Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; Contro Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt. 2 e dei correlati artt. 13, comma 3, lett. b) e 15 comma 3 (erroneamente indicato come comma 2 nel Supplemento straordinario n. 1 del 24 agosto 2009 al B.U.R. della Regione Calabria); e dell'art. 9, comma 1 e comma 4, della legge regionale Calabria del 17 agosto 2009, n. 25, pubblicata nel Supplemento straordinario n. 1 del 24 agosto 2009 al B.U.R. della Regione Calabria del 17 agosto 2009, n. 15, recante «norme per lo svolgimento di elezioni primarie per la selezione di candidati all'elezione di presidente della giunta regionale». La legge regionale n. 25 del 17 agosto 2009 (pubblicata nel Supplemento straordinario n. 1 del 24 agosto 2009 al B.U.R. della Regione Calabria del 17 agosto 2009, n. 15) nei suoi 17 articoli disciplina lo svolgimento di elezioni primarie per la selezione di candidati all'elezione di Presidente della Giunta regionale». Piu' precisamente, l'art. 2 prevede che «I partiti ed i gruppi politici che intendono presentare liste elettorali per l'elezione del Consiglio regionale ai sensi dell'art. 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 e dell'art. 1 della legge 22 febbraio 1995, n. 43, come integrate e modificate dalla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 e successive integrazioni e modificazioni, partecipano alle "elezioni primarie" e, a pena della esclusione dal rimborso di cui all'art. 15, alle elezioni regionali candidano alla carica di Presidente della Giunta regionale il candidato della rispettiva lista che ha ottenuto il maggior numero di voti nella "elezione primaria".». Il correlato art. 13, il quale prevede l'istituzione di un Collegio regionale di garanzia elettorale, al comma 3, lett. b), dispone che il predetto Collegio di garanzia «restituisce la cauzione depositata ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera i) entro dieci giorni dalla presentazione delle candidature alle elezioni regionali, ai soggetti che abbiano candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni primarie». A sua volta il correlato art. 15, comma 3, che disciplina i rimborsi ai comuni e il rimborso delle spese sostenute dai soggetti che presentano candidature alle elezioni primarie, in particolare al punto 3 dispone che «dal rimborso delle spese sono escluse le liste cui il collegio di garanzia nega la restituzione della cauzione ai sensi dell'art. 13, comma 3, lettera b)». Infine, l'art. 9 della medesima legge regionale disciplina le schede e le operazioni elettorali, e in particolare al comma 1 prevede che «ciascun elettore esprime il proprio voto scegliendo la scheda della lista o della coalizione di liste per la quale intende votare. Le schede, di colore diverso per ciascuna delle liste presentate, sono predisposte dalla regione ...», e al comma 4 che «il Presidente ... consegna la scheda della lista richiesta dall'elettore ...» e «deposita ciascuna scheda restituita dall'elettore dopo l'espressione del voto nell'urna riservata alle schede della lista per la quale l'elettore ha espresso il voto». Tutte le disposizioni sopra richiamate appaiono costituzionalmente illegittime, sotto i profili che verranno ora evidenziati, e pertanto il Governo - giusta delibera del 2 ottobre 2009 del Consiglio dei ministri (che per estratto autentico si produce sub 1) ai sensi dell'art. 127 Cost. la impugna con il presente ricorso per i seguenti M o t i v i 1. - Violazione degli artt. 51, primo comma, 49, e 122, primo comma della Costituzione. 1.1. - Come si e' detto, con la legge regionale n. 25/2009 la Regione Calabria ha previsto la partecipazione dei cittadini alla selezione delle candidature per la Presidenza della Giunta regionale. A questo fine la regione ha disciplinato le «elezioni primarie» come modalita' di partecipazione degli elettori alla selezione delle candidature presentate dai partiti e dai gruppi politici organizzati. Le elezioni primarie sono una competizione elettorale attraverso la quale gli elettori o i militanti di un partito politico indicano chi dovrebbe essere il candidato del partito (o dello schieramento politico del quale il partito medesimo fa parte) ad una successiva elezione di una carica pubblica, nel caso in esame del Presidente della Giunta regionale. La ragione delle elezioni primarie e' la promozione della massima partecipazione