Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  42,  comma  5,
del decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della  legge  8  marzo
2000, n. 53), promosso dal  Tribunale  amministrativo  regionale  del
Lazio, nel procedimento vertente tra  D.G.M.  e  il  Ministero  della
Giustizia, con ordinanza del 28 gennaio 2009, iscritta al n. 166  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 24, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009  il  giudice
relatore Maria Rita Saulle. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza del 28 gennaio del 2009, ha sollevato, in riferimento  agli
artt. 2,  3,  4,  29,  32  e  35  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  42,  comma  5,  del  decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della  maternita'  e
paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo  2000,  n.  53),
«nella parte in cui, per l'ipotesi di assenza del genitore,  fratello
o  sorella  o  coniuge  convivente,  esso  non  consente  al   figlio
convivente  di  persona  con  handicap  in  situazione  di  gravita',
debitamente accertata, di poter fruire del congedo» ivi indicato; 
        che il Tribunale  rimettente  premette  di  essere  investito
dell'impugnazione del provvedimento, datato 14 luglio  2008,  con  il
quale l'Amministrazione penitenziaria ha rigettato  la  richiesta  di
congedo straordinario retribuito presentata, ai sensi  dell'art.  42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, da una dipendente del  Corpo  di
polizia penitenziaria; 
        che il TAR del Lazio precisa, al riguardo, che la  ricorrente
nel giudizio a quo ha evidenziato di essere l'unico soggetto in grado
di assistere la propria madre invalida al 100% - cosi' come attestato
dalla competente  Commissione  in  data  5  maggio  1999  -  essendo,
quest'ultima, «rimasta vedova e senza ulteriori figli», nonche' priva
«di altri parenti o affini» che possano prestarle assistenza; 
        che  l'Amministrazione  resistente,   riferisce   ancora   il
rimettente, ha respinto detta  istanza  rilevando  che  «la  sentenza
della Corte costituzionale n. 158 del 2007 estende  al  solo  coniuge
convivente con soggetto con handicap in  situazione  di  gravita'  la
possibilita'  di  fruire  dei  due  anni  di  aspettativa   previsti»
dall'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001; 
        che, a giudizio del TAR del Lazio, il tenore letterale  della
disposizione impugnata non consentirebbe un'interpretazione estensiva
cosi' da ammettere al beneficio del congedo straordinario retribuito,
in assenza degli altri parenti o affini  in  grado  di  assistere  la
persona  disabile  in  situazione  di  gravita',  anche   il   figlio
convivente; 
        che, alla luce di tali premesse, il giudice a quo ritiene che
la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  42,  comma  5,
del d.lgs. n. 151 del 2001, sia non solo rilevante per il giudizio  a
quo ma anche non manifestamente infondata per contrasto con gli artt.
2, 3, 4, 29, 32 e 35 Cost.; 
        che, in particolare, la mancata  inclusione  nel  novero  dei
beneficiari  del  congedo  in   questione   del   figlio   convivente
comporterebbe la violazione, in  primo  luogo,  dell'art.  29  Cost.,
poiche'    determinerebbe    «un     impedimento     all'effettivita'
dell'integrazione del disabile, nell'ambito di un nucleo familiare»; 
        che, in secondo luogo, risulterebbero violati anche gli artt.
4  e  35  Cost.,  in  quanto  il  figlio  della  persona  affetta  da
disabilita'  grave  sarebbe  costretto,  per  poterla  assistere,  «a
rinunciare alla propria attivita' lavorativa o a ridurne il numero di
ore» o a sceglierne una che risultasse compatibile con l'assistenza; 
        che, inoltre, la citata esclusione,  investendo  un  soggetto
(il figlio convivente  con  la  persona  disabile  in  situazione  di
gravita') tenuto ai medesimi obblighi  di  assistenza  derivanti  dal
rapporto familiare rispetto a quelli gravanti  sugli  altri  soggetti
invece  ammessi  al  beneficio,   determinerebbe   «un'ingiustificata
discriminazione», in violazione dell'art. 3 Cost.; 
        che,  infine,  la  disposizione  impugnata  si  porrebbe   in
contrasto anche con gli artt. 32 e 2 Cost., in  quanto  comporterebbe
«una deminutio di tutela della salute, intesa nel senso di assistenza
e cure materiali, ed una compromissione della dignita' della persona,
la  quale  in   tal   modo   risulta   privata   dell'assistenza   e,
presumibilmente, abbandonata a se' stessa». 
    Considerato che il Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio
dubita, in riferimento agli  artt.  2,  3,  4,  29,  32  e  35  della
Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art.  42,  comma
5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della  legge  8  marzo
2000, n. 53), «nella parte in  cui,  per  l'ipotesi  di  assenza  del
genitore, fratello o sorella o coniuge convivente, esso non  consente
al figlio  convivente  di  persona  con  handicap  in  situazione  di
gravita', debitamente accertata, di poter  fruire  del  congedo»  ivi
indicato; 
        che questa Corte, con la sentenza n. 19 del 2009,  successiva
alla  pronuncia  dell'ordinanza  di  rimessione,  ha  dichiarato   la
illegittimita' costituzionale di detto art. 42, comma 5, nella  parte
in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a  fruire  del
congedo ivi previsto  il  figlio  convivente,  in  assenza  di  altri
soggetti idonei a prendersi  cura  della  persona  in  situazione  di
disabilita' grave; 
        che   pertanto,   a   seguito   di   tale   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale della norma denunciata, la questione di
costituzionalita' sollevata dal TAR del Lazio e'  divenuta  priva  di
oggetto   e,   quindi,   deve   essere   dichiarata    manifestamente
inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale.