IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
    Ha pronunciato la presente ordinanza nella  Camera  di  consiglio
del 12 marzo 2009. 
    Visti gli artt. 21 u.c., e 23-bis, comma 3 della legge 6 dicembre
1971, n. 1034; 
    Visto   l'appello   proposto   da:   Ministero    dell'istruzione
dell'universita' e della ricerca; Ufficio scolastico regionale per la
Sicilia;  Ufficio  scolastico   provinciale   di   Ragusa;   Istituto
comprensivo  «A.  Amore»   di   Pozzallo   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura dello Stato con domicilio in Palermo, via  Alcide  De
Gasperi n. 81; 
    Contro A. F. e C. G. in proprio  e  nella  qualita'  di  genitori
esercenti la potesta' sulla figlia  minore  A.J.R.,  rappresentati  e
difesi  dall'avv.  Giuseppe  Gennaro,  elettivamente  domiciliati  in
Palermo, via Oberdan  n.  5,  presso  lo  studio  dell'avv.  Girolamo
Rubino,  per  l'annullamento  dell'ordinanza  cautelare  resa,  inter
partes, dal Tribunale amministrativo per  la  Regione  Sicilia,  sede
distaccata di Catania, in 3  dicembre  2008,  depositata  in  data  4
dicembre 2008, comunicata in data 12 dicembre 2008,  portante  il  n.
1700/2008 Reg. Ord. Sosp., emessa in seno al  ricorso  n.  2995/2008,
non notificata, con la quale il giudice di primo grado ha accolto  la
domanda cautelare disponendo che il  Ministero  intimato  «valuti  le
gravi concrete esigenze  dell'alunna.  Al  fine  di  attribuire  alla
stessa, anche in deroga, un numero di ore d'insegnamento di  sostegno
conformi alle proprie esigenze ed a quelle evidenziate  dagli  organi
all'uopo istituiti dell'istituto scolastico di appartenenza». 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  di:  A.F.  e  C.G.  in
proprio e nella qualita' di  genitori  esercenti  la  potesta'  sulla
figlia minore A.J.R. 
    Udito il relatore Cons. Pietro Ciani e uditi,  altresi',  per  la
parte appellante l'avv. dello Stato Faraci  e  l'avv.  G.  Rubino  su
delega dell'avv. G. Gennaro per  A.F.  e  C.G.  in  proprio  e  nella
qualita' di  genitori  esercenti  la  potesta'  sulla  figlia  minore
A.J.R.; 
                          Ritenuto in fatto 
    Con ricorso del 13 novembre 2008,  i  ricorrenti,  in  proprio  e
nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore,
hanno  richiesto  al  T.A.R.S.,  Sezione  di  Catania,  provvedimento
cautelare, avente ad oggetto  l'ordine  di  assegnazione,  in  favore
della  predetta  minore,  di  un  docente  di  sostegno  per  25  ore
settimanali. 
    Hanno premesso, a fondamento del ricorso, che la  figlia  minore,
e'  affetta  da  «ritardo  psico-motorio  e   crisi   convulsive   da
encefalopatia grave»; che tale disabilita' e' stata  accertata  dalla
Commissione medica per le invalidita' civili; che la minore e'  stata
iscritta, nell'anno scolastico 2006/2007  alla  scuola  dell'infanzia
dell'Istituto Amore; 
    Hanno ulteriormente dedotto che gli organi deputati,  provvedendo
all'approvazione del piano educativo personalizzato, concludevano per
l'assegnazione,  nell'anno  scolastico  2008/2009,  di   un   docente
specializzato di sostegno  per  25  ore  settimanali,  in  deroga  al
rapporto  1:4,  per  come  formulato  dall'equipe   pedagogica;   che
l'Amministrazione scolastica, al contrario assegnava alla minore,  in
sede di formazione degli organici, solo la presenza di un docente  di
sostegno per 12 ore settimanali. 
    In punto di diritto, i ricorrenti hanno rilevato come la  mancata
realizzazione  di  un  completo  intervento  didattico   a   sostegno
dell'alunno e' rilevante  sotto  il  profilo  giuridico;  a  sostegno
dell'invocata   tesi   hanno   richiamato   le   norme   di   diritto
internazionali ratificate dall'Italia, le norme costituzionali di cui
agli articoli 34 e 38, la legge 5 febbraio 1992 e  quelle  successive
che disciplinano la materia, nonche' l'eccesso di potere, sub  specie
di carenza di adeguata motivazione, concludendo, nella sostanza,  con
l'assunto che, nel caso in  specie,  l'Amministrazione,  in  sede  di
formazione degli organici, abbia compromesso il diritto del  disabile
ad un'effettiva assistenza didattica che viene  ritenuta,  alla  luce
della normativa invocata, del tutto  incomprimibile  da  parte  della
p.a. 
    Il giudice di prime  cure,  aderendo,  alle  tesi  avversarie  ha
accolto la richiesta cautelare con provvedimento  propulsivo  che,  a
prescindere  dall'infelice  formulazione,  ordina,  nella   sostanza,
all'Amministrazione comparente il ripristino dell'insegnamento di  25
ore settimanali in favore dell'alunna. 
    L'ordinanza  e'  stata  appellata  dall'Amministrazione   con   i
seguenti motivi: 
        «Al riguardo si rileva che, se  l'art.  40,  comma  l,  della
legge n. 449 del 1997 assicura l'integrazione scolastica degli alunni
disabili  con  interventi  adeguati  al   tipo   ed   alla   gravita'
dell'handicap, l'art. 2, comma 414, della legge finanziaria in vigore
(legge del 24 dicembre 2007, n.  244)  sopprime  la  possibilita'  di
concedere deroghe al numero dei posti, assegnati annualmente, che non
possono essere  incrementati,  mentre  il  decreto  Interministeriale
sugli organici (tabella G relativo all'obiettivo fissato dall'art. 2,
comma 412 della legge  n.  244/2007)  impone,  addirittura,  rispetto
all'organico  dell'anno  scolastico  2007/2008  per  la  Sicilia,  un
decremento di 2.521 posti da raggiungere comunque. 
