IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel corso del processo a carico di  Vladyslav  Chuikov,  nato  in
Ucraina il 12 febbraio 1968, imputato  della  contravvenzione  p.e.p.
dall'art.  10-bis  del  d.P.R.  n.  286/98  perche'   si   tratteneva
illegalmente nel territorio dello Stato, all'udienza del 16 settembre
2009 il pm avanzava istanza  di  eccezione  di  illegittimita'  della
normativa di cui agli articoli 10-bis, 16,  comma  1  del  d.lgs.  n.
286/1998, 62-bis del d.lgs. 274/2000 e 1-ter della  legge  n.  102/09
per violazione degli articoli 3, 24, secondo comma, 27, terzo comma e
97, primo comma della Costituzione, cui  si  associava  il  difensore
dell'imputato. 
    Il giudicante sull'istanza proposta si riservava,  disponendo  il
rinvio dell'udienza. 
    In apertura dell'odierna udienza sciogliendo la  riserva  ritiene
il giudicante che deve essere sollevata,  per  i  motivi  di  seguito
esposti, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art  10-bis,
limitatamente all'ipotesi di soggiorno  illegale,  16,  comma  1  del
d.lgs. n. 286/98 e 62-bis del d.lgs. n. 274/2000, nel testo novellato
dalla legge n. 94 del 5 luglio 2009, per contrasto con  gli  articoli
3, 24, secondo comma,  27,  terzo  comma  e  97,  primo  comma  della
Costituzione. 
    A parere  del  rimettente  i  dubbi  di  costituzionalita'  delle
disposizioni censurate  sono  rilevanti  nel  presente  giudizio,  in
quanto  la  sanzione  da  comminare  all'imputato   in   ipotesi   di
riconoscimento di penale responsabilita' dovrebbe essere  determinata
in   applicazione   delle   disposizioni   della   cui   legittimita'
costituzionale si dubita. 
    I medesimi dubbi sono parimenti non manifestamente infondati  per
le considerazioni che seguono. 
1. - Art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998 (limitatamente  alla  ipotesi  di
soggiorno  illegale)  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione:
violazione del principio di ragionevolezza; violazione del  principio
di uguaglianza sia come necessita' di disparita' di  trattamento  per
situazioni diverse, sia come necessita' di parita' di trattamento  di
situazioni simili. 
    a) La disposizione normativa in esame, entrata in vigore alle ore
00,00 del giorno 8 agosto 2009 punisce con l'ammenda  da  5.000,00  a
10.000,00 euro lo straniero che fa ingresso ovvero si  trattiene  nel
territorio dello Stato. 
    Dalla data di entrata in vigore della norma pertanto  gli  stessi
fatti gia' configurati come illeciti amministrativi dall'art. 13  del
d.lgs. n. 286/1998 assumono anche natura di illeciti penali. Premesso
che i principi dettati dall'art 3, Costituzione, benche' riferiti  ai
cittadini devono intendersi estesi anche  agli  stranieri  in  quanto
volti alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (sentenza  C.  c.
n. 104/1969); che il reato contestato all'odierno imputato e'  quello
di soggiornare in Italia il giorno 9 agosto 2009,  giorno  successivo
alla data di entrata in vigore della legge; che ai  fini  del  tempus
commissi delicti nel nostro ordinamento risulta accolto  il  criterio
della condotta, poiche' e' nel momento della condotta che il soggetto
sceglie di porsi contro il dettato normativo  e  che  la  legge  puo'
esercitare  su  di  lui  la  sua  efficacia  intimidatrice;  che   di
conseguenza e' in tale momento che il reato deve intendersi  commesso
in quanto il soggetto non deve sottostare a conseguenze piu' gravi di
quelle che egli poteva attendersi dalla legge in vigore al momento in
cui ha posto in essere l'azione punita; che opinando diversamente  si
avrebbe una inammissibile retroattivita' del precetto  sanzionatorio,
si osserva che ad avviso del  rimettente  la  norma  che  punisce  il
soggiorno dello straniero, indipendentemente dalla data  di  ingresso
in Italia  senza  prevedere  un  termine  di  allontanamento  per  lo
straniero presente nel territorio  nazionale  prima  dell'entrata  in
vigore della legge, pecca di irrazionalita', in quanto penalizza  una
posizione  soggettiva,  conseguente  a  fatti  preesistenti   e   non
costituenti reato all'epoca in cui si sono realizzati. 
