Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  79,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato -  legge  finanziaria
2008), promosso dalla Regione Veneto con  ricorso  notificato  il  26
febbraio 2008, depositato in cancelleria il 5 marzo 2008 ed  iscritto
al n. 19 del registro ricorsi 2008; 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  aprile  2009  il  giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi  l'avvocato  Mario  Bertolissi  per  la  Regione  Veneto  e
l'avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
    Ritenuto che, con  ricorso  notificato  il  26  febbraio  2008  e
depositato il 5 marzo 2008, la Regione  Veneto  ha  impugnato  alcune
disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n. 244  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria 2008); 
        che, fra esse, la Regione ha impugnato, con riferimento  agli
artt.  32,  97,  117,  terzo  e  quarto  comma,  118  e   119   della
Costituzione, l'art. 3, comma 79, della predetta  legge  n.  244  del
2007, con la quale e' stata dettata una nuova formulazione  dell'art.
36  del  decreto  legislativo  30   marzo   2001,   n.   165   (Norme
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), volto a regolare l'utilizzo,  da  parte  delle  pubbliche
amministrazioni, di contratti di lavoro flessibile; 
        che la ricorrente, dopo  aver  riportato  pedissequamente  la
norma di cui al predetto art. 36, come riformulata dalla disposizione
censurata, afferma che la stessa, nella parte  in  cui  si  indirizza
anche alle Regioni,  violerebbe  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,
intervenendo   in   una    materia,    quella    dell'«organizzazione
amministrativa della Regione e del personale regionale e  degli  enti
strumentali, ivi compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale»,
che, non essendo elencata ne'  tra  quelle  di  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato (art.  117,  secondo  comma,  Cost.),  ne'  tra
quelle di potesta' legislativa concorrente (art.  117,  terzo  comma,
Cost.), non potrebbe che essere ascritta  alla  potesta'  legislativa
residuale della Regione; 
        che, d'altra parte, prosegue la ricorrente, anche  ammettendo
che la norma de qua, nella parte in cui si  indirizza  alle  Regioni,
debba  essere  inquadrata  nella  materia  di  potesta'   legislativa
concorrente «armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e  coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario», la stessa,  per  il
suo carattere dettagliato, violerebbe l'art. 117, terzo comma,  Cost.
che impone che, nelle materie di potesta' legislativa concorrente, lo
Stato si limiti a  determinare  i  principi  fondamentali  regolatori
della materia; 
        che, peraltro, secondo la ricorrente, sia che la norma  venga
inquadrata nell'una materia (di potesta' legislativa residuale),  sia
che   venga   inquadrata   nell'altra   (di   potesta'    legislativa
concorrente), essa comunque violerebbe l'art. 119 Cost; 
        che  secondo  la  Regione  ricorrente,  infatti,  lo   Stato,
imponendo alle Regioni,  alle  Province  autonome  e  agli  enti  del
Servizio sanitario nazionale di attuare i  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi dal 588  al
602 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007  (legge  finanziaria  per
l'anno 2008) finirebbe, nei fatti, per individuare  singole  voci  di
spesa da limitare, in palese contrasto  sia  con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., che impone che lo  Stato,  nelle  materie  di  potesta'
legislativa concorrente, quale e', per l'appunto,  il  «coordinamento
della finanza pubblica», si limiti a fissare norme di principio,  sia
con lo stesso art. 119 Cost., che garantisce piena autonomia di spesa
alle Regioni; 
        che,  costituitosi  nel  giudizio  di  costituzionalita',  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale, ha sostenuto la legittimita' costituzionale
della norma costituzionale impugnata, affermando che  la  stessa,  in
piena  coerenza  con  la  struttura  e  la  finalita'   della   legge
finanziaria,  conterrebbe   principi   inerenti   all'ordinamento   e
all'organizzazione amministrativa dello Stato e degli  enti  pubblici
nazionali, di competenza statale secondo  quanto  disposto  dall'art.