    La Sicilia, tra l'altro, e' tra le regioni italiane con  il  piu'
favorevole rapporto docenti alunni ovvero  di  1  docente  ogni  1,76
alunni contro un rapporto, medio nazionale, di un insegnante per  due
alunni diversamente abili, fissato  dall'art.  2,  comma  413,  della
legge finanziaria in vigore. 
    Inoltre, il comma 413 dell'art. 2 della  legge  citata  fissa  un
tetto nazionale di posti non superabile, stabilendo che  i  posti  in
organico non possono superare il 25% delle sezioni e classi  previste
nell'organico di diritto dell'a.s. 2006/2007. 
    L'ultimo capoverso, poi, del comma 413 richiama  la  possibilita'
di una compensazione tra le varie province in base  alla  necessita',
ma in modo da non superare il gia' citato rapporto medio di 1 a 2. 
    Il successivo comma 414 abolisce espressamente la possibilita' di
deroga che la legge 21 gennaio 1997, n. 449, invece, prevedeva. 
    In tale quadro normativo i posti sono assegnati non in base  alle
proposte dei gruppi di lavoro,  di  cui  all'art.  5,  comma  2,  del
d.P.R., costituiti in ogni scuola ma in relazione alle disponibilita'
totali  e  la  proposta  del  gruppo  serve  solo  come  elemento  di
valutazione per distribuire le risorse assegnate. 
    Ne consegue che la riduzione delle ore da 25 a 12 settimanali  e'
stata effettuata in ottemperanza al rapporto, un'insegnante  per  due
ragazzi diversamente abili, previsto dalla legge e in  ossequio  alle
risorse assegnate. 
    Sotto tale profilo, il  TARS  Catania  statuendo,  nell'ordinanza
appellata, l'obbligo  dell'Amministrazione  di  assegnare  in  deroga
(principio come detto sopra, ormai, abrogato) all'alunno,  un  numero
superiore di ore di sostegno, viola apertamente la legge. 
    Il TARS Catania, poi, non tiene in conto che il ricorso  e',  nel
merito, privo sia del fumus che del danno grave ed irreparabile. 
    Ed invero, in punto di diritto, il giudice di prime cure  accede,
sostanzialmente, all'affermazione del reclamante per cui la posizione
dedotta sia di diritto  soggettivo  totalmente  incomprimibile;  tale
asserzione, ad avviso dell'amministrazione appellante, e'  destituita
di fondamento. 
    Il diritto del disabile ad ottenere un insegnamento  di  sostegno
e' condizionato, nel quomodo, dalle disponibilita'  finanziarie  che,
con  atti  eminentemente  politici,  il  Parlamento  destina  a  tale
bisogno. 
    Ne consegue che le  modalita'  di  tempo  e  spazio  da  dedicare
all'insegnamento di sostegno, a favore  dei  ragazzi  disabili,  sono
collegate alle disponibilita' finanziarie destinate  annualmente  dal
Legislatore e tradotte dagli organi scolastici, con  discrezionalita'
tecnica ed organizzativa in ottemperanza  ai  vincoli  normativamente
stabiliti,  non  sindacabile  dal   g.a.,   se   non   manifestamente
irragionevole  o  emessa  in  violazione   delle   norme   di   legge
disciplinanti la materia medesima. 
    Ne' puo' ritenersi che la legge in questione violi  la  normativa
comunitaria e/o il dettato costituzionale; ed invero, le norme citate
dalla  ricorrente,  tutte  di   principio   e   programmatiche,   non
stabiliscono nel dettaglio i livelli minimi di  prestazioni  che  gli
stati membri sono  tenuti  ad  erogare;  la  determinazione  di  tali
livelli minimi  e'  rimessa  alla  discrezionalita'  del  Legislatore
ordinario anche in relazione ai vincoli comunitari di bilancio cui e'
sottoposto ed  alla  compatibilita'  di  spesa  fissata  nelle  leggi
finanziarie in relazione ai fondi disponibili anno per anno. 
    La stessa Corte costituzionale ha sempre rilevato che (escluse le
compressioni per atti intrusivi della p.a. su  diritti  fondamentali)
il diritto a ottenere comportamenti attivi dei pubblici  poteri,  che
vadano   ad   ampliare   posizioni   soggettive,   anche   di   rango
costituzionale, non e' illimitato, poiche' tale diritto va  comparato
con altri interessi di pari rango  costituzionale  come  l'equilibrio
della finanza pubblica e la corretta ed equilibrata allocazione delle
risorse (non infinite) su tutti i settori nodali dell'ordinamento. 
    Ora,  gli  stessi  ricorrenti  si  lagnano  di   una   (relativa)
diminuzione  di  ore,  non  della  soppressione  del  servizio   che,
diversamente, poteva dare adito ad altre considerazioni in  punto  di
diritto. 
    In sintesi non viene in discussione nessuna lesione  del  diritto
soggettivo del minore  posto  che  il  quomodo  dell'insegnamento  di
sostegno e' diversamente calibrato conservando il suo  nocciolo  duro
(12 ore la settimana) che resta, sostanzialmente, inalterato; da cio'
deriva la chiara infondatezza del ricorso nel merito. 
    Anche  il  danno  grave  ed  irreparabile,   poi,   e'   ritenuto
sussistente  per  tabulas  senza  indagine  alcuna  sulla  sua  reale
esistenza. 
    Al contrario, la riduzione delle  ore  di  sostegno,  nel  quadro
complessivo,  degli   interventi   programmati   per   1'integrazione
scolastica  non  puo'  essere  considerata,  di   per   se',   lesiva
dell'interesse  allo  sviluppo  educativo  e  personale   dell'alunno
disabile. 
    Ed invero, sul piano pedagogico e didattico si  deve  evidenziare
che il concetto di integrazione, del soggetto portatore di  handicap,
nell'ambiente scolastico presuppone che lo stesso partecipi  il  piu'
possibile  alla  vita  scolastica   ed   alle   ordinarie   attivita'
didattiche, ovviamente, su un piano di interventi formativi specifici
ed individualizzati, progettato ed attuato in concorso tra loro dagli
insegnanti curriculari e da quelli di sostegno (i quali peraltro  non
sono "assegnati" al singolo alunno  disabile  bensi'  alla  classe  o
sezione dello stesso frequentata, assumendone, come  specificato  dal
citato  art.  135  del  decreto  legislativo  n.  297/1994,  la   con
titolarita' al pari degli insegnanti di sostegno). 
