IL TRIBUNALE AMMNISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato la  presente  ordinanza,  sul  ricorso  numero  di
registro generale 722  del  2008,  proposto  da  Giorgio  Pellicelli,
rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Emanuele Gallo, con  domicilio
eletto presso lo studio del medesimo in Torino, via Pietro  Palmieri,
40; 
    Contro l'Universita' degli studi di Torino in persona del Rettore
pro tempore, e il Ministro dell'istruzione dell'Universita'  e  della
ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e  difesi
dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato  di  Torino,  presso  cui
domiciliano  per  legge  in  Torino,  corso  Stati  Uniti,  45;   per
l'annnullamento  previa  sospensione  dell'efficacia,   del   decreto
emanato dal rettore dell'Universita' degli  studi  di  Torino  il  29
febbraio 2008, n. 1351, comunicato il  6  marzo  successivo,  con  il
quale  il   ricorrente,   professore   ordinario   per   il   settore
scientifico-disciplinare SECS-P/08, presso la facolta'  di  economia,
e' stato collocato fuori ruolo a decorrere dal  1°  novembre  2008  e
fino al 31 ottobre 2009; degli atti tutti  antecedenti,  preordinati,
consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento,  e  per
ogni ulteriore consequenziale statuizione. 
    Visto il ricorso, con i relativi allegati; 
    Vista la comparsa di costituzione del  Ministero  dell'istruzione
dell'Universita' e della ricerca e dell'Universita'  degli  studi  di
Torino, con la relativa documentazione; 
    Vista l'ordinanza cautelare di  questa  Sezione  n.  503  del  13
giugno 2008; 
    Viste la memoria difensiva di parte ricorrente; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  12  febbraio  2009  il  Primo
referendario Ivo Correale e uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel relativo verbale; 
    Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 24  aprile  2008  e
depositato il successivo 20 maggio, il prof. Giorgio Pellicelli, nato
a Parma il 29 febbraio 1936,  professore  ordinario  per  il  settore
scientifico  disciplinare  SECS-P/08  -  Economia  e  gestione  delle
imprese, presso la facolta' di economia dell'Universita' degli  studi
di Torino, evidenziava di aver  chiesto,  ed  ottenuto  con  relativo
decreto rettorale, il prolungamento biennale del servizio attivo, dal
1° novembre 2006 fino al 31 ottobre  2008,  ai  sensi  dell'art.  16,
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503. 
    Il ricorrente precisava anche  che,  ai  sensi  della  disciplina
vigente in quel momento, di cui alla legge 28 dicembre 1995, n.  549,
che modificava sul punto il d.P.R. 11 luglio 1980,  n.  382,  avrebbe
avuto titolo a permanere in  attivita',  sia  pure  in  posizione  di
«fuori ruolo», per un tiltenore tnennio, e quindi sino al 31  ottobre
2011 e che, sulla base di tale  situazione  legislativa,  egli  aveva
anche organizzato i successivi momenti di impegno accademico. 
    A mutare tale stato di fatto  interveniva,  pero',  la  legge  24
dicembre 2007, n. 244 (c.d. «Legge Finanziaria 2008»), il cui art. 2,
comma  434,  sopprimendo  il  regime  «fuori  ruolo»  dei  professori
univasitari a far data dal 1° novembre 2010, ne disponeva  anche  una
sua applicazione anticipata per coloro  che  erano  stati  collocati,
appunto, in «fuori ruolo» negli anni antecedenti. 
    In  particolare,   tale   disposizione   legislativa,   rubricata
«Riduzione progressiva della durata del collocamento fuori ruolo  dei
professori universitari e  abolizione  del  fuori  ruolo  dal  2010»,
stabiliva che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di  «fuori
ruolo» dei  professori  universitari  precedente  la  quiescenza  era
ridono a due anni accademici e coloro che alla medesima data erano in
servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo  erano
posti in quiescenza al  termine  dell'anno  accademico  medesimo.  In
piu', a decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo  di  «fuori  ruolo»
dei professori univemitail precedente la quiescenza era ridotto a  un
anno accademico e coloro che alla medesima  data  erano  in  servizio
come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo  erano  posti
in quiescenza al termine dell'anno  accademico  medesimo.  Infine,  a
decorrere dal 1° gennaio  2010,  il  periodo  di  «fuori  ruolo»  dei
professori nrilvexsitasi precedente la quiescenza era definitivamente
abolito e coloro che  alla  medesima  data  erano  in  servizio  come
professori nel primo anno  accademico  fuori  ruolo  erano  posti  in
quiescenza al termine dell'anno accademico stesso. 
    In applicazione della suddetta disposizione, quindi,  il  rettore
dell'Universita'  degli  studi  di  Torino  adottava  il  decreto  29
febbraio 2008, n. 1351, con il quale era ridotto il periodo di «fuori
ruolo» del ricorrente, prevedendo pero' che questo avesse  la  durata
di un solo anno, dal 1° novembre 2008 al 31 ottobre 2009. 
    Il   ricorrente,   quindi,   chiedeva   l'annullamento,    previa
sospensione, di tale provvedimento lamentando quanto segue. 
    1. - Violazione  di  legge  in  riferimento  con  riferimento  al
disposto dell'art. 2, comma 434,  della  legge  statale  24  dicembre
2007, n. 244. 
    Il ricorrente specificava che, essendo nato il 29 febbraio  1936,
era stato trattenuto in servizio attivo sino al 31  ottobre  2008  in
forza di decreto rettorale adottato a suo tempo  e,  ai  sensi  della
legislazione prima vigente, dopo il servizio attivo,  avrebbe  dovuto
essere collocato fuori ruolo per una durata  triennale,  sino  al  1°
novembre 2011. 
    Invece il provvedimento rettorale impugnato, in base alla  «Legge
Finanziaria 2008» sopra ricordata, gli attribuiva  un  solo  anno  di
periodo «fuori ruolo», dal 1° novembre 2008 al 31 ottobre 2009 ma,  a
tenore della stessa  disposizione,  il  ricorrente,  collocato  fiori
ruolo, come detto, a partire  dal  i  novembre  2008,  doveva  essere
invece destinatario di tale periodo di «fuori  ruolo»  per  due  anni
accademici, posto che a decorrere proprio  dal  1°  gennaio  2008  il
periodo di fuori ruolo era appunto ridotto a quella durata. 
    Ne conseguiva che per una corretta applicazione  della  norma  il
ricorrente dovrebbe essere trattenuto fuori ruolo sino al 31  ottobre
2010, perche' il collocamento «fuori ruolo» e' stato comunque assunto
precedentemente al 1° gennaio 2009, data di vigore della riduzione ad
un anno di tale  collocamento,  in  data  29  febbraio  2008  con  il
provvedimento appunto impugnato nella presente sede che non era stato
rispettoso, quindi, del principio generale secondo cui  tempus  regit
actum, non derogato da alcuna norma di legge esplicita  nei  caso  di
specie, come si evinceva da una lettura  integrale  e  coordinata  di
tutte le disposizioni in argomento  di  cui  alla  richiamata  «Legge
Finanziaria» 2008. 
    In realta', concludeva  il  ricorrente,  la  durata  annuale  del
«fuori ruolo», nelle  intenzioni  del  legislatore,  dovrebbe  essere
applicata soltanto a coloro che saranno collocati in questa posizione
dal 1° novembre 2009 mentre i professori collocati in  «fuori  ruolo»
l'anno precedente, dal 1° novembre 2008, dovevano  vedersi  assegnati
due anni di «fuori ruolo», senza alcuna possibilita' di  applicazione
retroattiva della norma, come invece operata dal Rettore nel caso  di
specie con il provvedimento impugnato. 
    2. - Illegittimita' derivata, per l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre  2007,  n.  244,  con
riferimento agli  artt.  3,  4,  36,  97  della  Costituzione  ed  al
principio di ragionevolezza». 
