IL TRIBUNALE AMMNISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro generale 722 del 2008, proposto da Giorgio Pellicelli, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Torino, via Pietro Palmieri, 40; Contro l'Universita' degli studi di Torino in persona del Rettore pro tempore, e il Ministro dell'istruzione dell'Universita' e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso cui domiciliano per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45; per l'annnullamento previa sospensione dell'efficacia, del decreto emanato dal rettore dell'Universita' degli studi di Torino il 29 febbraio 2008, n. 1351, comunicato il 6 marzo successivo, con il quale il ricorrente, professore ordinario per il settore scientifico-disciplinare SECS-P/08, presso la facolta' di economia, e' stato collocato fuori ruolo a decorrere dal 1° novembre 2008 e fino al 31 ottobre 2009; degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, e per ogni ulteriore consequenziale statuizione. Visto il ricorso, con i relativi allegati; Vista la comparsa di costituzione del Ministero dell'istruzione dell'Universita' e della ricerca e dell'Universita' degli studi di Torino, con la relativa documentazione; Vista l'ordinanza cautelare di questa Sezione n. 503 del 13 giugno 2008; Viste la memoria difensiva di parte ricorrente; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del 12 febbraio 2009 il Primo referendario Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale; Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 24 aprile 2008 e depositato il successivo 20 maggio, il prof. Giorgio Pellicelli, nato a Parma il 29 febbraio 1936, professore ordinario per il settore scientifico disciplinare SECS-P/08 - Economia e gestione delle imprese, presso la facolta' di economia dell'Universita' degli studi di Torino, evidenziava di aver chiesto, ed ottenuto con relativo decreto rettorale, il prolungamento biennale del servizio attivo, dal 1° novembre 2006 fino al 31 ottobre 2008, ai sensi dell'art. 16, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503. Il ricorrente precisava anche che, ai sensi della disciplina vigente in quel momento, di cui alla legge 28 dicembre 1995, n. 549, che modificava sul punto il d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, avrebbe avuto titolo a permanere in attivita', sia pure in posizione di «fuori ruolo», per un tiltenore tnennio, e quindi sino al 31 ottobre 2011 e che, sulla base di tale situazione legislativa, egli aveva anche organizzato i successivi momenti di impegno accademico. A mutare tale stato di fatto interveniva, pero', la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (c.d. «Legge Finanziaria 2008»), il cui art. 2, comma 434, sopprimendo il regime «fuori ruolo» dei professori univasitari a far data dal 1° novembre 2010, ne disponeva anche una sua applicazione anticipata per coloro che erano stati collocati, appunto, in «fuori ruolo» negli anni antecedenti. In particolare, tale disposizione legislativa, rubricata «Riduzione progressiva della durata del collocamento fuori ruolo dei professori universitari e abolizione del fuori ruolo dal 2010», stabiliva che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di «fuori ruolo» dei professori universitari precedente la quiescenza era ridono a due anni accademici e coloro che alla medesima data erano in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo erano posti in quiescenza al termine dell'anno accademico medesimo. In piu', a decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo di «fuori ruolo» dei professori univemitail precedente la quiescenza era ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data erano in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo erano posti in quiescenza al termine dell'anno accademico medesimo. Infine, a decorrere dal 1° gennaio 2010, il periodo di «fuori ruolo» dei professori nrilvexsitasi precedente la quiescenza era definitivamente abolito e coloro che alla medesima data erano in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo erano posti in quiescenza al termine dell'anno accademico stesso. In applicazione della suddetta disposizione, quindi, il rettore dell'Universita' degli studi di Torino adottava il decreto 29 febbraio 2008, n. 1351, con il quale era ridotto il periodo di «fuori ruolo» del ricorrente, prevedendo pero' che questo avesse la durata di un solo anno, dal 1° novembre 2008 al 31 ottobre 2009. Il ricorrente, quindi, chiedeva l'annullamento, previa sospensione, di tale provvedimento lamentando quanto segue. 