Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del  codice
di procedura penale promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del
Tribunale di Lecce, nel procedimento penale a carico di D. N. L., con
ordinanza dell'11 luglio  2008,  iscritta  al  n.  435  del  registro
ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 2, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 7  ottobre  2009  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Lecce, con ordinanza depositata l'11 luglio 2008,  ha  sollevato,  in
riferimento agli  articoli  3,  24  e  111,  secondo  comma,  secondo
periodo, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 108 del codice di procedura penale «nella parte in cui  non
consente al giudice di valutare se il termine a difesa  ivi  previsto
sia stato richiesto effettivamente al  fine  di  prendere  cognizione
degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento e  non
per altre indebite finalita»; 
        che, come il rimettente riferisce, i comportamenti  posti  in
essere   dall'imputato   e   dal   difensore    «hanno    determinato
l'impossibilita' di definire  questa  fase  processuale»  in  quanto,
all'udienza del 10 luglio 2008,  il  difensore  di  fiducia  nominato
dall'imputato, a  seguito  di  rinuncia  e  comunque  di  revoca  del
precedente difensore, ha chiesto termine  per  la  difesa,  ai  sensi
dell'art. 108 cod. proc. pen., mentre gia'  in  un'udienza  anteriore
l'imputato aveva revocato il difensore,  nominandone  uno  nuovo,  il
quale, a sua volta, aveva formulato analoga domanda; 
        che,  inoltre,  l'imputato  ha  avanzato  due  richieste   di
ricusazione del  giudicante,  dichiarate  inammissibili  dalla  Corte
d'appello di Bari; 
        che, secondo il rimettente, la  disposizione  impugnata,  non
consentendo al giudice di valutare la sussistenza del diritto, per il
nuovo difensore dell'imputato che ne faccia richiesta, ad un  termine
congruo per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti
oggetto del procedimento, si pone in contrasto  con  l'art.  3  Cost.
perche' "irragionevolmente" non permette al giudicante di  verificare
se la richiesta del termine per la  difesa  sia  stata  correttamente
finalizzata a prendere cognizione degli  atti  e  ad  informarsi  sui
fatti oggetto del procedimento, «ovvero sia stata mossa  da  esigenze
estranee a tale legittima finalita' ed in particolare da esigenze  di
tipo  ostruzionistico,  evidentemente  frutto  di  un  concerto   tra
l'imputato e  la  sua  difesa  nella  sequenza:  rinuncia,  revoca  o
abbandono del vecchio  difensore  e  nomina  del  nuovo  difensore  o
designazione di quello di ufficio e richiesta del termine a difesa da
parte di quest'ultimo»; 
        che, inoltre, la norma impugnata sarebbe in contrasto con gli
artt. 3 e 24 Cost., in quanto la previsione del  diritto  al  termine
per la  difesa,  senza  la  facolta'  del  giudice  di  valutarne  la
fondatezza,  «e'  suscettibile  di  pregiudicare   indebitamente   le
posizioni costituzionalmente garantite degli altri imputati  e  della
parte civile che possono avere interesse ad  una  rapida  definizione
del giudizio»; 
        che la citata  norma  sarebbe,  altresi',  in  contrasto  con
l'art. 111, secondo comma, secondo periodo, Cost., poiche' «la  detta
previsione e' pure suscettibile di pregiudicare la ragionevole durata
del processo, in quanto una serie di comportamenti scientemente posti
in essere dall'imputato in concerto con la difesa tecnica secondo  la
sequenza indicata» determinano  ripetuti  differimenti  dell'udienza,
venendo «di fatto a paralizzare l'attivita' processuale»; 
        che nel giudizio di legittimita' costituzionale  ha  spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso    dall'Avvocatura    generale    dello    Stato,    eccependo
l'inammissibilita'  della  questione,  in   quanto   il   dubbio   di
costituzionalita'  sollevato  dal  giudice  a  quo  non  concerne  il
disposto dell'art. 108 cod. proc. pen. in se' e per se'  considerato,
ma il patologico abuso che del diritto ad ottenere un termine per  la
difesa alcuni soggetti processuali possono fare. 
    Considerato che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di Lecce ha riferito di non poter  definire  la  fase  processuale  a
causa delle ripetute revoche del difensore da parte  dell'imputato  e
di rinunce del difensore stesso,  alle  quali  ha  fatto  seguito  la
nomina o  designazione  di  nuovo  difensore,  che  a  sua  volta  ha
richiesto, ai sensi dell'articolo 108 del codice di procedura penale,
il termine per la difesa; 
        che, inoltre, sono intervenute  due  istanze  di  ricusazione
formulate dall'imputato  nei  confronti  del  giudicante,  dichiarate
inammissibili dalla Corte d'appello competente; 
        che,  pertanto,  il  rimettente  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 108  cod.  proc.  pen.,  «nella
parte in cui non consente al giudice di  valutare  se  il  termine  a
difesa ivi previsto sia stato richiesto  effettivamente  al  fine  di
prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del
procedimento e non per altre indebite finalita»; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile; 
        che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, sono
inammissibili   le   questioni   di   legittimita'    costituzionale,
prospettate in relazione al funzionamento patologico della disciplina
e non riferite, invece, alla  norma  considerata  nel  suo  contenuto
precettivo (sentenze n. 40 del 1998, n. 175 del 1997  e  n.  417  del
1996, ordinanza n. 16 del 2006); 
        che, in particolare, con l'ordinanza n. 16 del 2006, la Corte
ha dichiarato  l'inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata nei confronti  della  medesima  disposizione
oggetto di impugnazione,  in  riferimento  agli  artt.  111,  secondo
comma, secondo periodo, 3, 24 e 25 Cost., nella parte in cui consente
un esercizio illimitato del diritto di revoca  e  della  facolta'  di
rinuncia al mandato difensivo; 
        che,  con  l'ordinanza  citata,  la   Corte   ha   dichiarato
l'inammissibilita'  di  questioni  di   legittimita'   costituzionale
fondate su  situazioni  prospettate  come  patologiche,  estranee  al
normale funzionamento della  disciplina  denunziata,  affermando  che
eventuali interventi volti a prevenire abusi di facolta'  processuali
sono  sottratti  al  suo  sindacato,  in  quanto  di  competenza  del
legislatore; 
        che, anche nel caso di specie, le doglianze  prospettate  dal
rimettente non concernono effettivi vizi  del  quadro  normativo,  ma
l'uso distorto che di esso possono fare l'imputato ed  il  difensore,
sicche' iniziative dirette a prevenire l'abuso del diritto al termine
per  la  difesa,  risolvendosi  in  una  limitazione  delle  garanzie
difensive e di un diritto processuale dello  stesso  difensore,  sono
riservate alla discrezionalita' del legislatore; 
        che, inoltre, la questione sollevata  presenta  un  ulteriore
profilo di inammissibilita', in quanto il  rimettente  ha  omesso  di
formulare un  petitum  specifico,  ne'  questo  e'  deducibile  dalla
motivazione   dell'ordinanza   di   rimessione,    lasciando    cosi'
indeterminata la pronuncia (additiva, interpretativa  o  caducatoria)
che questa  Corte  dovrebbe  emettere  per  evitare  i  comportamenti
denunziati (ex plurimis: ordinanze nn. 98 e 70 del 2009; n.  380  del
2008; n. 123 del 2007). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.