    Il ricorrente precisava che se con il primo  motivo  aspirava  ad
ottenere che il periodo di «fuori ruolo» assegnato fosse  conteggiato
in due anni accademici e non soltanto  in  uno,  con  la  censura  in
qaeslione, invece, intendeva contestare «in radice»  la  legittimita'
costituzionale  dell'intera  disposizione   normativa   che   aboliva
l'istituto del «fuori ruolo», disponendone una disciplina transitoria
in senso riduttivo, e cio' al fine di conseguire il mantenimento  del
fuori ruolo per  la  durata  di  tre  anni  accademici  come  era  in
precedenza. 
    In virtu' delle peculiarita'  che  contraddistinguono  l'istituto
del «fuori ruolo», infatti, teso a preservare energie per l'attivita'
scientifica tralasciando l'attivita' didattica, caratterizzata da  un
dispendio maggiore di energie fisiche, era ragionevole consentire  ai
professori universitari di dedicare la parte finale del  servizio  in
favore  dell'Universita'  alla  continuita'  della   sola   attivita'
scientifica, con necessita' di accedere alle strutture universitarie,
di scambiare opinioni con i colleghi,  di  aggiornare  e  aggiornarsi
sulla ricerca nella materia di insegnamento tua cio' con  un  margine
di tempo idoneo ad organizzare al meglio  tali  attivita',  anche  al
fine della prospettiva del passaggio in quiescenza, che  la  disposta
riduzione ad un periodo inferiore al triennio non poteva garantire. 
    A cio' si aggiungeva il danno economico dato dalla riduzione  del
trattamento  pensionistico  e  la   violazione   del   principio   di
eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in relazione al
diverso trattamento riconosciuto ai dipendenti privati, ove nel  caso
in cui e' ridotto il  periodo  di  attivita'  pre-pensionistico  sono
previsti meccanismi premiali e non peggiorativi come invece nel  caso
di specie. 
    Si  costituivano  le  Amministrazioni  intimate,   chiedendo   la
reiezione del ricorso. 
    Con l'ordinanza cantelare indicata in epigrafe  era  respinta  la
domanda di sospensione del provvedimento impugnato, in relazione alla
insussistenza del paventato pregiudizio grave e irreparabile. 
    In prossimita' dell'udienza pubblica il ricorrente depositava una
memoria in  cui  insisteva  nelle  sue  tesi  difensive,  richiamando
recente giurisprudenza conforme. 
    Ma  pubblica  udienza  del  12  febbraio  2009  il  ricorso   era
trattenuto in decisione. 
    Ritiene il Collegio la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art  2,  comma  434,  della  legge  24  dicembre  2007,  n.  244
(Finanziaria per il 2008), secondo quanto prospettato con il  secondo
motivo di ricorso, sia rilevante e non manifestamente infonda. 
    La questione e' rilevante, in quanto il  provvedimento  impugnato
si basa su tale norma e,  anche  se  il  provvedimento  e'  in  parte
annullato da questa Sezione con separata sentenza parziale per quanto
dedotto con il primo motivo di ricorso in relazione applicazione  del
periodo corretto  di  riduzione  del  «fuori  ruolo»,  per  quel  che
riguarda   l'applicazione   della   disciplina    transitoria    tale
provvedimento  esplica  ancora  i  suoi  effetti  in  relazione  alla
generale riduzione comunque sussistente, in base alla norma di  legge
richiamata, del periodo di ruolo» rispetto al sistema previgente. 
    Inoltre, la disposizione non puo'  essere  interpretata  in  modo
conforme   ai   principi   costituzionali,   avendo   un    contenuto
assolutamente cogente ed  una  disciplina  espressa  per  i  rapporti
pendenti. 
    Ai sensi dell'art. 2,  comma  434,  della  legge  244  del  2007,
infatti si prevede che a decorrere dalla data del 1° gennaio 2008, il
periodo in c.d. «fuori ruolo» dei professori universitari  precedente
la quiescenza, e' ridotto a due anni accademici  e  coloro  che  alla
medesima data  sono  in  servizio  come  professori  nel  terzo  anno
accademico  «fuori  ruolo»  sono  posti  in  quiesceaza  al   termine
dell'anno accademico; a decorrere dalla dati del 1° gennaio 2009,  il
periodo di «fuori ruolo» dei professori  universitari  precedente  la
quiescenza e' ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima
data sono in servizio come professori  nel  secondo  anno  accademico
«fuori  ruolo»  sono  posti  in  quiescenza  al   termine   dell'anno
accademico; a decorrere dalla data 1° gennaio  2010,  il  periodo  in
«fuori ruolo» dei professori universitari precedente la quiescenza e'
definitivamente abolito e coloro  che  alla  medesima  data  sono  in
servizio come professori nel primo anno accademico «fuori ruolo» sono
posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. 
