tentativo  di  salvare
una  norma  infetta  da  gravissimi  germi  di   incostituzionalita'.
Tuttavia lascia spazio ad alcune perplessita'. 
    Ed in particolare, posto che l'art. 36, comma  4-ter,  cit.,  nel
prevedere  l'indicazione  dei  responsabili   del   procedimento   di
iscrizione  a  ruolo  e  quello  del  procedimento  di  cartellazione
(emissione e notificazione della cartella)  innoverebbe  rispetto  al
passato, non rimane che chiederci quale responsabile l'art. 7,  comma
2, lett. a), dello statuto intendesse prevedere fino ad oggi, se  non
i medesimi previsti dal Milleproroghe. 
    L'art. 7, comma  2,  lett.  a),  prescrivendo  l'indicazione  del
responsabile del procedimento, posto  in  essere  dai  concessionari,
intende  sia  quello  d'iscrizione   a   ruolo   che   quello   della
cartellazione, poiche' il provvedimento unitariamente posto in essere
dal  concessionario  contiene,  in   realta',   due   distinti   atti
amministrativi: 
        l'iscrizione a ruolo; 
        la cartella di pagamento. 
    E l'art. 7, comma 2, lett. a) dello  Statuto  dispone  «Gli  atti
dell'amministrazione   finanziaria   e   dei   concessionari    della
riscossione devono tassativamente indicare: 
        a)  l'ufficio  presso  il   quale   e'   possibile   ottenere
informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il
responsabile del procedimento ...». 
    Diversamente  opinando,  si  andrebbe  a  sminuire   il   dettato
normativo disposto dall'art. 7, comma 2, lett. a),  dello  statuto  e
non certo a valorizzarne il contenuto precettivo. 
    Non resta che  rilevare,  dunque,  come  la  norma  disposta  dal
Milleproroghe, ben lungi dall'essere innovativa e tesa a  valorizzare
l'art. 7 dello Statuto, si concretizzi in uno  dei  tanti  interventi
pro-fisco  del  Legislatore,  tutt'altro  che   insoliti   in   campo
tributario. 
La circolare n. 16/E del 6 marzo 2008 dell'Agenzia dell'Entrate. 
    La circolare n. 16/E del 6 marzo 2008 dell'Agenzia delle  Entrate
- Direzione Centrale  normativa  e  contenzioso,  intervenendo  sulla
problematica delle c.d. cartelle mute, a seguito dell'ordinanza della
Corte costituzionale n.  377  del  9  novembre  2007,  detta  criteri
interpretativi ed operativi agli uffici: 
        rinviando alla  giurisprudenza  relativa  all'art.  5,  della
legge n. 241/1990, circa le conseguenze della mancata indicazione del
responsabile   del   procedimento,   asserisce   che   le    sentenze
interpretative di rigetto e le ordinanze della  Corte  costituzionale
non avrebbero alcun valore vincolante; 
        detta una sorta di indirizzo di gestione  delle  controversie
pendenti da parte degli uffici,  suggerendo  in  particolar  modo  di
scaricare ogni responsabilita' conseguente la mancata indicazione del
responsabile all'agente della riscossione; 
        segnala  l'indeducibilita'  fuori  dal  ricorso  introduttivo
della nullita' della cartella di pagamento  per  mancata  indicazione
del responsabile del procedimento (non si applica l'art. 24, comma 2,
del d.lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992); 
        segnala l'improponibilita' di una domanda  od  eccezione  del
genere per la prima volta in appello (posto  il  divieto  di  domande
nuove in appello ex art. 57 d.lgs. n. 546/1992); 
        precisa che l'applicazione dell'art. 36, comma 4-ter, ,  cit.
soltanto alle cartelle con le quali viene indicato  il  pagamento  di
somme iscritte in ruoli consegnati a partire dal l ° giugno 2008. 
    La suddetta circolare contiene pero' molti punti  di  criticita',
che sinteticamente si espongono nel modo seguente. 
    Innanzitutto, l'Agenzia delle Entrate,  pur  facendo  riferimento
all'art. 7 dello statuto del  contribuente,  cerca  di  sminuirne  il
significato     ed     il     valore,     preferendo     concentrarsi
sull'interpretazione di alcuni articoli della legge n. 241 del  1990,
che invece nella fattispecie hanno una minore valenza  rispetto  alla
specifica  normativa  delle  norme  contenute   nello   statuto   del
contribuente. 
    Infatti, l'Agenzia  delle  Entrate  ignora  che  le  norme  dello
statuto  del  contribuente  sono  disposizioni  speciali   di   rango
costituzionale, quindi applicabili anche nei rapporti tributari prima
dell'entrata in vigore della legge n. 212/2000,  come  opportunamente
rilevato dalla Corte di  cassazione  -  Sezione  Tributaria,  con  la
citata sentenza n. 21513 del 6 ottobre 2006. 
