LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4/M R.C.A.  -
integrato da memoria - proposto dal contribuente Annunziata  Giovanni
Mario, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele D'Amore,  presso  il
cui studio in Nola (NA), via  Cimitile  n.  60-bis  e'  elettivamente
domiciliato, per ottenere, in pendenza del ricorso per cassazione  ed
ai sensi degli articoli 47, 49, e 61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n.  546
e dell'art. 373 c.p.c. la sospensione della esecuzione della sentenza
n. 417/07/2004, pronunciata il 29 novembre 2004  e  depositata il  27
aprile  2005  da  questa  stessa  Sezione  pronunciata  nel  processo
vertente tra il contribuente e l'Agenzia delle  Entrate,  Ufficio  di
Nola; sentenza posta dall'agente della riscossione  EquiItalia  Polis
S.p.A.  a  base  della  iscrizione  di  ipoteca  su  tutti  beni  del
contribuente per € 553.940,10 e  della  consequenziale  procedura  di
espropriazione. 
 
                                Fatto 
 
    L'agente della riscossione EquiItalia Polis S.p.A.  con  nota  25
luglio 2007 informava il contribuente Annunziata  Giovanni  Mario  di
avere effettuato iscrizione ipotecaria, ai sensi dell'art. 77  d.P.R.
n. 602/1973 e succ. modifiche su n. 18 suoi immobili  a  garanzia  di
una obbligazione tributaria per complessivi € 553.940,00,  di  cui  €
210.988,62 per IRPEF ed accessori, con l'avvertenza che, in  caso  di
mancato   pagamento,   si   sarebbe   proceduto    all'espropriazione
immobiliare. 
    L'avv. Raffaele D'Amore, difensore del contribuente, con  istanza
depositata il 7 luglio 2008 e con atto integrativo, qualificato  come
memoria illustrativa, depositato il  17  settembre  2008,  richiedeva
disporsi, in via provvisoria ed urgente ed in applicazione  dell'art.
47 d.lgs. n. 546/1992, la sospensione dell'esecuzione della  sentenza
n. 417/07/2004 indicata in epigrafe, posta a  base  della  iscrizione
ipotecaria su tutti beni del contribuente per  € 553.940,10  e  della
paventata consequenziale procedura di espropriazione. 
    Il processo tributario prese avvio in primo grado dall'avviso  di
accertamento n. 5031107336 emesso dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio
di  Nola,  per  pretesi  redditi  imponibili   ai   fini   IRPEF   da
partecipazione  dell'Annunziata  ex  art.  38  d.P.R.  n.   600/1973,
derivanti dalla sua qualita' di socio al  50%  della  S.n.  c.  F.lli
Annunziata  e  relativi  al  periodo  di  imposta  1993.   La   adita
Commissione  Tributaria  Provinciale  di  Napoli  con   sentenza   n.
78/25/2003, pronunciata il 18 febbraio 2003 e depositata l'11  aprile
2003, ritenuto di potersi adeguare  alle  risultanze  della  sentenza
penale pronunciata dal g.u.p. di Nola in data 21 luglio 1998 e che la
pretesa tributaria fosse infondata, accolse il ricorso. 
    A seguito di appello  interposto  dalla  Agenzia  delle  Entrate,
Ufficio di Nola, soccombente in prime cure, la Commissione Tributaria
Regionale  della  Campania,  Sezione  7  (in   diversa   composizione
Soggettiva rispetto agli attuali membri della stessa),  con  sentenza
n. 417/07/2004; pronunciata il 29 novembre 2004 e  depositata  il  27
aprile 2005, in totale riforma dell'impugnata sentenza, ritenendo che
la decisione del giudice penale  fosse  «del  tutto  ininfluente  nel
processo   tributario»,   accolse   l'appello   dell'Agenzia,   cosi'
ravvisando  la  piena  fondatezza  dell'avviso  di  accertamento   in
contestazione. 
    Il contribuente, adducendo di essere venuto  a  conoscenza  il  3
maggio 2007 della sentenza di appello n. 417/07/2004 cit.  a  seguito
della notifica di cartella di pagamento, ha  interposto  ricorso  per
cassazione depositato il 20 giugno 2007, iscritto al n. 0168/2007 del
registro generale, ancora pendente. 
