IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la presente ordinanza nella Camera di consiglio del 12 marzo 2009. Visti gli artt. 21 u.c., e 23-bis, comma 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; Visto l'appello proposto da: Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca; Ufficio scolastico regionale per la Sicilia; Ufficio scolastico provinciale di Ragusa; Istituto comprensivo «A. Amore» di Pozzallo rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato con domicilio in Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; Contro A. F. e C. G. in proprio e nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore A.J.R., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Gennaro, elettivamente domiciliati in Palermo, via Oberdan n. 5, presso lo studio dell'avv. Girolamo Rubino, per l'annullamento dell'ordinanza cautelare resa, inter partes, dal Tribunale amministrativo per la Regione Sicilia, sede distaccata di Catania, in 3 dicembre 2008, depositata in data 4 dicembre 2008, comunicata in data 12 dicembre 2008, portante il n. 1700/2008 Reg. Ord. Sosp., emessa in seno al ricorso n. 2995/2008, non notificata, con la quale il giudice di primo grado ha accolto la domanda cautelare disponendo che il Ministero intimato «valuti le gravi concrete esigenze dell'alunna. Al fine di attribuire alla stessa, anche in deroga, un numero di ore d'insegnamento di sostegno conformi alle proprie esigenze ed a quelle evidenziate dagli organi all'uopo istituiti dell'istituto scolastico di appartenenza». Visto l'atto di costituzione in giudizio di: A.F. e C.G. in proprio e nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore A.J.R. Udito il relatore Cons. Pietro Ciani e uditi, altresi', per la parte appellante l'avv. dello Stato Faraci e l'avv. G. Rubino su delega dell'avv. G. Gennaro per A.F. e C.G. in proprio e nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore A.J.R.; Ritenuto in fatto Con ricorso del 13 novembre 2008, i ricorrenti, in proprio e nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore, hanno richiesto al T.A.R.S., Sezione di Catania, provvedimento cautelare, avente ad oggetto l'ordine di assegnazione, in favore della predetta minore, di un docente di sostegno per 25 ore settimanali. Hanno premesso, a fondamento del ricorso, che la figlia minore, e' affetta da «ritardo psico-motorio e crisi convulsive da encefalopatia grave»; che tale disabilita' e' stata accertata dalla Commissione medica per le invalidita' civili; che la minore e' stata iscritta, nell'anno scolastico 2006/2007 alla scuola dell'infanzia dell'Istituto Amore; Hanno ulteriormente dedotto che gli organi deputati, provvedendo all'approvazione del piano educativo personalizzato, concludevano per l'assegnazione, nell'anno scolastico 2008/2009, di un docente specializzato di sostegno per 25 ore settimanali, in deroga al rapporto 1:4, per come formulato dall'equipe pedagogica; che l'Amministrazione scolastica, al contrario assegnava alla minore, in sede di formazione degli organici, solo la presenza di un docente di sostegno per 12 ore settimanali. In punto di diritto, i ricorrenti hanno rilevato come la mancata realizzazione di un completo intervento didattico a sostegno dell'alunno e' rilevante sotto il profilo giuridico; a sostegno dell'invocata tesi hanno richiamato le norme di diritto internazionali ratificate dall'Italia, le norme costituzionali di cui agli articoli 34 e 38, la legge 5 febbraio 1992 e quelle successive che disciplinano la materia, nonche' l'eccesso di potere, sub specie di carenza di adeguata motivazione, concludendo, nella sostanza, con l'assunto che, nel caso in specie, l'Amministrazione, in sede di formazione degli organici, abbia compromesso il diritto del disabile ad un'effettiva assistenza didattica che viene ritenuta, alla luce della normativa invocata, del tutto incomprimibile da parte della p.a. Il giudice di prime cure, aderendo, alle tesi avversarie ha accolto la richiesta cautelare con provvedimento propulsivo che, a prescindere dall'infelice formulazione, ordina, nella sostanza, all'Amministrazione comparente il ripristino dell'insegnamento di 25 ore settimanali in favore dell'alunna. L'ordinanza e' stata appellata dall'Amministrazione con i seguenti motivi: «Al riguardo si rileva che, se l'art. 40, comma l, della legge n. 449 del 1997 assicura l'integrazione scolastica degli alunni disabili con interventi adeguati al tipo ed alla gravita' dell'handicap, l'art. 2, comma 414, della legge finanziaria in vigore (legge del 24 dicembre 2007, n. 244) sopprime la possibilita' di concedere deroghe al numero dei posti, assegnati annualmente, che non possono essere incrementati, mentre il decreto Interministeriale sugli organici (tabella G relativo all'obiettivo fissato dall'art. 2, comma 412 della legge n. 244/2007) impone, addirittura, rispetto all'organico dell'anno scolastico 2007/2008 per la Sicilia, un decremento di 2.521 posti da raggiungere comunque. La Sicilia, tra l'altro, e' tra le regioni italiane con il piu' favorevole rapporto docenti alunni ovvero di 1 docente ogni 1,76 alunni contro un rapporto, medio nazionale, di un insegnante per due alunni diversamente abili, fissato dall'art. 2, comma 413, della legge finanziaria