Ricorso della Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, Claudio Burlando, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 25 settembre 2009, n. 1262 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Barbara Baroli dell'ufficio legale della regione e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri, n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 176, supp. ord. del 31 luglio 2009, in relazione alle seguenti disposizioni: art. 25, comma 2, lett. a); art. 25, comma 2, lett. g); art. 27, comma 27, per violazione dell'art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione; dell'art. 118, primo comma, della Costituzione; del principio di leale collaborazione, sotto i profili e per i motivi di seguito indicati. F a t t o La legge 23 luglio 2009, n. 99, Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia, contiene in primo luogo - come e' ben noto - la fondamentale decisione assunta dal Parlamento di tornare a produrre energia nucleare nel territorio italiano. La Regione Liguria prende atto di questa scelta, che compete agli organi rappresentativi della comunita' nazionale, pur con il rammarico che la mancata riforma delle strutture parlamentari e prima ancora l'omessa attivazione della partecipazione regionale alla Commissione parlamentare per le questioni regionali non abbiano consentito alle Regioni di prendere parte a questa scelta nelle corrette sedi legislative. Fuori discussione in questa sede la scelta di base, rimane tuttavia la necessita' di salvaguardare lo specifico ruolo sia delle Regioni, in quanto titolari costituzionali della potesta' legislativa nelle materie di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ed in particolare in materia di governo del territorio, di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e di tutela della salute, nonche' nelle altre materie nelle quali non sia prevista la potesta' legislativa statale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione. Tale specifico ruolo deve essere salvaguardato con riferimento sia alle regioni nel loro insieme, sia alle regioni che siano poi direttamente interessate dagli insediamenti delle centrali. Viene particolarmente in considerazione l'art. 25 della legge in questione, che contiene la Delega al Governo in materia nucleare. Esso prevede un ruolo della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 in primo luogo (comma 1) nella procedura di emanazione dei decreti legislativi delegati: tale Conferenza, infatti, deve essere «sentita». Anche tale modalita' non rappresenta adeguatamente le istanze di partecipazione delle regioni alle scelte generali, e tuttavia, nel vigente assetto dei poteri legislativi nazionali, la ricorrente regione non censura tale disposizione. Sempre alla Conferenza unificata l'art. 25, comma 2, riconosce un potere di «intesa» nella procedura di rilascio dell'autorizzazione unica relativa ad impianti nucleari (lett. g). Rimangono invece assenti, tra i principi e criteri direttivi posti dalla legge di delega, disposizioni che garantiscano la salvaguardia dei compiti e dei poteri costituzionali delle regioni, la' dove esse siano singolarmente e direttamente interessate da uno specifico impianto nucleare. Cio' vale in primo luogo in relazione all'art. 25, comma secondo, lett. a), ai sensi del quale i decreti legislativi dovranno contenere la «previsione della possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione». La Regione Liguria contesta tale disposizione, per i motivi che saranno di seguito esposti, in quanto essa non prevede che sulla individuazione e definizione dei siti di interesse strategico nazionale sia prevista l'intesa della regione interessata. Inoltre, lo stesso art. 25, comma 2, lett, g), che pure riconosce alla Conferenza unificata un potere di «intesa» nella procedura di rilascio dell'autorizzazione unica relativa ad impianti nucleari, non riconosce lo stesso potere alla regione direttamente interessata, in relazione ai profili di localizzazione territoriale. Di qui l'ulteriore e fondamentale impugnazione di tale disposizione sotto questo profilo. Oltre alle disposizioni sopra illustrate relative alla produzione dell'energia mediante centrali nucleari, la legge n. 99 del 2009 contiene anche altre Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico, secondo quanto recita la rubrica dell'art. 27. Interessa qui in particolare il comma 27, il quale applica ora «le disposizioni di cui all'art. 5-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33», agli «impianti di produzione di energia elettrica alimentati con carbon fossile di nuova generazione, se allocati in impianti industriali dismessi, nonche' agli impianti di produzione di energia