LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 20039/2008 proposto da: Umberto Bossi, elettivamente domiciliato in Roma, piazza della Balduina n. 59, presso lo studio dell'avvocato Falzetti Carlo, rappresentato e difeso dall'avvocato Brigandi' Matteo, giusta delega in calce al ricorso, ricorrente; Contro Braggion Paola, elettivamente domiciliata in Roma, via Aniene n. 14, presso lo studio dell'avvocato Sorrentino Bonaventura, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato Cupido Marco giusta delega in calce al controricorso; controricorrente, avverso la sentenza n. 188/2008 della Corte d'appello di Brescia, sezione prima civile emessa il 20 febbraio 2008, depositata il 27 febbraio 2008, R.G. 1185/05; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 gennaio 2009 dal Presidente rel. dott. Paolo Vittoria; Udito l'avvocato Simonetta Belletti (per delega avv. Matteo Brigandi'); Udita l'avvocato Caterina Maffei (per delega avv. Bonaventura Sorrentino); Udito il p.m. in persona del sostituto Procuratore generale dott. Antonietta Carestia che chiede sia sollevato conflitto di attribuzione con sospensione del giudizio; in subordine improcedibile ricorso principale e l'accoglimento del l° motivo ricorso incidentale. Premesse di fatto 1. - Paola Braggion, giudice presso il Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantu', ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Brescia l'onorevole Umberto Bossi. Con le citazioni notificate il 21 e 23 giugno 2003 ha proposto in suo confronto una domanda di condanna al risarcimento del danno ed inoltre una domanda di condanna alla riparazione pecuniaria prevista dall'art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Vi ha esposto in sintesi i seguenti elementi di fatto. Quale giudice del Tribunale penale di Como, con sentenza del 23 maggio 2001, aveva dichiarato l'on. Bossi colpevole del delitto di vilipendio alla bandiera nazionale, condannandolo alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione. L'on. Bossi, nei giorni successivi, aveva fatto alla stampa dichiarazioni che contenevano espressioni gravemente offensive nei suoi confronti: l'aveva accusata di strumentalizzare il proprio ufficio per incidere sulla competizione politica; di approfittare di un processo politico per ricavarne, a proprio vantaggio, visibilita'; di utilizzare «relitti giuridici» con perdita di tempo e furto dello stipendio. Le dichiarazioni erano apparse su vari quotidiani - La Repubblica, Il Giorno, Il Corriere di Como, Libero, La Provincia di Como, Il Giornale, La Stampa - ed inoltre sulla Padania. 2. - La domanda e' stata rigettata dal Tribunale di Brescia con sentenza del 24 maggio 2004. Il tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni rese dall'on. Bossi costituivano manifestazione di attivita' di critica politica connessa alla funzione parlamentare, coperta dall'immunita' di cui agli artt. 68 Cost. e 3, legge 20 giugno 2003, n. 140. 3. - La sentenza e' stata impugnata da Paola Braggion. La Corte d'appello e' stata richiesta di affermare che le dichiarazioni fatte alla stampa dall'on. Bossi hanno avuto natura diffamatoria, non costituiscono legittimo esercizio di critica giudiziaria ne' sono coperte dall'immunita' prevista dall'art. 68 Cost.; le e' stato inoltre chiesto di quantificare il danno e di accordare la riparazione pecuniaria prevista dall'art. 12 della legge n. 47 del 1948. 4. - Nel corso del giudizio di appello, il Parlamento europeo ha approvato la relazione A5-0281/2004 contenente la raccomandazione a difendere l'immunita' del suo ex membro on. Bossi quanto alle dichiarazioni riprese dai giornali diversi dalla Padania, non anche la analoga relazione A5-0282/2004, concernente appunto la dichiarazione apparsa sulla Padania. 