Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  24,  comma  2,
della legge della Regione Piemonte 28 luglio 2008, n. 23  (Disciplina
dell'organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la dirigenza ed il personale) promosso dal Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  con  ricorso  notificato  il  26-30  settembre   2008,
depositato in cancelleria il 6 ottobre 2008 ed iscritto al n. 61  del
registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  15  dicembre  2009  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Mario  Eugenio
Comba per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   proposto,   in
riferimento agli artt.  3  e  97  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 2, della legge  della
Regione   Piemonte   28    luglio    2008,    n.    23    (Disciplina
dell'organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la dirigenza ed il personale). 
    Il ricorrente premette che tale legge contiene, al  capo  I,  una
serie di disposizioni generali di natura «programmatica», tra i quali
spicca  l'art.  1  che  pone,  quale  riferimento  fondamentale   per
l'esercizio del potere organizzativo, il richiamo  alla  Costituzione
ed alle leggi statali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici. 
    Al riguardo vengono pertanto  in  evidenza,  in  primo  luogo,  i
principi   costituzionali   di   buon   andamento   e   imparzialita'
dell'amministrazione e  di  accesso  alla  stessa  mediante  concorso
enunciati dall'art. 97, commi primo  e  terzo,  Cost.,  e  quello  di
ragionevolezza, naturale evoluzione del principio di  uguaglianza  di
cui all'art. 3 Cost., che postula l'adeguatezza della norma  al  fine
pubblico perseguito. 
    In secondo luogo, secondo la difesa erariale, rilevano i principi
generali in materia di  lavoro  dei  dipendenti  pubblici  ricavabili
dall'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche). Detta disposizione, nel regolamentare gli
incarichi  di  funzioni  dirigenziali,  prevede  che  gli   incarichi
dirigenziali possono essere conferiti, da  ciascuna  amministrazione,
entro il limite  del  10  per  cento  della  dotazione  organica  dei
dirigenti  appartenenti  alla  prima  fascia  dei  ruoli  di  cui  al
successivo art. 23 e dell'8 per cento  della  dotazione  organica  di
quelli appartenenti  alla  seconda  fascia,  a  tempo  determinato  a
soggetti esterni alla medesima pubblica amministrazione 
    Orbene, ad avviso del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
l'art. 24, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 23 del 2008, secondo
cui gli incarichi dirigenziali possono essere  conferiti  a  soggetti
estranei all'amministrazione regionale nel limite del 30  per  cento,
consente  l'assunzione  di  personale  dirigenziale  dall'esterno  in
misura tripla rispetto alla previsione statale e viola  i  menzionati
parametri costituzionali. 
    Infatti,  contrasterebbe  con  il  principio  di  buon  andamento
dell'amministrazione di cui al primo comma dell'art. 97 Cost.  (anche
nella forma specifica contemplata dal successivo  terzo  comma  dello
stesso  art.  97)  consentire  l'assunzione  di   un   numero   cosi'
consistente di soggetti estranei all'amministrazione, senza  concorso
e con contratti a tempo determinato. Una tale previsione  ometterebbe
ingiustificatamente di valorizzare il personale  dipendente;  inoltre
la consistente quota di dirigenti esterni (almeno inizialmente non  a
conoscenza delle dinamiche dell'amministrazione) e  la  temporaneita'
dell'incarico costituirebbero - in ragione  della  posizione  apicale
dei soggetti contemplati - fattori suscettibili di  rendere  l'azione
amministrativa slegata e frammentaria, incidendo in misura  rilevante
sull'organizzazione  dell'ente  pubblico.  Cio'  sarebbe  del   tutto
ingiustificato e irragionevole, nonche' contrastante con il principio
informatore dell'intera disciplina (affermato nell'art. l della legge
reg. Piemonte  n.  23  del  2008)  rappresentato  dalla  volonta'  di
uniformarsi ai  principi  fondamentali  della  normativa  statale  in
materia. 