elettrica a carbon fossile, qualora sia stato richiesto un aumento della capacita' produttiva». Poiche' l'art. 5-bis richiamato dispone che per le centrali da esso individuate (ma ora innovate dalla nuova disposizione) «si procede in deroga alle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale, purche' la riconversione assicuri l'abbattimento delle loro emissioni di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti previsti per i grandi impianti di combustione di cui alle sezioni 1, 4 e 5 della parte II dell'allegato II alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152», il combinato delle due disposizioni produce il venir meno sia dei vincoli previsti dalla legislazione statale, sia di quelli previsti dalla normativa regionale. Infatti la Regione Liguria ha esercitato le proprie competenze con la legge regionale 29 maggio 2007, n. 22, recate Norme in materia di energia. Tale legge tra l'altro prevede la competenza della regione a stabilire criteri per la localizzazione degli impianti (art. 2), stabilisce il sistema della programmazione e pianificazione regionale in materia di energia (art. 3) prevedendo la stipulazione di accordi con i gestori degli impianti di produzione di energia elettrica per finalita' di raggiungimento di livelli minimi di efficienza energetica (art. 6). Inoltre, nella Regione Liguria e' vigente il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), approvato con d.C.R. n. 43/2003 (consultabile sul sito www.bur.liguriainrete.it - Ricerca e consultazione testi), pubblicata nel s.o. n. 5 del 4 febbraio 2004, ed e' stato aggiornato con d.C.R. n. 3/2009, pubbl. in B.U.R.L. parte II n. 10/2009. A sua volta il Piano di risanamento della qualita' dell'aria, redatto sulla base di standard sanitari statali, e' stato approvato con d.C.R. n. 4 /2006, pubbl. in B.U.R.L. n. 13, parte II del 29 marzo 2006. Con tali due piani la regione ha tra l'altro individuato le aree ove non possono trovare collocazione impianti di produzione dell'energia elettrica. In particolare, il Piano Aria individua le aree urbane con fonti emittenti miste ove, in caso di superamento del limite di accettabilita' della qualita' dell'aria, non possono essere ubicati nuovi impianti. La Regione Liguria possiede tre centrali termoelettriche a carbone (La Spezia, Vado Ligure e Genova) per un totale di 1500 MW e siti dismessi, di cui tre di interesse nazionale in via di bonifica o bonificati. Su tale base, la ricorrente regione ritiene che la disposizione di cui all'art. 27, comma 27, della legge n. 99 del 2009 sia illegittima, in quanto essa non costituisce un principio fondamentale della materia, al cui rispetto la legislazione regionale sia costituzionalmente tenuta, ma una norma derogatoria che compromette quei valori di ordine territoriale, di tutela della salute, ambientali, turistici, ecc., alla quale sia la potesta' legislativa statale che quella regionale sono preordinate. Inoltre, essa svuota di contenuto l'intesa che la regione e' chiamata a dare rispetto all'autorizzazione dell'impianto, prevista dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (recante Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale), convertito in legge 9 aprile 2002, n. 55. Le impugnate disposizioni si rivelano dunque ad avviso della ricorrente regione costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell"art. 25, comma 2, lett. g). L'art. 25, comma secondo, lett. g), pone come criterio direttivo della delega che il legislatore delegato preveda «che la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano considerati attivita' di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». Come risulta dal testo, e' previsto che l'autorizzazione unica (che - a termini del principio stabilito con la successiva lettera h) - «sostituisce ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati», ad eccezione delle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica), sia assunta con l'intesa della Conferenza unificata. Tuttavia, tale previsione si rivela ugualmente illegittima nella parte in cui essa non pone il principio - ad avviso della ricorrente regione costituzionalmente dovuto - secondo il quale la localizzazione dell'impianto, con le sue determinate caratteristiche, richiede altresi' l'intesa della Regione nel cui ambito esso deve essere realizzato. Premesso che e' pacifico che il coinvolgimento della Conferenza non puo' essere ritenuto equivalente o sostitutivo di quello della regione interessata (evidentemente diverso, infatti, e' il tipo e l'ambito degli interessi che nelle due sedi sono esaminati), la necessita' del consenso di questa in relazione alla localizzazione di grandi opere, la cui realizzazione imprima al