in vigore. Inoltre, il comma 413 dell'art. 2 della legge citata fissa un tetto nazionale di posti non superabile, stabilendo che i posti in organico non possono superare il 25% delle sezioni e classi previste nell'organico di diritto dell'a.s. 2006/2007. L'ultimo capoverso, poi, del comma 413 richiama la possibilita' di una compensazione tra le varie province in base alla necessita', ma in modo da non superare il gia' citato rapporto medio di 1 a 2. Il successivo comma 414 abolisce espressamente la possibilita' di deroga che la legge 21 gennaio 1997, n. 449, invece, prevedeva. In tale quadro normativo i posti sono assegnati non in base alle proposte dei gruppi di lavoro, di cui all'art. 5, comma 2, del d.P.R., costituiti in ogni scuola ma in relazione alle disponibilita' totali e la proposta del gruppo serve solo come elemento di valutazione per distribuire le risorse assegnate. Ne consegue che la riduzione delle ore da 25 a 12 settimanali e' stata effettuata in ottemperanza al rapporto, un'insegnante per due ragazzi diversamente abili, previsto dalla legge e in ossequio alle risorse assegnate. Sotto tale profilo, il TARS Catania statuendo, nell'ordinanza appellata, l'obbligo dell'Amministrazione di assegnare in deroga (principio come detto sopra, ormai, abrogato) all'alunno, un numero superiore di ore di sostegno, viola apertamente la legge. Il TARS Catania, poi, non tiene in conto che il ricorso e', nel merito, privo sia del fumus che del danno grave ed irreparabile. Ed invero, in punto di diritto, il giudice di prime cure accede, sostanzialmente, all'affermazione del reclamante per cui la posizione dedotta sia di diritto soggettivo totalmente incomprimibile; tale asserzione, ad avviso dell'amministrazione appellante, e' destituita di fondamento. Il diritto del disabile ad ottenere un insegnamento di sostegno e' condizionato, nel quomodo, dalle disponibilita' finanziarie che, con atti eminentemente politici, il Parlamento destina a tale bisogno. Ne consegue che le modalita' di tempo e spazio da dedicare all'insegnamento di sostegno, a favore dei ragazzi disabili, sono collegate alle disponibilita' finanziarie destinate annualmente dal Legislatore e tradotte dagli organi scolastici, con discrezionalita' tecnica ed organizzativa in ottemperanza ai vincoli normativamente stabiliti, non sindacabile dal g.a., se non manifestamente irragionevole o emessa in violazione delle norme di legge disciplinanti la materia medesima. Ne' puo' ritenersi che la legge in questione violi la normativa comunitaria e/o il dettato costituzionale; ed invero, le norme citate dalla ricorrente, tutte di principio e programmatiche, non stabiliscono nel dettaglio i livelli minimi di prestazioni che gli stati membri sono tenuti ad erogare; la determinazione di tali livelli minimi e' rimessa alla discrezionalita' del Legislatore ordinario anche in relazione ai vincoli comunitari di bilancio cui e' sottoposto ed alla compatibilita' di spesa fissata nelle leggi finanziarie in relazione ai fondi disponibili anno per anno. La stessa Corte costituzionale ha sempre rilevato che (escluse le compressioni per atti intrusivi della p.a. su diritti fondamentali) il diritto a ottenere comportamenti attivi dei pubblici poteri, che vadano ad ampliare posizioni soggettive, anche di rango costituzionale, non e' illimitato, poiche' tale diritto va comparato con altri interessi di pari rango costituzionale come l'equilibrio della finanza pubblica e la corretta ed equilibrata allocazione delle risorse (non infinite) su tutti i settori nodali dell'ordinamento. Ora, gli stessi ricorrenti si lagnano di una (relativa) diminuzione di ore, non della soppressione del servizio che, diversamente, poteva dare adito ad altre considerazioni in punto di diritto. In sintesi non viene in discussione nessuna lesione del diritto soggettivo del minore posto che il quomodo dell'insegnamento di sostegno e' diversamente calibrato conservando il suo nocciolo duro (12 ore la settimana) che resta, sostanzialmente, inalterato; da cio' deriva la chiara infondatezza del ricorso nel merito. Anche il danno grave ed irreparabile, poi, e' ritenuto sussistente per tabulas senza indagine alcuna sulla sua reale esistenza. Al contrario, la riduzione delle ore di sostegno, nel quadro complessivo, degli interventi programmati per 1'integrazione scolastica non puo' essere considerata, di per se', lesiva dell'interesse allo sviluppo educativo e personale dell'alunno disabile. Ed invero, sul piano pedagogico e didattico si deve evidenziare che il concetto di integrazione, del soggetto portatore di handicap, nell'ambiente scolastico presuppone che lo stesso partecipi il piu' possibile alla vita scolastica ed alle ordinarie attivita' didattiche, ovviamente, su un piano di interventi formativi specifici ed individualizzati, progettato ed attuato in concorso tra loro dagli insegnanti curriculari e da quelli di sostegno (i quali peraltro non sono "assegnati" al singolo alunno disabile bensi' alla classe o sezione dello stesso frequentata, assumendone, come specificato dal citato art. 135 del decreto legislativo n. 297/1994, la con titolarita' al pari degli insegnanti di sostegno). Invero, 1'instaurazione di un rapporto continuo ed esclusivo dell'alunno