    La  questione  delle  c.d.  cartelle  mute  deve   essere   letta
soprattutto per mezzo  delle  norme  di  rango  costituzionale  dello
statuto del  contribuente,  che  nel  prevedere  l'ipotesi  tassativa
dell'indicazione del responsabile del procedimento ha, indubbiamente,
voluto evidenziare un elemento essenziale,  la  cui  inosservanza  ne
determina la nullita'. 
    Cio' e' stato evidenziato sia dalla Corte costituzionale  con  la
citata ordinanza, dove si e' precisato che tale indicazione non e' un
inutile adempimento, sia dall'Avvocatura Generale dello Stato, che in
sede di  costituzione  ha  precisato  che  l'omessa  o  insufficiente
indicazione  del  responsabile  del   procedimento   e'   un   dovere
sanzionabile con la declaratoria di illegittimita'. 
    Oltretutto, anche a voler analizzare la normativa della legge  n.
241 del 1990, la stessa Agenzia delle Entrate  richiama  disposizioni
che prevedono la sottoscrizione di un atto, per ben  individuarne  la
responsabilita', cosa che e' totalmente assente anche nelle  cartelle
di pagamento. 
    Il  tentativo  di  sminuire   il   significato   e   la   valenza
dell'ordinanza della Corte costituzionale e' vano sol che si rifletta
che  i  Giudici  di  legittimita',  nel  rigettare  la  questione  di
incostituzionalita'  dell'art.   7,   hanno   confermato   l'assoluta
parificazione giuridica tra gli avvisi di accertamento e le  cartelle
di  pagamento  e  cio'  sta  a  significare  che,   come   gli   atti
amministrativi devono  necessariamente  contenere  l'indicazione  del
responsabile del procedimento a pena di nullita', la stessa procedura
deve ritenersi applicabile anche alle cartelle di pagamento. 
    Ne' vale l'indicazione del direttore dell'ufficio,  che  riguarda
invece  la  procedura  di  accertamento,  totalmente  diversa   dalla
procedura di riscossione e di notifica della cartella esattoriale. 
    L'art. 36, comma 4-ter, del d.l. n.  248/2007,  convertito  nella
legge n. 31/2008, nell'intervenire sanando le procedure sino  ad  ora
adottate, contiene sicuramente dei germi di  incostituzionalita',  ai
sensi degli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione,  soprattutto  per
un'evidente irragionevolezza. 
    Infatti, delle due l'una: o l'indicazione del responsabile e'  un
elemento  essenziale  a  pena  di  nullita',  e  tale   deve   essere
considerato anche per il passato,  oppure  e'  un  puro  elemento  di
semplice irregolarita', che  come  tale  deve  valere  anche  per  il
futuro. Pertanto, non si comprende perche' tale  indicazione  sia  da
intendersi a pena di nullita' per il futuro e non per il passato. 
Gli evidenti profili di incostituzionalita' della nuova normativa. 
    A seguito della modifica legislativa, di cui all'art.  36,  comma
4-ter, del d.l. n. 248 del 31 dicembre 2007, convertito in  legge  n.
31 del 28 febbraio 2008, molti degli argomenti suesposti, al fine  di
contrastare le  tesi  esposte  da  Equitalia  S.p.A.  e  dall'Agenzia
dell'Entrate, devono ritenersi, per certi versi, superati. 
    Dopo aver illustrato la teoria tesa a negare l'esistenza  di  una
sanatoria delle cartelle mute per il passato, posto che l'indicazione
del responsabile del procedimento disciplinata dalla nuova  normativa
non puo' che essere la medesima prescritta dall'art. 7 dello Statuto,
tale sanatoria di fatto si  verifichera'.  E'  il  caso,  quindi,  di
soffermarsi sui gravissimi profili di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 36, comma 4-ter, cit. 
    La norma de qua recita quanto segue: «La cartella di pagamento di
cui all'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, e successive
modificazioni, contiene altresi', a pena di  nullita',  l'indicazione
del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e  di  quello
di  emissione  e  di  notificazione   della   stessa   cartella.   Le
disposizioni di cui al  periodo  precedente  si  applicano  ai  ruoli
consegnati agli agenti della riscossione a decorrere  dal  1°  giugno
2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti  nelle
cartelle di pagamento relative ai ruoli consegnati prima di tale data
non e' causa di nullita' delle stesse.». 
    Tale intervento legislativo, inserendosi fra i numerosi  adottati
in favore del fisco, nell'intento di realizzare maggiori entrate,  si
pone in antitesi con il principio della certezza del  diritto,  della
legittimita' dell'affidamento e della  buona  fede  del  contribuente
(art. 10 dello statuto dei  diritti  del  contribuente),  cui  invece
dovrebbe ispirarsi. (cfr.: Cass., sezioni unite, sent. 25506  del  30
novembre 2006 ove si criticano  aspramente  gli  interventi  di  tipo
legislativo a  favore  del  fisco  adottati  in  spregio  ai  diritti
fondamentali dei contribuenti). 