1. - Violazione di legge in riferimento con riferimento al disposto dell'art. 2, comma 434, della legge statale 24 dicembre 2007, n. 244. Il ricorrente specificava che, essendo nato il 29 febbraio 1936, era stato trattenuto in servizio attivo sino al 31 ottobre 2008 in forza di decreto rettorale adottato a suo tempo e, ai sensi della legislazione prima vigente, dopo il servizio attivo, avrebbe dovuto essere collocato fuori ruolo per una durata triennale, sino al 1° novembre 2011. Invece il provvedimento rettorale impugnato, in base alla «Legge Finanziaria 2008» sopra ricordata, gli attribuiva un solo anno di periodo «fuori ruolo», dal 1° novembre 2008 al 31 ottobre 2009 ma, a tenore della stessa disposizione, il ricorrente, collocato fiori ruolo, come detto, a partire dal i novembre 2008, doveva essere invece destinatario di tale periodo di «fuori ruolo» per due anni accademici, posto che a decorrere proprio dal 1° gennaio 2008 il periodo di fuori ruolo era appunto ridotto a quella durata. Ne conseguiva che per una corretta applicazione della norma il ricorrente dovrebbe essere trattenuto fuori ruolo sino al 31 ottobre 2010, perche' il collocamento «fuori ruolo» e' stato comunque assunto precedentemente al 1° gennaio 2009, data di vigore della riduzione ad un anno di tale collocamento, in data 29 febbraio 2008 con il provvedimento appunto impugnato nella presente sede che non era stato rispettoso, quindi, del principio generale secondo cui tempus regit actum, non derogato da alcuna norma di legge esplicita nei caso di specie, come si evinceva da una lettura integrale e coordinata di tutte le disposizioni in argomento di cui alla richiamata «Legge Finanziaria» 2008. In realta', concludeva il ricorrente, la durata annuale del «fuori ruolo», nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe essere applicata soltanto a coloro che saranno collocati in questa posizione dal 1° novembre 2009 mentre i professori collocati in «fuori ruolo» l'anno precedente, dal 1° novembre 2008, dovevano vedersi assegnati due anni di «fuori ruolo», senza alcuna possibilita' di applicazione retroattiva della norma, come invece operata dal Rettore nel caso di specie con il provvedimento impugnato. 2. - Illegittimita' derivata, per l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con riferimento agli artt. 3, 4, 36, 97 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza». Il ricorrente precisava che se con il primo motivo aspirava ad ottenere che il periodo di «fuori ruolo» assegnato fosse conteggiato in due anni accademici e non soltanto in uno, con la censura in qaeslione, invece, intendeva contestare «in radice» la legittimita' costituzionale dell'intera disposizione normativa che aboliva l'istituto del «fuori ruolo», disponendone una disciplina transitoria in senso riduttivo, e cio' al fine di conseguire il mantenimento del fuori ruolo per la durata di tre anni accademici come era in precedenza. In virtu' delle peculiarita' che contraddistinguono l'istituto del «fuori ruolo», infatti, teso a preservare energie per l'attivita' scientifica tralasciando l'attivita' didattica, caratterizzata da un dispendio maggiore di energie fisiche, era ragionevole consentire ai professori universitari di dedicare la parte finale del servizio in favore dell'Universita' alla continuita' della sola attivita' scientifica, con necessita' di accedere alle strutture universitarie, di scambiare opinioni con i colleghi, di aggiornare e aggiornarsi sulla ricerca nella materia di insegnamento tua cio' con un margine di tempo idoneo ad organizzare al meglio tali attivita', anche al fine della prospettiva del passaggio in quiescenza, che la disposta riduzione ad un periodo inferiore al triennio non poteva garantire. A cio' si aggiungeva il danno economico dato dalla riduzione del trattamento pensionistico e la violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in relazione al diverso trattamento riconosciuto ai dipendenti privati, ove nel caso in cui e' ridotto il periodo di attivita' pre-pensionistico sono previsti meccanismi premiali e non peggiorativi come invece nel caso di specie. Si costituivano le Amministrazioni intimate, chiedendo la reiezione del ricorso. Con l'ordinanza cantelare indicata in epigrafe era respinta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, in relazione alla insussistenza del paventato pregiudizio grave e irreparabile. In prossimita' dell'udienza pubblica il ricorrente depositava una memoria in cui insisteva nelle sue tesi difensive, richiamando recente giurisprudenza conforme. Ma pubblica udienza del 12 febbraio 2009 il ricorso era trattenuto in decisione. Ritiene il Collegio la questione di legittimita' costituzionale dell'art 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria per il 2008), secondo quanto prospettato con il secondo motivo di ricorso, sia rilevante e non manifestamente infonda. La questione e' rilevante, in quanto il provvedimento impugnato si basa su tale norma e, anche se il provvedimento e' in parte annullato da questa Sezione con separata sentenza parziale per quanto dedotto con il primo motivo di ricorso in relazione applicazione del periodo corretto di riduzione del «fuori ruolo», per quel che riguarda l'applicazione della disciplina transitoria tale provvedimento esplica ancora i suoi effetti in relazione alla generale riduzione