disabile con l'insegnante di sostegno, anziche' favorirne lo sviluppo cognitivo e comportamentale, potrebbe, al contrario pregiudicarlo, in quanto l'alunno disabile verrebbe ad essere escluso, o comunque confinato, da quel rapporto normale con gli altri alunni che, nella logica dell'integrazione, costituisce uno stimolo al suo recupero e sviluppo. Anche sotto tale aspetto 1'ordinanza avversata e' meritevole di censura per l'erroneita' in cui incorre». L'Amministrazione conclude chiedendo l'annullamento della ordinanza impugnata. Si sono costituiti gli appellati che hanno puntualmente confutato le tesi avversarie chiedendo il rigetto dell'appello e sollevando, in subordine, una questione di legittimita' costituzionale come segue: «In via meramente gradata, qualora l'intestato CGA, dovesse ritenere, in adesione alla tesi prospettata dall'appellante che l'art. 2, commi 413 e 414 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, abbia introdotto un limite inderogabile che condiziona il diritto costituzionalmente garantito per il disabile in condizioni di assoluta gravita' a poter avere 1'insegnante di sostegno per un numero di ore corrispondente all'offerta formativa garantita anche per i minori che non versano in condizioni di disabilita', sospendere il presente giudizio e rimettere gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo la questione di legittimita' costituzionale di detti articoli non manifestatamene infondata, al fine di far dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 413 e 414, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 per violazione dell'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione che garantisce la pari dignita' sociale ed obbliga lo Stato ad individuare le modalita' con le quali rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno sviluppo e l'effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del paese; dell'art. 34 della Costituzione, che impone l'obbligo di istruzione per tutti i cittadini; dell'art. 35 della Costituzione, concernente la formazione e 1'elevazione professionale; e dell'art. 38 della Costituzione, che attribuisce agli inabili e minorati il diritto all'educazione e all'avviamento professionale». Considerato in diritto Com'e' noto il problema dell'inserimento dei disabili nella scuola e' stato in un primo momento risolto nell'ordinamento con gli strumenti delle scuole speciali e delle classi differenziali (leggi nn. 1073/1962, 942/1966, 444/1968). Negli anni settanta questo indirizzo viene sostanzialmente modificato stabilendo che l'istruzione dell'obbligo debba avvenire nelle classi normali della scuola pubblica (legge n. 118/1971). Con le successive leggi nn. 517/1977 e 270/1972 si stabiliscono poi in concreto le forme di integrazione e di sostegno a favore dei disabili prevedendo appunto nei ruoli della scuola le dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno. Altra normativa di ampio respiro a favore dei disabili e' stata dettata con la legge n. 104/1992 che, con enunciazioni di principio valevoli altresi' quale norma di grande riforma economico sociale (articoli 1 e 2) garantisce al disabile «il pieno rispetto della dignita' umana dei diritti di liberta' e di autonomia della persona andicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia nella scuola nel lavoro e nella societa». Questa legge in particolare all'art. 12, terzo comma e 13, terzo comma garantisce l'attivita' di sostegno mediante docenti specializzati come mezzo necessario di «integrazione scolastica» che «ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialita' della persona andicappata nell'apprendimento nella comunicazione nelle relazioni e nella socializzazione». Tali garanzie sono state poi trasfuse o ribadite negli articoli da 312 a 325 del T.U. sull'istruzione di cui al d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297. Successivamente, la legge n. 449 del 1997 all'art. 40 assicura l'integrazione scolastica «degli alunni andicappati con interventi adeguati al tipo ed alla gravita' dell'handicap, compreso il ricorso all'ampia flessibilita' organizzativa e funzionale delle classi prevista dall'art. 21 commi 8 e 9 della legge 15 marzo 1997 n. 59, nonche' la possibilita' di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti ed alunni indicato al comma 3 in presenza di handicap particolarmente gravi». Appare quindi evidente dall'excursus normativo dianzi rappresentato come l'ordinamento abbia innanzitutto considerato il disabile alla stregua di qualsiasi altro soggetto titolare dei diritti fondamentali assicurati dalla Carta costituzionale e quindi alla istruzione ed al conseguente inserimento al mondo del lavoro (art. 38, terzo comma Cost.). In questa ottica appare altresi' evidente che l'indirizzo del legislatore sia stato finora improntato all'obiettivo di assicurare la effettivita' della tutela del disabile nella materia de qua e cio' risulta particolarmente dalla previsione del citato art. 40, legge n. 449/1997 di derogare al rapporto fisso docenti alunni in relazione alla gravita' dell'handicap nei singoli casi. Invero, per rendere effettivo questo diritto il legislatore aveva avvertito la necessita' di valutare la disabilita' nelle sue varie forme, non gia' in astratto