IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 477 del 2008, proposto da: Ditta individuale Pizzeria Panaus di Carta Davide, rappresentata e difesa dagli avv. Antonio e Paolo Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Genova, alla via XX Settembre 8/16; Contro Ministero lavoro e della previdenza sociale, in persona del Ministto pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso gli uffici della stessa in Genova, al v.le Brigate Partigiane 2; per l'annullamento Previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento della Direzione provinciale del lavoro di Genova n. 070/052 in data 16 maggio 2008, di sospensione della attivita' imprenditoriale. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero del lavoro e della previdenza sociale; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2009 l'avv. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza; Con ricorso noficato in data 27 maggio 2008 il signor Carta Davide, in qualita' di legale rappresentante della ditta individuale Pizzeria Panaus, ha impugnato il provvedimento 16 maggio 2008, n. 007/070/052, con il quale il Servizio ispezione del lavoro della Direzione provinciale del lavoro di Genova, in seguito ad una visita ispettiva presso i locali dell'impresa, ha disposto, ai sensi dell'art. 14, comma 1 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, la sospensione dell'attivita' imprenditoriale, avendo accertato l'impiego di due fattorini addetti al recapito delle pizze da asporto (pari al 66% del totale dei lavoratori presenti sul posto di lavoro), non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria. A sostegno del gravame deduce due motivi di ricorso, come segue. 1. Violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in relazione all'art. 3 della legge n. 241/1990 ed all'art. 14, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Connesso eccesso di potere per omessa motivazione. 2. Eccesso di potere per omessa motivazione, per contraddittorieta' e per manifesta ingiustizia. Il ricorrente espone di aver esibito agli ispettori, gia' in sede di sopralluogo, copia dei contratti di collaborazione autonoma ed occasionale (cfr. i docc. 4 e 5 delle produzioni 30 maggio 2008 di parte ricorrente) conclusi con i due fattorini (la circostanza risulta effettivamente dal verbale di accesso ispettivo), e si duole che il provvedimento di sospensione, dalle conseguenze gravissime sulla vita di una piccola impresa quale quella ricorrente, sia stato adottato in totale assenza di motivazione: motivazione vieppiu' necessaria, posto il carattere largamente discrezionale del provvedimento e la circostanza che l'esistenza del vincolo di subordinazione ex art. 2094 c.c. (la cui prova grava comunque sull'amministrazione procedente) dev'essere apprezzata in concreto, con riguardo alla specificita' dell'incarico conferito al lavoratore ed alle sue modalita' attuative, non potendo comunque prescindersi completamente dalla volonta' manifestata dalle parti sul punto. Si e' costituito in giudizio il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, instando per la reiezione del ricorso. Con ordinanza 12 giugno 2008, n. 206 la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato. Alla pubblica udienza del 2 aprile 2009 il ricorso e' stato trattenuto dal collegio per la decisione. Giova riportare il testo integrale della disposizione di cui ha fatto applicazione il provvedimento impugnato. L'art. 14, comma 1 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 dispone che «al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'art. 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attivita' imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravita' di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di sospensione e' comunicata all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'art. 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241». La Sezione dubita della legittimita' costituzionale della disposizione teste' citata, nella parte in cui prevede che «ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241» e, segnatamente, nella parte in cui esclude l'applicazione ai provvedimenti de quibus dell'art. 3, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per contrasto con gli artt. 97, primo comma, 24 e 113 Cost., e ritiene pertanto di dover sollevare la relativa questione. La questione e' innanzitutto rilevante. E' noto come l'obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi e' stato introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 3, comma 1 della legge n. 241/1990: dunque, mentre in precedenza il difetto di motivazione integrava - tradizionalmente - una delle figure sintomatiche dell'eccesso di potere, oggi esso configura propriamente il vizio di violazione di legge. Orbene, nel caso di specie il ricorrente si duole per l'appunto dell'assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato, che costituisce vizio tipico degli atti amministrativi discrezionali. Sennonche', la disposizione censurata, nel disporre che «ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto I 990, n. 241», sottrae i provvedimenti di sospensione dell'attivita' imprenditoriale dall'obbligo generale di' motivazione, sicche', dovendo trovare applicazione alla fattispecie in esame (donde la