    L'Avvocatura generale  dello  Stato  ricorda  come  questa  Corte
ritenga possibile valutare caso per caso la conformita' di  eventuali
deroghe  ai  principi  costituzionali  ora  richiamati.  Tuttavia  la
genericita' della previsione dell'art. 24, comma 2, della legge  reg.
Piemonte n. 23 del 2008 e l'assenza di qualsiasi elemento esplicativo
della necessita' di un'eccezione alle disposizioni costituzionali  ed
alla normativa  statale  fondamentale  renderebbero  la  disposizione
impugnata irragionevole  e,  pertanto,  illegittima  anche  sotto  il
profilo dell'art. 3 della Costituzione. 
    2. - La Regione Piemonte si e'  costituita  nel  giudizio  ed  ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, improcedibile  e
comunque infondato nel merito. 
    3. - In prossimita' dell'udienza di discussione  le  parti  hanno
depositato memorie. 
    3.1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri,  insistendo  per
la  declaratoria  di  incostituzionalita'  della   norma   censurata,
sottolinea che essa prevede in maniera generale ed immotivata che gli
incarichi dirigenziali possano essere conferiti, nel  limite  del  30
per  cento,  a  soggetti  esterni  all'amministrazione  regionale   e
pertanto si pone in contrasto  con  il  principio  secondo  cui  agli
impieghi pubblici si accede mediante  concorso,  principio  che  puo'
essere derogato solamente in casi limitati e  motivati  da  peculiari
situazioni che debbono essere specificamente indicate. 
    3.2. - La Regione Piemonte, nella propria memoria, chiede che  il
ricorso sia dichiarato tardivo e, nel merito, che  la  questione  sia
dichiarata infondata. 
    Con riferimento all'eccepita tardivita', la Regione deduce che la
norma censurata era gia' contenuta nell'art.  26  della  legge  della
Regione Piemonte 8 agosto  1997,  n.  51  (Norme  sull'organizzazione
degli uffici e sull'ordinamento del personale  regionale).  Pertanto,
in virtu' della giurisprudenza di questa Corte  secondo  cui  oggetto
del giudizio di costituzionalita' e' la norma e non la  disposizione,
il Presidente del Consiglio dei ministri,  non  avendo  a  suo  tempo
impugnato il predetto art. 26, non puo' pretendere di essere  rimesso
in termini per il fatto che la norma contenuta in quella disposizione
e' stata riprodotta nella legge reg. Piemonte n. 23 del 2008. 
    Nel merito, la Regione Piemonte afferma che l'art. 19 del  d.lgs.
n. 165 del 2001 (che al comma 6 prevede il limite del  10  per  cento
per gli incarichi dirigenziali di  livello  generale  attribuibili  a
soggetti  esterni  all'amministrazione)  non  e'   applicabile   alle
Regioni, poiche' si verte  nella  materia  dell'organizzazione  degli
uffici regionali, riservata  alla  competenza  legislativa  residuale
delle Regioni ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. 
    La resistente ricorda che lo stesso art. 13 del d.lgs. n. 165 del
2001 prevede che le disposizioni del Capo  II  del  Titolo  II  dello
stesso decreto legislativo (tra le quali e' compreso  l'art.  19)  si
applicano  solamente  alle   amministrazioni   statali,   mentre   il
successivo art. 27 stabilisce che le  Regioni  a  statuto  ordinario,
nell'esercizio  della  propria  potesta'  statutaria,  legislativa  e
regolamentare, adeguano i propri ordinamenti ai principi dettati  dal
d.lgs. n. 165 del 2001, tenendo conto delle relative peculiarita'. 
    La Regione aggiunge che il comma 6-ter  introdotto  nell'art.  19
del d.lgs. n. 165 del 2001, successivamente  alla  notificazione  del
presente ricorso, dall'art. 40 del  decreto  legislativo  27  ottobre
2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in  materia
di ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro  pubblico  e  di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), e  secondo
il quale i commi 6 e 6-bis dello stesso art.  19  si  applicano  alle
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  d.lgs.  n.  165  del
2001 (tra le quali sono comprese  le  Regioni),  e'  illegittimo  per
contrasto con l'art. 117, quarto comma, Cost., e chiede che la  Corte
voglia sollevare  innanzi  a  se  stessa  la  relativa  questione  di
illegittimita' costituzionale. 