    Nelle  more,  l'Agenzia  delle  Entrate,  Ufficio  di  Nola,   in
applicazione dell'art. 68, comma 1, lettera  c)  d.lgs.  31  dicembre
1992 n. 546, recante norme sul processo  tributario,  ha  iscritto  a
ruolo l'intero tributo IRPEF, con  interessi  e  sanzioni  pecuniarie
cosi' come liquidabili  sulla  base  della  sentenza  di  appello  n.
417/07/2004. A sua volta l'agente della riscossione EquiItalia  Polis
S.p.A., per effetto dell'art. 68 cit. ed ai sensi dell'art. 77 d.P.R.
29 settembre 1973, n. 602, come modificato  dall'art.  16  d.lgs.  26
febbraio 1999, n. 464 dall'art. 1 d.lgs. 27 aprile 2001, n.  193,  ha
iscritto ipoteca legale su n. 18 beni immobili del  Contribuente  per
la suindicata cifra di  € 210.988,62,  oltre  che  per  altri  titoli
estranei al presente processo,  per  un  totale  di  €  553.940,10  e
l'agente della riscossione Equitalia Polis S.p.A., in data  3  maggio
2007 ha notificato al contribuente cartella di pagamento n. 071  2007
00284412 35 nonche' comunicazione in data 25 luglio 2008 di  eseguita
iscrizione ipotecaria, preordinata ad espropriazione immobiliare, per
complessivi  debiti  tributari  ed  accessori  per  un  totale  di  €
553.940,10. 
    Con istanza depositata il  7  luglio  2008,  il  contribuente  ha
richiesto che la Sezione, previa comparizione delle  parti,  disponga
la sospensione della sentenza n. 417/07/2004 cit.  nelle  more  della
sentenza della  Corte  di  cassazione  e  che,  stante  l'eccezionale
urgenza,  la  sospensione  sia  adottata  con  decreto  presidenziale
provvisorio. Ha all'uopo dedotto che sentenza di appello era  viziata
da nullita' Per motivi analiticamente enunciati anche con richiamo al
ricorso per cassazione allegato  in  copia;  che  sussistevano  gravi
motivi ed un evidente fumus boni juris. 
    Questo presidente con decreto monocratico  del  14  luglio  2008,
emesso in sede di delibazione sommaria  e  preliminare,  ha  ritenuto
inammissibile  l'istanza  di  emanazione  di  decreto   presidenziale
urgente di sospensiva della sentenza di appello  ed  ha  fissato  per
l'esame collegiale dell'istanza l'udienza del 29 settembre 2008. 
    In tale udienza il difensore del Contribuente ha chiesto disporsi
la sospensione  della  esecutivita'  della  sentenza  n.  417/07/2004
pronunciata da questa Commissione Tributaria Regionale,  in  modo  da
determinare, in via automatica e consequenziale, la sospensione degli
effetti  della  iscrizione  di   ipoteca   e   della   espropriazione
immobiliare,   basati   sull'unico   presupposto    della    predetta
esecutivita'. 
    Questo Collegio, sciogliendo la riserva formulata all'udienza  di
discussione sulla richiesta di sospensiva della sentenza 417/07/2004,
Ritiene di dovere, in accoglimento della  argomentata  eccezione  del
contribuente,  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale
della disposizione di cui all'art. 49, comma 1,  d.lgs.  31  dicembre
1992, n. 46 limitatamente all'inciso «escluso l'art. 337» c.p.c. 
 
                               Diritto 
 
    1. -  Per  quanto  attiene  alla  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale, il collegio osserva che, alla luce degli
articoli  49,  d.lgs.   n.   546/1992   e   dell'art.   373   c.p.c.,
sussisterebbero  nella  specie  i  presupposti   per   l'accoglimento
dell'istanza  di  sospensione  sia  della  efficacia   dell'impugnata
sentenza di secondo grado, sia della  efficacia  della  iscrizione  a
ruolo e dell'iscrizione di ipoteca emessi, in  via  consequenziale  e
derivata, ex art. 68, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 546/1992. 
