Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
19 febbraio 2009, relativa alla insindacabilita', ai sensi  dell'art.
68, primo comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  da
Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti,  nei  confronti
del dott. Giancarlo Caselli, promosso dal Tribunale di Monza, sezione
distaccata di Desio, con ricorso  depositato  in  cancelleria  il  1°
giugno 2009 ed iscritto al n. 9 del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2009, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella Camera di consiglio del 7  ottobre  2009  il  giudice
relatore Paolo Maddalena. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  il  1°  giugno  2009,  il
Tribunale  di  Monza,  sezione  distaccata  di  Desio,  ha  sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del
Senato della Repubblica per sentir dichiarare da questa Corte che non
spetta al Senato medesimo affermare che i fatti per cui e'  in  corso
procedimento penale, pendente dinanzi ad esso Tribunale, a carico  di
Raffaele Lino Iannuzzi,  senatore  all'epoca  dei  fatti,  concernono
opinioni  espresse  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai   sensi
dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,  con  conseguente
annullamento della relativa deliberazione  adottata  il  19  febbraio
2009 (doc. IV-ter, n. 10); 
        che il ricorrente premette che lo Iannuzzi  e'  imputato  del
reato di diffamazione aggravata, punito dagli artt. 595, 61,  n.  10,
cod. pen., nonche' 13 e  21  della  legge  8  febbraio  1948,  n.  47
(Disposizioni  sulla  stampa),  giacche',  alla  stregua  di   quanto
contestato  con  il  capo  di  imputazione  (integralmente  riportato
nell'atto  introduttivo  del   presente   giudizio),   quale   autore
dell'articolo dal titolo «Il boss e  la  verita'  che  nessuno  volle
sapere. La storia di Badalamenti, il "nemico" di  Buscetta»,  apparso
sul quotidiano «Il Giornale» del 3 maggio  2004,  avrebbe  offeso  la
reputazione di Gian Carlo Caselli, in qualita', all'epoca dei  fatti,
di Procuratore della Repubblica di Palermo; 
        che, in sintesi, lo Iannuzzi,  tramite  l'anzidetto  articolo
giornalistico, avrebbe  indotto  i  lettori  a  giungere  ad  erronee
conclusioni  intorno  alle   vicende   del   mancato   interrogatorio
dibattimentale di «Gaetano Badalamenti nel  processo  che  lo  vedeva
coimputato con il senatore Giulio Andreotti per  l'omicidio  di  Nino
Pecorelli» e «del suicidio del maresciallo  dei  carabinieri  Antonio
Lombardo»; 
        che, ad avviso del Tribunale di Monza, sezione distaccata  di
Desio, non sussisterebbe, nella specie, il  c.d.  «nesso  funzionale»
che, in base all'elaborazione  della  giurisprudenza  costituzionale,
deve necessariamente individuarsi tra  le  dichiarazioni  rese  extra
moenia da un membro  del  Parlamento  e  l'esercizio  delle  funzioni
parlamentari; 
        che, a tal riguardo, il ricorrente rileva che le  conclusioni
della Giunta delle elezioni  e  delle  immunita'  parlamentari -  che
provvedeva all'audizione del senatore Iannuzzi in  data  16  dicembre
2008 - erano state «nel senso che mancassero tutti i presupposti  per
l'applicazione dell'art. 68 Cost.»; 
        che, inoltre, soggiunge  il  giudice  confliggente,  andrebbe
esclusa qualsiasi connessione tra l'articolo giornalistico  e  l'atto
parlamentare costituito dal disegno di legge n. 2292 (Istituzione  di
una Commissione parlamentare di inchiesta sulla  gestione  di  coloro
che collaborano con la giustizia), il quale risulta presentato il  29
maggio 2003 ed assegnato alla  Commissione  giustizia  il  25  giugno
2003, mentre l'articolo dello Iannuzzi  «e'  stato  pubblicato  il  3
maggio 2004, cioe' esattamente un anno dopo», con conseguente carenza
del «legame temporale» che deve «essere tale da  far  considerare  la
manifestazione di opinione resa extra moenia come  mera  divulgazione
di quanto svolto nella sede  propria  nell'esercizio  della  funzione
parlamentare»; 
        che, peraltro, prosegue il ricorrente, non vi sarebbe neppure
una generica comunanza di contenuti, poiche' «l'articolo  di  stampa,
infatti, e' tutto dedicato al processo  Andreotti,  al  suicidio  del
Maresciallo dei Carabinieri Lombardo, alle dichiarazioni che  avrebbe
reso Tano Badalamenti in USA e che avrebbe potuto rendere in Italia -
secondo l'Autore - se il comportamento di  alcuni  politici  (Leoluca
Orlando) e soprattutto di alcuni magistrati della Procura di  Palermo
(Caselli ed altri) non avessero fatto di tutto per impedire che fosse
sentito»; mentre la richiesta di una commissione d'inchiesta «avrebbe
dovuto  riguardare  soprattutto  la  gestione  (amministrativa)   dei
collaboratori di giustizia»; 
        che, quanto all'argomento rappresentato dalla «anomala figura
del giornalista - parlamentare a cui tutto sarebbe permesso e  i  cui
scritti sarebbero sempre insindacabili», si tratterebbe,  secondo  il
Tribunale,   di   assunto   gia'   smentito   dalla    giurisprudenza
costituzionale in altri conflitti, nel senso che «se lo si accettasse
si violerebbe l'art. 68 della Costituzione e  si  trasformerebbe  una
garanzia in un inammissibile  privilegio,  anche  in  violazione  del
principio di uguaglianza»; 
        che, dunque, il ricorrente  sostiene  che  «le  dichiarazioni
contenute nello  scritto  di  Iannuzzi  siano  del  tutto  svincolate
dall'attivita' funzionale dello stesso e che  pertanto  la  decisione
del Senato  della  Repubblica  che  ha  ritenuto  le  stesse  coperte
dall'insindacabilita' ex  art.  68  Cost.  sia  venuta  a  ledere  le
prerogative dell'ordine giurisdizionale». 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso
sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo ed oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilita'; 
        che,  sotto  il  profilo   del   requisito   soggettivo,   va
riconosciuta  la  legittimazione  del  Tribunale  di  Monza,  sezione
distaccata  di  Desio,  a  sollevare  conflitto,  in  quanto   organo
giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita, competente a dichiarare definitivamente  la  volonta'  del
potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli; 
        che, parimenti, deve essere  riconosciuta  la  legittimazione
del Senato della Repubblica ad essere parte del  presente  conflitto,
quale organo competente a dichiarare in modo  definitivo  la  propria
volonta' in ordine  all'applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,
della Costituzione; 
        che, per quanto attiene  al  profilo  oggettivo,  il  giudice
ricorrente lamenta la lesione della propria  sfera  di  attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l'insindacabilita'
delle opinioni espresse dai membri di quel  ramo  del  Parlamento  ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; 
        che, dunque,  esiste  la  materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.