rilevanza della questione), essa impedisce al Tribunale di conoscere della relativa censura. D'altro canto, il dedotto difetto di' motivazione non puo' neppure apprezzarsi sotto l'aspetto - pure dedotto in giudizio - dell'eccesso di potere, giacche' la relativa figura, prima dell'entrata in vigore della legge n. 241/1990, veniva tradizionalmente riconosciuta nei soli casi in cui la motivazione doveva ritenersi obbligatoria, perche' imposta dalla legge (con disposizione di carattere speciale) o dalla natura lesiva dell'atto. Nel caso di specie, tuttavia, e' lo stesso art. 14, comma 1, d.lgs. n. 81 /2008 ad escludere espressamente, tra l'altro (e per quanto rileva nella presente sede), l'obbligo di motivazione, la cui mancanza non puo' dunque costituire - pena un'inammissibile aporia del sistema - spia dell'eccesso di potere. Ma la questione pare al collegio anche non manifestamente infondata. Difatti, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi di cui all'art. 3, comma 1 della legge n. 241/1990 costituisce un principio generale che attua sia i canoni costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione ex art. 97 Cost., sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa contro gli atti della pubblica amministrazione ex artt. 24 e 113 Cost. in tal senso cfr. C. cost., 17 marzo 2006, n. 104, con riferimento al principio di pubblicita' dell'azione amministrativa). Di piu', l'obbligo di' motivazione dei provvedimenti amministrativi e' un principio del patrimonio costituzionale comune dei paesi europei, come ben testimoniato dall'art. 253 del Trattato istitutivo delle Comunita' europee (a mente del quale «i regolamenti, le direttive e le decisioni, adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, nonche' detti atti adottati dal Consiglio o dalla Commissione sono motivati e fanno riferimento alle proposte o ai pareri obbligatoriamente richiesti in esecuzione del presente trattato»), che lo estende addirittura agli atti normativi. Ne' rileva, al fine di escludere la ritenuta valenza generale dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, che la stessa disposizione di cui all'art. 3, legge n. 241/1990 lo escluda espressamente, al comma 2, per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. Tale esclusione si giustifica unicamente con la circostanza che si tratta di atti (si pensi ad un regolamento, ad un atto di pianificazione urbanistica o ad un bando di concorso) che, di regola, per loro natura non incidono in modo diretto ed immediatamente lesivo sulle posizioni giuridiche degli amministrati, che non sono neppure individuabili a priori. Tanto cio' e' vero che quando - eccezionalmente - un atto a contenuto generale incida immediatamente su posizioni giuridiche qualificate, la giurisprudenza amministrativa suole richiedere un'apposita motivazione, come accade nel caso di varianti al piano regolatore generale che incidano su aree determinate o su aspettative dei privati particolarmente qualificate (come quelle ingenerate da impegni gia' assunti dall'amministrazione mediante approvazione di piani attuativi o stipula di convenzioni): in tali evenienze, la completezza della motivazione costituisce infatti lo strumento dal quale deve emergere l'avvenuta comparazione tra il pubblico interesse cui si finalizza la nuova scelta e quello del privato, assistito appunto da una aspettativa giuridicamente tutelata (cfr., per esempio, Cons. di St., IV, 9 giugno 2008, n. 2837). I principi di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. esigono dunque che, ogni qualvolta l'interesse pubblico si fronteggi con un interesse privato ben determinato (cio' che di regola non accade per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale), l'amministrazione debba dare conto, mediante l'indefettibile elemento della motivazione, dell'avvenuta comparazione dei due interessi in conflitto. Nel caso dei provvedimenti discrezionali, insomma, la motivazione costituisce lo strumento principe a mezzo del quale effettuare il controllo di legittimita' dell'atto, consentendo al giudice il sindacato sull'iter logico seguito dall'autorita' amministrativa e sul ricorrere dei presupposti del potere in concreto esercitato. Con il che, esclusione dell'obbligo di motivazione per i provvedimenti di sospensione dell'attivita' imprenditoriale si pone in contrasto anche con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto limita fortemente la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione (tutela giurisdizionale di regola estesa ai tre classici vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, cfr. gli artt. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e 2 lett. b della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), di fatto escludendola per il tipico profilo del difetto di motivazione, che integra ad un tempo violazione di legge (l'art. 3 legge n. 241/1990) ed eccesso di potere. Tutto cio' premesso la sezione; Visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nella parte in cui prevede che «ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241» e, segnatamente, nella parte in cui esclude l'applicazione ai provvedimenti de quibus dell'art. 3 comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per contrasto con gli artt. 97 comma 1, 24 e 113 Cost.;