LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4/M R.C.A. - integrato da memoria - proposto dal contribuente Annunziata Giovanni Mario, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele D'Amore, presso il cui studio in Nola (NA), via Cimitile n. 60-bis e' elettivamente domiciliato, per ottenere, in pendenza del ricorso per cassazione ed ai sensi degli articoli 47, 49, e 61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell'art. 373 c.p.c. la sospensione della esecuzione della sentenza n. 417/07/2004, pronunciata il 29 novembre 2004 e depositata il 27 aprile 2005 da questa stessa Sezione pronunciata nel processo vertente tra il contribuente e l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Nola; sentenza posta dall'agente della riscossione EquiItalia Polis S.p.A. a base della iscrizione di ipoteca su tutti beni del contribuente per € 553.940,10 e della consequenziale procedura di espropriazione. Fatto L'agente della riscossione EquiItalia Polis S.p.A. con nota 25 luglio 2007 informava il contribuente Annunziata Giovanni Mario di avere effettuato iscrizione ipotecaria, ai sensi dell'art. 77 d.P.R. n. 602/1973 e succ. modifiche su n. 18 suoi immobili a garanzia di una obbligazione tributaria per complessivi € 553.940,00, di cui € 210.988,62 per IRPEF ed accessori, con l'avvertenza che, in caso di mancato pagamento, si sarebbe proceduto all'espropriazione immobiliare. L'avv. Raffaele D'Amore, difensore del contribuente, con istanza depositata il 7 luglio 2008 e con atto integrativo, qualificato come memoria illustrativa, depositato il 17 settembre 2008, richiedeva disporsi, in via provvisoria ed urgente ed in applicazione dell'art. 47 d.lgs. n. 546/1992, la sospensione dell'esecuzione della sentenza n. 417/07/2004 indicata in epigrafe, posta a base della iscrizione ipotecaria su tutti beni del contribuente per € 553.940,10 e della paventata consequenziale procedura di espropriazione. Il processo tributario prese avvio in primo grado dall'avviso di accertamento n. 5031107336 emesso dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Nola, per pretesi redditi imponibili ai fini IRPEF da partecipazione dell'Annunziata ex art. 38 d.P.R. n. 600/1973, derivanti dalla sua qualita' di socio al 50% della S.n. c. F.lli Annunziata e relativi al periodo di imposta 1993. La adita Commissione Tributaria Provinciale di Napoli con sentenza n. 78/25/2003, pronunciata il 18 febbraio 2003 e depositata l'11 aprile 2003, ritenuto di potersi adeguare alle risultanze della sentenza penale pronunciata dal g.u.p. di Nola in data 21 luglio 1998 e che la pretesa tributaria fosse infondata, accolse il ricorso. A seguito di appello interposto dalla Agenzia delle Entrate, Ufficio di Nola, soccombente in prime cure, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione 7 (in diversa composizione Soggettiva rispetto agli attuali membri della stessa), con sentenza n. 417/07/2004; pronunciata il 29 novembre 2004 e depositata il 27 aprile 2005, in totale riforma dell'impugnata sentenza, ritenendo che la decisione del giudice penale fosse «del tutto ininfluente nel processo tributario», accolse l'appello dell'Agenzia, cosi' ravvisando la piena fondatezza dell'avviso di accertamento in contestazione. Il contribuente, adducendo di essere venuto a conoscenza il 3 maggio 2007 della sentenza di appello n. 417/07/2004 cit. a seguito della notifica di cartella di pagamento, ha interposto ricorso per cassazione depositato il 20 giugno 2007, iscritto al n. 0168/2007 del registro generale, ancora pendente. Nelle more, l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Nola, in applicazione dell'art. 68, comma 1, lettera c) d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, recante norme sul processo tributario, ha iscritto a ruolo l'intero tributo IRPEF, con interessi e sanzioni pecuniarie cosi' come liquidabili sulla base della sentenza di appello n. 417/07/2004. A sua volta l'agente della riscossione EquiItalia Polis S.p.A., per effetto dell'art. 68 cit. ed ai sensi dell'art. 77 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall'art. 16 d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 464 dall'art. 1 d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193, ha iscritto ipoteca legale su n. 18 beni immobili del Contribuente per la suindicata cifra di € 210.988,62, oltre che per altri titoli estranei al presente processo, per un totale di € 553.940,10 e l'agente della riscossione Equitalia Polis S.p.A., in data 3 maggio 2007 ha notificato al contribuente cartella di pagamento n. 071 2007 00284412 35 nonche' comunicazione in data 25 luglio 2008 di eseguita iscrizione ipotecaria, preordinata ad espropriazione immobiliare, per complessivi debiti tributari ed accessori per un totale di € 553.940,10. Con istanza depositata il 7 luglio 2008, il contribuente ha richiesto che la Sezione, previa comparizione delle parti, disponga la sospensione della sentenza n. 417/07/2004 cit. nelle more della sentenza della Corte di cassazione e che, stante l'eccezionale urgenza, la sospensione sia adottata con decreto presidenziale provvisorio. Ha all'uopo dedotto che sentenza di appello era viziata da nullita' Per motivi analiticamente enunciati anche con richiamo al ricorso per cassazione allegato in copia; che sussistevano gravi motivi ed un evidente fumus boni juris. Questo presidente con decreto monocratico del 14 luglio 2008, emesso in sede di delibazione sommaria e preliminare, ha ritenuto inammissibile l'istanza di emanazione di decreto presidenziale urgente di sospensiva della sentenza di appello ed ha fissato per l'esame collegiale dell'istanza l'udienza del 29 settembre 2008. In tale udienza il difensore del Contribuente ha chiesto disporsi la sospensione della esecutivita' della sentenza n. 417/07/2004 pronunciata da questa Commissione Tributaria Regionale, in modo da determinare, in via automatica e consequenziale, la sospensione degli effetti della iscrizione di ipoteca e della espropriazione immobiliare, basati sull'unico presupposto della predetta esecutivita'. Questo Collegio, sciogliendo la riserva formulata all'udienza di discussione sulla richiesta di sospensiva della sentenza 417/07/2004, Ritiene di dovere, in accoglimento della argomentata eccezione del contribuente, sollevare questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 49, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 46 limitatamente all'inciso «escluso l'art. 337» c.p.c. Diritto 1. - Per quanto attiene alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, il collegio osserva che, alla luce degli articoli 49, d.lgs. n. 546/1992 e dell'art. 373 c.p.c., sussisterebbero nella specie i presupposti per l'accoglimento dell'istanza di sospensione sia della efficacia dell'impugnata sentenza di secondo grado, sia della efficacia della iscrizione a ruolo e dell'iscrizione di ipoteca emessi, in via consequenziale e derivata, ex art. 68, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 546/1992. Circa il requisito del fumus boni juris, dal ricorso per cassazione proposto dal contribuente e dal controricorso della direzione regionale per le entrate - entrambi in copia nel presente processo - emerge che la notifica avvenne tramite agente postale con consegna, non al destinatario, ma al portiere, ma senza l'invio di altra raccomandata per dare notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione. Salve le statuizioni della Corte di cassazione investita funditus della cognizione ed in attesa della sua sentenza, questo Collegio, in sede di delibazione sommaria incidenter tantum e limitatamente ai presenti fini cautelati, ritiene plausibile l'assunto del contribuente, ricorrente in cassazione, secondo cui vi fu nullita' nella notifica, nei suoi confronti, dell'atto di appello proposto dall'Agenzia, stante la omissione della raccomandata c.d. di conferma. Appare sostenibile l'assunto che il mancato invio della raccomandata di conferma sia in contrasto con le disposizioni di cui agli artt. 139, comma 4, c.p.c. e 16, comma 2, e 61 d.lgs. n. 546/1992, c.p.c., 60, comma 1, d.P.R. n. 600/1973. Non puo' sottacersi che l'art. 37, comma 27, lettera a), d.l. n. 223/2006, conv. con modifiche in legge n. 248/2006 ha chiarito che le notifiche a mezzo di messi di atti o avvisi di accertamento, se