    Invero, 1'instaurazione di  un  rapporto  continuo  ed  esclusivo
dell'alunno disabile con l'insegnante di sostegno, anziche' favorirne
lo sviluppo  cognitivo  e  comportamentale,  potrebbe,  al  contrario
pregiudicarlo,  in  quanto  l'alunno  disabile  verrebbe  ad   essere
escluso, o comunque confinato, da quel rapporto normale con gli altri
alunni che, nella logica dell'integrazione, costituisce  uno  stimolo
al suo recupero e sviluppo. 
    Anche sotto tale aspetto 1'ordinanza avversata e'  meritevole  di
censura per l'erroneita' in cui incorre». 
    L'Amministrazione   conclude   chiedendo   l'annullamento   della
ordinanza impugnata. 
    Si sono costituiti gli appellati che hanno puntualmente confutato
le tesi avversarie chiedendo il rigetto dell'appello e sollevando, in
subordine, una questione di legittimita' costituzionale come segue: 
        «In via meramente gradata, qualora l'intestato  CGA,  dovesse
ritenere, in  adesione  alla  tesi  prospettata  dall'appellante  che
l'art. 2, commi 413 e 414 della legge n. 244 del  24  dicembre  2007,
abbia introdotto un limite inderogabile  che  condiziona  il  diritto
costituzionalmente  garantito  per  il  disabile  in  condizioni   di
assoluta gravita' a poter  avere  1'insegnante  di  sostegno  per  un
numero di ore corrispondente all'offerta  formativa  garantita  anche
per i minori che non versano in condizioni di disabilita', sospendere
il presente giudizio e rimettere gli atti alla Corte  costituzionale,
ritenendo  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  di  detti
articoli non manifestatamene infondata, al  fine  di  far  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 413 e  414,  della
legge n. 244 del 24 dicembre 2007 per violazione dell'art. 3, primo e
secondo comma, della Costituzione che  garantisce  la  pari  dignita'
sociale ed obbliga lo Stato ad individuare le modalita' con le  quali
rimuovere gli  ostacoli  che  ne  impediscono  il  pieno  sviluppo  e
l'effettiva partecipazione alla vita politica,  economica  e  sociale
del paese; dell'art. 34 della Costituzione, che impone  l'obbligo  di
istruzione per tutti i cittadini; dell'art.  35  della  Costituzione,
concernente la formazione e 1'elevazione professionale;  e  dell'art.
38 della Costituzione, che attribuisce agli  inabili  e  minorati  il
diritto all'educazione e all'avviamento professionale». 
                       Considerato in diritto 
    Com'e' noto  il  problema  dell'inserimento  dei  disabili  nella
scuola e' stato in un primo momento risolto nell'ordinamento con  gli
strumenti delle scuole speciali e delle classi  differenziali  (leggi
nn.  1073/1962,  942/1966,  444/1968).  Negli  anni  settanta  questo
indirizzo   viene   sostanzialmente   modificato    stabilendo    che
l'istruzione dell'obbligo debba avvenire nelle classi  normali  della
scuola pubblica (legge n. 118/1971).  Con  le  successive  leggi  nn.
517/1977 e 270/1972 si stabiliscono  poi  in  concreto  le  forme  di
integrazione e di sostegno a favore dei disabili  prevedendo  appunto
nei ruoli della scuola le dotazioni  organiche  degli  insegnanti  di
sostegno. 
    Altra normativa di ampio respiro a favore dei disabili  e'  stata
dettata con la legge n. 104/1992 che, con enunciazioni  di  principio
valevoli altresi' quale norma di  grande  riforma  economico  sociale
(articoli 1 e 2) garantisce al  disabile  «il  pieno  rispetto  della
dignita' umana dei diritti di liberta' e di autonomia  della  persona
andicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia  nella
scuola nel lavoro e  nella  societa».  Questa  legge  in  particolare
all'art. 12, terzo comma e 13, terzo comma garantisce l'attivita'  di
sostegno mediante docenti  specializzati  come  mezzo  necessario  di
«integrazione scolastica» che «ha come obiettivo  lo  sviluppo  delle
potenzialita'  della  persona  andicappata  nell'apprendimento  nella
comunicazione nelle relazioni e nella socializzazione». 
    Tali garanzie sono state poi trasfuse o ribadite  negli  articoli
da 312 a 325 del T.U. sull'istruzione di  cui  al  d.lgs.  16  aprile
1994, n. 297. 
    Successivamente, la legge n. 449 del 1997  all'art.  40  assicura
l'integrazione scolastica «degli alunni  andicappati  con  interventi
adeguati al tipo ed alla gravita' dell'handicap, compreso il  ricorso
all'ampia  flessibilita'  organizzativa  e  funzionale  delle  classi
prevista dall'art. 21 commi 8 e 9 della legge 15 marzo  1997  n.  59,
nonche' la possibilita' di assumere con contratto a tempo determinato
insegnanti di sostegno  in  deroga  al  rapporto  docenti  ed  alunni
indicato al comma 3 in presenza di handicap particolarmente gravi». 
    Appare   quindi   evidente   dall'excursus    normativo    dianzi
rappresentato come l'ordinamento abbia  innanzitutto  considerato  il
disabile alla  stregua  di  qualsiasi  altro  soggetto  titolare  dei
diritti fondamentali assicurati dalla Carta costituzionale  e  quindi
alla istruzione ed al conseguente inserimento  al  mondo  del  lavoro
(art. 38, terzo comma Cost.). 
    In questa ottica appare altresi'  evidente  che  l'indirizzo  del
legislatore sia stato finora improntato all'obiettivo  di  assicurare
la effettivita' della tutela del disabile nella materia de qua e cio'
risulta particolarmente dalla previsione del citato art. 40, legge n.
449/1997 di derogare al rapporto fisso docenti  alunni  in  relazione
alla gravita' dell'handicap nei singoli casi. 