    Ad  avviso  della  resistente  il  ricorso  del  Presidente   del
Consiglio dei  ministri  e'  infondato,  anche  perche'  denuncia  la
violazione di norme diverse dall'art. 117 della Costituzione. 
    La Regione Piemonte deduce altresi' l'inapplicabilita'  dell'art.
97  Cost.,  terzo  comma,  Cost.  all'affidamento   degli   incarichi
dirigenziali, vicenda distinta da quella dell'accesso alla  qualifica
dirigenziale. 
    Inoltre l'affidamento dell'incarico di  direttore  regionale  non
puo' avere durata superiore a cinque  anni,  e'  rinnovabile  e  puo'
essere revocato anticipatamente rispetto alla scadenza, onde esso non
realizza l'immissione a tempo indeterminato nei ruoli della  pubblica
amministrazione e, pertanto, non e' soggetto all'obbligo del concorso
pubblico. 
    La resistente aggiunge che, comunque,  il  conferimento,  sia  ad
interni, sia ad esterni,  dell'incarico  di  direttore  regionale  e'
soggetto ad un procedimento ad evidenza pubblica (disciplinato  dalla
delibera dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio  regionale  del  22
dicembre 2008, n.  185)  che  garantisce  ampiamente  i  principi  di
trasparenza,  imparzialita'  e  parita'  di  trattamento  e,  dunque,
rispetta l'art. 97, terzo comma, della Costituzione. 
    Infine, la Regione Piemonte sostiene che la  questione  sollevata
in riferimento agli artt. 3 e 97, primo comma,  Cost.,  e'  infondata
per mancanza di motivazione, poiche' le argomentazioni contenute  nel
ricorso riguardano esclusivamente il terzo comma dell'art.  97  della
Costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  proposto,  in
riferimento agli artt.  3  e  97  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 2, della legge  della
Regione   Piemonte   28    luglio    2008,    n.    23    (Disciplina
dell'organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la  dirigenza  ed  il  personale),  secondo  cui  «Gli  incarichi  di
direttore regionale possono essere conferiti, entro il limite del  30
per  cento  dei  rispettivi  posti,  non  computando  gli   eventuali
incarichi  esterni  di  cui   al   comma   1,   a   persone   esterne
all'amministrazione regionale». 
    In particolare, contrasterebbe con il principio di buon andamento
dell'amministrazione di cui all'art.  97  Cost.  (anche  nella  forma
specifica contemplata dal terzo comma dello stesso art.  97,  secondo
cui  ai  pubblici  uffici  si  accede  mediante  concorso   pubblico)
consentire l'assunzione  di  un  numero  cosi'  elevato  di  soggetti
estranei all'amministrazione, senza concorso e con contratti a  tempo
determinato. 
    Inoltre,  ad  avviso  del  ricorrente,   la   genericita'   della
previsione dell'art. 24, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 23 del
2008 e l'assenza di qualsiasi elemento esplicativo  della  necessita'
di un'eccezione alle disposizioni costituzionali in tema  di  accesso
mediante concorso agli impieghi nelle  pubbliche  amministrazioni  ed
alla normativa  statale  fondamentale  renderebbero  la  disposizione
impugnata irragionevole  e,  pertanto,  illegittima  anche  sotto  il
profilo dell'art. 3 della Costituzione. 