    Circa  il  requisito  del  fumus  boni  juris,  dal  ricorso  per
cassazione  proposto  dal  contribuente  e  dal  controricorso  della
direzione regionale per le entrate - entrambi in copia  nel  presente
processo - emerge che la notifica avvenne tramite agente postale  con
consegna, non al destinatario, ma al portiere, ma  senza  l'invio  di
altra raccomandata per dare  notizia  al  destinatario  dell'avvenuta
notificazione.  Salve  le  statuizioni  della  Corte  di   cassazione
investita funditus della cognizione ed in attesa della sua  sentenza,
questo Collegio, in sede di delibazione sommaria incidenter tantum  e
limitatamente  ai  presenti  fini   cautelati,   ritiene   plausibile
l'assunto del contribuente, ricorrente in cassazione, secondo cui  vi
fu nullita' nella notifica, nei suoi confronti, dell'atto di  appello
proposto dall'Agenzia, stante la omissione della raccomandata c.d. di
conferma. Appare sostenibile l'assunto che  il  mancato  invio  della
raccomandata di conferma sia in contrasto con le disposizioni di  cui
agli artt. 139, comma 4, c.p.c.  e  16,  comma  2,  e  61  d.lgs.  n.
546/1992,  c.p.c.,  60,  comma  1,  d.P.R.  n.  600/1973.  Non   puo'
sottacersi che l'art. 37, comma 27,  lettera  a),  d.l. n.  223/2006,
conv. con modifiche in legge n. 248/2006 ha chiarito che le notifiche
a mezzo di messi di atti o avvisi di accertamento,  se  effettuata  a
mani di accipiens diverso dal destinatario, deve essere seguita dalla
c.d. seconda raccomandata.  Una  siffatta  esigenza  di  una  seconda
raccomandata appare ancora piu' pregnante,  in  caso  di  notifica  a
mezzo posta, quando si tratta di notifica di atti  di  appello,  che,
come nella fattispecie, possono  condurre  alla  perdita  dell'intero
patrimonio  immobiliare  del  contribuente  (ribaltando  la  vittoria
ottenuta in primo grado). 
    Circa il requisito  del  periculum  in  mora,  sono  evidenti  la
gravita' del danno che  deriverebbe  al  contribuente  dalla  vendita
forzata dei 18 immobili ipotecati in suo  danno  per  un  complessivo
importo di € 553.940.10 di cui alla iscrizione  di  ipoteca  e  dalla
consequenziale   irrecuperabilita'   di   quei   beni,   una    volta
coattivamente alienati; a fronte della circostanza  che,  secondo  la
sentenza di primo grado  (che  richiamava  una  sentenza  penale  del
g.u.p.)  nulla  era  dovuto;   ed   in   rapporto   che   l'interesse
dell'amministrazione  finanziaria  alla   riscossione   e'   comunque
adeguatamente salvaguardato dalla garanzia reale, dato che si  tratta
di mera sospensione dell'efficacia della sentenza di secondo grado  e
della consequenziale iscrizione ipotecaria, fino alla decisione della
gia' adita Corte di cassazione, il  cui  tempo  di  attesa  non  puo'
ritorcersi, ex art. 111 Cost., a danno del privato. 
    Tuttavia,  secondo  la  giurisprudenza  dominante,   il   giudice
tributario di  appello  non  puo'  somministrare  giustizia  in  sede
cautelare. 
    Infatti, l'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 rende  applicabile
nel processo tributario le norme del codice di procedura  civile,  ma
soltanto per quanto non espressamente previsto dalle  norme  speciali
del contenzioso e nei limiti della compatibilita' con esse. L'art. 47
d.lgs. cit., dettato per il  giudizio  di  primo  grado,  prevede  un
potere urgente presidenziale e  un  potere  collegiale  ordinario  di
sospensiva, ma la previsione deve intendersi come limitata  al  primo
giudizio, stante anche la prescrizione del suo comma 7 che fa cessare
al momento della pubblicazione  della  sentenza  di  prime  cure  gli
effetti della sospensione concessa.  L'art.  47-bis,  introdotto  dal
decreto legge n. 59/2008, conv. in legge n. 101/2008, e'  intervenuto
a  disciplinare,  ma  con  finalita'  ancora  piu'  restrittive,   la
sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato, imponendo in
tal caso  una  accelerazione  della  definizione  delle  controversie
tributarie, quando  in  esse  siano  stati  emessi  provvedimenti  di
sospensione. La ratio dell'art. 47-bis e' quella di  limitare  e  non
gia' di ampliare il potere sospensivo  dei  giudici  tributari  nelle
relative controversie di interesse comunitario. L'art. 61  d.lgs.  n.