      
    Ne' la censura prospettata puo' ritenersi eliminata con  richiamo
alla preesistenza dell'analoga  previsione  contenuta  dall'art.  13,
comma 2, lett. b)  del  T.U.,  considerato  che  in  questo  caso  Io
straniero mentre era a conoscenza  delle  conseguenze  amministrative
della propria condotta ignorava gli effetti penali della stessa. 
    b) Appare  altresi'  ingiustificata  la  parita'  di  trattamento
riservata allo straniero  che  soggiorni  illegalmente  dopo  essersi
introdotto  nel  territorio   nazionale   sapendo   (quantomeno   per
presunzione legale)  di  compiere  un  atto  punito  penalmente,  con
un'azione commissiva totalmente libera  ed  autodeterminata  ed  allo
straniero che trovandosi in Italia in data antecedente all'entrata in
vigore della legge non poteva essere a conoscenza  di  commettere  lo
stesso reato. Con il risultato evidente  di  sanzionare  allo  stesso
modo una condotta illegale ed una situazione  di  fatto  realizzatasi
nel passato e divenuta illegale  solo  per  effetto  dell'automatismo
applicativo della norma, che non prevede termini  ne'  modalita'  per
rimuovere la nuova situazione di illegalita'. 
    E' appena il caso di osservare che  ai  fini  dell'allontanamento
volontario dello straniero sotteso dalla disposizione censurata,  non
e' stato previsto alcun tipo di  intervento  volto  a  consentire  il
rimpatrio per non incorrere nel reato punito, diversamente da  quanto
contemplato  per  gli  allontanamenti  coattivi,  per  i  quali  sono
apprestate misure mirate al rinvio allo Stato di appartenenza  ovvero
quando cio' non sia possibile allo Stato  di  provenienza  (Art.  13,
comma 12, TU) e la stipula di convenzioni con soggetti che esercitano
trasporti di linea o con organismi anche internazionali che  svolgono
attivita' di assistenza per stranieri (Art. 14, comma 8, TU). 
    Inoltre  non  e'  stato  neppure  prevista  la  possibilita'   di
sottrarsi alla condanna  con  l'allontanamento  volontario,  che  non
risulta previsto come causa di non luogo  procedere  diversamente  da
quanto stabilito per l'allontanamento coattivo. 
    c)  Sotto  altro  profilo  si  rende  manifesta  l'ingiustificata
difformita'  di  trattamento  peggiorativo  introdotto  dalla   norma
censurata rispetto alla disciplina di condotte analoghe e piu'  gravi
di cui all'art. 1-ter, del TU, per le quali anche dopo  le  modifiche
apportate dalla legge n. 94/2009, l'applicazione della pena resta  in
ogni  caso  subordinata  all'assenza  del  giustificato  motivo   del
trattenimento nel territorio dello  Stato,  che  la  norma  in  esame
invece non prevede. 
    Un ulteriore motivo di  patente  disparita'  di  trattamento  per
situazioni omogenee e' costituita dalla  introduzione  recente  della
disciplina derogatoria contenuta nella legge n. 102/2009. 
    La suddetta legge entrata in vigore in data 5 agosto 2009 in data
precedente alla promulgazione della legge n. 94/2009, ma  entrata  in
vigore in data successiva il  giorno  8  agosto  2009,  all'art.1-ter
commi 1 e 8 prevede un procedura di emersione limitata alla categoria
dei lavoratori irregolari adibiti ad attivita'  di  assistenza  e  di
sostegno alle famiglie. 
    La soluzione adottata dal legislatore per risolvere  un  problema
sociale fortemente avvertito dalla collettivita' e' stata  quella  di
prevedere  un  regime  di  eccezione   per   i   suddetti   stranieri
soggiornanti in modo irregolare, prevedendo che per loro soltanto non
si precedesse penalmente nelle more della procedura di emersione. 