    Invero, per rendere effettivo questo diritto il legislatore aveva
avvertito la necessita' di valutare la disabilita'  nelle  sue  varie
forme, non gia' in astratto bensi' in concreto,  come  risulta  dalla
normativa citata pregressa ed attuale. 
    L'art. 3 della legge n. 104/1992  enuncia  infatti  in  linea  di
principio il diritto dell'handicappato «alle prestazioni stabilite in
suo favore  in  relazione  alla  natura  ed  alla  consistenza  della
minorazione, alla capacita' complessiva individuale residua  ed  alla
efficacia delle terapie riabilitative». 
    L'art.  12  della  stessa  legge,  dedicato   al   diritto   alla
istruzione,   prevede   al   quinto   comma   «un   piano   educativo
individualizzato»  di  cui  occorre  tener  conto   ai   fini   della
valutazione (art. 16 primo comma) e  della  formazione  professionale
(art. 17 primo comma). 
    La necessita' del piano educativo individualizzato e'  confermata
dall'art. 314 quarto comma  del  T.U.  sull'istruzione  n.  297/1994,
nonche'  dal  successivo  art.  315  quarto  comma  con   riferimento
specifico all'insegnamento di sostegno. 
    Da ultimo, anche l'art. 40  della  legge  n.  449/1997  al  primo
comma, ancora in vigore, ribadisce, come  gia'  osservato,  che:  «In
attuazione dei principi generali fissati dalla legge 502/1992 n.  104
e' assicurata l'integrazione scolastica degli alunni handicappati con
interventi adeguati al tipo e alla gravita' dell'handicap». 
    In altri termini il legislatore aveva ed ha acquistato  coscienza
che  la  disabilita',  per  sua  natura,  non  e'   suscettibile   di
generalizzazioni, attese le  diverse  forme  in  cui  la  disabilita'
stessa puo' manifestarsi; che queste forme non sono  suscettibili  di
essere ricondotte ad un minimo comune denominatore e che  quindi  non
e' sufficiente la previsione  di  un  rapporto  standard  docenti  di
sostegno - alunni disabili, ma e' invece necessario,  per  assicurare
appunto una tutela effettiva, prevedere, per i casi di handicap  piu'
gravi, una deroga al  rapporto  fisso,  deroga  prevista  come  mezzo
indispensabile  al  conseguimento  delle  finalita'  della  legge  n.
104/1992. 
    I commi in questione della legge  finanziaria  n.  244  del  2007
hanno soppresso incontestabilmente tale possibilita' di deroga ed  il
comma 414 dell'art. 2, nel  suo  chiaro  tenore,  non  si  presta  ad
interpretazioni difformi dal suo contenuto letterale. 
    Peraltro, la difesa della amministrazione  appellante  sottolinea
che tale disposizione non potrebbe essere contestata sotto il profilo
costituzionale e cio' per tutta una serie di argomentazioni: 
    Innanzitutto la  normativa  suindicata  non  avrebbe  avuto  come
conseguenza  la  soppressione  totale  del  servizio  fornito   dagli
insegnanti  di  sostegno  (e  solo  in  questo  caso  -  prosegue  la
Amministrazione   -   si   sarebbe   potuto   dubitare   della    sua
costituzionalita'),  ma  prevede  soltanto  una  riduzione  di   ore,
riduzione  che,  nel  quadro   degli   interventi   programmati   per
l'integrazione scolastica, non potrebbe essere considerata di per se'
lesiva  dell'interesse  allo  sviluppo  educativo  e  personale   del
disabile. 
    In secondo luogo l'Amministrazione sostiene che  il  diritto  del
disabile ad ottenere un  insegnamento  di  sostegno  e'  condizionato
nella sua concreta attuazione dalle disponibilita' finanziarie  dello
Stato che vengono destinate dal  Parlamento  con  atti  eminentemente
politici. D'altra parte, anche la giurisprudenza  costituzionale,  in
relazione al fondamentale diritto alla salute, avrebbe  ripetutamente
affermato  che  anche  tale  diritto  resta  condizionato  da   altri
interessi di pari  rango  costituzionale,  quale  l'equilibrio  della
finanza pubblica e la allocazione delle risorse peraltro limitate (v.
Corte cost. nn. 432/2005, 306/2008). 
    Al riguardo il Collegio, pur  non  disconoscendo  il  peso  delle
argomentazioni   addotte   dall'Amministrazione,   e   pur    essendo
consapevole dell'orientamento assunto dalla Corte  costituzionale  in
campo sanitario, ritiene che  nella  materia  de  qua  sia  possibile
pervenire a conclusioni parzialmente diverse. 
    Come accennato in precedenza  la  disabilita',  per  sua  natura,
presenta aspetti troppo soggettivi e variabili da  caso  a  caso  per
poter essere ricondotta a categorie unitarie. Pertanto, per garantire
la effettivita'  dell'istruzione  scolastica  sono  al  tempo  stesso
indispensabili sia la  previsione  in  via  generale  di  un  livello
standard  dal  servizio  di  sostegno,  ma  sia  anche   quella   del
superamento di tale standard per comprovate esigenze  particolarmente
gravi del singolo disabile. 
    L'art. 3, comma 3 della legge n. 104/1992  definisce  come  gravi
quelle   menomazioni   che   rendono   «necessario   un    intervento
assistenziale permanente continuativo e globale». 
    L'accertamento  della   gravita'   e'   demandato   ad   apposite
commissioni  mediche  presso  le  USL  opportunamente  integrate  con
esperti ed operatori sociali (art. 4 e art. 20, legge n. 324/1993). 
    La gravita',  poi  una  volta  cosi'  riconosciuta  determina,  a
vantaggio del disabile, un diritto alla «priorita'  nei  programmi  e
negli interventi dei servizi pubblici» (art. 3, comma 3). 
    Pertanto   l'accertamento   della   gravita'    comporta    anche
l'accertamento  del  livello  di   assistenza   che   e'   necessario
all'handicappato grave per superare il proprio svantaggio. 