546/1992 dispone che «nel procedimento di  appello  si  osservano  in
quanto applicabili le norme dettate  per  il  procedimento  di  primo
grado,  se  non  sono  incompatibili»,   sicche'   esso   sembrerebbe
consentire l'applicazione dell'art. 47  cit.  recante  il  potere  di
sospensiva. Tuttavia, la norma speciale di cui all'art. 49, comma  1,
stesso d.lgs. cit., nella sua parte finale contiene l'inciso «escluso
l'art. 337». Orbene, l'art. 337 c.p.c., nel disporre che 1'esecuzione
della sentenza di primo grado non e' sospesa per  effetto  della  sua
impugnazione, fa salve una serie di eccezioni in cui  la  sospensione
della sentenza e', invece, consentita; fra le quali l'art. 283 c.p.c,
per la sospensione in appello in caso di «gravi e fondati  motivi»  e
l'art.  373  c.p.c.  per  la  sospensione  durante  il   gravame   in
cassazione, in caso di «grave e irreparabile danno». 
    La   giurisprudenza   assolutamente   prevalente,    in    fedele
applicazione delle regole ermeneutiche, interpreta l'art.  49,  comma
1, cit. nel senso che esso non consente l'applicazione  nel  processo
tributario ne' dell'art. 337 c.p.c., ne' delle disposizioni  in  esso
richiamate di cui agli artt. 283 e 373 c.p.c. Per tali ragioni non e'
condivisibile  quella  giurisprudenza  minoritaria  di   merito   che
sostiene l'applicabilita' dell'art. 373 c.p.c. (C.T.R. Puglia decreto
presidenziale 11 luglio 2001; idem ordinanza 2  aprile  2003,  n.  8;
C.T.R. Toscana 19 marzo 1998; C.T.R. Lazio  16  marzo  2004,  n.  42;
C.T.R. Emilia-Romagna 13 marzo 2002). 
    Questo Collegio, de jure condito,  ritenendo  di  dovere  aderire
alla contraria giurisprudenza dominante, non puo' che  prendere  atto
della assoluta esclusione  del  potere  sospensivo,  quand'anche  sia
esercitabile per la prima volta solo in appello e, pertanto,  solleva
questione di costituzionalita' circa la rigidita' procustiana di tale
assoluta   esclusione,   entro   i   limiti   ed   alle    condizioni
infraspecificati. 
    2. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione. 
    Questa   Commissione    Tributaria    Regionale    ritiene    non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 49 comma 1, d.lgs. n. 546/1992 limitatamente alla parte  in
cui non prevede e, quindi, esclude  la  possibilita'  di  sospensione
della sentenza di appello tributaria nell'ipotesi eccezionale in cui,
unicamente e soltanto dopo la deliberazione della sentenza di secondo
grado e prima che sopravvenga la sentenza della Corte di  cassazione,
sorga per la prima volta il pericolo di  un  «grave  ed  irreparabile
danno» derivante dalla esecutivita' della sentenza di secondo  grado,
in  conseguenza  di  un  atto  della  P.A.  (iscrizione  di   ipoteca
prodromica  alla  espropriazione  forzata)  idoneo  a  produrre   una
situazione lesiva giuridicamente irreversibile (vendita  forzata  dei
beni a terzi). 
    Trattasi di ipotesi di sospensione, non ordinaria, della sentenza
di appello, ma eccezionale da concedere quando  la  necessita'  della
tutela sorge per la prima volta e puo'  essere  soddisfatta  solo  in
appello, a seguito di  evento  non  preesistente  all'appello.  Nella
concreta fattispecie, si  tratta  di  esecuzione  della  sentenza  di
appello ex art. 68, comma 1,  lettera  c),  d.lgs.  n.  546/1992  con
iscrizione  a  ruolo  dell'intero  tributo,  emissione  di   cartella
esattoriale, iscrizione di ipoteca prodromica alla espropriazione con
vendita di tutto il  patrimonio  non  piu'  recuperabile,  almeno  in
natura. 
    La questione, sotto questo profilo di «tutela  eccezionale»,  non
risulta mai esaminata dalla  Corte  costituzionale,  cui  sono  stati
proposti solo  profili  di  «tutela  ordinaria»  limitati  alla  mera
sospensiva della  sentenza  di  secondo  grado  non  implicante  atti
consequenziali dell'Agenzia fiscale o dell'agente della  riscossione.
