Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso  la  cui  sede  e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Liguria, in persona del presidente della giunta
regionale, per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
degli artt. 33, 36, 37, 38, 39 e 40 della legge della Regione Liguria
11 maggio 2009, n. 18 (pubblicata nel B.U.R. n. 8 del 20 giugno 2009)
recante: «il sistema educativo regionale di istruzione, formazione  e
orientamento». 
    La legge della Regione Liguria n.  18  dell'11  maggio  2009  che
detta norma in materia di sistema educativo regionale di  istruzione,
formazione e orientamento, alla sezione  III  «Formazione  Superiore»
contiene l'art. 33 che al comma 1 prevede, tra l'altro che la regione
nel sistema regionale di formazione  professionale  superiore,  possa
ampliando  e  riqualificando  l'offerta  formativa,  istituire:   «b)
percorsi di specializzazione post-qualifica e post-diploma». 
    L'art. 36 stabilisce che: 
        1)  che  «La  regione  al  fine  di  completare  il  percorso
formativo  e   contribuire   a   fornire   competenze   professionali
accresciute per un migliore e piu' coerente inserimento nel mondo del
lavoro, promuove interventi di specializzazione rivolti a soggetti in
possesso di qualifica o di diploma di scuola media superiore». 
    Le norme citate  prevedono  la  predisposizione  da  parte  della
regione di corsi formativi abilitanti  all'esercizio  di  professioni
successivi al conseguimento del diploma, violando l'art.  117,  terzo
comma, Cost., con riferimento alla materia «professioni». 
    La Corte costituzionale,  nella  sentenza  n.  93  del  2008,  ha
infatti chiarito che «la potesta' legislativa regionale nella materia
concorrente delle «professioni» deve rispettare il principio  secondo
cui l'individuazione  delle  figure  professionali,  con  i  relativi
profili e i titoli abilitanti, e' riservata,  per  il  suo  carattere
necessariamente unitario, allo  Stato,  rientrando  nella  competenza
delle regioni la disciplina di  quegli  aspetti  che  presentano  uno
specifico collegamento con la realta' regionale. Tale  principio,  al
di la' della particolare attuazione  ad  opera  di  singoli  precetti
normativi, si configura infatti  quale  limite  di  ordine  generale,
invalicabile dalla legge regionale. Da cio'  deriva  che  non  e'  un
potere  delle  regioni  dar  vita  a   nuove   figure   professionali
(giurisprudenza della Corte del tutto  consolidata;  decisioni  :  n.
153/2006; 40 del 2006; 300 e 57 del 2007). 
    Il  decreto  legislativo  n.  30  del  2006  ha  provveduto  alla
ricognizione dei principi fondamentali in materia di  professioni  ai
sensi dell'art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 1,  dando  attuazione
ai principi contenuti nelle citate decisioni della Corte. 
        2) L'art. 33, comma 1, lett. c), attribuendo alla regione  il
compito di  ampliare  e  riqualificare  l'offerta  formativa»,  e  di
articolarla con «percorsi di alta formazione», comprendenti, ai sensi
del successivo art. 37, «master,  dottorati  di  ricerca,  scuole  di
specializzazione», e ai sensi dello stesso art. 33, comma 2, «crediti
formativi», violano l'art. 33, sesto comma, Cost., secondo  il  quale
«Le istituzioni di alta cultura, universita' ed accademie,  hanno  il
diritto di darsi ordinamenti  autonomi  nei  limiti  stabiliti  dalle
leggi   dello   Stato».   Infatti,   come   affermato   dalla   Corte
costituzionale (sentenze nn. 423/2004  e  102/2006),  tale  norma  ha
previsto una «riserva di legge» statale in  materia  di  universita',
che include, tra l'altro, la disciplina dei percorsi formativi e  dei
relativi titoli di studio, della programmazione universitaria e dello
stato giuridico del personale  docente  e  non  docente.  Nell'ambito
della cornice in tal  modo  definita  dalla  potesta'  legislativa  e
regolamentare dello  Stato,  le  universita'  esercitano  la  propria
autonomia didattica. 
