IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso per l'adozione di misura cautelare ex art. 700 c.p.c. intesa ad inibire il pagamento del canone demaniale marittimo di cui alla richiesta del Comune di Sanremo 10 ottobre 2007 n. 53984 proposto dalla S.r.l. Living Gar Den, in persona del legale rappresentante sig. Stefano Battagli, assistito e rappresentato dagli avv. prof. Lorenzo Acquarone, prof. Giovanni Acquarone, Francesco Massa e Filiberto Viani ed elettivamente domiciliata in Sanremo, via A. Manzoni n. 61, presso lo studio di quest'ultimo; Contro il Comune di Sanremo, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Borea; l'Agenzia del Demanio - filiale Liguria, corrente in Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dalla Avvocatura dello Stato di Genova, l'Agenzia delle Entrate - Direzione regionale della Liguria, corrente in Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dalla Avvocatura dello Stato di Genova; La Regione Liguria, con sede in Genova, in persona del Presidente in carica. Il Tribunale in composizione monocratica in persona del giudice unico designato dott. Gianfranco Boccalatte; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sanremo, dell'Agenzia del Demanio, dell'Agenzia delle Entrate; Visti gli atti tutti della causa; Uditi nell'udienza del 23 luglio 2008 l'avv. prof. Lorenzo Acquarone per la societa' ricorrente, l'avv. Antonio Borea per il Comune di Sanremo; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue. I n f a t t o La S.r.l. Living Garden e' titolare di una concessione demaniale marittima per la occupazione e la conduzione di un bar gelateria su un'area demaniale di complessivi mq. 922, comprendenti un'area scoperta di mq. 259, un'area coperta con opere di facile rimozione di mq. 46, un'area coperta con impianti di difficile rimozione di mq. 142 ed una pertinenza demaniale di circa mq. 475 (costituita da un fabbricato incamerato). Per l'intero compendio immobiliare la societa' ha pagato negli anni passati un canone poco superiore ad € 2.500,00, periodicamente aggiornato nella misura indicata con appositi decreti ministeriali. Per l'anno 2007, ha corrisposto, come richiesto dal Comune di Sanremo con nota 12 giugno 2007, un canone di € 2.663,09, oltre all'addizionale regionale del 10% (per un totale di € 2.929,40). Espone la societa' ricorrente che la legge finanziaria 2007 ha introdotto nuovi criteri di calcolo dei canoni demaniali, quanto meno per le cosiddette pertinenze demaniali, determinando spropositati aumenti dei canoni, addirittura superiori alla misura del 300%, gia' prevista dal d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003 e successivamente abrogato proprio per eccessiva onerosita'. Il comma 251 della finanziaria 2007, in particolare, ha stabilito che per le concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime (gli immobili incamerati al demanio marittimo ex art. 29 reg. cod. nav.) «destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi il canone e' determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento». Secondo la nuova disposizione normativa il valore cosi' ottenuto deve essere moltiplicato per il coefficiente 6,5 e poi ridotto percentualmente a seconda delle dimensioni della pertinenza (il valore diminuisce con l'aumentare delle dimensioni). Con l'impugnato provvedimento, in epigrafe indicato, il Comune di Sanremo, in applicazione delle nuove disposizioni della legge finanziaria 2007, ha ricalcolato il canone 2007 che e' risultato ammontante a € 41.878,92 ovvero ad una misura di oltre quindici volte superiore a quella dovuta e regolarmente corrisposta in precedenza. In tale situazione la societa' Living Garden si e' rivolta al Tribunale di Sanremo chiedendo l'adozione di una misura cautelare in grado di ricondurre il canone demaniale all'importo quantificato con la precedente nota comunale 12 giugno 2007 o comunque ad un importo «piu' ragionevole» tale da consentire la prosecuzione dell'attivita'. Con atto depositato la Societa' ricorrente ha dedotto innanzitutto la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 251, legge 27 dicembre 2006, n. 296, per difetto di presupposto, esponendo che la pertinenza demaniale in concessione alla societa' Living Garden non sarebbe compresa in alcuna delle categorie di destinazione soggette al disposto aumento, trattandosi di un fabbricato destinato ad attivita' di bar gelateria. In subordine a sostegno del ricorso e' stata dedotta l'illegittimita' costituzionale del medesimo articolo 1, comma 251 della legge n. 296/2007, che ne costituisce presupposto normativo, in quanto il criterio innovativo di quantificazione del canone