effettuata a mani di accipiens diverso dal destinatario, deve essere seguita dalla c.d. seconda raccomandata. Una siffatta esigenza di una seconda raccomandata appare ancora piu' pregnante, in caso di notifica a mezzo posta, quando si tratta di notifica di atti di appello, che, come nella fattispecie, possono condurre alla perdita dell'intero patrimonio immobiliare del contribuente (ribaltando la vittoria ottenuta in primo grado). Circa il requisito del periculum in mora, sono evidenti la gravita' del danno che deriverebbe al contribuente dalla vendita forzata dei 18 immobili ipotecati in suo danno per un complessivo importo di € 553.940.10 di cui alla iscrizione di ipoteca e dalla consequenziale irrecuperabilita' di quei beni, una volta coattivamente alienati; a fronte della circostanza che, secondo la sentenza di primo grado (che richiamava una sentenza penale del g.u.p.) nulla era dovuto; ed in rapporto che l'interesse dell'amministrazione finanziaria alla riscossione e' comunque adeguatamente salvaguardato dalla garanzia reale, dato che si tratta di mera sospensione dell'efficacia della sentenza di secondo grado e della consequenziale iscrizione ipotecaria, fino alla decisione della gia' adita Corte di cassazione, il cui tempo di attesa non puo' ritorcersi, ex art. 111 Cost., a danno del privato. Tuttavia, secondo la giurisprudenza dominante, il giudice tributario di appello non puo' somministrare giustizia in sede cautelare. Infatti, l'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 rende applicabile nel processo tributario le norme del codice di procedura civile, ma soltanto per quanto non espressamente previsto dalle norme speciali del contenzioso e nei limiti della compatibilita' con esse. L'art. 47 d.lgs. cit., dettato per il giudizio di primo grado, prevede un potere urgente presidenziale e un potere collegiale ordinario di sospensiva, ma la previsione deve intendersi come limitata al primo giudizio, stante anche la prescrizione del suo comma 7 che fa cessare al momento della pubblicazione della sentenza di prime cure gli effetti della sospensione concessa. L'art. 47-bis, introdotto dal decreto legge n. 59/2008, conv. in legge n. 101/2008, e' intervenuto a disciplinare, ma con finalita' ancora piu' restrittive, la sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato, imponendo in tal caso una accelerazione della definizione delle controversie tributarie, quando in esse siano stati emessi provvedimenti di sospensione. La ratio dell'art. 47-bis e' quella di limitare e non gia' di ampliare il potere sospensivo dei giudici tributari nelle relative controversie di interesse comunitario. L'art. 61 d.lgs. n. 546/1992 dispone che «nel procedimento di appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili», sicche' esso sembrerebbe consentire l'applicazione dell'art. 47 cit. recante il potere di sospensiva. Tuttavia, la norma speciale di cui all'art. 49, comma 1, stesso d.lgs. cit., nella sua parte finale contiene l'inciso «escluso l'art. 337». Orbene, l'art. 337 c.p.c., nel disporre che 1'esecuzione della sentenza di primo grado non e' sospesa per effetto della sua impugnazione, fa salve una serie di eccezioni in cui la sospensione della sentenza e', invece, consentita; fra le quali l'art. 283 c.p.c, per la sospensione in appello in caso di «gravi e fondati motivi» e l'art. 373 c.p.c. per la sospensione durante il gravame in cassazione, in caso di «grave e irreparabile danno». La giurisprudenza assolutamente prevalente, in fedele applicazione delle regole ermeneutiche, interpreta l'art. 49, comma 1, cit. nel senso che esso non consente l'applicazione nel processo tributario ne' dell'art. 337 c.p.c., ne' delle disposizioni in esso richiamate di cui agli artt. 283 e 373 c.p.c. Per tali ragioni non e' condivisibile quella giurisprudenza minoritaria di merito che sostiene l'applicabilita' dell'art. 373 c.p.c. (C.T.R. Puglia decreto presidenziale 11 luglio 2001; idem ordinanza 2 aprile 2003, n. 8; C.T.R. Toscana 19 marzo 1998; C.T.R. Lazio 16 marzo 2004, n. 42; C.T.R. Emilia-Romagna 13 marzo 2002). Questo Collegio, de jure condito, ritenendo di dovere aderire alla contraria giurisprudenza dominante, non puo' che prendere atto della assoluta esclusione del potere sospensivo, quand'anche sia esercitabile per la prima volta solo in appello e, pertanto, solleva questione di costituzionalita' circa la rigidita' procustiana di tale assoluta esclusione, entro i limiti ed alle condizioni infraspecificati. 2. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione. Questa Commissione Tributaria Regionale ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 49 comma 1, d.lgs. n. 546/1992 limitatamente alla parte in cui non prevede e, quindi, esclude la possibilita' di sospensione della sentenza di appello tributaria nell'ipotesi eccezionale in cui, unicamente e soltanto dopo la deliberazione della sentenza di secondo grado e prima che sopravvenga la sentenza della Corte di cassazione, sorga per la prima volta il pericolo di un «grave ed irreparabile danno» derivante dalla esecutivita' della sentenza di secondo grado, in conseguenza di un atto della P.A. (iscrizione di ipoteca prodromica alla espropriazione forzata) idoneo a produrre una situazione lesiva giuridicamente irreversibile (vendita forzata dei beni a terzi). Trattasi di ipotesi di sospensione, non ordinaria, della sentenza di appello, ma eccezionale da concedere quando la necessita' della tutela sorge per la prima volta e puo' essere soddisfatta solo in appello, a seguito di evento non preesistente all'appello. Nella concreta fattispecie, si tratta di esecuzione della sentenza di appello ex art. 68, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 546/1992 con iscrizione a ruolo dell'intero tributo, emissione di cartella esattoriale, iscrizione di ipoteca prodromica alla espropriazione con vendita di tutto il patrimonio non piu' recuperabile, almeno in natura. La questione, sotto questo profilo di «tutela eccezionale», non risulta mai esaminata dalla Corte costituzionale, cui sono stati proposti solo profili di «tutela ordinaria» limitati alla mera sospensiva della sentenza di secondo grado non implicante atti consequenziali dell'Agenzia fiscale o dell'agente della riscossione. Nelle precedenti occasioni e' stata sottoposta al Giudice delle leggi la disamina di questioni di legittimita' attinenti allo schema ordinario della sospensione evocato dall'art. 373 c.p.c., riferito alla sentenza di appello e non gia' al consequenziale e sopravvenuto atto amministrativo tributario irrimediabilmente lesivo del patrimonio immobiliare del contribuente. Giova chiarire che l'art. 19, comma 1, lettera e-bis) d.lgs. n. 546/1992, nel testo di cui all'art. 35, comma 26-quinquies, d.lgs. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006, prevede la ricorribilita' in primo grado avverso la iscrizione di ipoteca, ma il ricorso puo' investire solo profili autonomi e propri di tale iscrizione; mentre il presupposto di essa (nella fattispecie, la sentenza di secondo grado, qui impugnata con ricorso per cassazione) non puo' essere sindacato dal giudice di prime cure, con la conseguenza che la sua efficacia puo' essere sospesa solo dal giudice di appello che la ha pronunciata, sempre che si ritenga costituzionalmente illegittima la mancata previsione del potere di sospensiva. Altrimenti, non vi e' alcun giudice che possa somministrare una protezione cautelare ad un interesse in grave ed irrimediabile pericolo di lesione (nella specie: alienazione forzata dell'intero patrimonio, nell'attesa della sentenza della Corte di cassazione). Con l'anomalia di una lesione di un diritto (a non subire un danno poi irrimediabile) o di un «probabile» diritto, senza che vi sia un giudice o un mezzo giuridico per la sua tutela interinale. Sintomatico e' che anche nel presente procedimento di invocata sospensiva, questo presidente con ordinanza monocratica urgente 14 luglio 2008 ha dovuto arrestarsi alla constatazione che, de jure condito, le norme vigenti non contemplano tutela cautelare alcuna nemmeno per la particolare ipotesi in esame, salvo a rimettere la questione al Collegio che ha sollevato la questione di costituzionalita' qui in esame. 