comunque sussistente, in base alla norma di legge richiamata, del periodo di ruolo» rispetto al sistema previgente. Inoltre, la disposizione non puo' essere interpretata in modo conforme ai principi costituzionali, avendo un contenuto assolutamente cogente ed una disciplina espressa per i rapporti pendenti. Ai sensi dell'art. 2, comma 434, della legge 244 del 2007, infatti si prevede che a decorrere dalla data del 1° gennaio 2008, il periodo in c.d. «fuori ruolo» dei professori universitari precedente la quiescenza, e' ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico «fuori ruolo» sono posti in quiesceaza al termine dell'anno accademico; a decorrere dalla dati del 1° gennaio 2009, il periodo di «fuori ruolo» dei professori universitari precedente la quiescenza e' ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico «fuori ruolo» sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico; a decorrere dalla data 1° gennaio 2010, il periodo in «fuori ruolo» dei professori universitari precedente la quiescenza e' definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico «fuori ruolo» sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. L'unica interpretazione della norma che possa dare un senso a tutte le disposizioni porta a ritenere che solo per i professori collocati in «fuori ruolo» nel novembre 2005 sia mantenuto il periodo triennale fino alla fine dell'anno accademico di cui al novembre 2008, i quali, altrimenti, avendo compiuto gia' i due anni sarebbero dovuti andare in quiescenza con l'entrata in vigore della nuova disciplina. Per i professori «fuori ruolo» dal novembre 2006, non sussistendo alcuna disposizione derogatoria che facente salvo l'intero periodo, si deve ritenere immediatamente applicabile la riduzione a due anni accademici, con conseguente collocamento a riposo nel novembre 2008. Progressivamente il periodo di«fuori ruolo» e' ridotto e destinato ad essere soppresso del tutto nel 2010. Infatti, dal 1° gennaio 2009 esso e' ridotto ad un anno facendo salva la posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo dal 1° novembre 2007, il 1° gennaio 2009 si troverebbero ad avere gia' compiuto tale anno; pertanto eespressanaente previsto il completamento del secondo anno accademico fuori ruolo fino al i novembre 2009. Analogo regime riguarda il i gennaio 2010 quando, venendo meno il periodo di «fuori ruolo» ex lege, tutti coloro che sono collocati in tale posizione dovrebbero essere posti in quiescenza. La norma fa salve le posizioni dei professori che essendo stati collocati in «fuori ruolo» dal novembre 2009, dovrebbero cessare dal servizio al 1° gennaio 2009, permettendo loro il completamento dell'anno accademico. Tale interpretazione assolutamente obbligata dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e' l'unica in grado di attribuire alla norma un significato in relazione alla indubbia volonta' del legislatore di prevedere la riduzione progressiva del periodo «fuori ruolo» dei professori universitari. La questione di legittimita' costituzionale e' quindi rilevante rispetto al presente giudizio poiche', professore ricorrente, e' proprio direttamente applicabile tale norma, con conseguente riduzione di un anno del periodo ruolo. Il Collegio ritiene anche che la questione di legittimita' costituzionale prospettati e' non manifestamente infondata sotto diversi profili. Lo e' con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza, in quanto risulta dimentica del particolare significato del periodo di «fuori ruolo», della distinzione fra attivita' didattica e attivita' di ricerca dei professori universitari, dell'incidenza che questa attivita' differenziata e questa specifica disciplina ha sul loro stato giuridico. Appare, inoltre, costituzionalmente illegittima con riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il principio di buon andamento dell'Ammministrazione (universitaria), privandola di studiosi ancora in grado di fornire contributi rilevanti all'Amministrazione stessa alla quale appartengono. Ritiene il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile di violazione dell'art. 3 della Costituzione, in primo luogo, per laretroattivita' dei suoi contenuti precettivi, in secondo luogo per la sua irragionevolezza, apprezzata con riferimento alla particolare attivita' svolta dai professori universitari nel periodo «fuori ruolo» e alla tendenza dell'ordinamento al prolungamento dell'attivita' lavorativa, apparendo la scelta in esame in palese ed irragionevole controtendenza con le scelte legislative in argomento operate per altri settori lavorativi. La Corte costituzionale ha affermato piu' volte che la irretroattivita' della legge e' un principio di carattere costituzionale solo per le norme penali, in quanto sancito dall'art. 25 della Costituzione. Per le norme «non penali» la retroattivita' della legge e' ammessa ma nel rispetto dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza. Pertanto, sono