5. - La Corte d'appello di Brescia, con la sentenza 27 febbraio 2008, ha ritenuto vincolante la prima deliberazione rigettando per la parte corrispondente la domanda, che ha per contro accolto in relazione alle dichiarazioni apparse sulla Padania, che ha ritenuto non costituire manifestazione di attivita' compresa nella disposizione dell'art. 68 Cost. Ha conseguentemente pronunciato condanna al risarcimento del danno morale, liquidato nella somma di euro 40.000,00. 6. - L'on. Bossi ha chiesto la cassazione della sentenza con ricorso notificato il 21 luglio 2008. Paola Braggion ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, notificato il 13 ottobre 2008. 7. - Il Presidente della Camera dei deputati ha infine trasmesso con nota dell'11 agosto 2008, il resoconto stenografico della seduta n. 36 del 16 luglio 2008 e la relazione della Giunta per le autorizzazioni presentata il 4 luglio 2008. Nella nota il Presidente della Camera informa che l'Assemblea ha deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. Considerazioni di diritto 1. - I motivi di ricorso. Le ragioni per cui le due parti hanno chiesto la cassazione della sentenza sono le seguenti. 1.1. - Il ricorrente principale individua nella sentenza due vizi. Il primo - indicato al punto 3 e riassunto al punto 10 - e' di violazione di norme di diritto (art. 360, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 21 Cost. e 51 cod. pen.) Nella esposizione - svolta nei punti da 4 a 9 - si sostiene che attraverso le espressioni impiegate nella dichiarazione riportata sul giornale La Padania e' stata svolta una legittima critica politica a proposito di fatti veri. Il secondo - indicato al punto 11 e parimenti riconducibile al punto 3 - e' di violazione dell'art. 68 Cost. La dimostrazione ne e' condotta ai numeri dal 12 in poi e - anche attraverso il richiamo della delibera della Camera dei deputati di cui si e' fatto cenno - da un lato vi si sostiene appunto che v'e' un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese e la attivita' politico-parlamentare del ricorrente, dall'altro si osserva che, in ragione di quella delibera, il giudizio non puo' proseguire, a meno che non sia sollevato un conflitto di attribuzioni. 1.1.2. - La ricorrente incidentale oppone che il ricorso principale e' inammissibile, perche' i due motivi non soddisfano il requisito richiesto dall'art. 366-bis cod. proc. civ., in quanto non sono conclusi da un quesito di diritto. 1.2. - Il ricorso incidentale propone quattro motivi. I primi due, che denunziano vizi di difetto di motivazione, ed il terzo, che denunzia un vizio di violazione di norme di diritto, sono rivolti contro il capo della sentenza, con cui la corte d'appello e' pervenuta a rigettare la domanda in rapporto alle dichiarazioni apparse sui giornali diversi da La Padania, poggiandosi sulla delibera del Parlamento europeo, che e' stata ritenuta vincolante con una decisione, considerata contraria a diritto ed acritica. Il quarto denuncia il mancato esame della domanda, riproposta in appello, relativa alla riparazione pecuniaria prevista dall'art. 12 della legge sulla stampa. I motivi di diritto sono corredati di quesito. Nella sua parte finale poi, il controricorso affronta il tema del conflitto d'attribuzione, oltre quello di un'eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia quanto alla interpretazione delle norme comunitarie in tema di estensione della immunita' dei membri del parlamento europeo. 2. - La delibera assunta dalla Camera dei deputati nella seduta n. 36 del 16 luglio 2008. 