    L'unica interpretazione della norma che possa  dare  un  senso  a
tutte le disposizioni porta a ritenere  che  solo  per  i  professori
collocati in «fuori ruolo» nel novembre 2005 sia mantenuto il periodo
triennale fino alla fine dell'anno  accademico  di  cui  al  novembre
2008, i quali, altrimenti, avendo compiuto gia' i due anni  sarebbero
dovuti andare in quiescenza  con  l'entrata  in  vigore  della  nuova
disciplina. 
    Per i professori «fuori ruolo» dal novembre 2006, non sussistendo
alcuna disposizione derogatoria che facente salvo  l'intero  periodo,
si deve ritenere immediatamente applicabile la riduzione a  due  anni
accademici, con conseguente collocamento a riposo nel novembre 2008. 
    Progressivamente  il  periodo  di«fuori  ruolo»  e'   ridotto   e
destinato ad essere soppresso del tutto nel 2010. 
    Infatti, dal 1° gennaio 2009 esso e' ridotto ad un  anno  facendo
salva la posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo  dal  1°
novembre 2007, il 1° gennaio  2009  si  troverebbero  ad  avere  gia'
compiuto   tale   anno;   pertanto   eespressanaente   previsto    il
completamento del secondo anno  accademico  fuori  ruolo  fino  al  i
novembre 2009. Analogo regime riguarda  il  i  gennaio  2010  quando,
venendo meno il periodo di «fuori ruolo» ex lege,  tutti  coloro  che
sono  collocati  in  tale  posizione  dovrebbero  essere   posti   in
quiescenza. La norma fa salve le posizioni dei professori che essendo
stati collocati  in  «fuori  ruolo»  dal  novembre  2009,  dovrebbero
cessare  dal  servizio  al  1°  gennaio  2009,  permettendo  loro  il
completamento dell'anno accademico. 
    Tale interpretazione assolutamente obbligata dell'art.  2,  comma
434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244  e'  l'unica  in  grado  di
attribuire alla norma  un  significato  in  relazione  alla  indubbia
volonta' del legislatore di prevedere la  riduzione  progressiva  del
periodo «fuori ruolo» dei professori universitari. 
    La questione di legittimita' costituzionale e'  quindi  rilevante
rispetto al presente  giudizio  poiche',  professore  ricorrente,  e'
proprio  direttamente  applicabile  tale   norma,   con   conseguente
riduzione di un anno del periodo ruolo. 
    Il Collegio  ritiene  anche  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale prospettati  e'  non  manifestamente  infondata  sotto
diversi profili. 
    Lo e'  con  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  ed  al
principio  di  ragionevolezza,  in  quanto  risulta   dimentica   del
particolare  significato  del  periodo  di   «fuori   ruolo»,   della
distinzione fra  attivita'  didattica  e  attivita'  di  ricerca  dei
professori  universitari,   dell'incidenza   che   questa   attivita'
differenziata  e  questa  specifica  disciplina  ha  sul  loro  stato
giuridico. 
    Appare, inoltre, costituzionalmente illegittima  con  riferimento
all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il  principio
di buon andamento dell'Ammministrazione  (universitaria),  privandola
di  studiosi  ancora  in  grado  di  fornire   contributi   rilevanti
all'Amministrazione stessa alla quale appartengono. 
    Ritiene il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile
di violazione dell'art. 3 della Costituzione,  in  primo  luogo,  per
laretroattivita' dei suoi contenuti precettivi, in secondo luogo  per
la sua irragionevolezza, apprezzata con riferimento alla  particolare
attivita' svolta  dai  professori  universitari  nel  periodo  «fuori
ruolo»   e   alla   tendenza   dell'ordinamento   al    prolungamento
dell'attivita' lavorativa, apparendo la scelta in esame in palese  ed
irragionevole controtendenza con le scelte legislative  in  argomento
operate per altri settori lavorativi. 