costituzionalmente legittime le norme retroattive che trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrastino con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (sul punto, Corte Cost. 26 giugno 2007, n. 234). In questo quadro sono, in primo luogo, ammissibili le norme retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili letture che gia' emergevano dalla norma interpretativa; in tal caso, infatti, non sussiste la lesione dei canoni costituzio di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche (sul punto, Corte costituzionale, 7 luglio 2006, n. 274). Poiche' il divieto di retroattivita' della legge, pur costituendo fondamentale valore di civilta' giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio attenersi, non ha dignita' costituzionale, salvo che per la materia penale, il legislatore ordinario puo' emanare sia disposizioni di intergretazione autentica, che determinano, chiarendola, la portata precedenza a norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia nonne innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali il rispetto del generale di ragionevolezza e di eguaglianza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sul punto, Corte costituzionale, 15 luglio 2005, n. 282). Nel caso di specie, la norma in esame, contenuta nella «Legge finanziaria 2008», ha introdotto una nuova disciplina del collocamento «fuori ruolo» dei professori universitari, dando luogo, quindi, ad una norma di carattere innovativo per la quale - ritiene il Collegio - che vi sia motivo di sospettare, nel senso sopra prospettato, una violazione dei principi di ragionevolezza e di affidamento che le norme retro attive devono rispettare. E' pur vero che la retroattivita' puo' essere giustificata in relazione al fatto che la norma ha inciso sul «futuro» svolgimento del periodo «fuori ruolo», purche' tale periodo sia disciplinato unitariamnente. Tuttavia, la Corte costituzionale (sent. n. 393/2000), anche in argomento, ha gia' affermato che l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica non impedisce al legislatore di emanare norme modificatrici della disciplina dei rapporti di durata in senso sfavorevole per i beneficiari, purche' tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irragionevole di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti. Con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza, la legge sospetta di incostituzionalita' risulta immemoer, quindi, del particolare significato del periodo di «fuori ruolo», della distinzione fra attivita' didattica e attivita' di ricerca dei professori universitari, dell'incidenza che questa attivita' differenziata e questa specifica disciplina ha sul loro stato giuridico. Il «fuori ruolo», infatti, e' un periodo di attivita' riconosciuto ai professori universitari sin dal 1958, allorche' e stato introdotto un limite di eta' per il collocamento a riposo. Si e' trattato di una scelta del legislatore che ha considerato come nell'attivita' del professore universitario si debbano individuare due specifiche funzioni, distinte ancorche' connesse: l'attivita' di ricerca e l'attivita' didattica. Per questa ragione, l'iniziativa della «Legge Finanziaria 2008», che ha prima ridotto e poi del fatto eliminato il periodo di «fuori ruolo», ha anche irragionevole, poiche' contrastante anche con l'orientamento legislazione odierna, che e' volta, a prolungare il periodo di permanenza in servizio e non a ridurlo. A cio' va aggiunto che, comunque, la riduzione o l'eliminazione del «fuori ruolo» ha anche per il professore universitario delle conseguenze economiche negative, poiche riduce il periodo di servizio rilevante ai fini dell'indennita' di buonuscita, riduce il trattamento pensionistico usufruibile al termine del servizio, impedisce il conseguimento dei benefici economici ordinari (scatti biennali; adeguamenti annuali) e dei miglioramenti eventualmente preevisti nel periodo in cui non si sara' piu' presenti nell'Amministrazione. Anche sotto tale profilo la disposizione legislativa in esame appare, dunque, irragionevole, dal momento che, per i dipendenti privati, ai quali ormnai peraltro il pubblico impiego e' sostanzialmente assimilato, nel caso in cui venga ridotto il periodo di attivita' sono previsti dei meccanismi premiali, volti ad evitare il danno economico che questo anticipato pensionamento provoca. La opposta scelta della «legge Finanziaria 2008» e' dal punto di vista della legittimita' costituzionale, percio', in mamera non manifestamente infondata censurabile con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza. Essa appare, inoltre, costituzionalmente illegittima con riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il principio di buon andamento dell'Amministrazione (universitaria), privandola di studiosi ancora in grado di fornire contributi rilevanti all'Amministrazione di appartenenza. Tali contributi si esplicano in vari aspetti della attivita' che il professore