IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sciogliendo  la  riserva
assunta all'udienza del 4 giugno 2009; 
    Ritenuto in fatto che con ricorso depositato in data 9  settembre
2008 e notificato assieme al decreto di fissazione d'udienza,  S.  M.
ha convenuto l'Istituto nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS)
avanti al Tribunale di Arezzo, in veste di  giudice  monocratico  del
lavoro, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: 
        a) accertare e dichiarare che S. M. ha diritto all'erogazione
dell'indennita' di malattia con le modalita' di legge  per  tutte  le
giornate di assenza per dialisi, ritenendo le stesse scorporabili dal
periodo massimo indennizzabile di 180 giornate; 
        b) condannare l'INPS ad erogare (o autorizzare il  datore  di
lavoro all'erogazione, salvo conguaglio) a   S.  M.  l'indennita'  di
malattia per 17 giorni decorrenti dall'8 al 31 dicembre 2007 con  gli
interessi e la rivalutazione monetaria di legge; 
        c)  in  via  meramente  ipotetica  e  subordinata,  sollevare
innanzi  alla  Corte   costituzionale   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2110 c.c., primo comma, nella parte  in  cui
non annovera anche la dialisi tra le malattie atte  ad  escludere  la
decorrenza del periodo massimo indennizzabile. 
    Il ricorrente ha  dedotto  in  proposito  di  essere  soggetto  a
dialisi per insufficienza renale e che nel 2007 ha  usufruito  di  n.
180 giornate corrispondenti al periodo massimo indennizzabile  per  i
lavoratori a tempo indeterminato. 
    Ha aggiunto che si e' dovuto assentare  anche  per  ulteriori  17
giorni di dialisi che, pur ritenuti giustificati, tuttavia  non  sono
stati retribuiti. 
    Ha infine  ricordato  che,  con  nota  del  10  aprile  2008,  il
Patronato INCA di Arezzo ha anche rivolto apposita  istanza  all'INPS
affinche'  l'istituto  considerasse   la   dialisi   quale   malattia
«specifica», da scorporare dalle 180 giornate  di  malattia  generica
indennizzabile al lavoratore, ma che l'INPS, con nota  del  5  maggio
2008, ha risposto che la richiesta non  poteva  essere  accolta  «per
mancanza dei requisiti normativi». 
    Costituitosi in giudizio, l'INPS  ha  resistito  all'accoglimento
della domanda, deducendo che il trattamento di dialisi  non  era  una
«malattia», ma un evento terapeutico. 
    Ha inoltre ribadito l'insussistenza del  diritto  al  trattamento
economico di malattia per periodi di assenza eccedenti i  180  giorni
annui, quando non siano  determinati  da  una  delle  cause  indicate
dall'art. 2110 c.c. 
    Ha infatti sostenuto che tale disposizione di  legge,  in  quanto
limitativa  di  un  generale  principio,  e'  necessariamente  «norma
speciale» e quindi non e' suscettibile di interpretazioni estensive o
analogiche. 
    Pertanto, ove non sia dichiarata incostituzionale, non  puo'  che
produrre effetti escludenti il diritto preteso dal ricorrente. 
    In sede di discussione orale, le opposte difese  hanno  insistito
nelle conclusioni rassegnate. 
