LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di lavoro iscritta al n. 837/2008 R.G.L. promossa da: Compagnia Valdostana delle Acque S.p.A. - Compagnie Valdotaine des Eaux S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore dott. Riccardo Trisoldi, con sede legale in Chatillon, rappresentata e difesa dal prof. avvocato Marino Bin, dall'avvocato Federica Stevenin e dall'avvocato Sara Visca, presso i quali e' elettivamente domic. in Torino, via Susa n. 31, come da procura a margine del ricorso in appello, appellante; Contro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - I.N.P.S., con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore,che agisce in proprio e quale mandatario della Societa' di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. - S.C.C.I. S.p.A., con sede in Roma, ai sensi dell'art. 13, legge n. 448/1998, nonche' della procura, a rogito del dott. Guido Tomazzoli notaio in Roma, del 24 luglio 2001, rappresentato e difeso dall'avvocato Adele Olla' e dall'avvocato Franca Borla per disgiunte procure generali alle liti entrambe del 7 ottobre 1993 a rogito dott. Franco Lupo notaio in Roma, elettivamente domic. in Torino, via XX Settembre 34, presso l'Ufficio Legale Distrettuale della sede provinciale dell'Istituto, appellato. P r e m e s s o Con sentenza 9 novembre 2007, il Tribunale di Aosta respingeva le domande della Compagnia Valdostana delle Acque nei confronti dell'Inps volte al recupero delle contribuzioni per malattia e maternita' versate nel periodo 1° giugno 2001/31 dicembre 2006, la' ove le relative prestazioni venivano corrisposte direttamente dalla societa' ai propri dipendenti (gia' dipendenti Enel). La societa' ricorrente aveva infatti sostenuto che, in regime pubblicistico, l'Enel pagava direttamente ai propri dipendenti il trattamento di malattia e di maternita' ma era del pari esonerato dal pagamento dei relativi contributi all'istituto previdenziale. Tale esenzione doveva permanere anche a favore delle societa' private che avevano assunto le attivita' ed i dipendenti dell'ente pubblico, giusto il disposto dell'art. 3, comma 2, della legge n. 218/1990, che prevedeva la salvaguardia dei diritti quesiti dei dipendenti stessi. Tale interpretazione non era condivisa dal giudice adito, che aveva ritenuto l'inapplicabilita' della disposizione. Avverso tale sentenza proponeva appello la Compagnia Valdostana, ribadendo le proprie argomentazioni, in particolare sottolineando come la decisione del primo giudice portasse ad una duplicazione dell'onere per la societa' e ad un ingiustificato arricchimento dell'istituto previdenziale che, a fronte di prestazioni non corrisposte, incamerava le relative contribuzioni. Resisteva 1'I.N.P.S. per la conferma della prima pronuncia. Poiche', in occasione della discussione orale all'udienza del 22 aprile 2009, la difesa della parte appellante, quanto all'indennita' di malattia, richiamava a proprio favore la sopravvenuta disposizione di cui all'art. 20, comma 1, d.l. n. 112/2008 (convertito in legge n. 133/2008) e del pari l'I.N.P.S. richiamava il secondo capoverso della stessa disposizione, sulla cui costituzionalita' la difesa dell'appellante immediatamente sollevava dubbi in relazione all'art. 3 Cost., questa Corte rinviava all'udienza del 15 luglio 2009 la discussione in punto jus superveniens e sua eccepita incostituzionalita'. Sentite le parti, al riguardo, questa Corte O s s e r v a In merito alla rilevanza della sollevata questione di costituzionalita' della nuova normativa, l'attuale appellante, societa' per azioni, che gestisce, ex art. 18 d.l. n. 333/1992 (convertito in legge n. 359/1992), nella Valle d'Aosta, il servizio gia' gestito dall'Enel, rivendica a suo favore l'esonero dal pagamento dei contributi di malattia all'istituto previdenziale, esonero che spettava all'Enel ex art. 1, comma 2, d.P.R. n. 145/1965 (norma che ricalcava l'art. 6 della legge n. 138/1943 istitutiva dell'ex Inam). Tale esonero era collegato al fatto che lo stesso Enel corrispondeva direttamente ai propri dipendenti il trattamento stesso. Secondo l'appellante l'ultrattivita' di tali disposizioni deriverebbe dall'art. 18 dello stesso d.l. n. 333/1992 che aveva esteso alle societa' per azioni nate dalla privatizzazione di enti pubblici - quali appunto 1'Enel - l'applicazione dell'art. 3, comma 2, legge n. 218/1990 (c.d. legge Amato, recante disposizioni in materia di ristrutturazione ed integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico). In base a tale ultima disposizione «sono fatti salvi i diritti quesiti, gli effetti di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica dell'ente di appartenenza». La questione e' stata oggetto di vari interventi giurisprudenziali. In particolare la Suprema Corte con pronuncia a sez. unite n. 10232/2003 ha enunciato il seguente principio: «L'art. 6, secondo comma, legge n. 138/1943, che esonera l'I.N.P.S. dal pagamento dell'indennita' quando il trattamento economico di malattia venga corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro in misura non inferiore a quella fissata dai contratti collettivi, non vale ad escludere l'obbligo di contribuzione previdenziale a favore dell'I.N.P.S.». La motivazione data si fonda sul principio solidaristico del trattamento di malattia, sul