compie nel periodo in «fuori ruolo». In prirno luogo, in relazione allo svolgimento dell'attivita' scientifica. In particolare, infatti, l'attivita' di ricerca, prevalente nel periodo in «fuori ruolo», necessita di programmazione e di un tempo lungo di svolgimento e tale attivita' puo' restare incompiuta a causa di collocamento a riposo entro breve termine. Ne' la retroattivita' puo' essere giustificata dalla riforma complessiva della disciplina dei professori universitari operata con la legge 4 novembre 2005, n. 230, che ha abolito il periodo di collocamento «fuori ruolo» e previsto il limite di eta' di settanta anni per il collocamnento a riposo, perche', come chiaramente specificato dall'art. 1, comma 17, della legge n. 230 cit. essa applica, infatti, solo ai professori universitari nominati ai sensi della nuova legge. Infine, irragionevole appare la stessa previsione di diritto transitorio. Se, da una parte, tale previsione denota la consapevolezza del legislatore di non potere incidere in maniera immediata sulle situazioni in corso, facendo decorrere la completa abolizione del «fuori ruolo» solo dal 1° gennaio 2010, dall'altra prevede la riduzione del «fuori ruolo» sia per coloro che sono gia' in esposizione da uno o due anni (prevedendo per entrambe le categorie la riduzione a due anni), sia per coloro, che al momento di entrata in vigore della legge sono ancora in servizi di ruolo, essendo previsto il periodo di «fuori ruolo» di un anno per coloro che saranno collocati in tale posizione nel novembre 2008 e nel novembre 2009 e tale conclusione appare in contrasto altresi', con il principio di buon andamento della Amministrazione di cui al richiamato art. 97 della Costituzione. Infatti, anche in relazione alla efficienza organizzativa della Universita', la previsione della riduzione di «fuori ruolo» per tutti i professori ordinari comporta l'immediata perdita di risorse intellettuali, programmi di ricerca, la dispersione dell'attivita' scientifica. La programmazione della attivita' universitaria trova un espresso riscontro normativo nell'art. 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, che prevede a decorrere dall'anno 2006 che le Universita', anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualita' dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottino programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle universita' italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresi' conto delle risorse acquisibili autonomamente. I predetti programmi delle Universita' individuano, quindi, in particolare tra gli altri obiettivi, proprio il programma di sviluppo della ricerca scientifica. I programmi delle universita' di cui al comma 1, fatta salva l'autonoma determinazione degli atenei per quanto riguarda il fabbisogno di personale in ordine ai settori scientifico-disciplinari, sono valutati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri e caten individuati dal Ministro, avvalendosi del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, sentita la Conferenza dei rettori delle universita' italiana sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca riferisce al termine di ciascun triennio, con apposita relazione, al Parlamento e dei programmi delle Universita' si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle universita'. A tale attivita' di programmazione fa riferimento altresi' la legge 4 novembre 2005, n. 230, per cui l'universtia', sede della formazione, e della trasmissione critica del «Sapere» coniugi in modo organico ricerca e didattica, garantendone la completa liberta'. La gestione delle Universita', quindi, si ispira ai principi di autonomia e di responsabilita' nei quadro degli indirizzi fissati con decreto del Ministro dell'istruzione dell'universita' e della ricerca. I professori universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attivita' di ricerca e di didattica, con piena liberta' di scelta dei temi e dei metodi delle ricerche nonche', nel rispetto della programmazione universitaria di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, dei contenuti e dell'impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento. La cessazione contemporanea dal servizio in «fuori ruolo» di numerosi professori ordinari sembra quindi comportare una grave inefficienza del sistema con inutile dispendio di risorse gia' destinate a progetti di ricerca. Il collocamento «fuori ruolo» determina per il docente universitario soltanto la perdita della titolarita' dell'insegnamento e una proporzionata riduzione dei connessi compiti didattico scientifici ma gli conserva il compimento di rilevanti attivita' scientifica di ricerca ai fini del suo contributo al dibattito accademico. In conclusione, per quanto sopra illustrato, il Collegio ritiene che il giudizio debba essere sospeso sotto tale profilo e che gli atri vadano trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 «Legge finanziaria» per il 2008).