degli elettori alla scelta dei candidati a cariche pubbliche, in contrapposizione al sistema che vede gli elettori scegliere fra candidati designati dai partiti. Cio' premesso, va subito precisato in linea generale che la selezione dei candidati alle elezioni regionali attiene solo «indirettamente» alla materia del sistema elettorale in quanto l'art. 122, primo comma Cost., come modificato dalla legge Cost. 22 novembre 1999, n. 1 attribuisce alle regioni la potesta' legislativa, da esercitare pero' nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, in un ambito ben circoscritto. L'art. 122, primo comma cit. dispone infatti tassativamente che la regione disciplina il sistema di elezione e i casi di ineleggibilita' o di incompatibilita' del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale, nonche' dei consiglieri regionali, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. In primo luogo va contestata la stessa competenza della regione a disciplinare con legge, e con i conseguenti effetti vincolanti, un sistema di scelta dei soggetti dei quali i partiti e movimenti politici intendano presentare, poi, la candidatura alle elezioni regionali. Tale scelta ricade infatti in via esclusiva nell'autonomia politica dei partiti e dei movimenti politici, garantita dall'art. 49 Cost. Vincoli legali di rispetto di condizioni e procedure possono operare soltanto in un momento successivo alla scelta dei candidati da presentare. Da questo momento in poi i candidati, e i partiti e movimenti che li presentano, dovranno ovviamente sottostare alle norme di legge che disciplinano le condizioni soggettive di eleggibilita', nonche' le forme e i termini del procedimento di presentazione delle candidature. Questo e', appunto, l'ambito di competenza normativa delle regioni delineato dall'art. 122, primo comma Cost. con le espressioni «sistema di elezione» e «casi di ineleggibilita'». Espressioni che vanno sempre intese in senso restrittivo, poiche' le condizioni soggettive e le forme procedurali che le sottendono si traducono in altrettante limitazioni del diritto di elettorato passivo riconosciuto in linea di principio a tutti i cittadini dall'art. 51 Cost. In subordine ad ammettere che la regione non sia incompetente a disciplinare con legge i momenti preliminari alla presentazione delle candidature, cioe' i momenti nei quali i partiti e movimenti operano la scelta delle persone da candidare, e' evidente, alla stregua dell'art. 122, primo comma Cost., che tale disciplina non potrebbe comunque produrre effetti vincolanti sulla scelta stessa, ne' diretti ne' indiretti. Ed infatti la stessa legge regionale in esame nell'art. 1 ha cura di precisare che essa «intende promuovere e favorire la partecipazione democratica dei cittadini al processo di selezione dei candidati alla presidenza della giunta regionale ...». Ora, altro e' disciplinare la partecipazione politica dei cittadini, prevedendo forme di garanzia e finanziamenti che la agevolino; altro e' anticipare la disciplina vincolante del procedimento elettorale ad un momento anteriore alla scelta dei candidati. Una legge come quella in esame puo' essere considerata costituzionalmente legittima solo nella misura in cui si limiti a dettare disposizioni intese a favorire la partecipazione politica dei cittadini, senza travalicare dai limiti oggettivi della competenza legislativa regionale in materia elettorale (art. 122, primo comma Cost.), senza invadere la sfera intangibile dell'autonomia politica dei partiti e movimenti politici (art. 49 Cost.) e, infine, senza limitare indebitamente, il fondamentale diritto di elettorato passivo (art. 51 Cost.). 1.2. - Cio' premesso, il menzionato art. 2 prevede che i partiti e i gruppi politici che intendono presentare liste elettorali per l'elezione del Consiglio regionale partecipano (cioe' debbono partecipare) alle elezioni primarie e, a pena della esclusione del rimborso di cui all'art. 15, alle elezioni regionali candidano alla carica di Presidente della Giunta regionale il candidato della rispettiva lista che ha ottenuto il maggior numero di voti nella elezione primaria. Cio' comporta che alla mancata partecipazione alle primarie e alla mancata osservanza dei risultati da parte dei partiti nel presentare le liste alle elezioni, conseguono due pesanti sanzioni: nel primo caso addirittura l'impossibilita' di presentare liste alle elezioni del