Nelle precedenti occasioni e' stata sottoposta al Giudice delle leggi
la disamina  di  questioni  di  legittimita'  attinenti  allo  schema
ordinario della sospensione evocato dall'art.  373  c.p.c.,  riferito
alla sentenza di appello e non gia' al consequenziale e  sopravvenuto
atto   amministrativo   tributario   irrimediabilmente   lesivo   del
patrimonio immobiliare del contribuente. 
    Giova chiarire che l'art. 19, comma 1, lettera e-bis)  d.lgs.  n.
546/1992, nel testo di cui all'art. 35, comma 26-quinquies, d.lgs. n.
223/2006, conv. in legge n. 248/2006, prevede  la  ricorribilita'  in
primo grado avverso la iscrizione di  ipoteca,  ma  il  ricorso  puo'
investire solo profili autonomi e propri di tale  iscrizione;  mentre
il presupposto di essa (nella fattispecie,  la  sentenza  di  secondo
grado, qui impugnata con ricorso  per  cassazione)  non  puo'  essere
sindacato dal giudice di prime cure, con la conseguenza  che  la  sua
efficacia puo' essere sospesa solo dal giudice di appello che  la  ha
pronunciata, sempre che si ritenga costituzionalmente illegittima  la
mancata previsione del potere di sospensiva. Altrimenti,  non  vi  e'
alcun giudice che possa somministrare una protezione cautelare ad  un
interesse in  grave  ed  irrimediabile  pericolo  di  lesione  (nella
specie: alienazione forzata dell'intero patrimonio, nell'attesa della
sentenza della Corte di cassazione). Con l'anomalia di una lesione di
un diritto (a  non  subire  un  danno  poi  irrimediabile)  o  di  un
«probabile» diritto, senza che vi sia un giudice o un mezzo giuridico
per la sua tutela interinale. 
    Sintomatico e' che anche nel presente  procedimento  di  invocata
sospensiva, questo presidente con ordinanza  monocratica  urgente  14
luglio 2008 ha dovuto arrestarsi  alla  constatazione  che,  de  jure
condito, le norme vigenti non  contemplano  tutela  cautelare  alcuna
nemmeno per la particolare ipotesi in esame,  salvo  a  rimettere  la
questione  al   Collegio   che   ha   sollevato   la   questione   di
costituzionalita' qui in esame. 
    3. - In ordine al contrasto tra l'art. 49, d.lgs. n. 546/1992  in
parte qua ed i parametri costituzionali infraspecificati. 
    Questo Collegio rimane  convinto  dell'insegnamento  della  Corte
cost.  circa  la  non  estensibilita'  al  processo  tributario   del
meccanismo di cui  all'art.  373  c.p.c.  (richiamato  dall'art.  337
c.p.c., a sua volta richiamato dall'art.  49,  d.lgs.  n.  546/1992),
giacche' il meccanismo cautelare del processo civilistico si fonda su
un duplice grado cautelare, previsto dagli articoli 283 e 373 c.p.c.,
ma rimane ugualmente convinto della affermata esigenza costituzionale
di (almeno) un grado cautelare. 
    E tale unico grado, nella fattispecie qui enunciata, non puo' che
fare  capo  alla  Commissione   Tributaria   Regionale,   che   abbia
pronunciato la sentenza di appello  (in  riforma  della  sentenza  di
primo grado favorevole al contribuente). 
    La giurisprudenza della Corte costituzionale  non  si  e'  sinora
specificamente occupata del  particolare  profilo  cautelare  qui  in
esame. 
    Il Giudice delle leggi ha sin  qui  affrontato  soltanto  profili
diversi da quelli sopra enunciati con la sentenza n. 165 del  2000  e
con le ordinanze n. 325 del 2001, n. 217 del 2000 e n. 119/2007,  con
le quali sulla questione sono intervenute varie pronunce della  Corte
costituzionale, tutte dichiarative  della  infondatezza  o  manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  o  di
manifesta inammissibilita' della questione. 