territorio una caratterizzazione tanto forte da incidere sulla sua complessiva destinazione e su tutti gli interessi che in esso insistono, e' implicita nel sistema di applicazione del principio di sussidiarieta' sin dalla sentenza fondante n. 303 del 2003, nella quale espressamente si afferma che «per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (punto 4.1 in diritto): ed e' esattamente questo valore che nella stessa sentenza viene attribuito all'intesa regionale rispetto al Programma delle opere strategiche approvato dal CIPE in base alla legge n. 443 del 2001. Questo principio e' stato ribadito proprio in relazione alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia elettrica» dalla gia' ricordata sentenza n. 6 del 2004, nella quale la legittimita' costituzionale della normativa statale impugnata e' stata affermata proprio in ragione della circostanza che «l'autorizzazione ministeriale per il singolo impianto "e' rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata''» (punto 7 in diritto). Ed in questa occasione la Corte ha sottolineato che si deve trattare di «un'intesa "forte'', nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Particolare importanza riveste poi la sentenza n. 62/05, che riguarda la questione dello stoccaggio dei rifiuti nucleari (e dunque un oggetto vicino a quello della presente controversia). Tale sentenza in primo luogo ribadisce che, quando gli interventi necessari realizzati dallo Stato in vista di interessi unitari di tutela ambientale «concernono l'uso del territorio, e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un lato, con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro lato con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate modalita' di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le Regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (cfr. sentenza n. 303 del 2003)» (punto 16 in diritto). Di seguito la sentenza rileva che nel caso era stata prevista sulla individuazione del sito l'intesa con la Conferenza unificata, e valuta come corretta questa previsione. Essa tuttavia prosegue Osservando, che «quando pero', una volta individuato il sito, si debba provvedere alla sua "validazione'', alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e a cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e' quello della regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata», e che «non basterebbe piu', a questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola regione interessata» (punto 17 in diritto). Il principio della necessaria intesa con la regione interessata viene ulteriormente ribadito con la sentenza n. 383 del 2005, in relazione alla individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ove pure si afferma la necessita' «che anche tale individuazione sia effettuata d'intesa con le regioni e le province autonome interessate» (punto 25 in diritto). Ad avviso della ricorrente regione la denunciata illegittimita', consistente nella mancata indicazione quale principio e criterio direttivo della necessita' dell'intesa con la regione interessata in relazione alla localizzazione della centrale, non viene meno per il fatto che la successiva lett. h) prevede che «l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241». A parte la genericita' dell'espressione «amministrazioni interessate», e pur dando per scontato che tra esse vadano incluse le regioni, l'istituto dell'intesa implica uno specifico rapporto bilaterale tra lo Stato e la regione interessata, costituito da una altrettanto specifica trattativa tra due parti, ed assistito da un dovere particolare di attenzione e di reciproca collaborazione. Tale rapporto speciale non puo' essere diluito e confuso in una generica partecipazione al procedimento quale «amministrazione interessata», ed e' dunque del tutto insufficiente il principio espresso da tale lett. h). Cio' anche se - a termini della legge n. 241 del 1990 - il dissenso espresso dalla regione conduca (come previsto dall'art. 14-quater, comma 3-bis di tale legge) ad una determinazione sostitutiva rimessa alla Conferenza Stato-regioni - se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali - o alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale, per terminare nella competenza ultima del Consiglio dei ministri ove il dissenso non risulti con tali mezzi superato. La necessita' del rapporto specifico di intesa quanto alla localizzazione delle centrali non rimane dunque adeguatamente sostituito dalla sia pur qualificata partecipazione al procedimento. Del resto, tale specificita' - ed insieme una possibile diversa soluzione - e' bene dimostrata, all'interno della stessa legge qui impugnata, dal nuovo testo