3. - In ordine al contrasto tra l'art. 49, d.lgs. n. 546/1992 in parte qua ed i parametri costituzionali infraspecificati. Questo Collegio rimane convinto dell'insegnamento della Corte cost. circa la non estensibilita' al processo tributario del meccanismo di cui all'art. 373 c.p.c. (richiamato dall'art. 337 c.p.c., a sua volta richiamato dall'art. 49, d.lgs. n. 546/1992), giacche' il meccanismo cautelare del processo civilistico si fonda su un duplice grado cautelare, previsto dagli articoli 283 e 373 c.p.c., ma rimane ugualmente convinto della affermata esigenza costituzionale di (almeno) un grado cautelare. E tale unico grado, nella fattispecie qui enunciata, non puo' che fare capo alla Commissione Tributaria Regionale, che abbia pronunciato la sentenza di appello (in riforma della sentenza di primo grado favorevole al contribuente). La giurisprudenza della Corte costituzionale non si e' sinora specificamente occupata del particolare profilo cautelare qui in esame. Il Giudice delle leggi ha sin qui affrontato soltanto profili diversi da quelli sopra enunciati con la sentenza n. 165 del 2000 e con le ordinanze n. 325 del 2001, n. 217 del 2000 e n. 119/2007, con le quali sulla questione sono intervenute varie pronunce della Corte costituzionale, tutte dichiarative della infondatezza o manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale o di manifesta inammissibilita' della questione. Con sentenza n. 165/2000 la Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimita' degli articoli 47 e 49 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; ha rilevato che «la disponibilita' di misure cautelari costituisce componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 della Costituzione (sentenze n. 336 del 1998, n. 326 del 1997, n. 249 del 1996, n. 253 del 1994, n. 190 del 1985)»; che va evitato che «la durata del processo vada a danno dell'attore che ha ragione e che, durante il tempo occorrente per l'accertamento in via ordinaria del suo diritto, e' esposto al rischio di subire un danno irreparabile»; che la garanzia costituzionale della tutela cautelare deve ritenersi esaurita nel momento in cui vi sia una pronuncia di merito sulla domanda di tutela; che «la previsione di mezzi di tutela cautelare nelle fasi di giudizio successive a siffatta pronuncia, in favore della parte soccombente nel merito, deve ritenersi rimessa alla discrezionalita' del legislatore». Orbene, nella fattispecie qui in esame, il rischio di danno irreparabile (in presenza di una sentenza annullatoria dell'accertamento in primo grado) nasce, per la prima volta, dalla sentenza di appello che ha «ribaltata» la prima sentenza, sicche' sulla domanda di cautela (che non poteva che essere formulata dopo la sentenza di appello) mai vi e' stata la pronuncia di un giudice (ne' mai in precedenza avrebbe potuto esservi). Ond'e' che dovrebbe essere ora consentita. Con l'ordinanza n. 325/2001 la stessa Corte cost. ha dichiarato manifestamente fondata la medesima questione di incostituzionalita' ricordando che gli articoli 3 e 24 Costituzione non impongono ne' il doppio grado cautelare, ne' la necessaria uniformita' tra i vari tipi di processo, sicche' la previsione di cui all'art. 373 c.p.c. puo' restare confinata al processo civile. Con l'ordinanza n. 217/2000 la Corte ha reiterata la declaratoria di manifesta infondatezza richiamandosi al duplice ordine di argomentazioni, sopraesposto. Ma nella presente controversia, questo Collegio non invoca affatto ne' l'allineamento al processo civile, ne' il doppio grado cautelare ed anzi ne sollecita la previsione costituzionalmente obbligata di una unica istanza cautelare, quando per la prima volta in appello ne sorgano i presupposti e esigenza. Illuminante e' la recente ordinanza della Corte n. 119/2007, anch'essa di manifesta infondatezza della questione di illegittimita' sollevata in ordine agli articoli 49, d.lgs. n. 546/1992 e 30, comma 1, della legge delega n. 413/1991, in riferimento ai medesimi parametri di cui agli articoli 3 e 24 cost. dell'art. 49 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Qui il Giudice delle leggi ha statuito che «la questione e' manifestamente inammissibile, non soltanto perche' l'istanza di sospensione e' stata