    2.  -  La  Regione  Piemonte  ha  eccepito   preliminarmente   la
tardivita' del ricorso proposto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, affermando che gia' l'art. 26  della  legge  della  Regione
Piemonte 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull'organizzazione degli uffici
e sull'ordinamento del  personale  regionale),  conteneva  una  norma
identica a quella contenuta nella disposizione oggetto della presente
questione. Non avendo lo Stato impugnato a suo  tempo  la  legge  del
1997, non potrebbe ora impugnare la  stessa  norma  per  il  semplice
fatto che essa e' stata ripetuta nella legge del 2008. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'esistenza di una disciplina contenuta in  un  precedente  testo
normativo non impedisce  l'impugnazione  in  via  principale  di  una
successiva  legge  che,  novando  la  fonte,  riproduca  la  medesima
disciplina. 
    Si aggiunga che, se  e'  vero  che  la  disciplina  piu'  recente
coincide  con  quella  piu'  risalente  per  quel  che  riguarda   la
percentuale degli incarichi di direttore regionale che possono essere
attribuiti a soggetti esterni,  e'  altresi'  vero  che  essa  se  ne
distacca  per  quanto  concerne  la  durata  degli  incarichi   cosi'
conferiti (la precedente norma stabiliva che  i  contratti  stipulati
con i soggetti esterni avevano durata  quadriennale,  quella  attuale
che tali contratti «hanno durata non superiore a  cinque  anni»),  la
possibilita' di rinnovo (in precedenza era previsto che  i  contratti
in questione potessero essere rinnovati per una  sola  volta,  limite
scomparso nella nuova norma), i requisiti soggettivi  richiesti  agli
esterni. Pertanto la conferma della percentuale del 30 per cento  dei
conferimenti agli esterni si colloca in un diverso contesto normativo
che caratterizza in  maniera  differente  rispetto  al  passato  quei
conferimenti e, quindi, di riflesso,  anche  il  particolare  profilo
della quota di incarichi attribuibili agli esterni. 
    3. - Prima  di  affrontare  il  merito  della  questione  occorre
esaminare alcuni  profili  evidenziati  dalla  difesa  regionale  che
assumono rilevanza preliminare, 
    3.1. -  In  particolare,  la  Regione  sostiene  che  le  censure
sollevate in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 3  Cost.,  non
sarebbero motivate. 
    L'assunto non e' condivisibile, perche' anche tali  censure  sono
sorrette da motivazione sufficiente. 
    Infatti nel  ricorso  e'  affermato  che  il  principio  di  buon
andamento  dell'amministrazione  sarebbe  violato  perche'  la  norma
impugnata omette  ingiustificatamente  di  valorizzare  il  personale
dipendente; inoltre la rilevante quota  di  dirigenti  esterni  e  la
temporaneita' dell'incarico costituirebbero fattori  suscettibili  di
rendere l'azione amministrativa slegata e frammentaria.  Quanto  alla
violazione dell'art. 3 Cost., il  ricorrente  afferma  che  la  norma
impugnata  sarebbe  irragionevole   attesa   la   genericita'   della
previsione della norma impugnata e l'assenza  di  qualsiasi  elemento
esplicativo  della  necessita'  di  un'eccezione  alle   disposizioni
costituzionali (art. 97 Cost.) ed alla normativa statale fondamentale
rappresentata dall'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    3.2. - Ad avviso della Regione, poi, il Presidente del  Consiglio
dei  ministri  non  potrebbe  eccepire  la  violazione  di  parametri
costituzionali  diversi  da  quelli  concernenti  il  riparto   delle
competenze legislative tra Stato e Regioni. 
    In proposito, pero', questa Corte ha ripetutamente affermato che,
anche dopo  la  riforma  del  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione, lo Stato puo' proporre impugnazioni in  via  principale
contro le leggi regionali deducendo la  violazione  di  un  qualsiasi
parametro costituzionale, e non solo di quelli concernenti il riparto
delle reciproche competenze legislative (tra le  altre,  sentenza  n.
274 del 2003). 