    La  Corte  costituzionale  ha  affermato  piu'   volte   che   la
irretroattivita'  della  legge   e'   un   principio   di   carattere
costituzionale solo per le norme penali, in quanto sancito  dall'art.
25 della Costituzione. 
    Per le norme  «non  penali»  la  retroattivita'  della  legge  e'
ammessa  ma  nel  rispetto  dei   principi   di   ragionevolezza   ed
uguaglianza. Pertanto, sono  costituzionalmente  legittime  le  norme
retroattive che trovino  adeguata  giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza e  non  contrastino  con  altri  valori  ed  interessi
costituzionalmente protetti (sul punto, Corte Cost. 26  giugno  2007,
n. 234). 
    In questo quadro sono,  in  primo  luogo,  ammissibili  le  norme
retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili
letture che gia' emergevano dalla norma interpretativa; in tal  caso,
infatti,  non  sussiste  la  lesione   dei   canoni   costituzio   di
ragionevolezza, di tutela del legittimo  affidamento  e  di  certezza
delle situazioni  giuridiche  (sul  punto,  Corte  costituzionale,  7
luglio 2006, n. 274). 
    Poiche' il divieto di retroattivita' della legge, pur costituendo
fondamentale  valore  di  civilta'  giuridica  e  principio  generale
dell'ordinamento, cui il  legislatore  ordinario  deve  in  principio
attenersi, non ha dignita' costituzionale, salvo che per  la  materia
penale, il legislatore ordinario puo'  emanare  sia  disposizioni  di
intergretazione autentica, che determinano, chiarendola,  la  portata
precedenza  a  norma  interpretata   fissandola   in   un   contenuto
plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia nonne  innovative  con
efficacia  retroattiva,  purche'  la  retroattivita'  trovi  adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e  non  contrasti  con
altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali il
rispetto del generale di ragionevolezza e di eguaglianza e la  tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato allo Stato di diritto (sul punto,  Corte  costituzionale,
15 luglio 2005, n. 282). 
    Nel caso di specie, la norma in  esame,  contenuta  nella  «Legge
finanziaria  2008»,  ha   introdotto   una   nuova   disciplina   del
collocamento «fuori ruolo» dei professori universitari, dando  luogo,
quindi, ad una norma di carattere innovativo per la quale  -  ritiene
il Collegio - che vi  sia  motivo  di  sospettare,  nel  senso  sopra
prospettato, una violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di
affidamento che le norme retro attive devono rispettare. 
    E' pur vero che la retroattivita'  puo'  essere  giustificata  in
relazione al fatto che la norma ha inciso  sul  «futuro»  svolgimento
del periodo «fuori ruolo»,  purche'  tale  periodo  sia  disciplinato
unitariamnente. 
    Tuttavia, la Corte costituzionale (sent. n. 393/2000),  anche  in
argomento, ha gia' affermato che l'affidamento  del  cittadino  nella
sicurezza giuridica non impedisce al  legislatore  di  emanare  norme
modificatrici della  disciplina  dei  rapporti  di  durata  in  senso
sfavorevole  per  i  beneficiari,  purche'  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irragionevole di situazioni  sostanziali
fondate su leggi precedenti. 
    Con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio  di
ragionevolezza, la  legge  sospetta  di  incostituzionalita'  risulta
immemoer, quindi, del particolare significato del periodo  di  «fuori
ruolo», della distinzione fra  attivita'  didattica  e  attivita'  di
ricerca  dei  professori  universitari,  dell'incidenza  che   questa
attivita' differenziata e questa specifica  disciplina  ha  sul  loro
stato giuridico. 
    Il  «fuori  ruolo»,  infatti,  e'   un   periodo   di   attivita'
riconosciuto ai professori universitari sin  dal  1958,  allorche'  e
stato introdotto un limite di eta' per il collocamento a riposo. 
