nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di
procedura penale promossi dal Giudice di pace  di  Bellano,  con  due
ordinanze del 19 febbraio  2008,  iscritte  ai  nn.  316  e  429  del
registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2008 e n. 1, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del  6  maggio  2009  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Bellano, con ordinanza del  19
febbraio 2008 (r.o. n. 429 del 2008), ha  sollevato,  in  riferimento
agli articoli 3, 24 e 11 (recte: 111) della  Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice  di  procedura
penale, «nella parte in cui non prevede espressamente  l'obbligo  del
giudice di astenersi in tutti i casi in cui abbia concorso a  formare
il giudizio sugli stessi fatti  o  abbia  avuto,  comunque,  modo  di
conoscere tali fatti ai fini della decisione, anche  se  relativi  ad
elementi circostanziali e non essenziali del fatto-reato contestato»; 
        che, secondo l'esposizione del rimettente,  nel  procedimento
penale a carico di L. A., «sui fatti del 24 settembre 2004 il giudice
ha gia' avuto modo di pronunciarsi in un procedimento introdotto  con
giudizio immediato dall'imputato L.  A.  nei  confronti  della  parte
civile, R. A.»; 
        che in prima udienza nessuna  questione  e'  stata  sollevata
dall'imputato L. A.; 
        che,  nell'udienza  del  19   febbraio   2008,   «la   difesa
dell'imputato ha sollevato la questione dell'eventuale necessita'  di
astenersi del Giudice di pace, visto l'evolversi  in  senso  negativo
dei rapporti tra le parti, anche a seguito delle evidenze  probatorie
gia' agli atti, e che, comunque, la stessa  parte  civile  sottolinea
che il Giudice puo' astenersi ai sensi  dell'art.  36  comma1,  lett.
h)»; 
        che, al contrario, «il giudice adito e naturale nel  presente
giudizio non ritiene che vi siano i  presupposti  per  l'applicazione
dell'art. 36 comma 1, lett. h) cosi' come non vi erano all'inizio del
giudizio»; 
        che, tuttavia, «essendo questo  un  procedimento  penale  nel
quale il diritto di difesa e il punto di vista dell'imputato  abbiano
diritto di priorita' rispetto ad  eventuali,  seppur  non  secondarie
ragioni di opportunita», la detta questione sarebbe «rilevante e  non
manifestamente infondata»; 
        che, con altra ordinanza in pari  data  (r.  o.  n.  316  del
2008), lo stesso giudice  di  pace  ha  sollevato  una  questione  di
legittimita' costituzionale  sostanzialmente  identica,  considerando
che «sui fatti del 24 settembre 2004 il giudice ha gia' avuto modo di
pronunciarsi in un procedimento  parallelo  introdotto  con  giudizio
immediato dall'imputato L. A. nei confronti dell'imputato R. A. e che
solo per puro errore vi e' stata una scissione  del  giudizio  allora
instaurato tra i fatti del 20 settembre e quelli del 24 settembre del
2004, tanto che tali fatti appaiono comunque  connessi  nel  presente
giudizio»; 
        che, per quanto «la difesa dell'imputato R. all'udienza del 6
febbraio 2007 abbia posto all'evidenza  del  giudice  la  sostanziale
identita' dei fatti per cui e' processo con quelli gia'  oggetto  del
giudizio instaurato come sopra, all'epoca  e'  stata  effettuata  una
richiesta di pronuncia ai sensi dell'art. 129  facendo  intendere  al
giudice che vi era la volonta' che lo stesso Giudice si  pronunciasse
su quei fatti»; 
        che, al contrario, «all'odierna udienza vi e' una sostanziale
univocita' di richieste da parte dei due difensori  dell'imputato  L.
A. e della parte civile R. A., che il giudice risolva la questione di
una sua eventuale incompatibilita' nel prendere la  decisione  finale
relativa ai fatti del presente giudizio»; 
        che «non e' apparsa opportuna ai sensi dell'art.  36  comma1,
lett. h) c. p. p. ne' una  pronuncia  di  astensione  all'inizio  del
presente  giudizio  ne',  tanto  meno,  da  parte  delle  difese  una
ricusazione del giudice ma che, tuttavia, le  ragioni  che  avrebbero
giustificato  tali   provvedimenti   sembrano   essersi   esplicitate
all'odierna udienza, evidentemente  a  seguito  dell'evolversi  della
situazione tra le parti»; 
        che,  pertanto,  la  prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen. sarebbe «rilevante e  non
manifestamente infondata»; 
        che, nel giudizio promosso con l'ordinanza n. 316  del  2008,
ha spiegato intervento, con atto depositato il 4 novembre successivo,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile, in quanto  l'ordinanza  di  rimessione  non
consente  di  valutarne  la  rilevanza,  o  comunque   manifestamente
infondata. 
    Considerato che il  giudice  di  pace  di  Bellano,  con  le  due
ordinanze   indicate   in   epigrafe,   dubita   della   legittimita'
costituzionale, in riferimento  agli  articoli  3,  24  e  111  della
Costituzione, dell'articolo 34 del codice di procedura penale,  nella
parte in cui non  prevede  espressamente  l'obbligo  del  giudice  di
astenersi in tutti i casi in cui abbia concorso a formare il giudizio
sugli stessi fatti o abbia avuto  comunque  modo  di  conoscere  tali
fatti  ai  fini  della  decisione,  anche  se  relativi  ad  elementi
circostanziali e non essenziali del fatto-reato contestato; 
        che i due giudizi, sostanzialmente d'identico tenore,  devono
essere riuniti e decisi con unica pronuncia; 
        che la questione e' manifestamente  inammissibile,  in  primo
luogo a causa delle gravi carenze che segnano  la  descrizione  delle
fattispecie sottoposte a giudizio (ex plurimis, ordinanze n.  66  del
2009; n. 444 del 2008; n. 55 e n. 49 del 2008); 
        che, in particolare, il rimettente nulla riferisce in  ordine
ai fatti del 20 settembre ed a quelli  del  24  settembre  del  2004,
limitandosi ad osservare che essi  «appaiono  comunque  connessi  nel
presente giudizio», non riporta il capo (o i capi) d'imputazione, non
indica  il  titolo  del  reato  o  dei  reati,  afferma  di   essersi
pronunciato «in un procedimento  parallelo  introdotto  con  giudizio
immediato dall'imputato L. A. nei confronti dell'imputato R. A.»,  ma
non fornisce alcuna indicazione sul tipo di provvedimento adottato; 
        che, per il principio di  autosufficienza  dell'ordinanza  di
rimessione, non e' possibile colmare  tali  lacune  mediante  l'esame
diretto del fascicolo del giudizio principale (ex plurimis, ordinanze
n. 395 del 2008 e n. 251 del 2007); 
        che  le  suddette  lacune  precludono  a  questa  Corte  ogni
possibilita' di verifica in ordine alla rilevanza della questione  di
legittimita' costituzionale, rilevanza peraltro soltanto affermata ma
non illustrata dal rimettente; 
        che, sotto altro profilo,  il  giudice  a  quo  non  fornisce
motivazione  sufficiente  sulla  non  manifesta  infondatezza   della
questione (ex plurimis, ordinanze n. 312, n. 249 e n. 126 del 2008) e
si limita ad evocare i tre parametri  costituzionali  sopra  indicati
senza  argomentare  in  alcun  modo  in  ordine  alla  loro  asserita
violazione (ex plurimis, ordinanze n. 206, n. 204, n. 54 e n. 32  del
2008), cosi' incorrendo in altra autonoma causa d'inammissibilita'. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.