    L'opzione  normativa  conforme  al  dettato  costituzionale,  che
rimette al legislatore di  regolare  la  condizione  giuridica  dello
straniero (Art. 10, secondo comma  Cost.),  pone  l'interrogativo  se
l'insindacabile discrezionalita'  del  legislatore  nella  disciplina
dell'immigrazione  con  la  conseguente  possibilita'  di   prevedere
categorie di  stranieri  meritevoli  di  accoglienza  sul  territorio
nazionale rispetto ad altre categorie,  possa  esercitarsi  in  forma
ugualmente libera sul piano penale fino al punto  di  discriminare  i
soggetti sulla base della sola attivita' svolta. 
    Laddove si consideri che entrambi gli interventi  normativi  sono
volti  al  controllo  dei  flussi  migratori   ed   alla   disciplina
dell'ingresso e della permanenza degli stranieri in Italia e  che  il
trattamento differenziato stabilito  dal  legislatore  non  trova  in
questo caso  giustificazione  nella  peculiare  rilevanza  ne'  nella
particolarita' degli interessi tutelati dall'art. 10-bis,  d.lgs.  n.
286/98, ad avviso del giudicante la risposta deve essere  negativa  e
pertanto in contrasto con il parametro costituzionale di riferimento. 
      
2. - Art. 10-bis, d.lgs. n. 286/98  (limitatamente  alla  ipotesi  di
soggiorno illegale). Violazione dell'art. 24, comma 2,  Costituzione,
lesione del diritto di difesa per contrasto  con  il  principio  nemo
tenetur se detegere;  violazione  dell'art.  27,  terzo  comma  della
Costituzione, lesione delle finalita' rieducative della pena. 
    a) In relazione ai profili di incostituzionalita' sopra riportati
della  norma  in  esame,  si  condividono  e  si  fanno  proprie   le
argomentazioni svolte dal p.m.,  nelle  quali  si  evidenzia  che  lo
straniero che si trovava in Italia in modo irregolare alle 00,00  del
giorno 8 agosto 2009 ha ricevuto direttamente dalla legge  un  ordine
di allontanamento senza indicazioni di come eseguirlo legalmente. 
    Per conformarsi al  dettato  normativo  lo  straniero  irregolare
dovrebbe (avrebbe dovuto) uscire clandestinamente, mentre era compito
del legislatore indicare forme di  allontanamento  senza  per  questo
autodenunciarsi secondo il brocardo nemo tenetur se detegere. 
    Non va trascurato che la norma si rivolge a soggetti che  non  si
trovano  nelle  condizioni  materiali  per  adempiere  spontaneamente
all'allontanamento per mancanza  di  documenti,  mezzi  finanziari  e
possibilita' di rivolgersi ad un vettore regolare per far ritorno  in
patria  e  che  nelle  predette  condizioni  di   impossibilita'   di
raggiungere  il  Paese  di  origine,  per  ottemperare   alla   norma
dovrebbero fare ingresso illegale in altri Stati. 
    Il legislatore nell'emanare un  precetto  penale  deve  presumere
presente nella platea  dei  destinatari  una  parte  intenzionata  ad
adempiere, per evitare la sanzione penale comminata. 
    Operando diversamente, come nel caso in esame, il legislatore  si
espone nella censura di incostituzionalita'  non  lasciando  ai  suoi
destinatari alcuna possibilita' di ottemperare al dettato normativo. 
    Si  richiama  in  proposito  che  in  sede  di  innovazioni  alla
normativa in tema di detenzione/porto d'armi con la legge n. 895/1967
si stabili' all'art. 8 la non punibilita' per coloro che entro trenta
giorni dall'entrata in vigore della legge  e  comunque  prima  di  un
eventuale accertamento  del  reato,  consegnavano  spontaneamente  le
armi. 
    b) La violazione dell'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998 pur essendo
formalmente sanzionato con l'ammenda, prescrive che  il  giudice  una
volta accertata la commissione  del  reato  debba  applicare  in  via
automatica la sanzione sostitutiva della espulsione  dello  straniero
dal territorio nazionale. 