2.1. - La Corte considera che la delibera della Camera, assunta nella seduta dell'11 luglio 2008, e' intervenuta in pendenza del termine perche' le parti del giudizio potessero impugnare la sentenza sui capi a ciascuno d'essi sfavorevole. La delibera e' stata d'altro canto trasmessa alla Corte in pendenza del giudizio davanti a se' e prima che in esso potesse e fosse stato assunto un qualsiasi provvedimento. Inoltre, l'aspetto della delibera, che immediatamente concerne le dichiarazioni apparse sul giornale La Padania, si ripercuote non solo sul capo della sentenza di appello che ha accolto la domanda proposta dal giudice Braggion ed e' stato oggetto del ricorso proposto dall'onorevole Bossi, ma pure sul quarto motivo del ricorso incidentale del giudice Braggion, con cui si e' lamentato che in relazione a quel fatto non sia stata anche pronunciata la condanna prevista dall'art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Non ritiene, allora, la Corte di poter affrontare in questo stadio del giudizio il tema, sollevato dalla resistente, che consisterebbe nel valutare se il ricorso principale soddisfi il requisito di ammissibilita' previsto negli artt. 366 n. 4), 366-bis e 375 n. 5) ultima parte cod. proc. civ. 2.2. - La Corte considera - ulteriormente - che la delibera assunta dalla Camera dei deputati non si presta ad essere in modo sicuro interpretata nel senso d'aver inteso affermare la insidacabilita' delle sole dichiarazioni rese dall'onorevole Bossi al giornale La Padania, lasciando da canto quelle apparse sugli altri giornali, perche' coperte dall'analoga presa di posizione gia' assunta dal Parlamento europeo. A favore di questa piu' limitata interpretazione pare bensi' deporre la relazione della Giunta per le autorizzazioni ed in particolare sia il passo che conclude il capoverso ottavo - dove e' detto che l'insieme delle dichiarazioni rilasciate a quotidiani diversi dalla Padania non rientra piu' nell'oggetto della deliberazione della Camera - sia quello che conclude la stessa relazione - perche' si propone all'Assemblea di dichiarare che i fatti oggetto della condanna civile intervenuta concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni - e condanna v'era stata per le sole dichiarazioni apparse sul giornale La Padania. Se non che l'Assemblea e' stata poi chiamata ad esprimersi su un oggetto descritto in modo piu' generale - in particolare, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali e' in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 1 concernono opinioni espresse dall'onorevole Bossi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione. Ora, per effetto dell'appello proposto contro la sentenza di primo grado dal giudice Braggion e del non ancora intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di appello pervenuta a confermare il rigetto della domanda sulle dichiarazioni apparse sugli altri giornali, i fatti per i quali era in corso il procedimento menzionato nella relazione della Giunta non si limitavano alle dichiarazioni riportate dal giornale La Padania. Sicche' appare preferibile attribuire alla deliberazione assunta dalla Camera la manifestazione di una volonta' di affermare l'insidacabilita' con riferimento al complesso delle dichiarazioni rese nella circostanza dall'onorevole Bossi, piuttosto che alle sole riprese dalla Padania: del resto questa e' anche la posizione assunta sull'argomento dalla difesa del ricorrente al punto 15 del ricorso. Ne deriva che la Corte e' allo stato impedita dall'esaminare anche i primi tre motivi del ricorso incidentale, perche' rispetto al loro vaglio di merito - che investe la rilevanza della presa di posizione assunta dal Parlamento europeo - e' pregiudiziale la questione della legittimita' d'una dichiarazione di insindacabilita' assunta dalla Camera. 3. - Cio' premesso, la Corte ritiene di dover sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in applicazione degli artt. 134 Cost. e 37, legge 11 marzo 1953, n. 87. 4. - Il conflitto e' sollevato contro la delibera assunta dalla Camera dei deputati nella seduta 36 del 16 luglio 2008 in sede di esame della Relazione della giunta per le autorizzazioni - Doc. IV-quater n. 1, - delibera con cui la stessa Camera - secondo l'interpretazione sviluppata nel capoverso 2 di questa ordinanza - ha affermato che i fatti per i quali e' in corso davanti a questa Corte la controversia tra il deputato Umberto Bossi e la dott.ssa Paola Braggion concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. Il conflitto e' parimenti e comunque sollevato contro la medesima delibera quand'anche interpretata nel senso che si sia limitata a prendere in considerazione i soli fatti per i quali l'onorevole Bossi e' stato condannato dalla Corte d'appello di Brescia, dichiarando che essi concernono opinioni espresse dallo stesso onorevole Bossi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione. 5. - Le dichiarazioni dell'onorevole Bossi apparse sul giornale La Padania. 