Ricorso della Regione Toscana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n.  810
del 21 settembre 2009, rappresentato e difeso, per mandato  in  calce
al presente atto, dall'avv. Lucia Bora dell'Avvocatura della  Regione
Toscana, elettivamente domiciliato in  Roma,  corso  Italia  n.  102,
presso lo studio dell'avv. Giovanni Pasquale Mosca; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma
9 e dell'art. 25, comma 2, lettere a), f),  g),  h)  della  legge  23
luglio  2009,  n.  99,  recante  «Disposizioni  per  lo  sviluppo   e
l'internazionalizzazione  delle  imprese,  nonche'  in   materia   di
energia». 
    Nella Gazzetta Ufficiale n. 176  del  31  luglio  2009  e'  stata
pubblicata la legge 23 luglio  2009,  n.  99,  contenente  molteplici
disposizioni dal contenuto eterogeneo. 
    Le norme impugnate sono lesive delle competenze regionali  per  i
seguenti motivi di 
                            D i r i t t o 
1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  nono  comma,   per
violazione dell'art. 117 Cost. 
    La disposizione in esame prevede: 
        «Al fine di garantire migliori condizioni  di  competitivita'
sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, nelle
strutture  turistico-ricettive  all'aperto,  le  installazioni  e   i
rimessaggi dei mezzi mobili  di  pernottamento,  anche  se  collocati
permanentemente, per l'esercizio dell'attivita', entro  il  perimetro
delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purche'
ottemperino alle specifiche condizioni  strutturali  e  di  mobilita'
stabilite dagli ordinamenti regionali,  non  costituiscono  in  alcun
caso   attivita'   rilevanti   ai   fini   urbanistici,   edilizi   e
paesaggistici». 
      
    La norma incide sulle competenze regionali in materia di  governo
del territorio, perche' stabilisce che i suddetti mezzi  mobili,  pur
dovendo rispettare le condizioni strutturali e di mobilita' stabilite
dall'ordinamento regionale, non costituiscono,  a  priori,  attivita'
rilevante dal punto di vista urbanistico, edilizio e paesaggistico  e
dunque  possono  essere  realizzate  liberamente,  senza  una   forma
preventiva  di  verifica  che,  seppure   in   forma   accelerata   e
semplificata, permetta pero'  di  garantire  il  rispetto  di  quelle
condizioni strutturali e di mobilita' che, in teoria,  si  dichiarano
da rispettare. 
    La lesione delle competenze regionali in materia e'  ancora  piu'
concreta perche' la possibilita' che i mezzi mobili di  pernottamento
siano collocati permanentemente, senza che cio' costituisca attivita'
rilevante ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici,  vanifica  la
norma contenuta nell'art.  78,  comma  1,  lettera  b),  della  legge
regionale toscana  n.  1/2005,  recante  norme  per  il  governo  del
territorio,  secondo   la   quale   e'   considerata   trasformazione
urbanistica  ed  edilizia,  e  come  tale  soggetta  a  permesso   di
costruire, «l'installazione di manufatti, anche  prefabbricati  e  di
strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper,  case  mobili,
imbarcazioni, che  siano  utilizzati  come  abitazioni,  ambienti  di
lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili,  e  che  non  siano
diretti   a   soddisfare   esigenze   meramente   temporanee,   quali
esplicitamente risultino in base  alle  vigenti  disposizioni».  Tale
disposizione regionale trova corrispondenza  nell'art.  3,  comma  1,
lett. e), del d.P.R. n.  380/2001  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia» che  qualifica  tali
interventi come nuova costruzione. 
    In sintesi e' oggi possibile,  secondo  l'ordinamento  regionale,
che i mezzi mobili messi a disposizione  del  gestore  del  campeggio
(cioe',  usando  la  terminologia  della   norma   impugnata,   della
«struttura turistico ricettiva regolarmente  autorizzata»)  rientrino
nell'ordinaria gestione del campeggio stesso  e  non  richiedano  uno
specifico titolo abilitativo, purche' siano destinati ad assolvere ad
una  funzione  temporanea  (piu'  o   meno   lunga)   e   come   tale
individuabile, perche' e' stabilito un termine per la loro rimozione,
termine che deve risultare o nel titolo abilitativo che consente  gli
interventi  o  nel  provvedimento  che  autorizza   l'esercizio   del
campeggio. 
    La norma qui contestata  elimina  invece  tale  termine,  perche'
ammette che i mezzi mobili siano collocati permanentemente, e in  tal
modo non e' piu' previsto il rispetto di un termine di scadenza entro
il quale rimuovere la struttura: cosi' si consente una trasformazione
del territorio incontrollata, anche dal punto di vista paesaggistico,
e al di fuori da ogni forma di pianificazione. 