bensi' in concreto, come risulta dalla normativa citata pregressa ed attuale. L'art. 3 della legge n. 104/1992 enuncia infatti in linea di principio il diritto dell'handicappato «alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura ed alla consistenza della minorazione, alla capacita' complessiva individuale residua ed alla efficacia delle terapie riabilitative». L'art. 12 della stessa legge, dedicato al diritto alla istruzione, prevede al quinto comma «un piano educativo individualizzato» di cui occorre tener conto ai fini della valutazione (art. 16 primo comma) e della formazione professionale (art. 17 primo comma). La necessita' del piano educativo individualizzato e' confermata dall'art. 314 quarto comma del T.U. sull'istruzione n. 297/1994, nonche' dal successivo art. 315 quarto comma con riferimento specifico all'insegnamento di sostegno. Da ultimo, anche l'art. 40 della legge n. 449/1997 al primo comma, ancora in vigore, ribadisce, come gia' osservato, che: «In attuazione dei principi generali fissati dalla legge 502/1992 n. 104 e' assicurata l'integrazione scolastica degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravita' dell'handicap». In altri termini il legislatore aveva ed ha acquistato coscienza che la disabilita', per sua natura, non e' suscettibile di generalizzazioni, attese le diverse forme in cui la disabilita' stessa puo' manifestarsi; che queste forme non sono suscettibili di essere ricondotte ad un minimo comune denominatore e che quindi non e' sufficiente la previsione di un rapporto standard docenti di sostegno - alunni disabili, ma e' invece necessario, per assicurare appunto una tutela effettiva, prevedere, per i casi di handicap piu' gravi, una deroga al rapporto fisso, deroga prevista come mezzo indispensabile al conseguimento delle finalita' della legge n. 104/1992. I commi in questione della legge finanziaria n. 244 del 2007 hanno soppresso incontestabilmente tale possibilita' di deroga ed il comma 414 dell'art. 2, nel suo chiaro tenore, non si presta ad interpretazioni difformi dal suo contenuto letterale. Peraltro, la difesa della amministrazione appellante sottolinea che tale disposizione non potrebbe essere contestata sotto il profilo costituzionale e cio' per tutta una serie di argomentazioni: Innanzitutto la normativa suindicata non avrebbe avuto come conseguenza la soppressione totale del servizio fornito dagli insegnanti di sostegno (e solo in questo caso - prosegue la Amministrazione - si sarebbe potuto dubitare della sua costituzionalita'), ma prevede soltanto una riduzione di ore, riduzione che, nel quadro degli interventi programmati per l'integrazione scolastica, non potrebbe essere considerata di per se' lesiva dell'interesse allo sviluppo educativo e personale del disabile. In secondo luogo l'Amministrazione sostiene che il diritto del disabile ad ottenere un insegnamento di sostegno e' condizionato nella sua concreta attuazione dalle disponibilita' finanziarie dello Stato che vengono destinate dal Parlamento con atti eminentemente politici. D'altra parte, anche la giurisprudenza costituzionale, in relazione al fondamentale diritto alla salute, avrebbe ripetutamente affermato che anche tale diritto resta condizionato da altri interessi di pari rango costituzionale, quale l'equilibrio della finanza pubblica e la allocazione delle risorse peraltro limitate (v. Corte cost. nn. 432/2005, 306/2008). Al riguardo il Collegio, pur non disconoscendo il peso delle argomentazioni addotte dall'Amministrazione, e pur essendo consapevole dell'orientamento assunto dalla Corte costituzionale in campo sanitario, ritiene che nella materia de qua sia possibile pervenire a conclusioni parzialmente diverse. Come accennato in precedenza la disabilita', per sua natura, presenta aspetti troppo soggettivi e variabili da caso a caso per poter essere ricondotta a categorie unitarie. Pertanto, per garantire la effettivita' dell'istruzione scolastica sono al tempo stesso indispensabili sia la previsione in via generale di un livello standard dal servizio di sostegno, ma sia anche quella del superamento di tale standard per comprovate esigenze particolarmente gravi del singolo disabile. L'art. 3, comma 3 della legge n. 104/1992 definisce come gravi quelle menomazioni che rendono «necessario un intervento assistenziale permanente continuativo e globale». L'accertamento della gravita' e' demandato ad apposite commissioni mediche presso le USL opportunamente integrate con esperti ed operatori sociali (art. 4 e art. 20, legge n. 324/1993). La gravita', poi una volta cosi' riconosciuta determina, a vantaggio del disabile, un diritto alla «priorita' nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici» (art. 3, comma 3). Pertanto l'accertamento della gravita' comporta anche l'accertamento del livello di assistenza che e' necessario all'handicappato grave per superare il proprio svantaggio. Cio' significa che lo standard garantito non e' in grado di assicurare al disabile particolarmente grave il sostegno che gli e' prioritariamente necessario. Pertanto se si riduce (come ha disposto la legge in esame) il sostegno che e' stato ritenuto necessario nel caso singolo a quello che e' il mero standard generalizzato, ne dicscende che il