5.1. - Le dichiarazioni sono state rese dall'onorevole Bossi dopo essere stato condannato per vilipendio alla bandiera dal Tribunale di Como con sentenza del 23 maggio 2001. 5.2. - Il quotidiano La Padania, sotto il titolo «La Sinistra ordina: Bossi in galera» riporta il 24 maggio 2001 affermazioni attribuite all'onorevole Bossi (il corsivo ripropone stralci della intervista, il virgolettato ne ripropone le dichiarazioni raccolte e poi pubblicate): «L'onorevole Umberto Bossi e' stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per "vilipendio alla bandiera", in seguito alle parole pronunciate nel luglio'97 in un comizio nel comasco.» «E' un attacco al governo - ha subito commentato Bossi - ed e' incivile che un magistrato perda il tempo, pagato dai contribuenti, per fare un processo basato sui reati di opinione e il Codice Rocco... Il Paese ha voltato pagina, c'e' una nuova maggioranza e un governo, la giustizia e' un obiettivo disastro, eppure una certa magistratura non perde l'attitudine di occuparsi di politica in momenti "particolari". Intanto l'84 per cento dei reati (compresi scippi, rapine, furti e omicidi) rimane'impunito. C'e' solo da ridere di fronte a queste notizie, per non mettersi a piangere ...». Ed il 25 maggio 2001: «Il carroccio si mobilita dopo la condanna al segretario federale. Basta coi giudici del Codice Rocco. La condanna a un anno e quattro mesi a Umberto Bossi per "vilipendio alla bandiera" e' un altro esempio di giustizia politica contro la Lega. "Non e' possibile che due magistrati in cerca di pubblicita' (il p.m. Claudio Galoppi e il giudice Paola Braggion) possano ricorrere alle norme fasciste del codice Rocco per colpire deliberatamente la liberta d'espressione - cosi' reagisce ancora il segretario federale -. Intervenga il Consiglio superiore della magistratura e si decida a sanzionare quei magistrati che continuano ad usare le norme fasciste sui reati di opinione, norme gia' cancellate nella coscienza democratica del popolo. E' passato quasi un secolo dal codice Rocco, il regime fascista e' stato sconfitto, e' tornata la democrazia eppure c'e' chi ancora usa questi relitti giuridici per scegliere e colpire gli avversari politici della sinistra. Uno scandalo intollerabile". Contro questa palese ingiustizia e per la difesa della democrazia la Lega si prepara a una forte mobilitazione e a manifestazioni di piazza: "Basta con i giudici del Codice Rocco"». 5.3. - La giurisprudenza costituzionale, al fine di verificare la sussistenza della immunita' spettante ai membri delle Camere, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost. ha da tempo adottato il criterio del nesso funzionale che deve legare le opinioni espresse dal parlamentare e la manifestazione di opinioni avvenuta fuori dall'ambito parlamentare. Perche' tale nesso ricorra si debbono contemporaneamente poter riscontrare due elementi: il legame temporale tra l'attivita' parlamentare e l'attivita' esterna, in modo che esso riveli una finalita' divulgativa; la sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell'esercizio di funzioni parlamentari e dichiarazioni esterne, non essendo sufficiente ne' una mera comunanza di argomenti, ne' un mero contesto politico cui le seconde si possano riferire (Corte cost. 12 dicembre 2008, n. 410). Ora, l'attivita' parlamentare rilevante e' stata individuata dalla Camera nelle posizioni parlamentari della Lega Nord, e specificamente nelle battaglie per il federalismo amministrativo e fiscale condotte gia' nella XIII legislatura, ma