Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma quarto [recte: terzo], della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso dal Tribunale di Roma, nel procedimento vertente tra la Fondazione Enasarco e S. L. ed altra, con ordinanza del 13 dicembre 2007, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009 il Giudice relatore Paolo Grossi. Ritenuto che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma quarto [recte: terzo], della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui - tenuto conto della declaratoria di illegittimita' costituzionale, pronunciata con la sentenza n. 404 del 1988 - non prevede che, in caso della cessazione della convivenza more uxorio, al conduttore di un immobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazione il convivente rimasto ad abitare nell'immobile locato, pure in mancanza di prole comune; che il Tribunale rimettente ha premesso, in fatto, di essere chiamato a decidere una controversia vertente sulla domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso abitativo, proposta dall'ENASARCO - ente locatore - nei confronti di S.L. e della «terza» occupante l'immobile locato, C.M.T.; che nella propria domanda, l'ente contesta al conduttore di essersi da tempo allontanato dall'appartamento oggetto di locazione, trasferendone il godimento alla ex convivente; che, nel costituirsi in giudizio, entrambi i convenuti hanno resistito alla domanda, rivendicando C.M.T., in particolare, il diritto a succedere nel contratto al proprio ex convivente; che a tal proposito il giudice a quo sottolinea come, a seguito degli interventi di questa Corte, la platea dei successibili nel contratto di locazione sia stata sensibilmente ampliata, segnalando, in particolare, la sentenza n. 404 del 1988, che ha peraltro subordinato la successione nel contratto del convivente alla presenza di prole naturale nel nucleo coabitante; che pertanto - puntualizza ancora il giudice rimettente - essendo venute meno le ragioni che, secondo una diversa sensibilita' etica e di costume, avevano indotto a privilegiare, anche nel settore delle locazioni a fini abitativi, la famiglia legittima rispetto a quella naturale, ed una volta estesa - rispetto alla previgente normativa - anche a terzi estranei alla famiglia (secondo il concetto tradizionale dell'istituto) la protezione del diritto fondamentale alla abitazione (eredi e parenti di qualsiasi grado, nonche' affini), la residua esclusione del convivente more uxorio, risulterebbe «ormai caratterizzata da irragionevole disparita'», determinando al tempo stesso «violazione del diritto fondamentale all'abitazione nei confronti di persona non meno di altri legittimata da un vincolo affettivo di coabitazione»; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la questione proposta. Considerato che il Tribunale di Roma solleva, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma quarto [recte: terzo] della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui, in caso di convivenza more uxorio, condiziona - a seguito della declaratoria di illegittimita' costituzionale pronunciata da questa Corte con la sentenza n. 404 del 1988 - la successione nel contratto di locazione del convivente, rimasto ad abitare l'immobile locato, alla presenza nel nucleo coabitante di prole naturale; che tale disciplina si porrebbe in contrasto, ad avviso del rimettente, con gli artt. 2 e 3 della Carta fondamentale, in quanto, atteso il venir meno delle ragioni di ordine etico e sociale che avevano indotto a privilegiare, nel settore delle locazioni, la famiglia legittima rispetto a quella naturale, la residua esclusione del convivente more uxorio dalla successione nel contratto risulterebbe ormai priva di ragionevolezza e tale da vulnerare il fondamentale diritto alla abitazione; che sulla identica questione questa Corte ha gia' avuto modo di pronunciarsi con la ordinanza n. 204 del 2003 - del tutto trascurata dal giudice rimettente - nella quale si e' reputato manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale, in considerazione della piu' volte affermata profonda diversita' che caratterizza la convivenza more uxorio rispetto al rapporto coniugale, tale da impedire l'automatica parificazione delle due situazioni, ai fini di una identita' di trattamento fra i rispettivi regimi; che tali considerazioni valgono, evidentemente, anche in relazione alla comparazione tra la cessazione della convivenza con prole e la cessazione di quella senza prole, trattandosi, pure in questo caso, di situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali non sono invocabili ne' il principio di eguaglianza ne' le argomentazioni contenute nella sentenza n. 404 del 1988 - evocata dal giudice rimettente - a sostegno della esigenza di tutelare un nucleo familiare sul presupposto della esistenza della prole naturale; che, pertanto, non essendo state addotte, dal giudice a quo, ragioni nuove o diverse da quelle allora scrutinate, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.