    Ne discende all'evidenza che la nuova  figura  di  reato  non  e'
rivolta, con la previsione dell'applicazione di  una  pena  criminale
(ammenda) a determinare una condotta virtuosa del reo, ne' una  volta
applicata ad ottenere resipiscenza, recupero o risocializzazione  del
reo, bensi' preordinata all'unico risultato di ottenere  l'espulsione
in sede penale dello straniero. 
    Poiche' il ricorso improprio al magistero penale per giungere  ad
un risultato eminentemente amministrativo rappresenta  una  forma  di
amministrativizzazione del diritto penale anziche'  di  tutela,  deve
ritenersi che il legislatore abbia superato il limite  costituzionale
nella  configurazione  del  nuovo  illecito  penale  munito  di  pena
sprovvista di qualsiasi funzione educativa. 
    3. - Art. 62-bis, d.lgs. n. 274/2000 e art. 16, comma  1,  d.lgs.
n. 286/1998. Violazione dell'art. 97, primo comma,  Costituzione  per
contrasto  con  il  principio  del  buon  andamento  della   pubblica
amministrazione esteso anche alla giurisdizione. 
    In applicazione degli articoli 62-bis, d.lgs. n. 274/2000  e  16,
comma 1, d.lgs. n. 286/1998 qualsiasi tipo di pronuncia nel  giudizio
in  esame,  pur  in  presenza  di  un  rito  snello  ed  estremamente
semplificato, resta subordinata alla verifica della sussistenza delle
cause ostative di cui all'art.  14,  comma  1  del  TU  (accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  identita'   o   nazionalita'   dello
straniero, acquisizione di documenti per il  viaggio,  disponibilita'
del vettore o di altro mezzo di trasporto), che  laddove  sussistenti
comporterebbero una condanna all'ammenda (di  scarsa  deterrenza  nei
confronti dei destinatari  generalmente  privi  di  mezzi  per  farvi
fronte), laddove insussistenti o ad una  pronuncia  di  non  luogo  a
procedere o all'espulsione in via sostitutiva, prevista  come  sbocco
ordinario del processo nelle intenzioni del legislatore. 
    Senonche' il risultato perseguito dal legislatore deve  ritenersi
frustrato in partenza laddove si consideri che il nuovo  procedimento
si  aggiunge  e   si   intreccia   con   il   sistema   sanzionatorio
amministrativo di cui all'art. 13 e seguenti  del  TU,  mantenuto  in
vita per  consentire  l'effettivo  controllo  e  la  repressione  del
fenomeno   dell'immigrazione   illegale,   che    va    indubbiamente
efficacemente contrastata. 
    Per cui con l'introduzione delle nuove norme nei confronti  dello
stesso straniero, una volta che l'Autorita' di Pubblica sicurezza che
riveste  anche  la  qualita'  di  Pubblico  ufficiale,   accerti   la
condizione di soggiornante  illegale  si  aprono  contestualmente  ed
automaticamente due  distinti  procedimenti  l'uno  amministrativo  e
l'altro penale. Il  primo  destinato  a  sfociare  nel  provvedimento
prefettizio di espulsione, da  eseguirsi  a  cura  del  Questore,  il
secondo a cura del gdp nelle forme degli articoli 20-bis  e  ter  del
d.lgs. n. 274/2000  e  destinato  a  sfociare  nelle  intenzioni  del
legislatore  di  norma  alla  decisione  applicativa  della  sanzione
sostitutiva della espulsione in applicazione degli articoli 16, comma
1, d.lgs. n. 286/1998 e 62-bis, d.lgs. n. 274/2000. 
    Il secondo tuttavia resta subordinato al primo in quanto vi e' la
previsione esplicita della prevalenza della espulsione amministrativa
rispetto al processo penale,  tant'e'  che  il  gdp  deve  dichiarare
sempre  non  luogo  a  procedere   allorquando   acquisisce   notizia
dell'esecuzione dell'espulsione amministrativa. 