    Cio' significa che lo standard  garantito  non  e'  in  grado  di
assicurare al disabile particolarmente grave il sostegno che  gli  e'
prioritariamente necessario. Pertanto se si riduce (come ha  disposto
la legge in esame) il sostegno che e' stato ritenuto  necessario  nel
caso singolo a quello che  e'  il  mero  standard  generalizzato,  ne
dicscende  che  il  diritto  prioritario  del  disabile  grave   alla
integrazione  scolastica  non  risulta  soltanto  affievolito   (come
sostiene  la  difesa  dell'Amministrazione),  ma  viene  in   pratica
vanificato o per meglio dire soppresso. 
    In altri termini, per il disabile grave e che ne abbia  effettivo
bisogno, l'aumento delle  ore  di  sostegno  rispetto  allo  standard
generale rappresenta esso stesso,ed in quella misura il  minimum  per
assicurare al disabile grave la tutela cui ha diritto. 
    Se cio'  e'  esatto,  anche  il  riferimento  che  fa  la  difesa
dell'Amministrazione    all'orientamento    assunto    dalla    Corte
costituzionale in campo sanitario non appare probante. 
    La Corte ha sempre affermato che  «l'esercizio  di  ogni  diritto
anche quello costituzionalmente garantito  puo'  essere  dalla  legge
regolato e sottoposto al limite sempre che questo sia compatibile con
la funzione del diritto di cui si tratta e non  si  traduca  comunque
nella  esclusione   dell'effettiva   possibilita',nell'esercizio   in
parola»  Corte  cost.  nn.  345/1999,  203/1985,  71/1993,   33/1977,
10/1970. Nella stessa ottica la Corte ha  tuttavia  ritenuto  che  in
queste materie (istruzione,  sanita',  lavoro  e  previdenza,  intese
tutte  quali  diritti  fondamentali  dell'uomo)  sussista  un  nucleo
incomprimibile e che comunque competa alla Corte  verificare  che  le
scelte legislative  non  siano  affette  da  palese  arbitrarieta'  o
irrazionalita', ovvero non comportino una lesione del  nucleo  minimo
della  garanzia  (Corte  cost.  nn.  342/2006,  432/2005,   226/2000,
27/1998). 
    Per quanto suesposto il Collegio ritiene che la abolizione  della
deroga di cui all'art. 40, legge n. 449/1997 vada ad incidere su tale
nucleo  minimo  e  comporti  quindi   la   sostanziale   perdita   di
effettivita' della tutela che  in  precedenza  veniva  assicurata  al
disabile grave con norme che rappresentavano la fedele attuazione  di
diritti costituzionalmente garantiti dal gia' citato art. 38, terzo e
quarto comma. 
    In altri termini la normativa di cui ai commi  413  e  414  della
legge n. 244/2007 nel momento in cui sopprime la riserva a favore dei
disabili particolarmente gravi viene ad incidere sul «nucleo  rigido»
che rappresenta i bisogni e la tutela minima  spettante  al  disabile
grave venendo in tal modo non gia'  solamente  a  comprimere,  ma  in
sostanza a vanificare ogni loro diritto all'istruzione scolastica  ed
ogni aspettativa all'inserimento futuro nel mondo del lavoro. 
    Peraltro, prima affrontare  le  questioni  di  costituzionalita',
occorre darsi preliminarmente carico di verificare la rilevanza della
questione nella fattispecie in esame. 
    In proposito il Collegio rileva che dagli  atti  risulta  che  la
minore de qua e'  affetta  da  ritardo  psicomotorio  grave  e  crisi
convulsive da encefalopatia grave; risulta inoltre che tale  malattia
e' stata riconosciuta dalla competente commissione medica dichiarando
la stessa invalida con handicap in situazione di gravita' ex  art.  3
della legge n. 104/1992; che la minore ha frequentato e frequenta  la
scuola d'obbligo e che gia' nell'anno 2006-2007 veniva  ammessa  alla
deroga al rapporto 4:1 con assegnazione  di  25  ore  settimanali  di
sostegno; che identica richiesta veniva  avanzata  anche  per  l'anno
2008-2009; che tuttavia, all'inizio dell'anno scolastico 2008-2009 in
dipendenza della normativa introdotta  dalla  legge  n.  244/2007  in
luogo delle precedenti 25 ore settimanali le venivano assegnate n. 13
ore e che tale determinazione veniva  impugnata  con  il  ricorso  in
esame. 
    Il disposto di cui al citato art. 2, comma  414  della  legge  n.
244/2007 attesa la sua tassativita'  -  come  gia'  osservato  -  non
consente una esegesi diversa da quella sostenuta dall'Amministrazione
appellante. Pertanto, la applicazione della citata normativa dovrebbe
comportare l'accoglimento del presente appello cautelare. 
    Risulta percio' evidente, a giudizio del Collegio,  la  rilevanza
della  questione  poiche'  da  un  lato  l'amministrazione  non  puo'
disconoscere il dettato normativo e, dall'altro,  una  pronuncia  del
giudice  delle  leggi  che  ritenesse   fondata   la   questione   di
costituzionalita'  consentirebbe  il  ripristino  delle  25  ore   di
sostegno settimanali, misura questa che le varie commissioni  mediche
e sociopedagogiche hanno ritenuto essere  il  minimo  necessario  per
consentire   di   rendere   effettivo   il   diritto   della   minore
all'educazione all'istruzione  ed  alla  integrazione  scolastica  in
applicazione dei principi di cui alla legge n. 104/1992. 
    Cio' premesso in punto di  rilevanza,  la  questione  non  appare
manifestamente infondata e cio' sotto vari profili. 
    1) Innanzitutto i commi 413 e 414  dell'art.  2  della  legge  n.
244/2007 sembrano porsi in contrasto con i  parametri  costituzionali
di cui agli articoli 2, 3 primo e secondo comma e 38 terzo  e  quarto
comma della Costituzione alla luce delle seguenti considerazioni. 
    L'ordinamento,  come  risulta  dall'art.   2,   e'   univocamente
orientato  e  riconoscere  valore  fondamentale  alla  persona   come
individuo e, a tal fine, prevede un obbligo di  solidarieta'  che,  a
seconda dei casi, puo' essere posto a carico del singolo ed a  favore
della collettivita', ovvero a carico della collettivita' ed a  favore
del singolo (arg. da Corte cost. nn. 306/2008, 118/1996). 