Consiglio ragionale e del Presidente della Giunta, o quantomeno l'impossibilita' di presentare un proprio candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale; nel secondo caso, la sanzione della mancata restituzione della cauzione e la esclusione dai rimborsi delle spese sostenute. All'art. 2 si correla infatti l'applicazione dell'art. 13, comma 3 della predetta legge regionale, in base al quale il collegio elettorale di garanzia restituisce la cauzione depositata entro 10 giorni dalla presentazione delle candidature alle elezioni regionali ai soggetti che abbiano candidato alla carica di Presidente della Giunta il candidato maggiormente votato nelle elezioni primarie; all'art. 2 e' correlato inoltre espressamente l'art. 15 della medesima legge regionale che al comma 3 esclude dal rimborso delle spese sostenute le liste alle quali il Collegio di garanzia nega la restituzione della cauzione di cui al predetto art. 13. 1.3.1. - Le predette disposizioni regionali introducono senza dubbio una stringente vincolativita' delle elezioni primarie per i partiti politici. Cio' viola in primo luogo l'art. 49 Cost. il quale nel capo relativo ai rapporti politici dispone che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La garanzia costituzionale della liberta' dell'associazione partitica comporta, in rapporto alla partecipazione dei partiti alle competizioni elettorali, che questi ultimi siano liberi di stabilire i procedimenti attraverso i quali selezionare le persone da presentare come candidati. Se lo ritengano opportuno, i partiti potranno consultare i cittadini interessati attraverso «elezioni primarie»; e una legge regionale potra' anche favorire (prevedendo finanziamenti) tali pratiche in quanto forme di partecipazione democratica. Le elezioni primarie non potranno invece essere imposte (addirittura previo versamento della onerosa cauzione di diecimila euro ex art. 6, comma 1, lett. i) come metodo di formazione delle liste da presentare, poiche' l'art. 49 Cost. vieta di imporre ai partiti qualsiasi forma di procedimento interno. Le norme regionali impugnate, invece, prevedono ex lege proprio il metodo di formazione delle liste perche' impongono che queste siano formate in base ai risultati delle elezioni primarie; in tal modo esse vulnerano in modo diretto l'autonomia organizzativa interna dei partiti politici costituzionalmente garantita; e violano l'art. 122, primo comma Cost. in quanto prescrivono condizioni vincolanti, come la partecipazione alle primarie, riferite ad un momento (la scelta delle persone da inserire nelle liste) distinto e anteriore rispetto ai soli momenti (sistema, cioe' procedimento, di elezione, e cause di ineleggibilita' e incompatibilita') circa i quali e' costituzionalmente consentito alla legge regionale dettare, appunto, disposizioni vincolanti. 1.3.2. - Ma le norme regionali citate vulnerano anche l'art. 51, primo comma Cost. il quale dispone che in materia di elettorato passivo «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge»; e, sotto altro profilo, ancora l'art. 122, primo comma Cost. La possibilita' ampia ed effettiva di essere candidati alle elezioni e' infatti la condizione pregiudiziale per beneficiare in concreto del diritto all'elettorato passivo; e il sistema delle elezioni primarie, cosi' come regolato dalla legge regionale in esame, limita di fatto il diritto all'elettorato passivo al consiglio regionale e alla presidenza della Giunta regionale, che spetta a tutti i cittadini indistintamente, perche' introduce come condizione preliminare vincolante la partecipazione alle elezioni primarie. In tal modo il diritto politico fondamentale di cui all'art. 51, primo comma Cost. viene limitato oltre quanto strettamente necessario (si e' gia' osservato che la materia delle cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' e' di stretta interpretazione), e cio' e' sufficiente a determinare l'incostituzionalita' dell'art. 2 della legge regionale n. 25/2009. Le cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', e piu' in generale tutte le circostanze che possono risolversi nell'impedire l'inserimento di un certo soggetto in una lista elettorale, o addirittura la presentazione stessa di tale lista, debbono infatti attenere esclusivamente alla dignita' morale della persona o all'esistenza di conflitti di interesse. Al riguardo, il legislatore statale ha dato attuazione all'art. 122, primo comma Cost. con la legge 2 luglio 2004, n. 165, che ha fissato i principi generali a cui le regioni debbono attenersi nel disciplinare le cause di ineleggibilita' e di incompatibilita'. L'art. 2 della legge ora citata ha disposto: «1. Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilita' per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione, le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilita', specificamente individuati, di cui all'art. 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali: a) sussistenza delle cause di ineleggibilita' qualora le attivita' o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parita' di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati; b) inefficacia delle cause di ineleggibilita' qualora gli interessati cessino dalle attivita' o dalle funzioni che determinano l'ineleggibilita', non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato; c) applicazione della disciplina delle incompatibilita' alle cause di ineleggibilita' sopravvenute alle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste dall'art. 3, comma 1, lettere a) e b);». L'art. 3 ha invece disposto: «1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incompatibilita', specificatamente individuati, di cui all'art. 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali: a) sussistenza di cause di incompatibilita', in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva; b) sussistenza di cause di incompatibilita', in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e le funzioni svolte dai medesimi presso organismi internazionali o sopranazionali; c) eventuale sussistenza di una causa di incompatibilita' tra la carica di assessore regionale e quella di consigliere regionale;». Andando oltre l'ambito cosi' delineato (in particolare dall'art. 2, comma 1 e lett. a) della legge n. 165/2004), il legislatore regionale ha quindi violato sia l'art. 51, primo comma Cost., sia l'art. 122, primo comma Cost. nella parte in cui prevede che le regioni si attengano ai principi stabiliti da apposita legge statale. L'avere partecipato alle elezioni primarie puo' infatti costituire un titolo di particolare legittimazione politica per un aspirante candidato; ma non e' ovviamente vero l'inverso: il non avervi partecipato non toglie certo all'aspirante candidato la dignita' morale necessaria a presentare la propria candidatura. La partecipazione alle primarie non puo' quindi essere prevista come un presupposto necessario delle candidature, e cosi' risolversi, ove mancata, in una causa di ineleggibilita' del tutto estranea al perimetro tracciato dalla legge statale di attuazione dell'art. 122, primo comma Cost. e in una ingiustificata limitazione dell'elettorato passivo garantito dall'art. 51, primo comma Cost. 1.4. - Gli artt. 2 e i correlati artt. 13 e 15 in esame violano poi in particolare di nuovo l'art. 49 della Costituzione nella parte in cui a carico dei partiti e movimenti politici che abbiano effettivamente partecipato alle primarie prevedono la sanzione del mancato rimborso della cauzione e dell'esclusione dal rimborso delle spese sostenute per le elezioni primarie, qualora tali partiti e movimenti presentino come candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale un soggetto diverso da quello che ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni primarie. In questo modo, attraverso una sanzione economica assai elevata (si e' visto che la cauzione e' pari a diecimila euro; mentre il rimborso, ex art. 15, comma 2, e' pari ad euro 0,50 per ciascuna scheda votata in favore della lista del partito interessato) si vincolano in modo indiretto, ma molto pressante, i partiti a presentare come candidato presidente necessariamente il «vincitore» delle primarie. Questa imposizione limita ancora una volta indebitamente l'autonomia politica dei partiti garantita dall'art. 49 Cost. La previsione legislativa regionale di «elezioni primarie» per la selezione dei candidati alla Presidenza della Giunta regionale, come si e' visto, puo' essere infatti in linea di principio legittima solo nei limiti in cui sia intesa come modalita' di partecipazione degli elettori alla selezione delle candidature presentate dai partiti e dai gruppi politici, e quindi come modo di incentivare gli elettori a dare indicazioni ai partiti. La giustificazione economica della spesa che la regione