    L'art. 36, comma 4-ter, quindi, si evidenzia soprattutto  per  il
netto contrasto con i principi generali dell'ordinamento  tributario,
contenuti nello statuto dei diritti del  contribuente,  principi  che
come piu' volte la Corte di cassazione ha  avuto  modo  di  precisare
devono  ritenersi,  a  loro  volta,  di   attuazione   dei   principi
costituzionali di cui agli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione
e, pertanto, principi di rango costituzionale. 
    La Corte costituzionale, da sempre, nell'affrontare la  questione
dell'incidente di incostituzionalita'  relativo  alla  retroattivita'
delle norme di legge, ha riconosciuto in maniera indiscutibile che il
divieto generale di  retroattivita'  della  legge  sia  un  principio
generale dell'ordinamento, cui il Legislatore deve attenersi. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della   Consulta   «il   Legislatore
ordinario  puo',  nel  rispetto  di  tale   limite,   emanare   norme
retroattive, purche' trovino adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza e non si pongano in  contrasto  con  altri  valori  ed
interessi  costituzionalmente  protetti,  cosi'   da   non   incidere
arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste  in  essere  dalle
leggi  precedenti.  Se   queste   condizioni   sono   osservate,   la
retroattivita', di per se' sola, non puo' ritenersi  elemento  idoneo
ad integrare un vizio della legge». 
    Ed e' appunto, dal  profilo  della  ragionevolezza  che  viene  a
mancare un benche' minimo supporto alla norma  di  cui  all'art.  36,
comma   4-ter,   cit.   Appare,    infatti,    evidente    l'assoluta
irrazionalita',  irragionevolezza,  nonche'  la  palese  illogicita',
incoerenza  e  contraddittorieta',  rispetto  al  contesto  normativo
pregresso, della norma de qua, che pur  riconoscendo  formalmente  la
nullita'  nell'eventualita',  alquanto  remota,  di  una   violazione
futura, nega al contempo la nullita' per la  medesima  violazione  di
legge perpetrata nel presente e nel passato. 
    Diversi, quindi, i profili di incostituzionalita'  dell'art.  36,
comma 4-ter, cit.: 
        violazione del principio costituzionale di uguaglianza  (art.
3)  per  evidente  disparita'   di   trattamento   del   contribuente
destinatario della notificazione di una cartella di pagamento prima e
dopo il 1° giugno  2008,  nonche'  irragionevolezza,  illogicita'  ed
incoerenza della  norma  che  riconoscendo  e  sanzionando  un  vizio
nullita' per il futuro, al contempo lo sana per il passato; 
        conseguente  violazione  del  principio   costituzionale   di
diritto alla difesa (art.  24)  per  tutti  coloro  i  quali,  avendo
ricevuto una cartella di pagamento priva del responsabile  prima  del
1° giugno 2008,  vedranno  ridursi  grandemente  la  possibilita'  di
difendersi efficacemente dalla  pretesa  tributaria,  considerata  la
sanatoria della nullita' rilevata; 
        nonche'  violazione  del  principio  del  buon  andamento   e
imparzialita' dell'operato della pubblica amministrazione (art.  97),
in base al quale il contribuente deve essere posto in  condizione  di
conoscere  l'autore  dell'atto  impositivo,  al  fine   di   proporre
contestazioni e porre in rilievo eventuali responsabilita'. 
    Tali argomentazioni, lungi dall'essere una mera interpretazione o
lettura  della  norma  di  cui  all'art.  36,   comma   4-ter   cit.,
costituiscono  il  contesto   sulla   base   del   quale   la   Corte
costituzionale, con l'ordinanza n. 377 del  2007,  ha  stabilito  che
l'indicazione del responsabile del procedimento deve essere  ritenuto
elemento imprescindibile di trasparenza, informazione del cittadino e
garanzia del diritto alla difesa, i quali  sono  altrettanti  aspetti
del   buon   andamento   e    dell'imparzialita'    della    pubblica
amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, Cost. 
    Concludendo, si ritiene che tali diritti costituzionali (articoli
3, 24 e 97 della Cost.), che in quanto tali sono  insopprimibili  per
definizione,  siano  volti  ad  apprestare  una   tutela   piena   al
contribuente, tutela che non puo'  e  non  deve  essere  limitata  ad
ambiti temporali predeterminati, ma che deve  poter  essere  invocata
sempre e comunque dai soggetti cui e' destinata. 
    In relazione a tali rilievi critici,  pertanto,  non  rimane  che
osservare come la  norma  di  cui  all'art.  36,  comma  4-ter  cit.,
realizzando un'iniqua sanatoria pro-fisco, si ponga completamente  al
di fuori dell'ordinamento costituzionale-tributario  cogente  attuato
per mezzo dello statuto dei diritti del contribuente.