    A questa ultima ipotesi e' riconducibile la fattispecie in  esame
in cui l'obbligo di solidarieta', posto a carico della collettivita',
discende da principi di carattere costituzionale fissati nei commi  3
e  4  dell'art.  38  che   proclamano   il   diritto   dei   disabili
all'educazione e accollano questo compito allo Stato. 
    Il Collegio e' consapevole dell'orientamento  del  giudice  delle
leggi  il  quale  ha  costantemente  affermato   che   gli   obblighi
assistenziali  previsti  dall'art.   38   non   possono   prescindere
dall'intervento del legislatore circa  la  loro  qualita',  misura  e
modalita'  di  erogazione  in  relazione  anche  alla   discrezionale
ponderazione di altri concomitanti principi di natura  costituzionale
e non ultimi quello finanziario dell'equilibrio del  bilancio  (Corte
cost. nn. 432/2005, 252/2001). 
    Il  Collegio,  tuttavia,  e'  anche  consapevole  che  pur  nelle
affermazioni di  cui  sopra  la  Corte  costituzionale  -  come  gia'
osservato - ha sempre rivendicato la propria  funzione  di  controllo
delle scelte legislative in materia e particolarmente sotto l'aspetto
della parita' di trattamento,  del  rispetto  del  nucleo  minimo  di
garanzia, della razionalita' o  di  non  arbitrarieta'  delle  scelte
legislative (Corte cost. nn. 342/2006, 226/2000, 118/1996). 
    A tale proposito il Collegio, ribadendo il proprio convincimento,
ritiene che il nucleo minimo dei diritti dei disabili piu' gravi  sia
stato compromesso dalla abolizione della riserva  a  loro  favore  in
quanto - ripetesi - solo tale riserva assicurava ad  essi  il  minimo
indispensabile di tutela per rendere effettivo il loro  diritto  alla
istruzione. 
    Cio' premesso, in relazione all'art. 2 ed all'art. 3, primo comma
e sotto il profilo della parita' di trattamento, il Collegio  osserva
che, pur rientrando certamente nella discrezionalita' del legislatore
introdurre regimi differenziati all'interno di una stessa  categoria,
tali regimi tuttavia debbono corrispondere ad  una  «causa  normativa
non palesemente irrazionale o, peggio  arbitraria»  Corte  cost.  nn.
306/2008, 432/2005. 
    Nel  caso  di  specie   l'elemento   discriminante   del   regime
differenziato e'  costituito  proprio  dalla  gravita'  dell'handicap
poiche' la riserva che e' stata cancellata  dall'art.  2,  comma  414
della legge n. 244/2007 riguardava  soltanto  gli  handicappati  piu'
gravi. 
    Sotto questo profilo la scelta del legislatore del 2007 non  solo
non sembra allineata ne' con  i  valori  di  solidarieta'  collettiva
sanciti dall'art. 2 e dall'art.  38  della  Costituzione,  ma  appare
altresi' insostenibile dal punto di  vista  della  ragionevolezza  in
quanto, mentre conferma la necessita' di assistenza ed il sostegno ai
soggetti in stato di  handicap  piu'  lieve  (mantenendo  un  livello
standard di sostegno ancorche'  piu'  ridotto)  la  esclude  per  gli
handicappati piu' gravi e cioe' proprio per quei soggetti per i quali
e' stato accertato che il  bisogno  di  sostegno  e'  maggiore  e  la
situazione di disagio e' piu' intensa. 
    Ne' varrebbe obiettare che anche ai disabili  gravi  continua  ad
essere assicurato questo standard minimo, dal momento che - come piu'
volte osservato - per costoro il minimo e' quello accertato  in  sede
di deroga. 
    In altri termini proprio l'elemento (gravita' dell'handicap)  che
giustificava un regime differenziato di favore per i disabili  gravi,
regime peraltro necessario per assicurare parita' di trattamento  tra
disabili  gravi  e  meno  gravi  di  fronte  al  pari  diritto   alla
educazione,  dovrebbe  ora   giustificare   l'introduzione   di   una
disparita' di trattamento all'interno della categoria dei disabili ed
in danno di quelli piu' gravi. 
    La irrazionalita' della scelta  legislativa  appare  ancora  piu'
evidente  alla  luce  del  parametro  contenuto  nel  secondo   comma
dell'art. 3. 
    E' compito dello Stato rimuovere gli  ostacoli  che  limitano  lo
sviluppo  della  persona  umana  e  l'effettiva  partecipazione   dei
lavoratori alla  organizzazione  politica  economica  e  sociale  del
paese. 
    La educazione e' un fattore fondamentale per  lo  sviluppo  della
persona umana e si svolge in quella  formazione  sociale  che  e'  la
comunita' scolastica (Corte cost. n. 215/1987). 
    L'art. 38, terzo comma, canonizza poi l'inserimento dei  disabili
nella scuola affidandone il compito ad organi statali. 
    E' agevole a questo  punto  sospettare  di  irragionevolezza  una
norma che rinuncia ad  eliminare  ostacoli  che  pregiudicano  valori
considerati quali diritti inviolabili proprio nelle  ipotesi  in  cui
questi ostacoli appaiono di maggiore gravita'. 
    La irrazionalita' d'altra  parte  sembra  emergere  dalle  stesse
disposizioni del comma 414, legge n. 244/2007 laddove da un  lato  si
sopprime la riserva a favore  dei  disabili  gravi  e  dall'altro  si
sancisce, con evidente antinomia, che malgrado tale soppressione deve
restare «fermo il rispetto  dei  principi  sulla  integrazione  degli
alunni diversamente abili fissati dalla legge  5  febbraio  1992,  n.
104». 
    Sempre  con  riferimento  alla  razionalita'  che  deve  comunque
assistere il legislatore nel  bilanciamento  di  interessi  parimenti
costituzionali, sembra emergere un ulteriore profilo di contrasto con
l'art. 3 poiche' le disposizioni in esame fanno prevalere sui diritti
dei disabili gravi quella che e' la vera finalita' della soppressione
della  riserva  a  loro  favore  e  cioe',   nelle   intenzioni   del
legislatore,  innanzitutto,  la   riduzione   immediata   del   costo
dell'insegnamento di sostegno e  cio',  come  recita  il  comma  414,
«anche al fine di evitare la formazione di nuovo personale precario». 