dell'art. 1-sexies, comma 4-bis, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290), introdotto ora dall'art. 27, comma 24 della legge n. 99 del 2009. Tale comma 4-bis, nel suo testo originario, era stato appunto dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza di codesta Corte costituzionale n. 383 del 2005, sopra citata (come sopra ricordato, esso prevedeva un «potere sostitutivo» statale in caso di mancata intesa con la regione interessata). Ora, in sostanziale esecuzione della sentenza n. 383, il nuovo comma 4-bis del decreto dispone (per quanto qui interessa) come segue: «In caso di mancata definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione, entro i novanta giorni successivi al termine di cui al comma 3, si provvede al rilascio della stessa previa intesa da concludere in un apposito comitato interistituzionale, i cui componenti sono designati, in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente dai Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti e dalla regione o dalle regioni interessate. Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa, entro i sessanta giorni successivi al termine di cui al primo periodo, si provvede all'autorizzazione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della regione o delle regioni interessate, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». Dunque, e' la stessa legge statale, guidata in questo caso dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, ad indicare la via idonea a preservare i caratteri specifici dell'intesa e la sua peculiare rilevanza anche la' dove - per le esigenze unitarie codificate nel principio di sussidiarieta' - alla regione interessata non possa spettare la parola definitivamente finale. Di qui l'illegittimita' costituzionale della impugnata disposizione, nella parte in cui non prevede che l'autorizzazione unica debba essere rilasciata previa intesa con la Regione interessata. 2) Illegittimita' costituzionale dell"art. 25, comma 2, lett. a) L'art. 25, comma secondo, lett. a), pone come criterio direttivo della delega la «previsione della possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione». La regione non contesta, ovviamente, la necessita' che i siti delle centrali nucleari siano soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione. Ritiene invece di dovere essere coinvolta sia nella esatta individuazione dell'area da qualificare come «di interesse strategico nazionale», sia nella stessa individuazione delle forme di vigilanza e protezione. Cio' nell'ipotesi che non si tratti qui semplicemente di un problema di ordine pubblico, ma che la qualifica in questione conferisca ad aree non necessariamente coincidenti con quella della centrale nucleare strettamente intesa uno status territoriale speciale, comportante uno specifico regime dell'attivita' urbanistica ed edilizia, intrecciandosi cosi' con la materia del governo del territorio e con tutti gli interessi inerenti a tale vastissima materia. Per quanto qui risulta, la qualificazione di aree come di interesse strategico nazionale ha nella legislazione un precedente specifico nell'art. 2, comma 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (convertito in legge n. 123 del 2008 e modificato dall'art. 2-bis della legge n. 210 del 2008), secondo il quale «i siti, le aree, le sedi degli uffici e gli impianti comunque connessi all'attivita' di gestione dei rifiuti costituiscono aree di interesse strategico nazionale, per le quali il Sottosegretario di Stato provvede ad individuare le occorrenti misure, anche di carattere straordinario, di salvaguardia e di tutela per assicurare l'assoluta protezione e l'efficace gestione». La ricorrente regione ritiene che - nel quadro sopra delineato - debba essere stabilito come vincolo costituzionale nella stessa legge di delega che all'individuazione dell'area e delle relative misure di protezione debba procedersi d'intesa con la regione o le regioni direttamente interessate, per le stesse ragioni per le quali l'intesa risulta necessaria - come sopra esposto - in relazione alla stessa localizzazione della centrale. Ne risulta dunque - nella indicata prospettiva - l'illegittimita' costituzionale dell'impugnata disposizione, in quanto non prevede il necessario coinvolgimento delle regioni interessate. 