    Cio' determina una lesione delle competenze regionali in  materia
di governo  del  territorio,  attribuite  alla  potesta'  legislativa
concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, secondo comma, lettere
a), f), g), h), per violazione degli articoli 117, 118 e  120  Cost.,
anche  sotto  il  profilo  della  lesione  del  principio  di   leale
collaborazione. 
    Le impugnate disposizioni - nel dettare i principi ed  i  criteri
direttivi per l'esercizio  della  delega  legislativa  da  parte  del
Governo  per  la  disciplina  della  localizzazione  di  impianti  di
produzione di energia nucleare,  di  impianti  di  fabbricazione  del
combustibile nucleare, di  sistemi  di  stoccaggio  del  combustibile
irraggiato e dei rifiuti radiottivi - prevedono: 
        che dovra' essere prevista la possibilita'  di  dichiarare  i
siti aree di interesse  strategico  nazionale,  soggette  a  speciali
forme di vigilanza e di protezione (lett. a); 
        che dovranno essere determinate le modalita' di esercizio del
potere sostitutivo del Governo  in  caso  di  mancato  raggiungimento
delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti,  secondo
quanto previsto dall'art. 120 Cost. (lett. f); 
        che  la  costruzione  e  l'esercizio  di  impianti   per   la
produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per  la  messa
in sicurezza dei rifiuti  radioattivi  o  per  lo  smantellamento  di
impianti nucleari a  fine  vita  e  tutte  le  opere  connesse  siano
soggetti  ad  autorizzazione  unica  rilasciata  dal  Ministro  dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente  e  con
il  Ministro  delle  infrastrutture  e  trasporti,  d'intesa  con  la
Conferenza unificata (lett. g); 
        che l'autorizzazione unica e'  rilasciata  a  seguito  di  un
procedimento  unico   al   quale   partecipano   le   amministrazioni
interessate e che tale provvedimento sostituisce ogni atto necessario
per la realizzazione delle opere, ad eccezione della VIA e della  VAS
(lett. h). 
    2.a) La disposizione contenuta nella  citata  lettera  a)  appare
incostituzionale per violazione degli artt. 117 e  118  Cost.,  anche
sotto  il  profilo  della   lesione   del   principio   della   leale
collaborazione.  Dichiarare  i  siti  aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di  vigilanza  e  di  protezione
significa che le stesse diventano possibili aree in  cui  localizzare
gli impianti di produzione di energia elettrica nucleare. 
    La norma e' molto estesa, non contiene indicazioni che permettano
di  capire  i  limiti  della  suddetta  dichiarazione,  senza  alcuna
previsione di una intesa o analoga forma di raccordo con  le  regioni
territorialmente interessate. 
    Invece la materia della  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale   dell'energia   rientra   nella    potesta'    legislativa
concorrente, come pure e' indubbio che la individuazione  delle  aree
in cui allocare gli impianti in oggetto interferisce con  materie  di
competenza regionale, come il governo del territorio, la tutela della
salute,  il  turismo  e  la  valorizzazione  dei  beni  culturali  ed
ambientali. 
    Trova percio' applicazione  il  principio  piu'  volte  affermato
dalla Corte  costituzionale,  per  cui  quando  lo  Stato  decide  di
allocare a se stesso ai sensi dell'art. 118 Cost. la  titolarita'  di
funzioni  amministrative,  dettando  quindi   anche   la   necessaria
disciplina  legislativa  incidente   in   ambiti   rientranti   nella
competenza regionale, deve essere prevista l'intesa con le regioni, a
salvaguardia  delle  loro  attribuzioni  costituzionalmente  previste
(sentenze n. 303/2003; n. 6/2004; 383/2005). 
    2.b) La disposizione contenuta nella citata lett. f) non dovrebbe
essere  ritenuta  applicabile  nei  confronti  delle   regioni,   non
rientranti tra gli enti locali. Ma, nella denegata ipotesi in cui  la
stessa  fosse  invece  ritenuta  applicabile  in  caso   di   mancato
raggiungimento   dell'intesa   con   le   regioni,    essa    sarebbe
incostituzionale per violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. 
    In particolare la previsione del  potere  sostitutivo,  a  fronte
della mancata intesa, e' incostituzionale, per violazione degli artt.
117 e 118 Cost., cosi' come interpretati dalla  Corte  costituzionale
nelle sentenze n. 303/2003 e 6/2004: l'intesa, infatti, e' la  tipica
manifestazione del  consenso  regionale  ad  un  atto  e  costituisce
pertanto l'esercizio di un potere di autonomia che, per  natura,  non
e' sostituibile. 