anche nella stessa opposizione al disegno di legge sulla esposizione della bandiera, divenuta poi la legge n. 22 del 1998, con cui sono state dettate le disposizioni generali sull'uso della bandiera della Repubblica italiana e di quella dell'Unione europea. Si e' anche fatto riferimento, in sede di discussione sulla proposta, alle reiterate critiche espresse dall'onorevole Bossi nei confronti della magistratura con riferimento ai fatti specifici oggetto del giudizio. Ritiene la Corte, cosi' delineato il contesto fattuale e quello giuridico di riferimento, che nel caso non ricorra in primo luogo il legame temporale, perche' le espressioni esterne sono di alcuni anni successive alle posizioni manifestate in ambito parlamentare. Ritiene poi che nel caso neppure si possa rinvenire una corrispondenza di significato tra posizioni manifestate in ambito parlamentare (peraltro senza specifico riferimento ad individuati atti di esercizio della funzione) ed espressioni esterne e vi sia se mai una mera comunanza di contesto politico: se a suscitare la reazione affidata alla stampa dall'onorevole Bossi e' stata la condanna per vilipendio alla bandiera, il fulcro della reazione sta nell'accusa rivolta al magistrato d'avere inteso da un lato mettersi in mostra dall'altro d'essersi fatto strumento di una sorta di messa in discussione della vittoria elettorale conseguita anche dalla Lega, dando cosi' dimostrazione non di indipendenza e di imparzialita', ma di propensione a far impiego di strumenti giuridici, anche obsoleti, per fini politici. 6. - Le dichiarazioni dell'onorevole Bossi apparse sugli altri giornali. 6.1. - L'esposizione dei fatti della causa - che la resistente ha inserito nel controricorso, nell'atto di impugnare dal canto suo la sentenza e chiederne la cassazione - contiene la sintesi di tali dichiarazioni. Le dichiarazioni dell'onorevole Bossi riportate dai vari giornali il giorno 24 maggio 2001 sono state le seguenti: «Dalla galera. Qui ci sono giudici che sprecano il tempo e i soldi. Bisogna abolire il Codice Rocco. Ci sono giudici che hanno il riflesso pavloviano del paese che non vuole cambiare» (La Repubblica); - «E' incivile - dichiara Bossi - che un magistrato perda tempo pagato dai contribuenti, per fare un processo basato sui reati di opinione e il Codice Rocco. Va immediatamente abolito il reato di vilipendio. Insomma in tempi di penalizzazione la magistratura dovrebbe occuparsi di ben altro» (Il Giornale) ; - «E' un attacco al Governo dopo la sconfitta elettorale» (Il Corriere di Como); - «E' una provocazione, un segnale grave e un attacco al Governo. E' incivile che un magistrato perda tempo facendo processi basati su reati di opinione» (Il Giorno); - «E' incivile che un magistrato perda il tempo, pagato dai contribuenti, per fare un processo basato su reati di opinione e il Codice Rocco... E' il riflesso pavloviano del vecchio corpo marcio del paese che non vuole cambiare e che, identificandosi con la sinistra, ha perso con la sconfitta elettorale anche la possibilita' di sopravvivere. La palude punta all'offensiva giudiziaria e alla provocazione ... Meglio in carcere, che con questi magistrati... e' un attacco al Governo... Partita l'offensiva giudiziaria contro la CdL» (Libero); - «Riparte l'offensiva giudiziaria, e' incivile che un magistrato attacchi il Governo» (La Provincia); - «Si tratta di una provocazione grave. E' incivile che un magistrato perda il tempo, pagato dai contribuenti, per fare un processo basato sui reati di opinione del Codice Rocco» (La Stampa). 6.2. - La Corte ritiene che in rapporto al problema della loro insindacabilita' da parte del giudice le dichiarazioni riportate non si presentino sostanzialmente diverse da quelle scrutinate al paragrafo 5. Dunque, sul presupposto che anche rispetto ad esse la Camera dei deputati ne abbia affermato l'insindacabilita', il conflitto e' sollevato anche riguardo a tale aspetto della delibera indicata al paragrafo 4.