3) Illegittimita' costituzionale dell"art. 27, comma 27. L'art. 27, composto da ben 47 commi, contiene diverse Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico. Al comma 27 esso dispone che «agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati con carbon fossile di nuova generazione, se allocati in impianti industriali dismessi, nonche' agli impianti di produzione di energia elettrica a carbon fossile, qualora sia stato richiesto un aumento della capacita' produttiva, si applicano, alle condizioni ivi previste, le disposizioni di cui all'art. 5-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33». A sua volta, l'art. 5-bis richiamato, intitolato Riconversione di impianti di produzione di energia elettrica, dispone al suo unico comma che «per la riconversione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al fine di consentirne l'alimentazione a carbone o altro combustibile solido, si procede in deroga alle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale, purche' la riconversione assicuri l'abbattimento delle loro emissioni di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti previsti per i grandi impianti di combustione di cui alle sezioni 1, 4 e 5 della parte II dell'allegato II alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». Dispone altresi' che tale disposizione «si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». In definitiva, il risultato della nuova disposizione, comprensiva della parte che essa «riprende» dalla precedente, e' che alle centrali a carbon fossile non vi sarebbero piu' limiti di localizzazione: ne' per quelli di «nuova generazione» (se allocati in impianti industriali dismessi), ne' per quelli esistenti (anche di vecchia generazione), per i quali sia stato richiesto un aumento di potenza, alla sola condizione dell'abbattimento delle emissioni del 50 per cento rispetto ai limiti previsti per i grandi impianti. Ad avviso della ricorrente regione, lo sganciamento della localizzazione o dell'espansione di impianti in ogni modo altamente inquinanti come le centrali a carbone da ogni vincolo di localizzazione viola la potesta' legislativa regionale in materia di governo del territorio e di tutela della salute, oltre che quella in materia di produzione dell'energia. In effetti, tale disposizione non contiene un principio fondamentale, ma e' al contrario una norma derogatoria al normale assetto dei principi di governo del territorio e di tutela della salute. Il carattere derogatorio della disposizione si evince dalla sua stessa formulazione («si procede in deroga alle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale»). La compromissione delle potesta' legislativa ed amministrativa regionale nelle indicate materie - chiamata dalla Costituzione a muoversi in un quadro di principi fondamentali, e non sulla base di norme derogatorie sconnesse da ogni sistema di tutela - sarebbe ancora piu' grave ove la disposizione impugnata dovesse intendersi nel senso che la regione, in sede di rilascio dell'intesa prevista dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (recante «Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale», convertito in legge 9 aprile 2002, n. 55), non puo' far valere ad eventuale motivazione del proprio diniego ragioni attinenti alla tutela di un corretto assetto territoriale, a protezione degli interessi ad una ordinata convivenza delle persone in un ambiente salubre e preservato. Ove cosi' fosse, infatti, la prevista intesa, pur rimanendo formalmente richiesta, finirebbe per perdere oggetto e consistenza, dal momento che attraverso di essa la regione non potrebbe far valere gli interessi che e' chiamata dalla Costituzione a tutelare. Cio' appare tanto piu' lesivo delle competenze costituzionali della regione in quanto codesta stessa Corte costituzionale, nel valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del decreto legge n. 7 del 2002 ora citato, ha espressamente sancito che l'intesa in esso prevista «va considerata come un'intesa "forte'', nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Ove dunque tutti tali interessi dovessero considerarsi come «limiti di localizzazione territoriale» che la regione non puo' piu' far valere, verrebbe meno con cio' il principio stesso dell'intesa: il quale - a termini della stessa sentenza ora ricordata - costituisce poi il fondamento che legittima in forza, del principio di sussidiarieta' l'assunzione di funzioni legislative ed amministrative statali, oltre al ruolo riconosciuto al legislatore statale dall'art. 117, terzo comma, nelle materie di potesta' legislativa regionale, concorrente con quella statale. Ne risulta dunque l'illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata in quanto essa non costituisce un principio fondamentale della materia ma una norma derogatoria che compromette quei valori di ordine territoriale, di tutela della salute, ambientali, turistici, ecc., alla quale sia la potesta' legislativa statale che quella regionale sono preordinate ed in quanto essa svuota di contenuto l'intesa che la regione e' chiamata a dare rispetto all'autorizzazione dell'impianto.