reiterata dopo il suo rigetto in limine dell'appello ., ma anche perche' oggetto del provvedimento di sospensione non potrebbe mai essere la sentenza che ha respinto l'impugnazione, bensi' semmai il provvedimento impositivo la cui impugnazione e' stata rigettata in primo grado». Orbene, la presente controversia ha materia ben diversa da quella oggetto della ordinanza della Corte n. 119/2007, sia perche' la istanza di sospensione non e' stata proposta in sede di appello (il contribuente non ha appellato, avendo ottenuto in primo grado l'annullamento dell'Accertamento), sia perche' l'istanza non e' stata rigetta in limine dell'appello. In aderenza all'autorevole insegnamento della stessa ordinanza n. 199/2007 la richiesta di sospensiva qui e' incentrata proprio sul «provvedimento impositivo», ossia sulla iscrizione a ruolo, effettuata dall'Agenzia (da cui, a sua volta deriva, la iscrizione ipotecaria effettuata dall'agente della riscossione), in quanto e' tale iscrizione (e la sua attuazione mediante ipoteca e consequenziale espropriazione forzata) a costituire il sopravvenuto pericolo di danno grave ed irreparabile, per fronteggiare il quale non puo' negarsi al contribuente di richiedere ad un Giudice un grado di tutela cautelare. Ed il giudice naturale della cautela non puo' che essere il giudice «procedente», intendendo per tale il giudice che ha pronunciato la sentenza di secondo grado, impugnata con ricorso per cassazione. 4. - Certamente non e' costituzionalmente obbligatorio un parallelismo ex art. 3 Cost. di tutela cautelare tra processo tributario e processo civile o anche processo amministrativo; ne' e' determinante la tendenza normativa ad equiparare la disciplina del processo tributario a quella del giudice ordinario di cognizione. Tuttavia, il diniego di almeno un grado di tutela cautelare, derivante dall'art. 49, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui esclude la garanzia di un grado di tutela cautelare in ipotesi di danno grave ed irreparabile, sopravvenuto alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale (che abbia riformato la sentenza di primo grado pienamente favorevole al contribuente) e derivante da un successivo provvedimento impositivo attuativo della stessa (iscrizione a ruolo e consequenziale iscrizione di ipoteca immobiliare con preannunciata irreversibile espropriazione forzata del patrimonio immobiliare del contribuente) appare in contrasto con gli insegnamenti della Corte costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 23, 24, 111 e 113 Cost.; e 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in relazione all'art. 10 Cost. Circa il parametro dell'art. 3, comma 1, Cost., inteso quale principio di ragionevolezza, appare irrazionale un sistema processuale creato a garanzia di diritti soggettivi tributari (a versare il giusto tributo), ma che contraddittoriamente ne consenta il sacrificio inevitabile ed irreparabile (attraverso il diniego di un grado di tutela cautelare a fronte di atti impositivi esecutivi per la prima volta emessi in esecuzione di una sentenza di secondo grado). Sempre sotto il parametro della ragionevolezza, non va obliterato che la tendenza ad ampliare la sfera della tutela cautelare e ad affermare l'esigenza dell'effettiva e' sostanziale tutela dei diritti derivanti dalla normativa comunitaria e' presente, da tempo, anche in numerose sentenze della Corte di giustizia (cfr. sentenze Factorame, 19 giugno 1990, in causa C-231/89; Zuckerfabrik, 21 febbraio 1991, in cause C-143/88 e C-92/89; Atlanta, 9 novembre 19895, in causa C-465/92; Kofisa Italia, 11 gennaio 2001, in causa C-1/99). Nel processo amministrativo l'art. 