    Con sentenza n. 165/2000 la  Corte  ha  dichiarato  infondata  la
questione di legittimita' degli  articoli  47  e  49  del  d.lgs.  31
dicembre 1992, n. 546; ha rilevato che «la disponibilita'  di  misure
cautelari   costituisce   componente    essenziale    della    tutela
giurisdizionale garantita dall'art. 24 della  Costituzione  (sentenze
n. 336 del 1998, n. 326 del 1997, n. 249 del 1996, n. 253  del  1994,
n. 190 del 1985)»; che va evitato che «la durata del processo vada  a
danno dell'attore che ha ragione e che, durante il  tempo  occorrente
per l'accertamento in via ordinaria del suo diritto,  e'  esposto  al
rischio  di  subire  un  danno   irreparabile»;   che   la   garanzia
costituzionale della tutela cautelare  deve  ritenersi  esaurita  nel
momento in cui vi sia  una  pronuncia  di  merito  sulla  domanda  di
tutela; che «la previsione di mezzi di tutela cautelare nelle fasi di
giudizio successive a  siffatta  pronuncia,  in  favore  della  parte
soccombente nel merito, deve ritenersi rimessa alla  discrezionalita'
del legislatore». 
    Orbene, nella fattispecie qui  in  esame,  il  rischio  di  danno
irreparabile   (in   presenza   di    una    sentenza    annullatoria
dell'accertamento in primo grado) nasce, per la  prima  volta,  dalla
sentenza di appello che ha «ribaltata»  la  prima  sentenza,  sicche'
sulla domanda di cautela (che non poteva che essere formulata dopo la
sentenza di appello) mai vi e' stata la pronuncia di un giudice  (ne'
mai in precedenza avrebbe potuto esservi). Ond'e' che dovrebbe essere
ora consentita. 
    Con l'ordinanza n. 325/2001 la stessa Corte cost.  ha  dichiarato
manifestamente fondata la medesima questione  di  incostituzionalita'
ricordando che gli articoli 3 e 24 Costituzione non impongono ne'  il
doppio grado cautelare, ne' la necessaria uniformita' tra i vari tipi
di processo, sicche' la previsione di cui all'art.  373  c.p.c.  puo'
restare confinata al processo civile. 
    Con l'ordinanza n. 217/2000 la Corte ha reiterata la declaratoria
di  manifesta  infondatezza  richiamandosi  al  duplice   ordine   di
argomentazioni, sopraesposto. 
    Ma  nella  presente  controversia,  questo  Collegio  non  invoca
affatto ne' l'allineamento al processo civile, ne'  il  doppio  grado
cautelare ed  anzi  ne  sollecita  la  previsione  costituzionalmente
obbligata di una unica istanza cautelare, quando per la  prima  volta
in appello ne sorgano i presupposti e esigenza. 
    Illuminante e' la recente  ordinanza  della  Corte  n.  119/2007,
anch'essa di manifesta infondatezza della questione di illegittimita'
sollevata in ordine agli articoli 49, d.lgs. n. 546/1992 e 30,  comma
1, della  legge  delega  n.  413/1991,  in  riferimento  ai  medesimi
parametri di cui agli articoli 3 e 24 cost. dell'art. 49  del  d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546. Qui il Giudice delle leggi ha statuito  che
«la questione e' manifestamente inammissibile, non  soltanto  perche'
l'istanza di sospensione e' stata reiterata dopo il  suo  rigetto  in
limine dell'appello ., ma anche perche' oggetto del provvedimento  di
sospensione non potrebbe mai  essere  la  sentenza  che  ha  respinto
l'impugnazione, bensi' semmai  il  provvedimento  impositivo  la  cui
impugnazione e' stata rigettata in primo grado». 
    Orbene, la presente controversia ha materia ben diversa da quella
oggetto della ordinanza della  Corte  n.  119/2007,  sia  perche'  la
istanza di sospensione non e' stata proposta in sede di  appello  (il
contribuente  non  ha  appellato,  avendo  ottenuto  in  primo  grado
l'annullamento dell'Accertamento), sia perche' l'istanza non e' stata
rigetta in limine dell'appello. 
    In aderenza all'autorevole insegnamento della stessa ordinanza n.