    Si e' trattato di una scelta del legislatore che  ha  considerato
come  nell'attivita'  del   professore   universitario   si   debbano
individuare due specifiche  funzioni,  distinte  ancorche'  connesse:
l'attivita' di ricerca e l'attivita' didattica. 
    Per questa ragione, l'iniziativa della «Legge Finanziaria  2008»,
che ha prima ridotto e poi del fatto eliminato il periodo  di  «fuori
ruolo»,  ha  anche  irragionevole,  poiche'  contrastante  anche  con
l'orientamento legislazione odierna, che e' volta,  a  prolungare  il
periodo di permanenza in servizio e non a ridurlo. A cio' va aggiunto
che, comunque, la riduzione o l'eliminazione  del  «fuori  ruolo»  ha
anche per il professore universitario  delle  conseguenze  economiche
negative, poiche riduce il periodo  di  servizio  rilevante  ai  fini
dell'indennita' di buonuscita, riduce  il  trattamento  pensionistico
usufruibile al termine del servizio, impedisce il  conseguimento  dei
benefici economici ordinari (scatti biennali; adeguamenti annuali)  e
dei miglioramenti eventualmente preevisti nel periodo in cui  non  si
sara' piu' presenti nell'Amministrazione. 
    Anche sotto tale profilo la  disposizione  legislativa  in  esame
appare, dunque, irragionevole, dal  momento  che,  per  i  dipendenti
privati,  ai  quali  ormnai   peraltro   il   pubblico   impiego   e'
sostanzialmente assimilato, nel caso in cui venga ridotto il  periodo
di attivita' sono previsti dei meccanismi premiali, volti ad  evitare
il danno economico che questo anticipato pensionamento provoca. 
    La opposta scelta della «legge Finanziaria 2008» e' dal punto  di
vista della  legittimita'  costituzionale,  percio',  in  mamera  non
manifestamente infondata censurabile con riferimento all'art. 3 della
Costituzione ed al principio di ragionevolezza. 
    Essa  appare,   inoltre,   costituzionalmente   illegittima   con
riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto  contrasta  con
il principio di buon andamento dell'Amministrazione  (universitaria),
privandola  di  studiosi  ancora  in  grado  di  fornire   contributi
rilevanti all'Amministrazione di appartenenza. 
    Tali contributi si esplicano in vari aspetti della attivita'  che
il professore compie nel periodo in «fuori ruolo». 
    In prirno luogo, in  relazione  allo  svolgimento  dell'attivita'
scientifica. 
    In particolare, infatti, l'attivita' di ricerca,  prevalente  nel
periodo in «fuori ruolo», necessita di programmazione e di  un  tempo
lungo di svolgimento e tale attivita' puo' restare incompiuta a causa
di collocamento a riposo entro breve termine. 
    Ne' la retroattivita'  puo'  essere  giustificata  dalla  riforma
complessiva della disciplina dei professori universitari operata  con
la legge 4 novembre 2005, n.  230,  che  ha  abolito  il  periodo  di
collocamento «fuori ruolo» e previsto il limite di eta'  di  settanta
anni  per  il  collocamnento  a  riposo,  perche',  come  chiaramente
specificato dall'art. 1, comma 17,  della  legge  n.  230  cit.  essa
applica, infatti, solo ai professori universitari nominati  ai  sensi
della nuova legge. 
    Infine, irragionevole appare  la  stessa  previsione  di  diritto
transitorio. 
    Se, da una parte, tale previsione denota  la  consapevolezza  del
legislatore  di  non  potere  incidere  in  maniera  immediata  sulle
situazioni in corso, facendo decorrere  la  completa  abolizione  del
«fuori ruolo»  solo  dal  1°  gennaio  2010,  dall'altra  prevede  la
riduzione  del  «fuori  ruolo»  sia  per  coloro  che  sono  gia'  in
esposizione da uno o due anni (prevedendo per entrambe  le  categorie
la riduzione a due anni), sia per coloro, che al momento  di  entrata
in vigore della legge  sono  ancora  in  servizi  di  ruolo,  essendo
previsto il periodo di «fuori  ruolo»  di  un  anno  per  coloro  che
saranno collocati in tale posizione nel novembre 2008 e nel  novembre
2009  e  tale  conclusione  appare  in  contrasto  altresi',  con  il
principio  di  buon  andamento  della  Amministrazione  di   cui   al
richiamato art. 97 della Costituzione. 