sostiene per organizzare le primarie e per rimborsarne i partecipanti sta appunto in questo: nell'aver favorito una occasione di partecipazione democratica, rimuovendo gli ostacoli di ordine organizzativo ed economico che altrimenti vi si potrebbero frapporre. Ma la partecipazione democratica e' un valore in se', cioe' a prescindere dagli effetti che essa potra' produrre sulle decisioni dei partiti e movimenti politici che presenteranno le liste e le candidature presidenziali. Non vi e' quindi titolo della regione a negare il rimborso delle spese e a incamerare la cauzione se le candidature non corrisponderanno al risultato delle primarie. Diversamente, si finisce per imporre sostanzialmente, attraverso la sanzione economica, che il risultato della partecipazione democratica attuatasi con le primarie si traduca anche in ben determinate candidature presidenziali. E cio' eccede il necessario, perche' impinge nell'autonomia dei partiti e nel rapporto tra partiti e loro elettori. Dal punto di vista dell'autonomia dei partiti, bastera' osservare che potrebbe accadere che il candidato che ha ottenuto il maggior numero di consensi alle elezioni primarie, successivamente, al momento della presentazione come candidato-Presidente della Giunta alle elezioni regionali, ne sia impedito per le piu' diverse ragioni personali, volontarie e involontarie. La legge non prevede neppure questo come caso di eccezione alla sanzione. In secondo luogo, l'esito delle primarie potrebbe non essere significativo per il partito interessato in quanto la partecipazione dei cittadini potrebbe essere stata bassa e quindi tale da attribuire scarso rilievo politico al risultato delle primarie. Potrebbe poi darsi il caso che, tra le elezioni primarie e il momento della presentazione delle liste e delle candidature, oltre al candidato vincitore delle primarie sia emersa altra figura del medesimo partito distintasi per particolari meriti nel territorio della regione, che il partito potrebbe allora avere interesse a candidare come presidente. Queste, e innumerevoli altre ipotesi che si potrebbero formulare, dimostrano che non e' ragionevole che il partito sia sostanzialmente vincolato all'esito delle primarie, e che tale vincolo si traduce quindi in una limitazione della sua autonomia in contrasto con la garanzia di cui all'art. 49 Cost. Ne', venendo con cio' al profilo del rapporto tra partito e elettori, che pure e' garantito dall'art. 49 Cost. allorche' questa norma riconosce ai cittadini il diritto di associarsi in partiti, e quindi protegge costituzionalmente la relazione che si instaura tra cittadini e partiti, le disposizioni impugnate potrebbero essere giustificate con il rispetto della volonta' popolare espressasi nelle primarie. Si e' detto che le primarie hanno mero valore di indicazione dei cittadini ai partiti, e proprio per l'intangibilita' del rapporto tra cittadini e partiti, la decisione degli organi del partito di candidare come presidente un soggetto diverso da quello maggiormente votato alle primarie potra' essere sanzionata soltanto dai cittadini stessi al momento delle elezioni regionali, p. es. con l'astensione o con il voto per il candidato o per la lista presentati dal partito concorrente. Non vi e' alcun titolo per la regione (per di piu' attraverso l'azione di un «collegio di garanzia» espresso dal Consiglio regionale cessante: cfr. art. 13, commi 1 e 3, lett. b) e art. 15, commi 1 e 3) di ingerirsi in tale rapporto applicando essa una sanzione, di tipo economico. Del resto gia' la Regione Toscana ha disciplinato con la legge regionale n. 70/2004 il procedimento per le elezioni primarie per il Consiglio regionale e alla carica di Presidente della Giunta, ma in tale normativa le primarie sono state espressamente previste come facoltative (art. 2) e non e' stato in alcun modo previsto il mancato rimborso delle spese sostenute per il partito che non candida alla carica di Presidente della Giunta regionale il candidato della lista che ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni primarie. Per questo, quella legge non venne impugnata. 