    In particolare, alla luce di tale quadro costituzionale, le norme
regionali si pongono anche in contrasto  con  l'art.  17,  comma  95,
della  legge  n.  127/1997  («Misure  urgenti  per   lo   snellimento
dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di  decisione  e  di
controllo»), il quale dispone che l'ordinamento degli studi dei corsi
universitari sia disciplinato dagli atenei «in conformita' a  criteri
generali  definiti  (...)  con  uno  o  piu'  decreti  del   Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica», ai quali
e' tra l'altro demandata «la previsione di nuove tipologie di corsi e
di titoli universitari». Tale disposizione ha ricevuto attuazione con
l'emanazione del decreto ministeriale 22 ottobre  2004,  n.  270,  il
quale individua all'art. 3 i titoli e i corsi di studio universitari,
disponendo  (al  comma  9)  che  «le  universita'  possono  attivare,
disciplinandoli  nei  regolamenti  didattici  di  ateneo,  corsi   di
perfezionamento  scientifico  e  di  alta  formazione  permanente   e
ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o  della  laurea
magistrale, alla conclusione  dei  quali  sono  rilasciati  i  master
universitari di primo  e  di  secondo  livello».  Inoltre  lo  stesso
decreto  ministeriale  riserva,  all'art.  5,  alle  universita'   la
disciplina dei crediti formativi. 
    Pertanto,   master,   dottorati    di    ricerca,    scuole    di
specializzazione e crediti formativi possono  essere  istituiti  solo
dalle universita', entro i limiti della disciplina statale. 
    L'art. 33, comma 1, lett. c) e comma 2, e l'art. 37  delle  legge
regionale n. 18/2009,  pertanto  risultano  lesivi  della  competenza
attribuita al legislatore statale e all'autonomia universitaria. 
        3) L'art. 38, comma 5, lett. e), e gli artt. 39, comma  2,  e
40,  nel   disciplinare   l'apprendistato   professionalizzante   pur
stabilendo che la giunta regionale disciplini i profili  normativi  e
le modalita' di riconoscimento «in accordo con le organizzazioni  dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente  piu'  rappresentative
sul piano regionale» (art. 39, comma 2) e  «tenuto  conto  di  quanto
previsto dai contratti collettivi nazionali applicati dal datore e da
specifiche intese raggiunte tra la regione e  le  organizzazioni  dei
lavoratori  e  dei  datori  di  lavoro  con   riferimento   ad   aree
territoriali, settori produttivi, singole  realta'  aziendali»  (art.
40), non appare perfettamente armonizzato con i principi posti  dalla
legge nazionale vigente (art. 49, comma 5-ter del d.lgs. n. 276/2003)
nella parte in cui comprende nel potere normativo regionale anche  la
definizione dei profili formativi e delle modalita' di riconoscimento
e  certificazione  nell'ambito  della  formazione  in   apprendistato
esclusivamente  aziendale,  la   cui   regolamentazione   e'   invece
integralmente rimessa all'autonomia contrattuale collettiva  o  degli
enti bilaterali. In altri termini, dovendo la competenza  legislativa
concorrente della regione ex art. 117  Cost.  esercitarsi  nel  pieno
rispetto dei principi generali stabiliti dalla  legislazione  statale
vigente,  la   previsione   del   potere   normativo   regionale   di
regolamentazione dei profili  dell'apprendistato  professionalizzante
senza alcuna clausola di salvezza del disposto  dell'art.  49,  comma
5-ter del d.lgs.  n.  276/2003  eccede  la  competenza  regionale  in
materia  di  "istruzione  e  formazione  professionale  e  viola   la
competenza esclusiva dello Stato in  materia  di  ordinamento  civile
(art. 117, secondo comma, lett. l), qualora esercitata in materia  di
formazione  esclusivamente  aziendale,  in  quanto  tale  ambito   e'
formalmente sottratto dalla legge  statale  al  potere  regolamentare
regionale. 
    Secondo  un   consolidato   orientamento   della   giurisprudenza
costituzionale, infatti,  «la  formazione  da  impartire  all'interno
delle aziende attiene precipuamente all'ordinamento civile, mentre la
disciplina di quella  esterna  rientra  nella  competenza  regionale»
(sent. n.  425/2006).  Piu'  precisamente,  la  competenza  esclusiva
regionale  riguarda  l'istruzione  e  la   formazione   professionale
pubbliche, che possono essere impartite negli istituti  scolastici  a
cio' destinati, o mediante strutture proprie, o ancora  in  organismi
privati con cui sono stipulati accordi, mentre non vi  e'  ricompresa
la disciplina dell'istruzione e della formazione professionale che  i
privati datori di lavoro somministrano in ambito aziendale ai  propri
dipendenti (sent. n. 50/2005). 
    In particolare, l'art. 38, comma 5, lett. e), che fissa  l'ambito
definitorio  della  «capacita'   formativa   interna»   dell'impresa,
sancendone al  contempo  precisi  requisiti  ritenuti  necessari  per
l'erogazione  della  formazione  formale  all'interno  della  propria
struttura, si pone in contrasto con l'art. 49, comma 5, lett. b), del
d.lgs. n. 276/2003, in base al quale la valutazione  della  capacita'
formativa delle aziende e' rimessa alla contrattazione collettiva.