    Infatti, anche in relazione alla efficienza  organizzativa  della
Universita', la previsione della riduzione di «fuori ruolo» per tutti
i  professori  ordinari  comporta  l'immediata  perdita  di   risorse
intellettuali, programmi di ricerca,  la  dispersione  dell'attivita'
scientifica. 
    La programmazione della attivita' universitaria trova un espresso
riscontro normativo nell'art.  1-ter  del  decreto-legge  31  gennaio
2005,  n.  7,  che  prevede  a  decorrere  dall'anno  2006   che   le
Universita', anche al fine di perseguire  obiettivi  di  efficacia  e
qualita' dei servizi offerti,  entro  il  30  giugno  di  ogni  anno,
adottino programmi  triennali  coerenti  con  le  linee  generali  di
indirizzo  definite  con  decreto   del   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, sentiti la Conferenza  dei  rettori
delle universita' italiane, il Consiglio universitario nazionale e il
Consiglio nazionale  degli  studenti  universitari,  tenuto  altresi'
conto delle risorse acquisibili autonomamente. I  predetti  programmi
delle Universita' individuano, quindi, in particolare tra  gli  altri
obiettivi,  proprio  il   programma   di   sviluppo   della   ricerca
scientifica. 
    I programmi delle universita' di cui  al  comma  1,  fatta  salva
l'autonoma  determinazione  degli  atenei  per  quanto  riguarda   il
fabbisogno     di     personale     in     ordine     ai      settori
scientifico-disciplinari,     sono     valutati     dal     Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca  e  periodicamente
monitorati sulla base di parametri e caten individuati dal  Ministro,
avvalendosi del Comitato nazionale per  la  valutazione  del  sistema
universitario, sentita la Conferenza dei  rettori  delle  universita'
italiana sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca  riferisce  al  termine  di  ciascun
triennio, con apposita relazione, al Parlamento e dei programmi delle
Universita' si tiene  conto  nella  ripartizione  del  fondo  per  il
finanziamento ordinario delle universita'. 
    A tale attivita' di programmazione  fa  riferimento  altresi'  la
legge 4 novembre 2005, n. 230,  per  cui  l'universtia',  sede  della
formazione, e della trasmissione critica del «Sapere» coniugi in modo
organico ricerca e didattica, garantendone la completa liberta'. 
    La gestione delle Universita', quindi, si ispira ai  principi  di
autonomia e di responsabilita' nei quadro degli indirizzi fissati con
decreto  del  Ministro  dell'istruzione  dell'universita'   e   della
ricerca. I professori universitari hanno il diritto e  il  dovere  di
svolgere attivita' di ricerca e di didattica, con piena  liberta'  di
scelta dei temi e dei metodi delle  ricerche  nonche',  nel  rispetto
della programmazione universitaria  di  cui  all'articolo  1-ter  del
decreto-legge   31   gennaio   2005,   n.   7,   dei   contenuti    e
dell'impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento. 
    La cessazione contemporanea dal  servizio  in  «fuori  ruolo»  di
numerosi professori  ordinari  sembra  quindi  comportare  una  grave
inefficienza del  sistema  con  inutile  dispendio  di  risorse  gia'
destinate a  progetti  di  ricerca.  Il  collocamento  «fuori  ruolo»
determina per il docente  universitario  soltanto  la  perdita  della
titolarita'  dell'insegnamento  e  una  proporzionata  riduzione  dei
connessi compiti didattico scientifici ma gli conserva il  compimento
di rilevanti  attivita'  scientifica  di  ricerca  ai  fini  del  suo
contributo al dibattito accademico. 
    In conclusione, per quanto sopra illustrato, il Collegio  ritiene
che il giudizio debba essere sospeso sotto tale  profilo  e  che  gli
atri vadano trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la  rilevanza
e la non manifesta infondatezza della questione di  costituzionalita'
dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n.  244  «Legge
finanziaria» per il 2008).