    Ritenuto in diritto che: 
        la disposizione di cui all'art. 2110 c.c. stabilisce  che  in
caso di malattia e' dovuta al lavoratore una indennita' nella  misura
e per il  tempo  determinati  dalle  leggi  speciali  ,  dalle  norme
contrattuali, dagli usi o secondo equita'; 
        comunque l'indennita' di malattia e' dovuta per  le  giornate
indennizzabili comprese in un periodo massimo di 180 gg.; 
        anche  secondo  le  circolari  dell'Istituto  convenuto,   le
giornate di assenza dal lavoro per effettuazione del  trattamento  di
dialisi devono essere considerate come  un  «unico  episodio  morboso
continuativo» ( v. circolare 28 gennaio 1981, n. 134368 A.G.O./14); 
        sempre per l'Istituto, qualora il lavoratore venga a trovarsi
in uno stato di incapacita' lavorativa per il sopraggiungere  di  una
malattia «diversa» da quella per la quale e' praticato il trattamento
emodialitico, la malattia sopravvenuta deve considerarsi «autonoma  e
prevalente» rispetto a quella preesistente; 
        tuttavia, sempre ai fini  del  periodo  massimo  di  malattia
indennizzabile  pari  a  180  gg.,   le   giornate   di   trattamento
emodialitico  devono  essere  «sommate»  a  quelle  delle   eventuali
malattie sopravvenute; 
        pertanto, come esattamente sottolinea la  difesa  ricorrente,
nel caso in cui il lavoratore sottoposto  a  dialisi  si  ammali  per
altro evento patologico e con cio' superi i 180 gg., per le ulteriori
giornate di dialisi non vedra' il riconoscimento della indennita'  di
malattia; 
    Ritenuto sempre in diritto: 
        che l'art. 2110 c.c. (in relazione alla normativa di cui alla
legge  n.  138   del   1943)   appare   viziato   da   illegittimita'
costituzionale; 
        che la questione di legittimita'  costituzionale  come  sopra
prospettata appare rilevante in causa e non manifestamente  infondata
per i seguenti motivi: 
          a)  in  primo  luogo,  con  riguardo   all'art.   3   della
Costituzione, stante la  violazione  del  principio  di  uguaglianza,
violazione insita nel fatto di disporre  una  tutela  «attenuata»,  a
parita' di altre condizioni, a carico di  un  lavoratore  affetto  da
insufficienza renale e percio' soggetto a trattamento  di  emodialisi
rispetto ad un lavoratore in stato di infortunio o magari  malato  di
tubercolosi ( per il quale esiste specifica normativa come  la  legge
n. 1088/1970 che prevede l'erogazione  della  indennita'  giornaliera
anche oltre 180 gg.),  il  che  appare  palesemente  insufficiente  a
giustificare tale discriminazione; 
          la  mancata  previsione  del  diritto   all'indennita'   di
malattia a favore dei soggetti  a  trattamento  emodialitico  risulta
particolarmente irrazionale perche' non  si  giustifica  l'erogazione
della indennita' di malattia solo a favore di alcuni  soggetti  (come
quelli  prima  citati)  e  non  di  altri  come  i  dializzati,   che
rappresentano una categoria non prevista e pertanto  «esclusa»  dalla
possibilita' di usufruire della  citata  indennita'  anche  oltre  il
periodo limite di 180 gg.; 
          b) la disposizione in esame appare in contrasto  anche  con
1'art. 38 della Costituzione, perche' si pone in violazione  di  quei
principi di solidarieta' sociale che informano  l'ordinamento  e  che
vedono nel comma 2 dell'art. 38 Cost. uno specifico precetto posto  a
tutela  dei  lavoratori  e  volto  a  garantire  agli  stessi  «mezzi
adeguati» alle loro esigenze di vita proprio in caso di malattia; 
          c) inoltre appare in contrasto pure con  l'art.  32  Cost.,
norma a cui la stessa Corte costituzionale ha  riconosciuto  in  piu'
occasioni una portata immediatamente precettiva (v. sent.  20  maggio
1982, n. 104), sottolineando che la  salute  e'  un  valore  protetto
dalla  Costituzione  come  fondamentale  diritto  dell'individuo   ed
interesse  della  collettivita',  tanto   da   essere   costantemente
riconosciuto come primario, sia per  la  sua  inerenza  alla  persona
umana, sia per la sua valenza di diritto sociale (v. Corte  cost.  31
gennaio 1991, n. 37); 
        che pertanto in relazione al bene salute  e' individuabile  e
si configura un diritto  soggettivo  assoluto  e  primario,  volto  a
garantire le condizioni  di  integrita'  psico-fisica  delle  persone
bisognose di cura, in  specie  allorquando  ricorrano  condizioni  di
«indispensabilita'», non altrimenti «sopperibili», come nei  casi  in
cui - per i dializzati - si tratti di trattamenti «salvavita»; 
        che la rilevanza della questione nel giudizio a  quo  risiede
nel fatto che  da  essa  dipende  l'accoglimento  della  domanda  nel
merito; 
        che infatti se la  disposizione  censurata  fosse  dichiarata
costituzionalmente  illegittima   non   sussisterebbe   piu'   alcuna
possibilita'  di  «sommatoria»  tra  le   giornate   di   trattamento
emodialitico e quelle di malattia comune, in  quanto,  nel  caso  dei
malati di insufficienza renale  sottoposti  a  dialisi,  verrebbe  ad
essere individuata una  malattia  «specifica»,  non  assimilabile  ai
giorni di malattia generica e da  essa  «scorporatile»,  per  cui  il
lavoratore verrebbe,  in  caso  di  declaratoria  di  illegittimita',
senz'altro a godere della  indennita'  di  malattia  anche  oltre  il
periodo massimo indennizzabile; 
        che pertanto risulta inevitabile sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale relativamente all'art. 2110 c.c.