    3.3. -  La  Regione  Piemonte  deduce  altresi'  l'illegittimita'
costituzionale del comma 6-ter dell'art. 19 del  d.lgs.  n.  165  del
2001, introdotto dall'art. 40, comma 1, lettera f), dell'art. 40  del
decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4
marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione  della  produttivita'
del lavoro pubblico e di efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche
amministrazioni), a norma del quale, tra l'altro, il  comma  6  dello
stesso art. 19 (che fissa il limite percentuale  degli  incarichi  di
funzione  dirigenziale  che  le   amministrazioni   statali   possono
conferire ad  esterni),  si  applica  «alle  amministrazioni  di  cui
all'articolo 1, comma 2» del d.lgs. n. 165 del  2001,  tra  le  quali
rientrano anche le Regioni. 
    La Regione sostiene che la norma interviene  illegittimamente  in
una materia  riservata  alla  potesta'  legislativa  residuale  delle
Regioni e chiede che la Corte voglia sollevare davanti a se stessa la
relativa questione di legittimita' costituzionale. 
    L'istanza   non   e'   accoglibile,   poiche'   della   censurata
disposizione statale non  si  deve  fare  applicazione  nel  presente
giudizio  di  legittimita'  costituzionale,  onde  non  sussiste   il
presupposto affinche' la Corte rimetta  dinanzi  a  se'  la  relativa
questione di costituzionalita'. 
    4. - Nel merito la questione sollevata in riferimento all'art. 97
Cost. e' fondata. 
    Per  giurisprudenza  consolidata  di  questa  Corte,  le  deroghe
legislative al principio secondo cui agli  impieghi  nelle  pubbliche
amministrazioni  si  accede  mediante  concorso,   seppure   previste
espressamente  dallo  stesso  art.  97,  terzo  comma,  Cost.,   sono
sottoposte  al   sindacato   di   legittimita'   costituzionale.   In
particolare,  «l'area  delle  eccezioni»  al  concorso  deve   essere
«delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 215 del 2009;  sent.  n.  363
del 2006). Le deroghe, cioe', sono  legittime  solo  in  presenza  di
«peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico»  idonee  a
giustificarle (sent. n. 81 del 2006). In altre parole, la  deroga  al
principio del concorso pubblico deve essere  essa  stessa  funzionale
alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione  (sent.  n.  293
del 2009). 
    L'art. 24, comma 2, della legge regionale Piemonte n. 23 del 2008
contrasta con  l'art.  97,  terzo  comma,  della  Costituzione.  Tale
disposizione,  infatti,  oltre  a  prevedere   assunzioni   a   tempo
determinato, con contratto che  puo'  avere  una  durata  massima  di
cinque anni e  che  e'  rinnovabile  senza  alcun  limite,  e  a  non
richiedere la ricorrenza di alcun presupposto  oggettivo  perche'  un
incarico di direttore regionale sia affidato ad un  soggetto  esterno
piuttosto   che   ad   un    dirigente    appartenente    ai    ruoli
dell'amministrazione, contempla una deroga al principio del  concorso
pubblico di notevole consistenza (30 per cento dei posti di direttore
regionale). 
    Il fatto che tale deroga non sia circoscritta a  casi  nei  quali
ricorrano specifiche esigenze di interesse pubblico,  come  richiesto
dalla giurisprudenza della Corte e come stabilito da  altre  analoghe
disposizioni rinvenibili sia nell'ordinamento statale (art. 19, comma
6, d.lgs. n. 165 del  2001,  che  richiede  che  la  professionalita'
vantata  dal  soggetto  esterno  non  sia   rinvenibile   nei   ruoli
dell'amministrazione), sia in alcuni di quelli  regionali  [art.  22,
comma 1, della legge della regione Abruzzo 14 settembre 1999,  n.  77
(Norme in materia  di  organizzazione  e  rapporti  di  lavoro  della
Regione Abruzzo); art. 28, comma 3-bis, legge della Regione Marche 15
ottobre 2001,  n.  20  (Norme  in  materia  di  organizzazione  e  di
personale   della   Regione)],   comporta   la    dichiarazione    di
illegittimita' dell'art. 24, comma 2, legge regionale Piemonte n.  23
del 2008, per violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    5. - La questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  in
riferimento all'art. 3 Cost. resta assorbita.