199/2007 la richiesta di sospensiva qui  e'  incentrata  proprio  sul
«provvedimento  impositivo»,  ossia   sulla   iscrizione   a   ruolo,
effettuata dall'Agenzia (da cui, a sua volta  deriva,  la  iscrizione
ipotecaria effettuata dall'agente della riscossione),  in  quanto  e'
tale  iscrizione  (e   la   sua   attuazione   mediante   ipoteca   e
consequenziale espropriazione forzata) a costituire  il  sopravvenuto
pericolo di danno grave ed irreparabile, per  fronteggiare  il  quale
non puo' negarsi al contribuente di richiedere ad un Giudice un grado
di tutela cautelare. Ed il giudice naturale della  cautela  non  puo'
che essere il giudice «procedente», intendendo per  tale  il  giudice
che ha pronunciato  la  sentenza  di  secondo  grado,  impugnata  con
ricorso per cassazione. 
    4.  -  Certamente  non  e'  costituzionalmente  obbligatorio   un
parallelismo ex  art.  3  Cost.  di  tutela  cautelare  tra  processo
tributario e processo civile o anche processo amministrativo; ne'  e'
determinante la tendenza normativa ad equiparare  la  disciplina  del
processo tributario a quella del giudice ordinario di cognizione. 
    Tuttavia, il diniego di almeno  un  grado  di  tutela  cautelare,
derivante dall'art. 49, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, nella  parte  in
cui esclude la garanzia di un grado di tutela cautelare in ipotesi di
danno  grave  ed  irreparabile,  sopravvenuto  alla  sentenza   della
Commissione Tributaria Regionale (che abbia riformato la sentenza  di
primo grado pienamente favorevole al contribuente) e derivante da  un
successivo   provvedimento   impositivo   attuativo   della    stessa
(iscrizione  a  ruolo  e   consequenziale   iscrizione   di   ipoteca
immobiliare con preannunciata  irreversibile  espropriazione  forzata
del patrimonio immobiliare del contribuente) appare in contrasto  con
gli insegnamenti della  Corte  costituzionale,  in  riferimento  agli
articoli 3, 23, 24, 111 e 113 Cost.; e 6, comma 1, della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali in relazione all'art. 10 Cost. 
    Circa il parametro dell'art. 3,  comma  1,  Cost.,  inteso  quale
principio  di   ragionevolezza,   appare   irrazionale   un   sistema
processuale creato a garanzia  di  diritti  soggettivi  tributari  (a
versare il giusto tributo), ma che contraddittoriamente  ne  consenta
il sacrificio inevitabile ed irreparabile (attraverso il  diniego  di
un grado di tutela cautelare a fronte di  atti  impositivi  esecutivi
per la prima volta emessi in esecuzione di una  sentenza  di  secondo
grado). 
    Sempre sotto il parametro della ragionevolezza, non va obliterato
che la tendenza ad ampliare la sfera  della  tutela  cautelare  e  ad
affermare l'esigenza dell'effettiva e' sostanziale tutela dei diritti
derivanti dalla normativa comunitaria e' presente, da tempo, anche in
numerose sentenze della Corte di giustizia (cfr. sentenze  Factorame,
19 giugno 1990, in causa C-231/89; Zuckerfabrik, 21 febbraio 1991, in
cause C-143/88  e  C-92/89;  Atlanta,  9  novembre  19895,  in  causa
C-465/92; Kofisa Italia, 11 gennaio 2001, in causa C-1/99). 
    Nel processo amministrativo l'art. 21, ultimo comma, della  legge
6 dicembre 1971, n. 1034, attribui' al  TAR  il  potere  di  emettere
ordinanza sospensiva della «esecuzione» dell'atto  impugnato  qualora
fossero stati allegati «danni gravi ed irreparabili». Come  e'  noto,
la giurisprudenza creativa dei TAR e del Consiglio di Stato parti' da
tale ristretta previsione per pervenire alla elaborazione di un ricco
e complesso sistema  cautelare;  dai  molteplici  contenuti,  fino  a
quando tale ricchezza di forme e' stata poi recepita dalla  legge  21
luglio 2000, n. 205, sulla riforma  della  giustizia  amministrativa,
che ha introdotto anche il decreto  sospensivo  presidenziale  ed  ha
fornito una espressa base normativa al potere cautelare del Consiglio
di Stato. 