    In altri  termini,  un  nucleo  incomprimibile  di  tutela  viene
considerato recessivo di fronte ad un immediato risparmio di spesa  e
ad una paventata espansione futura della spesa pubblica. 
    Occorre considerare, al riguardo, che le due  esigenze  e  i  due
interessi non si  prestano  logicamente  ad  una  comparazione  sullo
stesso piano poiche' la mancanza di  adeguato  sostegno  al  disabile
grave non lascia residuare a quest'ultimo alcuna  altra  alternativa,
laddove le esigenze attuali di bilancio e, ancor piu',  la  paventata
espansione futura della  spesa,  lasciano  al  legislatore  un  ampio
ventaglio di alternative e di scelte diverse da quella incidere su un
nucleo irriducibile di diritti. 
    2) I commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244/2007 sembrano
poi in contrasto anche con i parametri  costituzionali  di  cui  agli
articoli 4, primo comma e 35, primo  e  secondo  comma  in  relazione
all'art. 38, terzo comma Cost. 
    L'art.  4,  primo  comma,  proclama  infatti  che  la  Repubblica
riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni  che  rendano
effettivo questo diritto. 
    L'art. 35 a sua volta prevede la tutela del lavoro  in  tutte  le
sue forme nonche' la  formazione  e  l'elevazione  professionale  dei
lavoratori. 
    L'art. 38, terzo comma, sancisce il  diritto  degli  inabili  sia
all'istruzione, ma anche  all'avviamento  professionale  propedeutico
all'inserimento nel mondo del lavoro. 
    Facendo venir meno la riserva a favore degli handicappati  gravi,
e facendo cosi' venir meno le condizioni minime per  la  integrazione
scolastica, viene conseguentemente pregiudicata  dalla  normativa  in
esame anche ogni possibilita' di possibile  avviamento  professionale
in contrasto con i parametri costituzionali suelencati (v. gia' Corte
cost. n. 215/1987). 
    3) Un ulteriore contrasto  delle  disposizioni  in  esame  con  i
principi costituzionali emerge con  riferimento  all'art.  10,  primo
comma, in relazione agli articoli  2,  3,  secondo  comma,  4,  primo
comma, 35, primo e secondo comma e 38, terzo comma Cost. 
    L'art.  10,  primo  comma,  enuncia  infatti  il   principio   di
adeguamento  dell'ordinamento  interno   ai   principi   di   diritto
internazionale generalmente riconosciuti. 
    In proposito  l'ordinamento  internazionale  appare  univocamente
orientato ad assicurare  ai  disabili  una  tutela  effettiva  e  non
meramente teorica. 
    Infatti  la  Dichiarazione  universale  dei  diritti   dell'uomo,
adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 10  dicembre
1948 - richiamata anche dall'art. 1, legge 10 febbraio  2000,  n.  30
(Legge quadro in materia di riordino  dei  cicli  dell'istruzione)  -
afferma, innanzitutto, il diritto di ogni  individuo  all'istruzione,
che deve essere necessariamente indirizzata al pieno  sviluppo  della
personalita'  umana  (art.  26),  senza  distinzione  dipendenti   da
qualunque  condizione  personale  (art.  2)  o   discriminazioni   di
qualunque natura (art. 7). 
    La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo
e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848,  afferma  che
«il diritto all'istruzione non puo' essere rifiutato a nessuno» (art.
2 del protocollo addizionale numero 1, di  firmato  a  Parigi  il  20
marzo 1952), e, nell'imporre il divieto di discriminazione, statuisce
chiaramente  che  «il  godimento  dei  diritti   e   delle   liberta'
riconosciuti nella  ...  Convenzione  deve  essere  assicurato  senza
nessuna discriminazione» che si fondi su qualsiasi «condizione» (art.
14 della Convenzione). 
    La Carta sociale europea, ratificata con legge 9  febbraio  1999,
n. 30, impone in generale la speciale  tutela  dei  bambini  e  degli
adolescenti contro i pericoli fisici e  morali  cui  sono  esposti  e
sancisce, nello specifico, il diritto all'istruzione obbligatoria  ed
alla formazione, anche professionale,  il  diritto  di  usufruire  di
tutte le visure che le consentano di  godere  del  miglior  stato  di
salute ottenibile ed il diritto di  beneficiare  di  servizi  sociali
qualificati. 
    Con  riferimento  alla  persona   portatrice   di   handicap,   a
puntualizzazione  dell'obbligo   di   protezione   dell'emarginazione
sociale, viene previsto in modo esplicito il  diritto  all'autonomia,
all'integrazione sociale  ed  alla  partecipazione  alla  vita  della
comunita', a prescindere dall'eta' e dalla natura  ed  origine  della
loro  infermita',  attraverso  adeguati  strumenti  di  orientamento,
educazione e formazione professionale (art. 15). 
    La garanzia del diritto di accesso all'istruzione per  i  bambini
ed i ragazzi in eta' scolare su una base di parita'  di  trattamento,
senza discriminazione di qualsiasi genere e, specificatamente, dovute
alla presenza di un handicap si rinviene, d'altra parte, nella  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata il 7  dicembre
2000 (articoli 14, 21 e 26),  e  nel  trattato  di  Costituzione  per
l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004 (articoli II-81,  11-86),
che  riconosce  «Il  diritto  delle  persone   con   disabilita'   di
beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia,  l'inserimento
sociale  e  professionale  e  la  partecipazione  alla   vita   della
comunita». 
    Da  ultimo,  la  Convenzione  internazionale  sui  diritti  delle
persone con  disabilita',  approvata  dall'Assemblea  generale  delle
Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, all'art. 24 prevede che: 
        «1. gli Stati Parti  riconoscono  il  diritto  all'istruzione
delle persone con disabilita'. Allo scopo di realizzare tale  diritto
senza discriminazione e su base di pari opportunita', gli Stati Parti
garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli  ed
un apprendimento continuo lungo tutto l'arco della vita, finalizzati: 
          a) al pieno sviluppo del potenziale  umano,  del  senso  di
dignita' e  dell'autostima  ed  al  rafforzamento  del  rispetto  dei
diritti umani delle liberta' fondamentali e della diversita' umana; 
          b) allo sviluppo, da parte delle persone  con  disabilita',
della propria personalita', dei talenti  e  della  creativita',  come
pure delle proprie abilita' fisiche e mentali, sino alle loro massime
potenzialita'; 
          c) apporre le persone  con  disabilita'  in  condizione  di
partecipare effettivamente ad una societa' libera. 