2. - Violazione degli artt. 48, comma 2 e 117, comma 2, lett. l), Cost. 2.1. - L'art. 9, commi 1 e 4, lett. a) e b) della legge regionale in esame dispone che l'elettore «esprime il proprio voto scegliendo la scheda della lista o della coalizione di liste per la quale intende votare. Le schede, di colore diverso per ciascuna delle liste presentate, sono predisposte dalla regione ...», e che «il Presidente ... consegna la scheda della lista richiesta dall'elettore ...» e «deposita ciascuna scheda restituita dall'elettore dopo l'espressione del voto nell'urna riservata alle schede della lista per la quale l'elettore ha espresso il voto». E' evidente che in tal modo l'elettore e' costretto a rivelare al presidente del seggio e a quant'altri vi si trovino (attesa la natura di luogo pubblico propria del seggio elettorale) le proprie opinioni politiche, dovendo pubblicamente richiedere e riconsegnare una determinata scheda elettorale riferita ad un partito o ad un gruppo politico. L'art. 9 cit. consente infatti di desumere la scelta dell'elettore in base alla scheda richiesta e, successivamente, riconsegnata. Esso si pone quindi in contrasto in primo luogo con il principio costituzionale della segretezza del voto, previsto dall'art. 48, secondo comma Cost. che dispone «il voto e' personale ed uguale, libero e segreto. Il suo esercizio e' un dovere civico.». Nella logica dell'art. 48, secondo comma Cost., la segretezza del voto non e' un valore in se', bensi' uno strumento per assicurare la liberta' del voto, voluta dalla medesima disposizione. Solo un voto segreto, assicurando l'elettore che nessuno degli interessati all'esito della competizione elettorale conoscera' la sua scelta e potra', quindi, effettuare su di lui pressioni per orientarla, fa si' che l'espressione del voto sia veramente libera. Nel momento in cui la regione disciplina un procedimento elettorale, sia pure di mere elezioni primarie, essa ha quindi l'obbligo di garantire la segretezza del voto: cio' sia per salvaguardare la genuinita' delle primarie stesse; sia, soprattutto, per evitare che queste divengano uno strumento attraverso il quale i partiti si pongano in grado di condizionare gli elettori, dei quali vengono a conoscere gli orientamenti, in vista delle future elezioni del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta. La violazione diretta dell'art. 48, secondo comma Cost. insita nelle riportate previsioni dell'art. 9 della legge impugnata appare quindi evidente. 2.2. - Ma l'art. 9, commi 1 e 4 viola anche l'art. 117, secondo comma, lett. l) Cost., nella parte in cui attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di ordinamento civile. Come codesta Corte costituzionale ha stabilito con la sentenza n. 271 del 2005, la tutela della riservatezza ricade pienamente nella materia dell'ordinamento civile, del quale l'art. 117, secondo comma, lett. l) fa un limite all'autonomia legislativa regionale. Cio' implica che una legge regionale non puo' erodere il nucleo essenziale del diritto alla riservatezza, quale determinato dalla legge statale e, in particolare, dal codice della tutela dei dati personali di cui al d.lgs. n. 196/2003. Ora, tale codice all'art. 4, comma 1, lett. d) e agli artt. 20 e 22, comma 1 tutela le opinioni politiche e l'adesione del cittadino a partiti politici come dati personali sensibili. In particolare rileva l'art. 20, comma 1 d.lgs. n. 196/2003, giusta il quale «il trattamento di dati sensibili da parte di soggetti pubblici e' consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalita' di rilevante interesse pubblico perseguite». E' del tutto evidente come la disposizione regionale qui impugnata, nell'autorizzare il trattamento addirittura in pubblico da parte del seggio elettorale di dati sensibili in quanto idonei a rivelare le opinioni politiche dell'elettore e la sua appartenenza a partiti, violi questo principio. Non e' dato infatti comprendere quale sia il rilevante interesse pubblico sotteso alla divulgazione delle tendenze politiche di chi vota nelle elezioni primarie. Da un lato, queste ultime si possono organizzare con semplici modalita' idonee ad assicurare la riservatezza degli elettori; dall'altro, una volta che sia previsto (come nella specie e' previsto dall'art. 9, comma 1 ultima parte della legge impugnata) che l'elettore puo' votare per una soltanto delle liste presentate, non si vede perche' egli, per votare, debba sostanzialmente dichiarare la propria appartenenza partitica. Cio' non e' infatti necessario ad impedire che l'elettore voti piu' volte per la medesima o per diverse liste, cosi' inquinando il risultato delle primarie. Appare assai piu' semplice prevedere un'unica scheda, che