demaniale marittimo violerebbe gli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione. L'illegittimita' costituzionale viene dedotta in particolare sotto i seguenti profili: a) Violazione dell'art. 3 sotto il profilo dell'irragionevolezza e del principio di uguaglianza. Si sostiene in particolare che la censurata norma, partendo dai valori medi indicati dall'Osservatorio del mercato Immobiliare presso l'Agenzia del territorio e quindi equiparando di fatto il canone demaniale relativo all'uso delle «pertinenze demaniali» al valore degli affitti nel libero mercato, avrebbe irragionevolmente equiparato gli immobili demaniali agli immobili di proprieta' privata, omettendo di considerare che si tratta di categorie di beni soggette ad una diversa disciplina giuridica (si espone in particolare che il concessionario demaniale e' soggetto al pagamento dell'ICI, non ha alcuna garanzia di durata nel tempo del rapporto, e' soggetto all'obbligo di manutenzione anche straordinaria dell'immobile ed all'obbligo di assicurazione dell'immobile per il valore commerciale) che non puo' non riflettersi sul corrispettivo per l'utilizzazione. Viene inoltre evidenziato che la disparita' di trattamento sussiste anche nell'ambito della stessa categoria delle pertinenze demaniali posto che solo alcune pertinenze (immobili commerciali e per la produzione di beni e servizi) sono assoggettate al nuovo criterio di determinazione del canone commisurato al valore di mercato mentre altre (quali le civili abitazioni) risultano soggette al criterio previgente. Si osserva, infine, che un ulteriore profilo di disparita' deriva dal fatto che il riferimento ai valori medi individuati dall'OMI determina un diverso canone per pertinenze di identico valore (ad. esempio: immobili sullo stesso lungomare ma ricadenti nel territorio di comuni confinanti di diverso rilevo turistico, si pensi alla diversita' dei comuni situati sul litorale ligure quali Sanremo e Taggia o Ospedaletti). b) Violazione dell'art. 41 della Costituzione sotto il profilo della violazione del principio di liberta' di impresa. Si sostiene che l'incremento del canone (non riversabile se non in minima parte sulla tariffe praticate alla clientela) potrebbe determinare l'estromissione dal mercato di alcune imprese. c) Violazione dell'art. 97 della Cost. ed in particolare violazione del principio di buona amministrazione. Si espone che il nuovo criterio di calcolo del canone demaniale ha di fatto violato l'affidamento ingenerato nei concessionari da una disciplina consolidata nel tempo. I n d i r i t t o In via preliminare il tribunale non ritiene, allo stato, fondato il primo motivo di ricorso con il quale la ricorrente ha censurato il provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 251, della legge n. 296 del 2006, asserendo che gli esercizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande dovrebbero avere distinta regolamentazione quanto alla determinazione dei canoni demaniali rispetto alle attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzioni di beni e servizi. Ad avviso del tribunale il testo novellato del citato art. 1 impedisce di operare la citata distinzione, talche' anche gli esercizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande rientrano nell'ampia nozione di attivita' commerciali. Per contro il tribunale ritiene rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale. Per quanto concerne la rilevanza, essa e' in re ipsa posto che il provvedimento impugnato costituisce pedissequa applicazione delle nuove norme che regolano i contestati canoni demaniali. Per quanto riguarda la non manifesta infondatezza va osservato che, come e' stato ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, il legislatore ha, anche nei confronti della disciplina dei rapporti giuridici di durata, ampia discrezionalita' nell'emanare norme modificatrici ma tale discrezionalita' e' censurabile allorquando emergano profili di manifesta irragionevolezza tali da ledere il buon andamento della pubblica amministrazione o da determinare situazioni di disuguaglianza. A tale proposito nel caso di specie la lesione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza potrebbe ravvisarsi perche' le nuove norme determinano immotivate discriminazioni all'interno della medesima categoria delle pertinenze demaniali, assoggettando al nuovo criterio solo le pertinenze adibite a specifiche destinazioni ben indicate («attivita' commerciali, terziario direzionali e di produzioni di beni e servizi») mentre le altre pertinenze restano soggette al criterio, piu' favorevole, previdente. Il criterio introdotto, inoltre, oltre che discriminatorio