    Per  questo  la  norma  appare   particolarmente   lesiva   delle
attribuzioni regionali perche',  di  fatto,  vanifica  la  previsione
dell'intesa,  rimettendo  allo  Stato  la  possibilita'  di  decidere
unilateralmente. 
    Nella richiamata sentenza  n.  6/2004  la  Corte  costituzionale,
proprio in riferimento alla materia dell'energia ed  al  procedimento
di  autorizzazione  in  esame,  ha  dichiarato  che  l'intesa  e'  da
considerarsi  di  natura  forte,  «nel  senso  che  il  suo   mancato
raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del
procedimento», stante l'impatto che  una  struttura  produttiva  come
l'impianto energetico ha su molteplici  funzioni  regionali  (governo
del territorio, tutela della salute, turismo, valorizzazione dei beni
culturali ed ambientali, ecc.). 
    La  norma  in  esame,  con   la   previsione   che   il   mancato
raggiungimento  dell'intesa   consente   l'attivazione   del   potere
sostitutivo e, dunque, la unilaterale conclusione del procedimento da
parte dello Stato,  si  pone  in  netto  contrasto  con  il  suddetto
orientamento espresso dalla Corte costituzionale, violando gli  artt.
117 e 118 Cost. perche' le  competenze  regionali  non  possono  piu'
trovare  espressione  in  quel  punto  di  equilibrio   rappresentato
dall'intesa forte. Inoltre l'attivazione di tale  potere  sostitutivo
e' ammessa indifferentemente sia a fronte dell'inerzia, sia a  fronte
del ben diverso caso in cui l'intesa non  sia  raggiunta  perche'  e'
stato espresso 1'articolato dissenso. 
    In tal caso l'applicazione del principio di leale  collaborazione
impone di trovare una diversa  soluzione  su  cui  sia  raggiungibile
l'intesa   e    non    certo    di    prevedere    la    sostituzione
dell'amministrazione regionale. 
    Il  legislatore  statale  e'   chiamato   a   procedimentalizzare
l'intesa, per assicurarne  il  carattere  «forte»;  la  legge  dovra'
dunque disciplinare un procedimento teso a  favorire  l'avvicinamento
delle parti su una posizione consensuale. 
    Diversamente  l'intesa  viene  declassata  in   un   parere   non
vincolante; ma questo non e' compatibile con l'assetto costituzionale
delle competenze e con il principio  di  leale  collaborazione,  come
chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 6 e 27 del
2004). 
    Nel caso in esame il legislatore statale non ha previsto  criteri
direttivi  volti  ad  assicurare  la  disciplina   del   procedimento
dell'intesa si' da garantirne il carattere «forte», necessario per il
rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di governo
coinvolti. 
    La disposizione viola altresi' l'art.  120  Cost.  Infatti,  come
rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 383  del  2005»
il secondo comma dell'art. 120 Cost. non  puo'  essere  applicato  ad
ipotesi, come quella prevista dalla disciplina impugnata, nelle quali
l'ordinamento  costituzionale  impone   il   conseguimento   di   una
necessaria  intesa  fra  organi  statali  e  organi   regionali   per
l'esercizio concreto  di  una  funzione  amministrativa  attratta  in
sussidiarieta'  al  livello  statale   in   materie   di   competenza
legislativa  regionale  e  nella  perdurante  assenza   di   adeguati
strumenti   di   coinvolgimento   delle   regioni   nell'ambito   dei
procedimenti  legislativi  dello  Stato.   Nell'attuale   situazione,
infatti, come questa Corte ha piu' volte  ribadito  a  partire  dalla
sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n.  242  e  n.
285  del  2005),  tali  intese  costituiscono  condizione  minima   e
imprescindibile per la legittimita' costituzionale  della  disciplina
legislativa statale che effettui la «chiamata  in  sussidiarieta»  di
una funzione amministrativa in  materie  affidate  alla  legislazione
regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di  vere  e  proprie
intese «in senso forte», ossia di atti  a  struttura  necessariamente
bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una
delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che,  ai  fini
del  perfezionamento   dell'intesa,   la   volonta'   della   regione
interessata possa  essere  sostituita  da  una  determinazione  dello
Stato, il  quale  diverrebbe  in  tal  modo  l'unico  attore  di  una
fattispecie  che,  viceversa,  non   puo'   strutturalmente   ridursi
all'esercizio  di  un   potere   unilaterale.   L'esigenza   che   il
conseguimento di queste intese sia  non  solo  ricercato  in  termini
effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche
agevolato  per  evitare  situazioni  di  stallo,  potra'   certamente
ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano  legislativo,   di
procedure  parzialmente  innovative  volte  a   favorire   l'adozione
dell'atto  finale  nei  casi  in  cui  siano  insorte  difficolta'  a
conseguire l'intesa, ma tali procedure  non  potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti  coinvolte.  E  nei  casi  limite  di  mancato   raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e  regioni.  Deve   pertanto   essere   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 26, della legge n.  239  del  2004,
nella parte in cui introduce il comma 4-bis  nell'art.  1-sexies  del
decreto-legge n. 239 del 2003». 