diritto prioritario del disabile grave alla integrazione scolastica non risulta soltanto affievolito (come sostiene la difesa dell'Amministrazione), ma viene in pratica vanificato o per meglio dire soppresso. In altri termini, per il disabile grave e che ne abbia effettivo bisogno, l'aumento delle ore di sostegno rispetto allo standard generale rappresenta esso stesso,ed in quella misura il minimum per assicurare al disabile grave la tutela cui ha diritto. Se cio' e' esatto, anche il riferimento che fa la difesa dell'Amministrazione all'orientamento assunto dalla Corte costituzionale in campo sanitario non appare probante. La Corte ha sempre affermato che «l'esercizio di ogni diritto anche quello costituzionalmente garantito puo' essere dalla legge regolato e sottoposto al limite sempre che questo sia compatibile con la funzione del diritto di cui si tratta e non si traduca comunque nella esclusione dell'effettiva possibilita',nell'esercizio in parola» Corte cost. nn. 345/1999, 203/1985, 71/1993, 33/1977, 10/1970. Nella stessa ottica la Corte ha tuttavia ritenuto che in queste materie (istruzione, sanita', lavoro e previdenza, intese tutte quali diritti fondamentali dell'uomo) sussista un nucleo incomprimibile e che comunque competa alla Corte verificare che le scelte legislative non siano affette da palese arbitrarieta' o irrazionalita', ovvero non comportino una lesione del nucleo minimo della garanzia (Corte cost. nn. 342/2006, 432/2005, 226/2000, 27/1998). Per quanto suesposto il Collegio ritiene che la abolizione della deroga di cui all'art. 40, legge n. 449/1997 vada ad incidere su tale nucleo minimo e comporti quindi la sostanziale perdita di effettivita' della tutela che in precedenza veniva assicurata al disabile grave con norme che rappresentavano la fedele attuazione di diritti costituzionalmente garantiti dal gia' citato art. 38, terzo e quarto comma. In altri termini la normativa di cui ai commi 413 e 414 della legge n. 244/2007 nel momento in cui sopprime la riserva a favore dei disabili particolarmente gravi viene ad incidere sul «nucleo rigido» che rappresenta i bisogni e la tutela minima spettante al disabile grave venendo in tal modo non gia' solamente a comprimere, ma in sostanza a vanificare ogni loro diritto all'istruzione scolastica ed ogni aspettativa all'inserimento futuro nel mondo del lavoro. Peraltro, prima affrontare le questioni di costituzionalita', occorre darsi preliminarmente carico di verificare la rilevanza della questione nella fattispecie in esame. In proposito il Collegio rileva che dagli atti risulta che la minore de qua e' affetta da ritardo psicomotorio grave e crisi convulsive da encefalopatia grave; risulta inoltre che tale malattia e' stata riconosciuta dalla competente commissione medica dichiarando la stessa invalida con handicap in situazione di gravita' ex art. 3 della legge n. 104/1992; che la minore ha frequentato e frequenta la scuola d'obbligo e che gia' nell'anno 2006-2007 veniva ammessa alla deroga al rapporto 4:1 con assegnazione di 25 ore settimanali di sostegno; che identica richiesta veniva avanzata anche per l'anno 2008-2009; che tuttavia, all'inizio dell'anno scolastico 2008-2009 in dipendenza della normativa introdotta dalla legge n. 244/2007 in luogo delle precedenti 25 ore settimanali le venivano assegnate n. 13 ore e che tale determinazione veniva impugnata con il ricorso in esame. Il disposto di cui al citato art. 2, comma 414 della legge n. 244/2007 attesa la sua tassativita' - come gia' osservato - non consente una esegesi diversa da quella sostenuta dall'Amministrazione appellante. Pertanto, la applicazione della citata normativa dovrebbe comportare l'accoglimento del presente appello cautelare. Risulta percio' evidente, a giudizio del Collegio, la rilevanza della questione poiche' da un lato l'amministrazione non puo' disconoscere il dettato normativo e, dall'altro, una pronuncia del giudice delle leggi che ritenesse fondata la questione di costituzionalita' consentirebbe il ripristino delle 25 ore di sostegno settimanali, misura questa che le varie commissioni mediche e sociopedagogiche hanno ritenuto essere il minimo necessario per consentire di rendere effettivo il diritto della minore all'educazione all'istruzione ed alla integrazione scolastica in applicazione dei principi di cui alla legge n. 104/1992. Cio' premesso in punto di rilevanza, la questione non appare manifestamente infondata e cio' sotto vari profili. 