appare in netta contraddizione con i provvedimenti legislativi che proprio al fine di ricondurre il canone ad una misura equa e ragionevole avevano in un primo tempo rinviato l'entrata in vigore dell'incremento del canone del 300% previsto dalla legge n. 326/2003 per le concessioni turistico-balneari e quindi successivamente abrogato le stesse norme che lo avevano istituito. In proposito, come ha giustamente ricordato la difesa della societa' ricorrente, la Corte costituzionale, pur ammettendo che «non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengono a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggetti perfetti» ha pero' precisato che l'unica condizione essenziale e' che «tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto» (Corte cost. 7 luglio 2005, n. 264). La non manifesta infondatezza dei prospettati motivi di violazione del principio di eguaglianza per irragionevole disparita' di trattamento comporta altresi' la declaratoria della non manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalita' in ordine alla lesione del canone di buon andamento dell'amministrazione (art. 97). Sotto ulteriore profilo non paiono infondate le censure sollevate in ordine al fatto che il canone demaniale non sia predeterminato con atto legislativo, ma rimesso alle valutazioni dell'O.M.I. - Osservatorio del mercato immobiliare - per loro natura non soggette a predeterminati criteri normativi, cosi' violando il principio costituzionale di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost. In particolare appaiono degne di particolare considerazione le censure della societa' ricorrente in ordine alle quali l'importo del canone delle pertinenze, per il fatto di essere calcolato partendo dai valori medi indicati dall'OMI (e quindi dai valori effettivi di mercato degli immobili), e' di fatto equiparato al valore di mercato della locazione di un corrispondente immobile di proprieta' privata. Il che non pare ragionevole e conforme ai principi discendenti dall'art. 3 Cost., sussistendo plurimi motivi che impediscono di commisurare il canone demaniale (tra l'altro solo con riguardo ad una parte di una sola categoria - le pertinenze demaniali - di beni demaniali marittimi) ai valori di mercato. Ha rilevato correttamente la difesa della societa' ricorrente che il concessionario demaniale, oltre al fatto di non poter disporre dell'immobile (per natura incommerciabile e dunque fuori mercato), e' pesantemente svantaggiato rispetto al conduttore di immobili privati, e cio' in quanto: e' soggetto al pagamento integrale dell'I.C.I. (in ossequio a quanto disposto dall'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 504/1992 come integrato dall'art. 18, comma 3, legge n. 388/2000); non ha garanzie di durata del rapporto che e' soggetto a risoluzione in qualsiasi momento, senza necessita' di giusta causa ma per ragioni di interesse pubblico difficilmente sindacabili («a giudizio discrezionale dell'Amministrazione marittima»: art. 42 cod. nav.); e' soggetto all'obbligo di manutenzione anche straordinaria dell'immobile demaniale e secondo le previsioni censurate (diversamente dal regime previgente) senza che le spese e gli investimenti sostenuti possano essere tenuti in considerazione al fine della determinazione del canone; e' soggetto alla assicurazione obbligatoria dell'immobile per il valore commerciale ed al versamento di una cauzione maggiore di quella richiesta all'«inquilino» (tre mensilita' invece di due). Ed e' proprio in considerazione di tali elementi che i canoni demaniali sono risultati sempre inferiori ai canoni di locazione degli immobili di proprieta' privata, in applicazione del principio di eguaglianza che non consente di equiparare posizioni differenti. Rilevante e non manifestamente infondata appare infine la censura di incostituzionalita' delle nuove norme regolatrici dei canoni demaniali laddove le stesse, imponendo di far riferimento ai valori medi individuati dall'O.M.I. per ciascun Comune, assoggettano del tutto illogicamente a diverso canone demaniale «pertinenze» di identico valore: si pensi ad immobili su aree confinanti di uno stesso lungomare ricadenti pero' nel territorio di comuni diversi aventi diverso valore immobiliare medio. Tanto premesso, ritenendo non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dedotte dalla societa' ricorrente, il tribunale intende sollevare - con riferimento agli artt. 3, 53 e 97 Cost. - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 251, legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella parte in cui prevede un immotivato incremento (di oltre il 300%) del canone demaniale delle pertinenze demaniali.