    Nel processo tributario, gia' esiste una particolare disposizione
espressamente attributiva del potere cautelare in duplice grado anche
alle Commissioni regionali, dettata dall'art. 19, comma 2, d.lgs.  18
dicembre 1997, n. 472. Tuttavia la disposizione, pur contemplando  il
potere sospensivo, ivi compreso quello provvisorio presidenziale,  si
riferisce  unicamente  alla  materia  delle   «sanzioni»   tributarie
amministrative. 
    Qui il Collegio chiede, piu' riduttivamente,  di  consentire  che
l'unico grado di tutela cautelare possa trovare ingresso nel giudizio
di appello, quando in esso per  la  prima  volta  se  ne  profili  la
giuridica esperibilita'. 
    Appare  in  contrasto  con  gli   articoli   23   e   24   Cost.,
l'assoggettamento ad esecuzione forzata (tramite vendita coattiva  di
beni del supposto debitore tributario) senza che in base  alla  legge
il debitore possa adire un giudice  in  sede  cautelare,  secondo  un
meccanismo che rievoca l'antico «solve  et  repete»,  sicche',  nella
fattispecie, solo dopo la sentenza della Corte di cassazione, qualora
questa sia a lui favorevole, e solo dopo la vendita coattiva del  suo
patrimonio il cittadino adire in giudice, per  vedersi  accogliere  o
rigettare la sua istanza. 
    Circa il parametro di cui all'art. 24 cost. va osservato che, nel
processo tributario, a differenza del processo civile, l'esecutivita'
e' un attributo non della sentenza, ma dell'atto impugnato,  sicche',
anche secondo la terminologia dell'art. 47, d.lgs.  n.  546/1992,  la
sospensione dell'esecuzione non puo' che riguardare l'atto  attuativo
della sentenza; nella concreta fattispecie, della sentenza di secondo
grado, impugnata con ricorso per cassazione.  Secondo  l'insegnamento
costante  della  Corte,  la  disponibilita'   di   misure   cautelari
costituisce  componente  essenziale  della   tutela   giurisdizionale
garantita dall'art. 24 della Costituzione (sentenze n. 336 del  1998,
n. 326 del 1997, n. 249 del 1996, n. 253 del 1994, n. 190 del  1985).
E  tale  enunciazione  e'  sicuramente   riferibile,   per   la   sua
generalita', anche al processo tributario. Secondo la stessa Corte vi
e' l'esigenza di evitare che la durata  del  processo  vada  a  danno
dell'attore che ha ragione e che, durante  il  tempo  occorrente  per
l'accertamento in via  ordinaria  del  suo  diritto,  e'  esposto  al
rischio di subire un danno irreparabile, quale la vendita forzata  di
tutti  suoi  beni.  Risulta  allora   evidente   come   la   garanzia
costituzionale della tutela cautelare debba ritenersi imposta fino al
momento in cui non intervenga, nel processo, una pronuncia sul merito
dell'istanza stessa. 
    Circa  il  parametro  di  cui  all'art.  113  Cost.   la   tutela
giurisdizionale dei propri diritti ed interessi  legittimi  non  puo'
che essere «sempre» ammessa, mentre sembra contraddire la  previsione
del «sempre» la disposizione di cui all'art. 49, d.lgs. n.  546/1992,
che  aprioristicamente  impedisce  un   rimedio   cautelare   avverso
l'attuazione di una pretesa tributaria, fondata su  una  sentenza  di
secondo grado, che abbia «ribaltato», in  appello,  una  sentenza  di
primo grado pienamente favorevole al contribuente. 
    Circa i parametri sul giusto processo di cui  agli  articoli  111
Cost. e 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali,  adottata  a  Roma  il  4
novembre 1950, essi qui vengono in rilievo  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza dei tempi, nel senso che il ritardo di  giustizia  non
puo' tradursi nelle more della sentenza della Corte di cassazione, in
perdita  irreversibile  del  patrimonio  del  contribuente  che,   in
ipotesi, risultera' ivi avere ragione. 
    La ragionevolezza dei tempi, attiene all'esigenza di evitare  che
il ritardo nella resa di giustizia, quand'anche sia  giustificato  ed
inevitabile, non abbia a tradursi, attraverso  la  rapida  attuazione
della  espropriazione  forzata,   in   lesione   irreversibile,   del
patrimonio del contribuente; e cio' soprattutto  quando,  come  nella
concreta  fattispecie,  la  tutela  interinale  del  patrimonio   del
contribuente lasci sopravvivere la iscrizione ipotecaria.