fatto che l'I.N.P.S. lo corrisponde anche in periodi di sospensione del rapporto di lavoro (lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro non fruenti di cassa integrazione) e «poiche', non esistendo tra prestazioni e contributi un nesso di reciproca giustificazione causale, ben puo' persistere l'obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti l'ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni». Tale pronuncia riguarda dunque tutti i datori di lavoro che corrispondono direttamente il trattamento di malattia e non solo quelli che lo fanno in base alla contrattazione collettiva, come vorrebbe l'appellante. Il principio di diritto e' chiaro al proposito. Recentemente anche la Consulta, cui si rimette l'attuale giudizio, e' intervenuta con ordinanza n. 241/2006 e con pronuncia 12 marzo 2008, n. 47 sulla questione di costituzionalita' dell'art. 6, legge n. 138/1943, quale prospettata da varie autorita' giudiziarie, ritenendo non fondate le censure (in casi, peraltro, ove l'obbligo della corresponsione diretta nasceva dalla contrattazione collettiva - ed infatti il riferimento da parte di un giudice rimettente alla normativa Enel e' stato considerato inconferente) sul diverso presupposto che l'art. 6, secondo comma, si limita a prevedere che l'indennita' di malattia non e' dovuta dall'ente previdenziale nel caso in cui il datore di lavoro corrisponda al dipendente malato la retribuzione, nulla disponendo in ordine al diverso obbligo contributivo a favore dell'ente previdenziale. In tale quadro normativo e giurisprudenziale, si e' inserito nelle more del procedimento l'art. 20, comma 1, d.l. n. 112/2008 (convertito in legge n. 133/2008) che recita: «Il secondo comma, dell'art. 6, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel senso che i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento, economico di malattia, con conseguente esonero dell'Istituto nazionale della previdenza sociale dall'erogazione della predetta indennita', non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all'Istituto medesimo. Restano acquisite alla gestione e conservano la loro efficacia le contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009.». E' chiaro come detta norma, di interpretazione autentica, riguardando anche i datori di lavoro, quale l'attuale appellante, che corrispondano direttamente l'indennita' di malattia ai propri dipendenti in base a disposizione di legge, si applichi al caso di specie. E poiche' le contribuzioni gia' versate dall'appellante, con riserva di ripetizione, si riferiscono a periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009, si applica anche il secondo capoverso di tale comma, per cui, nonostante la riserva, effettuata in sede di versamento, nulla avrebbe a pretendere l'attuale appellante. Ne' appare, in questo caso, possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'ultimo periodo della disposizione sopra riportata, che consenta di superare i vizi di costituzionalita' denunciati, come piu' volte suggerito, in relazione a norme di formulazione simile a quella dell'art. 20, comma 1, cit. (v., ad es., Corte cost. n. 885/1988; Cass. n. 11682/1995), in quanto la norma qui in esame, con l'utilizzo dell'avverbio «comunque» pare proprio riferirsi a tutti i versamenti gia' eseguiti, ivi compresi quelli effettuati con riserva di ripetizione. Detto questo sulla rilevanza, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, ritiene la Corte rimettente sussistere anche questo requisito con riferimento al secondo periodo di detto comma, la' ove le contribuzioni «comunque versate» per i periodi anteriori al 1° gennaio 2009 restano acquisite alla gestione, e cio' in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. In ordine all'art. 3 Cost., ritiene la Corte che la norma introduca una disparita' di trattamento fortemente lesiva del principio di uguaglianza tra soggetti che nulla hanno versato e soggetti, che, come l'attuale appellante hanno preferito versare i contributi, pur con riserva di ripetizione, onde non incorrere in sanzioni ulteriori, favorendo tra l'altro i soggetti (coloro che nulla hanno versato) meno meritevoli di tutela. In ordine all'art. 24 Cost., la disposizione denunciata appare lesiva del principio secondo cui tutti possono agire per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Nel caso di specie il fondamento dell'azione proposta e' da ricercarsi nelle norme sull'indebito oggettivo di cui all'art. 2033 c.c. Ricorda al riguardo questa Corte come l'annosa questione sull'esperibilita' di un'azione di accertamento negativo dell'obbligo contributivo, una volta aderito a regolarizzazione contributiva (con riserva), e' stata da ultimo risolta positivamente dalla Suprema Corte con sentenza n. 22164/2004 ed ha trovato fondamento legislativo nella norma di cui all'art. 81, comma 9, legge 23 dicembre 1998, n. 448. Da ultimo, pare opportuno sottolineare come non risulti conferente alla presente fattispecie la recente pronuncia della Corte di legittimita' n. 25047/2008 che ha dichiarato non manifestamente fondata la questione di costituzionalita' dello stesso articolo qui prospettata, in quanto essa non ha preso in esame il punto qui rilevante concernente la prevista impossibilita' di ripetizione di quanto versato.