includa tutte le liste che si presentano alle primarie. L'elettore la ritirera' dal presidente del seggio e quindi, in piena riservatezza, esprimera' il proprio voto per la lista prescelta. Oppure prevedere che nella cabina elettorale l'elettore trovi le diverse schede corrispondenti alle varie liste senza che queste esteriormente si differenzino; dopodiche', nel riserbo di tale cabina l'elettore prelevera' la lista che lo interessa e, espresso il voto, la consegnera' al presidente per l'inserimento nell'urna. In particolare, e' del tutto inutile, se non nel non consentito intento di costringere gli elettori a palesare le proprie posizioni politiche, che le schede si differenzino per colore in relazione a ciascuna lista (art. 9, comma 1 seconda frase), e che siano predisposte urne differenziate per lista, nelle quali il presidente inserira' le sole schede pertinenti a quella lista (art. 9, comma 4, lett. b). In questo contesto, appare del tutto inconsistente la garanzia prevista dal comma 6 dell'art. 9, secondo cui «e' vietata qualsiasi registrazione o annotazione della scheda richiesta dall'elettore». Cio' che rileva, come detto, e' la pubblicita' del seggio, che rende nota l'opinione dell'elettore anche se non se ne fa alcuna registrazione; e la totale superfluita' di tale divulgazione per conseguire le finalita' delle elezioni primarie. Prevedendo possibilita' di trattamento di dati sensibili di tipo politico al di la', e anzi in chiaro contrasto, con le previsioni della legge statale che regola la materia, la legge regionale qui impugnata ha inciso sotto questo aspetto il nucleo essenziale del diritto alla riservatezza, e ha quindi invaso la materia dell'ordinamento civile spettante in via esclusiva alla legislazione dello Stato. Le norme regionali qui impugnate incidono indebitamente tale nucleo anche alla stregua di quanto precisato dall'art. 22, comma 1 del d.lgs. n. 196/2003. Qui si prevede che «i soggetti pubblici conformano il trattamento dei dati sensibili secondo modalita' volte a prevenire violazioni dei diritti, delle liberta' fondamentali e della dignita' dell'interessato». E' evidente, alla luce di quanto appena esposto, che le elezioni primarie possono svolgersi conformando il trattamento dei dati sensibili degli elettori in modo da garantirne la totale riservatezza; ed e' del pari evidente che, invece, le modalita' imposte dalla legge impugnata non sono affatto idonee a prevenire le violazioni dei diritti e delle liberta' politiche fondamentali dell'elettore che possono discendere dalla divulgazione delle sue opinioni politiche e della sua appartenenza partitica. In particolare, quelle modalita' non sono idonee a prevenire tentativi di condizionamento del voto che l'elettore successivamente dovra' esprimere nelle elezioni del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta. Tutto cio', come ha precisato codesta Corte costituzionale nella citata sentenza n. 271/2005 «non equivale peraltro ad affermare la incompetenza del legislatore regionale a disciplinare procedure o strutture organizzative che prevedono il trattamento di dati personali, pur ovviamente nell'integrale rispetto della legislazione statale sulla loro protezione (ivi comprese le disposizioni relative alle "misure minime di sicurezza" prescritte per i trattamenti dei dati personali con o senza l'utilizzazione degli strumenti elettronici): infatti le regioni, nelle materie di propria competenza legislativa, non solo devono necessariamente prevedere l'utilizzazione di molteplici categorie di dati personali da parte di soggetti pubblici e privati, ma possono anche organizzare e disciplinare a livello regionale una rete informativa sulle realta' regionali, entro cui far confluire i diversi dati conoscitivi (personali e non personali) che sono nella disponibilita' delle istituzioni regionali e locali o di altri soggetti interessati. Cio', tuttavia, deve avvenire ovviamente nel rispetto degli eventuali livelli di riservatezza o di segreto, assoluti o relativi, che siano prescritti dalla legge statale in relazione ad alcune delle informazioni, nonche' con i consensi necessari da parte delle diverse realta' istituzionali o sociali coinvolte.». Evidente e', sotto i profili illustrati, la contrarieta' delle norme impugnate a questi chiari principi. Si impone quindi l'annullamento anche dell'art. 9, commi 1 e 4, lett. a) e b) della legge impugnata.