1) Innanzitutto i commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244/2007 sembrano porsi in contrasto con i parametri costituzionali di cui agli articoli 2, 3 primo e secondo comma e 38 terzo e quarto comma della Costituzione alla luce delle seguenti considerazioni. L'ordinamento, come risulta dall'art. 2, e' univocamente orientato e riconoscere valore fondamentale alla persona come individuo e, a tal fine, prevede un obbligo di solidarieta' che, a seconda dei casi, puo' essere posto a carico del singolo ed a favore della collettivita', ovvero a carico della collettivita' ed a favore del singolo (arg. da Corte cost. nn. 306/2008, 118/1996). A questa ultima ipotesi e' riconducibile la fattispecie in esame in cui l'obbligo di solidarieta', posto a carico della collettivita', discende da principi di carattere costituzionale fissati nei commi 3 e 4 dell'art. 38 che proclamano il diritto dei disabili all'educazione e accollano questo compito allo Stato. Il Collegio e' consapevole dell'orientamento del giudice delle leggi il quale ha costantemente affermato che gli obblighi assistenziali previsti dall'art. 38 non possono prescindere dall'intervento del legislatore circa la loro qualita', misura e modalita' di erogazione in relazione anche alla discrezionale ponderazione di altri concomitanti principi di natura costituzionale e non ultimi quello finanziario dell'equilibrio del bilancio (Corte cost. nn. 432/2005, 252/2001). Il Collegio, tuttavia, e' anche consapevole che pur nelle affermazioni di cui sopra la Corte costituzionale - come gia' osservato - ha sempre rivendicato la propria funzione di controllo delle scelte legislative in materia e particolarmente sotto l'aspetto della parita' di trattamento, del rispetto del nucleo minimo di garanzia, della razionalita' o di non arbitrarieta' delle scelte legislative (Corte cost. nn. 342/2006, 226/2000, 118/1996). A tale proposito il Collegio, ribadendo il proprio convincimento, ritiene che il nucleo minimo dei diritti dei disabili piu' gravi sia stato compromesso dalla abolizione della riserva a loro favore in quanto - ripetesi - solo tale riserva assicurava ad essi il minimo indispensabile di tutela per rendere effettivo il loro diritto alla istruzione. Cio' premesso, in relazione all'art. 2 ed all'art. 3, primo comma e sotto il profilo della parita' di trattamento, il Collegio osserva che, pur rientrando certamente nella discrezionalita' del legislatore introdurre regimi differenziati all'interno di una stessa categoria, tali regimi tuttavia debbono corrispondere ad una «causa normativa non palesemente irrazionale o, peggio arbitraria» Corte cost. nn. 306/2008, 432/2005. Nel caso di specie l'elemento discriminante del regime differenziato e' costituito proprio dalla gravita' dell'handicap poiche' la riserva che e' stata cancellata dall'art. 2, comma 414 della legge n. 244/2007 riguardava soltanto gli handicappati piu' gravi. Sotto questo profilo la scelta del legislatore del 2007 non solo non sembra allineata ne' con i valori di solidarieta' collettiva sanciti dall'art. 2 e dall'art. 38 della Costituzione, ma appare altresi' insostenibile dal punto di vista della ragionevolezza in quanto, mentre conferma la necessita' di assistenza ed il sostegno ai soggetti in stato di handicap piu' lieve (mantenendo un livello standard di sostegno ancorche' piu' ridotto) la esclude per gli handicappati piu' gravi e cioe' proprio per quei soggetti per i quali e' stato accertato che il bisogno di sostegno e' maggiore e la situazione di disagio e' piu' intensa. Ne' varrebbe obiettare che anche ai disabili gravi continua ad essere assicurato questo standard minimo, dal momento che - come piu' volte osservato - per costoro il minimo e' quello accertato in sede di deroga. In altri termini proprio l'elemento (gravita' dell'handicap) che giustificava un regime differenziato di favore per i disabili gravi, regime peraltro necessario per assicurare parita' di trattamento tra disabili gravi e meno gravi di fronte al pari diritto alla educazione, dovrebbe ora giustificare l'introduzione di una disparita' di trattamento all'interno della categoria dei disabili ed in danno di quelli piu' gravi. La irrazionalita' della scelta legislativa appare ancora piu' evidente alla luce del parametro contenuto nel secondo comma dell'art. 3. E' compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che limitano lo sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione dei lavoratori alla organizzazione politica economica e sociale del paese. La educazione e' un fattore fondamentale per lo sviluppo della persona umana e si svolge in quella formazione sociale che e' la comunita' scolastica (Corte cost. n. 215/1987). L'art. 38, terzo comma, canonizza poi l'inserimento dei disabili nella scuola affidandone il compito ad organi statali. E' agevole a questo punto sospettare di irragionevolezza una norma che rinuncia ad eliminare ostacoli che pregiudicano valori considerati quali diritti inviolabili proprio nelle ipotesi in cui questi ostacoli appaiono di maggiore gravita'. La irrazionalita' d'altra parte sembra emergere dalle stesse disposizioni del comma 414, legge n. 244/2007 laddove da un lato si sopprime la riserva a favore dei disabili gravi e dall'altro si sancisce, con evidente antinomia, che malgrado tale soppressione deve restare «fermo il rispetto dei principi sulla integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104». Sempre con riferimento alla razionalita' che deve comunque assistere il legislatore nel bilanciamento di interessi parimenti costituzionali, sembra emergere un ulteriore profilo di contrasto con l'art. 3 poiche' le disposizioni in esame fanno prevalere sui diritti dei disabili gravi quella che e' la vera finalita' della soppressione della riserva a loro favore e cioe', nelle intenzioni del legislatore, innanzitutto, la riduzione immediata del costo dell'insegnamento di sostegno e cio', come recita il comma 414, «anche al fine di evitare la formazione di nuovo personale precario». In altri termini, un nucleo incomprimibile di tutela viene considerato recessivo di fronte ad un immediato risparmio di spesa e ad una paventata espansione futura della spesa pubblica. Occorre considerare, al riguardo, che le due esigenze e i due interessi non si prestano logicamente ad una comparazione sullo stesso piano poiche' la mancanza di adeguato sostegno al disabile grave non lascia residuare a quest'ultimo alcuna altra alternativa, laddove le esigenze attuali di bilancio e, ancor piu', la paventata espansione futura della spesa, lasciano al legislatore un ampio ventaglio di alternative e di scelte diverse da quella incidere su un nucleo irriducibile di diritti. 