    Ne consegue come puntualizzato dal p.m.,  con  argomenti  che  si
condividono e si fanno propri, che il  sistema  normativo  licenziato
dal legislatore e' inficiato  da  una  sorta  di  corto  circuito  in
quanto: 
    di norma il gdp  nel  caso  di  condanna  dovrebbe  applicare  la
sanzione sostitutiva della espulsione, come  prevedono  gli  articoli
16, comma 1, d.lgs. n. 286/1998 e 62-bis, d.lgs. n. 274/2000; 
    ma per fare questo lo straniero  deve  essere  in  condizione  di
subire sin da subito l'accompagnamento coattivo alla frontiera,  come
previsto dall'art. 14, comma 1 e 16, comma 1, d.lgs. n. 286/98; 
    qualora si tratti di uno straniero nelle  condizioni  di  cui  al
punto che precede, il questore  deve  aver  gia'  provveduto  al  suo
accompagnamento  alla  frontiera  in  esecuzione  del   gia'   emesso
provvedimento prefettizio di espulsione, come prevedono gli  articoli
13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998; 
    qualora vi sia stata gia'  l'esecuzione  in  sede  amministrativa
della espulsione il gdp deve dichiarare non luogo a procedere anche a
processo iniziato, come previsto dall'art. 10-bis, comma 5, d.lgs. n.
286/1998. 
    Corollario   del   suddetto   meccanismo   processuale   e'   che
l'applicazione della pena sostitutiva dell'espulsione in sede  penale
risulta inevitabilmente paralizzata e inapplicabile. 
    In relazione  a  quanto  precede  ad  avviso  di  questo  giudice
l'instaurazione del sistema del doppio binario con la duplicazione in
sede  penale  della  medesima  procedura  gia'  esistente   in   sede
amministrativa, rivolta  in  via  principale  al  medesimo  risultato
finale  dell'espulsione  dello  straniero  irregolare  si   pone   in
contrasto con il principio del buon  andamento  di  cui  all'art.  3,
primo comma, Costituzione, non solo per quanto attiene  all'esercizio
della finzione giurisdizionale in senso stretto, ma anche per  quanto
attiene   all'organizzazione   ed   al   funzionamento   dell'ufficio
giudiziario. 
    Posto infatti che nelle disposizioni in  esame  il  problema  dei
rapporti tra illecito penale  ed  illecito  amministrativo  e'  stato
risolto  con  l'applicazione  di,  entrambe  le   norme   penali   ed
amministrative, ma con subordinazione delle  prime  alle  seconde  al
fine di evitare il  cumulo  di  sanzioni  per  lo  stesso  fatto,  lo
svolgimento, in tempi strettissimi ed in un numero imprevedibile, dei
procedimenti   volti   all'espulsione   in   sede   penale    siccome
interdipendenti  con  i   contestuali   procedimenti   amministrativi
instaurati nei confronti degli stessi soggetti, comporta: 
    per un verso inevitabilmente un ritardo nello  svolgimento  degli
altri processi penali di cognizione ordinaria  di  questo  giudice  e
sulla durata ragionevole degli stessi; 
    per altro verso  uno  sconvolgimento  dell'assetto  organizzativo
dell'ufficio con assorbimento abnorme  delle  risorse  assegnate  per
attendere ai compiti istituzionali; 
    in  entrambi  i  casi  un   condizionamento   dell'organizzazione
dell'ufficio e dell'esercizio della attivita' giurisdizionale  dovuto
al separato, prevalente e parallelo svolgimento delle procedure volte
all'applicazione delle sanzioni amministrative. 
    In conclusione ad avviso di questo giudice  le  norme  denunciate
alterano il quadro  normativo  in  materia  di  sanzioni  penali  per
l'illecito ingresso  o  trattenimento  di  stranieri  nel  territorio
nazionale, gia' connotato da  squilibri,  sproporzioni  e  disarmonie
denunciate con la  sentenza  n.  22/2007,  rendendone  necessaria  la
verifica di compatibilita' con i principi costituzionali  indicati  a
riferimento.