    La norma contenuta nella lett. f) - ove ritenuta applicabile alle
regioni - non appare rispondente ai principi suddetti e viola percio'
le competenze regionali e l'art. 120 Cost. 
    2.c) Le lettere g) e h) prevedono che l'autorizzazione unica  sia
rilasciata dal Ministero previa intesa con la Conferenza unificata  e
che  la  regione  partecipa  al  procedimento  unico  finalizzato  al
rilascio di detta autorizzazione, senza che sia assicurato  un  ruolo
piu' incisivo alla regione  stessa  che  sarebbe  invece  necessario,
considerando le molteplici competenze  regionali  coinvolte  in  tale
procedimento:  governo   del   territorio,   tutela   della   salute,
produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale   dell'energia,
turismo, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali. 
    Tali previsioni non appaiono conformi agli artt. 117 e 118 Cost.,
come   interpretati   dalla   giurisprudenza   costituzionale   sopra
richiamata. 
    Infatti quando il legislatore statale  dispone  la  «chiamata  in
sussidiarieta» di funzioni amministrative in  materie  di  competenza
regionale ex art.  117  Cost.,  emanando  quindi  anche  la  relativa
disciplina  legislativa,  e'  necessario  che  la  legislazione   sia
adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione  dei
diversi livelli di governo coinvolti e che la funzione amministrativa
sia esercitata, secondo il  canone  della  leale  collaborazione,  in
raccordo con la regione interessata. 
    Come  gia'  rilevato,  con  specifico  riferimento   al   settore
energetico, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che l'intesa
e'   di   tipo   «forte»   perche'   deve   essere   assicurata   una
codeterminazione paritaria tra soggetti dotati entrambi di competenze
costituzionali (sentenza n. 6 del 2004 e ancora 383  del  2005  sopra
citata). 
    L'intesa prevista con la Conferenza unificata  dalla  lettera  g)
non appare sufficiente per i fini in esame. 
    Vero e' che la sentenza n. 383 del 2005 riconosce  la  Conferenza
unificata come organo adeguatamente rappresentativo delle  regioni  e
degli enti locali, tutti incisi dalle diverse politiche  del  settore
energetico; ma cio' ai fini dell'adozione della legislazione  statale
che  disponga  la   chiamata   in   sussidiarieta'   delle   funzioni
amministrative allo Stato: tale  legislazione,  infatti  deve  essere
adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione  dei
livelli di governo coinvolti e, per  questo  scopo,  e'  riconosciuta
valida la Conferenza unificata. 
    Diversa e'  invece  l'intesa  necessaria,  a  valle,  al  momento
dell'esercizio della funzione  amministrativa  che  lo  Stato  si  e'
trattenuto. In tal caso solo l'intesa  con  la  regione  direttamente
interessata puo' garantire il rispetto delle attribuzioni  regionali.
Altrimenti infatti, nell'ambito della conferenza unificata, la «voce»
della regione che direttamente  verra'  incisa  da  quel  determinato
provvedimento autorizzatorio (il quale sostituisce tutti gli atti  di
assenso, anche urbanistici) non avrebbe alcuna incidenza. 
    In sostanza, l'intesa con la Conferenza unificata puo' costituire
lo  strumento  sufficiente  a  fronte  di  norme  legislative  e   di
disposizioni generali, indirizzi, criteri e linee guida perche' tutte
queste hanno ad oggetto misure generali  rivolte  all'intero  sistema
delle  autonomie;  viceversa,   a   fronte   dello   specifico   atto
autorizzatorio, e' costituzionalmente indispensabile l'intesa con  la
regione interessata. 
    Cio' trova conferma nella sentenza n. 383/2005, ove si rileva che
«la chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato  di  un  delicato
potere amministrativo, per di piu' connesso con una molteplicita'  di
altre funzioni regionali, quanto meno in tema di tutela della  salute
e  di  governo  del  territorio,  deve  essere   accompagnato   dalla
previsione di un'intesa in senso forte fra gli organi  statali  e  le
regioni e le province autonome direttamente interessate». 
    Per i suddetti motivi le disposizioni di cui alle lettere f) e g)
non appiono conformi agli artt. 117 e 118 Cost., anche per la lesione
del principio della leale collaborazione.