2) I commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244/2007 sembrano poi in contrasto anche con i parametri costituzionali di cui agli articoli 4, primo comma e 35, primo e secondo comma in relazione all'art. 38, terzo comma Cost. L'art. 4, primo comma, proclama infatti che la Repubblica riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. L'art. 35 a sua volta prevede la tutela del lavoro in tutte le sue forme nonche' la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. L'art. 38, terzo comma, sancisce il diritto degli inabili sia all'istruzione, ma anche all'avviamento professionale propedeutico all'inserimento nel mondo del lavoro. Facendo venir meno la riserva a favore degli handicappati gravi, e facendo cosi' venir meno le condizioni minime per la integrazione scolastica, viene conseguentemente pregiudicata dalla normativa in esame anche ogni possibilita' di possibile avviamento professionale in contrasto con i parametri costituzionali suelencati (v. gia' Corte cost. n. 215/1987). 3) Un ulteriore contrasto delle disposizioni in esame con i principi costituzionali emerge con riferimento all'art. 10, primo comma, in relazione agli articoli 2, 3, secondo comma, 4, primo comma, 35, primo e secondo comma e 38, terzo comma Cost. L'art. 10, primo comma, enuncia infatti il principio di adeguamento dell'ordinamento interno ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. In proposito l'ordinamento internazionale appare univocamente orientato ad assicurare ai disabili una tutela effettiva e non meramente teorica. Infatti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1948 - richiamata anche dall'art. 1, legge 10 febbraio 2000, n. 30 (Legge quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione) - afferma, innanzitutto, il diritto di ogni individuo all'istruzione, che deve essere necessariamente indirizzata al pieno sviluppo della personalita' umana (art. 26), senza distinzione dipendenti da qualunque condizione personale (art. 2) o discriminazioni di qualunque natura (art. 7). La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, afferma che «il diritto all'istruzione non puo' essere rifiutato a nessuno» (art. 2 del protocollo addizionale numero 1, di firmato a Parigi il 20 marzo 1952), e, nell'imporre il divieto di discriminazione, statuisce chiaramente che «il godimento dei diritti e delle liberta' riconosciuti nella ... Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione» che si fondi su qualsiasi «condizione» (art. 14 della Convenzione). La Carta sociale europea, ratificata con legge 9 febbraio 1999, n. 30, impone in generale la speciale tutela dei bambini e degli adolescenti contro i pericoli fisici e morali cui sono esposti e sancisce, nello specifico, il diritto all'istruzione obbligatoria ed alla formazione, anche professionale, il diritto di usufruire di tutte le visure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile ed il diritto di beneficiare di servizi sociali qualificati. Con riferimento alla persona portatrice di handicap, a puntualizzazione dell'obbligo di protezione dell'emarginazione sociale, viene previsto in modo esplicito il diritto all'autonomia, all'integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunita', a prescindere dall'eta' e dalla natura ed origine della loro infermita', attraverso adeguati strumenti di orientamento, educazione e formazione professionale (art. 15). La garanzia del diritto di accesso all'istruzione per i bambini ed i ragazzi in eta' scolare su una base di parita' di trattamento, senza discriminazione di qualsiasi genere e, specificatamente, dovute alla presenza di un handicap si rinviene, d'altra parte, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata il 7 dicembre 2000 (articoli 14, 21 e 26), e nel trattato di Costituzione per l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004 (articoli II-81, 11-86), che riconosce «Il diritto delle persone con disabilita' di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunita». Da ultimo, la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilita', approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, all'art. 24 prevede che: «1. gli Stati Parti riconoscono il diritto all'istruzione delle persone con disabilita'. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazione e su base di pari opportunita', gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l'arco della vita, finalizzati: a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignita' e dell'autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani delle liberta' fondamentali e della diversita' umana; b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilita', della propria personalita', dei talenti e della creativita', come pure delle proprie abilita' fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialita'; c) apporre le persone con disabilita' in condizione di partecipare effettivamente ad una societa' libera. 2. Nell'attuazione di tale diritto, gli Stati Parti devono assicurare che: a) le persone con disabilita' non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilita' e che i minori con disabilita' non siano esclusi in ragione della disabilita' da una istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall'istruzione secondaria; b) le persone con disabilita' possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all'interno delle comunita' in cui vivono, ad un'istruzione primaria, di qualita' e libera ed all'istruzione secondaria; c) venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno; d) le persone con disabilita' ricevano il sostegno necessario, all'interno del sistema educativo generale al fine di agevolare la loro effettiva istruzione; e) siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all'obiettivo della piena integrazione. Alla luce di tali norme e di tali principi solennemente e ripetutamente riconosciuti dal diritto internazione ai livelli piu' elevati appare evidente come il legislatore nazionale con la normativa di cui alla legge n. 244/2007 abbia discriminato i disabili piu' gravi ed abbia pregiudicato i diritti ad essi riconosciuti dal diritto internazionale comune e richiamati dall'art. 10 primo comma ponendosi cosi' in contrasto anche con gli altri parametri costituzionali suindicati che assicurano al disabile il pieno sviluppo della personalita' (art. 2), la non discriminazione (art. 3) il diritto alla educazione ed all'inserimento nel mondo del lavoro (art. 38). 4) Da ultimo i commi in questione sembrano altresi' in contrasto con gli articoli 34, primo comma e 38, terzo e quarto comma anche con riferimento agli articoli 30, primo e secondo comma e 31, primo comma. Questi articoli enunciano, infatti, il principio che la scuola e' aperta a tutti, che l'istruzione inferiore e' obbligatoria, che anche i disabili hanno diritto alla educazione e che a questo compito provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato e cio' anche in funzione suppletiva della famiglia. Il legislatore del 2007 e con la soppressione della riserva a favore degli handicappati gravi sembra avere legiferato in aperto contrasto con i parametri enucleabili dalle norme costituzionali dianzi ricordate. Invero non viene innanzitutto assicurato al disabile grave (come si verifica nel caso di specie) neppure la istruzione obbligatoria cui ha diritto ex art. 34, primo comma e, conseguentemente, neppure quella successiva alla scuola d'obbligo cui pure l'handicappato da diritto ex art. 38, terzo comma, diritto che la giurisprudenza costituzionale gli ha gia' riconosciuto (v. la decisione n. 215/1987) in quanto tale istruzione e' finalizzata all'inserimento del disabile nel mondo del lavoro. Venuta meno la riserva a favore dei disabili gravi allo stesso tempo e' venuta meno la funzione affidata dall'art. 38, quarto comma, agli organi ed istituti statali quale mezzo indispensabile per rendere effettivo il diritto all'istruzione. Non va poi obliterato che tale compito, che viene affidato allo Stato dall'art. 38 quarto comma, si pone in diretta connessione con quello corrispondente affidato alla famiglia dall'art. 30, primo comma ed al quale, in caso di incapacita' dei genitori, il successivo secondo comma prevede ugualmente la supplenza da parte dello Stato. Nella stessa ottica si muove anche l'art. 31, primo comma il quale fa carico allo Stato di agevolare l'adempimento dei compiti della famiglia (tra cui e' compresa l'istruzione) ed appare percio' strutturalmente interconnesso con la concreta attuazione degli obblighi familiari. In proposito vale ricordare quanto ha gia' affermato la Corte costituzionale nella piu' volte citata decisione n. 215/1987 con riferimento all'art. 38, quarto comma «per altro verso, la disposizione pone in risalto come all'assolvimento di tali compiti siano deputati primariamente gli organi pubblici. Da cio' si ha, sotto altro e piu' generale profilo, significativa conferma nella disposizione di cui all'art. 31, primo comma, Cost., che, facendo carico a tali organi di agevolare, con misure economiche e "altre provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i quali e' quello dell'istruzione ed educazione dei figli art. 30) - presuppone che esso possa per vari motivi risultare difficoltoso: ed e' evidente che se vi e' un settore in cui la dedizione della famiglia puo' risultare in concreto inadeguata, esso e' proprio quello dell'educazione e sostegno dei figli handicappati». E' evidente quindi il contrasto delle norme della finanziaria 2008 anche con gli articoli 30 e 31 della Carta costituzionale. Per tutte le considerazioni suesposte la questione di costituzionalita' appare rilevante e non manifestamente infondata ed occorre pertanto rimettere la questione alla Corte costituzionale sospendendo la pronuncia, ma provvedendo interinalmente (Corte cost, nn. 444/1990; 367/1991).