117, secondo comma, lettera g), Cost.; 
        che, con riferimento alla incidenza regionale, il  Presidente
del Consiglio dei ministri ha affermato che  la  norma  impugnata  si
limita a dettare i principi fondamentali in  tema  di  armonizzazione
dei bilanci pubblici e coordinamento della  finanza  pubblica  e  del
sistema tributario, mantenendosi, anche sotto tale profilo,  entro  i
limiti delle competenze che lo stesso art. 117, terzo  comma,  Cost.,
affida alla legislazione statale; 
        che,  con  memoria  depositata  successivamente,  la  Regione
Veneto, dopo aver dato atto dell'intervenuta ulteriore riformulazione
della norma censurata ad opera  dell'art.  49  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in  legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 6 agosto 2008, n. 133,
ha insistito  per  l'accoglimento  del  ricorso,  affermando  che  il
proprio interesse a coltivare lo  stesso  persiste  in  relazione  al
periodo di attuazione della norma, e ha illustrato  ulteriormente  le
proprie conclusioni. 
    Considerato che la Regione Veneto, ha tra l'altro, impugnato, con
riferimento agli artt. 32, 97, 117, terzo e quarto comma, 118  e  119
della Costituzione, l'art. 3, comma 79, della legge 24 dicembre 2007,
n. 244  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008)  con  la  quale  e'
stata  dettata  una  nuova  formulazione  dell'art.  36  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme sull'ordinamento del  lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), volto  a  regolare,
l'utilizzo, da parte delle pubbliche amministrazioni, di contratti di
lavoro flessibile; 
        che  la  ricorrente,  dopo  aver  riportato   pedissequamente
l'intero nuovo testo dell'art. 36 del d.lgs. n. 165  del  2001,  come
riformulato  dalla  disposizione  censurata,   rivolge   le   proprie
doglianze, in modo generico, a tutta la norma; 
        che,  tuttavia,  la  norma  censurata,  nel  disciplinare  la
possibilita', per le pubbliche amministrazioni, di ricorrere ai  c.d.
contratti  flessibili  di  lavoro,  contiene  disposizioni  tra  loro
eterogenee; 
        che, infatti, nei suoi diversi commi, la norma  consente  che
l'utilizzazione di tali forme contrattuali avvenga solo per  esigenze
stagionali o per periodi non superiori a tre mesi;  ammette  il  loro
impiego per sostituire a certe condizioni lavoratrici in  maternita',
vieta il rinnovo automatico di tali contratti alla scadenza;  prevede
l'obbligo, per le  pubbliche  amministrazioni,  per  tutte  le  altre
esigenze temporanee ed eccezionali, di far  ricorso  all'assegnazione
temporanea  di  personale  di   altre   amministrazioni;   stabilisce
l'inderogabilita' di tali  principi  da  parte  della  contrattazione
collettiva; ribadisce il  divieto  di  trasformazione  dei  contratti
flessibili stipulati al di fuori dei  limiti  in  contratti  a  tempo
indeterminato; contempla, infine, svariate  eccezioni  alle  generali
regole restrittive contenute nella prima parte, riferibili  anche,  o
esclusivamente, a enti pubblici diversi dalle Regioni (gli enti a cui
e' delegata la gestione  delle  aree  marine  protette  e  del  Parco
nazionale  dell'arcipelago  della  Maddalena,  gli  enti  locali  non
sottoposti al patto di stabilita'  interno,  gli  Enti  del  servizio
sanitario nazionale, le Universita' e gli enti di ricerca); 
        che,  a  fronte  di  disposizioni   cosi'   disomogenee,   la
motivazione  del  ricorso  e',  per  contro,  del  tutto  generica  e
apodittica, dato che non vengono  in  alcun  modo  specificati  quali
aspetti della stessa siano da considerare contrastanti con i  diversi
parametri invocati, specie con riferimento  alla  individuazione  dei
diversi ambiti materiali asseritamente violati; 
        che, in particolare, con  riferimento  al  parametro  di  cui
all'art. 117, terzo comma, Cost., la Regione ricorrente si  limita  a
richiamare le norme costituzionali e le materie ritenute disciplinate
dalla disposizione in esame, senza tuttavia illustrare in alcun  modo
le ragioni per le quali, reputa la norma rientrante nelle materie  da
essa Regione indicate, mentre, con riguardo alle  questioni  riferite
ai parametri di cui agli artt. 118, 32 e 97  della  Costituzione,  la
motivazione e' totalmente assente; 
        che, pertanto, il ricorso, conformemente alla  giurisprudenza
consolidata di questa Corte, deve  essere  dichiarato  manifestamente
inammissibile, dato che la ricorrente non ha ottemperato all'onere di
illustrare adeguatamente le ragioni  per  le  quali  le  disposizioni
impugnate violano i parametri  costituzionali  (sentenze  n.  54  del
2009, n. 326 del 2008, n. 38 del 2007 e n. 323 del 2005).