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, attribui' al TAR il potere di emettere ordinanza sospensiva della «esecuzione» dell'atto impugnato qualora fossero stati allegati «danni gravi ed irreparabili». Come e' noto, la giurisprudenza creativa dei TAR e del Consiglio di Stato parti' da tale ristretta previsione per pervenire alla elaborazione di un ricco e complesso sistema cautelare; dai molteplici contenuti, fino a quando tale ricchezza di forme e' stata poi recepita dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, sulla riforma della giustizia amministrativa, che ha introdotto anche il decreto sospensivo presidenziale ed ha fornito una espressa base normativa al potere cautelare del Consiglio di Stato. Nel processo tributario, gia' esiste una particolare disposizione espressamente attributiva del potere cautelare in duplice grado anche alle Commissioni regionali, dettata dall'art. 19, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Tuttavia la disposizione, pur contemplando il potere sospensivo, ivi compreso quello provvisorio presidenziale, si riferisce unicamente alla materia delle «sanzioni» tributarie amministrative. Qui il Collegio chiede, piu' riduttivamente, di consentire che l'unico grado di tutela cautelare possa trovare ingresso nel giudizio di appello, quando in esso per la prima volta se ne profili la giuridica esperibilita'. Appare in contrasto con gli articoli 23 e 24 Cost., l'assoggettamento ad esecuzione forzata (tramite vendita coattiva di beni del supposto debitore tributario) senza che in base alla legge il debitore possa adire un giudice in sede cautelare, secondo un meccanismo che rievoca l'antico «solve et repete», sicche', nella fattispecie, solo dopo la sentenza della Corte di cassazione, qualora questa sia a lui favorevole, e solo dopo la vendita coattiva del suo patrimonio il cittadino adire in giudice, per vedersi accogliere o rigettare la sua istanza. Circa il parametro di cui all'art. 24 cost. va osservato che, nel processo tributario, a differenza del processo civile, l'esecutivita' e' un attributo non della sentenza, ma dell'atto impugnato, sicche', anche secondo la terminologia dell'art. 47, d.lgs. n. 546/1992, la sospensione dell'esecuzione non puo' che riguardare l'atto attuativo della sentenza; nella concreta fattispecie, della sentenza di secondo grado, impugnata con ricorso per cassazione. Secondo l'insegnamento costante della Corte, la disponibilita' di misure cautelari costituisce componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 della Costituzione (sentenze n. 336 del 1998, n. 326 del 1997, n. 249 del 1996, n. 253 del 1994, n. 190 del 1985). E tale enunciazione e' sicuramente riferibile, per la sua generalita', anche al processo tributario. Secondo la stessa Corte vi e' l'esigenza di evitare che la durata del processo vada a danno dell'attore che ha ragione e che, durante il tempo occorrente per l'accertamento in via ordinaria del suo diritto, e' esposto al rischio di subire un danno irreparabile, quale la vendita forzata di tutti suoi beni. Risulta allora evidente come la garanzia costituzionale della tutela cautelare debba ritenersi imposta fino al momento in cui non intervenga, nel processo, una pronuncia sul merito dell'istanza stessa. Circa il parametro di cui all'art. 113 Cost. la tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi legittimi non puo' che essere «sempre» ammessa, mentre sembra contraddire la previsione del «sempre» la disposizione di cui all'art. 49, d.lgs. n. 546/1992, che aprioristicamente impedisce un rimedio cautelare avverso l'attuazione di una pretesa tributaria, fondata su una sentenza di secondo grado, che abbia «ribaltato», in appello, una sentenza di primo grado pienamente favorevole al contribuente. Circa i parametri sul giusto processo di cui agli articoli 111 Cost. e 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950, essi qui vengono in rilievo sotto il profilo della ragionevolezza dei tempi, nel senso che il ritardo di giustizia non puo' tradursi nelle more della sentenza della Corte di cassazione, in perdita irreversibile del patrimonio del contribuente che, in ipotesi, risultera' ivi avere ragione. La ragionevolezza dei tempi, attiene all'esigenza di evitare che il ritardo nella resa di giustizia, quand'anche sia giustificato ed inevitabile, non abbia a tradursi, attraverso la rapida attuazione della espropriazione forzata, in lesione irreversibile, del patrimonio del contribuente; e cio' soprattutto quando, come nella concreta fattispecie, la tutela interinale del patrimonio del contribuente lasci sopravvivere la iscrizione ipotecaria.