        2. Nell'attuazione di tale diritto, gli  Stati  Parti  devono
assicurare che: 
          a) le persone con disabilita' non siano escluse dal sistema
di istruzione generale in ragione della disabilita' e  che  i  minori
con disabilita' non siano esclusi in ragione della disabilita' da una
istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall'istruzione
secondaria; 
          b) le persone con disabilita' possano accedere su  base  di
uguaglianza con gli altri, all'interno delle comunita' in cui vivono,
ad un'istruzione primaria, di qualita'  e  libera  ed  all'istruzione
secondaria; 
          c) venga fornito un accomodamento ragionevole  in  funzione
dei bisogni di ciascuno; 
          d)  le  persone  con  disabilita'  ricevano   il   sostegno
necessario, all'interno del sistema educativo  generale  al  fine  di
agevolare la loro effettiva istruzione; 
          e) siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato
in  ambienti  che  ottimizzino   il   progresso   scolastico   e   la
socializzazione,    conformemente    all'obiettivo    della     piena
integrazione. 
    Alla luce di  tali  norme  e  di  tali  principi  solennemente  e
ripetutamente riconosciuti dal diritto internazione ai  livelli  piu'
elevati  appare  evidente  come  il  legislatore  nazionale  con   la
normativa di cui alla legge n. 244/2007 abbia discriminato i disabili
piu' gravi ed abbia pregiudicato i diritti ad essi  riconosciuti  dal
diritto internazionale comune e richiamati dall'art. 10  primo  comma
ponendosi  cosi'  in  contrasto  anche  con   gli   altri   parametri
costituzionali  suindicati  che  assicurano  al  disabile  il   pieno
sviluppo della personalita' (art. 2), la non discriminazione (art. 3)
il diritto alla educazione ed all'inserimento nel  mondo  del  lavoro
(art. 38). 
    4) Da ultimo i commi in questione sembrano altresi' in  contrasto
con gli articoli 34, primo comma e 38, terzo e quarto comma anche con
riferimento agli articoli 30, primo  e  secondo  comma  e  31,  primo
comma. 
    Questi articoli enunciano, infatti, il principio che la scuola e'
aperta a tutti, che l'istruzione inferiore e' obbligatoria, che anche
i disabili hanno diritto alla  educazione  e  che  a  questo  compito
provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo  Stato  e
cio' anche in funzione suppletiva della famiglia. 
    Il legislatore del 2007 e con la  soppressione  della  riserva  a
favore degli handicappati gravi sembra  avere  legiferato  in  aperto
contrasto con i  parametri  enucleabili  dalle  norme  costituzionali
dianzi ricordate. 
    Invero non viene innanzitutto assicurato al disabile grave  (come
si verifica nel caso di specie) neppure  la  istruzione  obbligatoria
cui ha diritto ex art. 34, primo comma e,  conseguentemente,  neppure
quella successiva alla scuola d'obbligo cui  pure  l'handicappato  da
diritto ex art.  38,  terzo  comma,  diritto  che  la  giurisprudenza
costituzionale gli ha gia' riconosciuto (v. la decisione n. 215/1987)
in quanto tale istruzione e' finalizzata all'inserimento del disabile
nel mondo del lavoro. 
    Venuta meno la riserva a favore dei disabili  gravi  allo  stesso
tempo e' venuta meno la funzione affidata dall'art. 38, quarto comma,
agli organi  ed  istituti  statali  quale  mezzo  indispensabile  per
rendere effettivo il diritto all'istruzione. 
    Non va poi obliterato che tale compito, che viene  affidato  allo
Stato dall'art. 38 quarto comma, si pone in diretta  connessione  con
quello corrispondente affidato  alla  famiglia  dall'art.  30,  primo
comma ed al quale, in caso di incapacita' dei genitori, il successivo
secondo comma prevede ugualmente la supplenza da parte dello Stato. 
    Nella stessa ottica si muove anche  l'art.  31,  primo  comma  il
quale fa carico allo Stato di  agevolare  l'adempimento  dei  compiti
della famiglia (tra cui e' compresa l'istruzione) ed  appare  percio'
strutturalmente  interconnesso  con  la  concreta  attuazione   degli
obblighi familiari. 
    In proposito vale ricordare quanto ha  gia'  affermato  la  Corte
costituzionale nella piu' volte  citata  decisione  n.  215/1987  con
riferimento  all'art.  38,  quarto  comma  «per   altro   verso,   la
disposizione pone in risalto come all'assolvimento  di  tali  compiti
siano deputati primariamente gli organi  pubblici.  Da  cio'  si  ha,
sotto altro e piu' generale  profilo,  significativa  conferma  nella
disposizione di cui all'art. 31, primo  comma,  Cost.,  che,  facendo
carico a tali organi di agevolare, con  misure  economiche  e  "altre
provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i quali
e'  quello  dell'istruzione  ed  educazione  dei  figli  art.  30)  -
presuppone che esso possa per vari motivi risultare difficoltoso:  ed
e' evidente che se vi  e'  un  settore  in  cui  la  dedizione  della
famiglia puo' risultare  in  concreto  inadeguata,  esso  e'  proprio
quello dell'educazione e sostegno dei figli handicappati». 
    E' evidente quindi il contrasto  delle  norme  della  finanziaria
2008 anche con gli articoli 30 e 31 della Carta costituzionale. 
     Per  tutte  le  considerazioni   suesposte   la   questione   di
costituzionalita' appare rilevante e non manifestamente infondata  ed
occorre pertanto rimettere la  questione  alla  Corte  costituzionale
sospendendo la pronuncia, ma provvedendo interinalmente (Corte  cost,
nn. 444/1990; 367/1991).