Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2,
della legge della Regione Lombardia 30 luglio  2008,  n.  24  recante
«Disciplina del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva
79/409/CEE  del  Consiglio,  del  2  aprile  1979,   concernente   la
conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione  della  legge  3
ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11  febbraio  1992,  n.
157, in materia di protezione della fauna  selvatica  e  di  prelievo
venatorio, in attuazione dell'art. 9  della  direttiva  79/409/CEE)»,
dell'art. 1, comma 1, e dell'Allegato A  della  legge  della  Regione
Veneto  14  agosto  2008,  n.  13  (Stagione   venatoria   2008-2009:
applicazione del regime di deroga previsto dall'articolo 9, comma  1,
lettera c, della direttiva 79/409/CEE  del  Consiglio  del  2  aprile
1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici), promosso
dal Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio,  sezione  I,  nel
procedimento vertente tra l'Associazione Lega per l'Abolizione  della
Caccia Onlus (LAC) e l'Associazione Italiana per il World  Wide  Fund
for Nature Ong Onlus (WWF Italia) e la Presidenza del  Consiglio  dei
ministri - Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
Regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano  ed  altri,  con
ordinanza del 16  ottobre  2008,  iscritta  al  n.  40  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 7, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'Associazione  Lega   per
l'Abolizione  della  Caccia  Onlus  ed  altra  nonche'  gli  atti  di
intervento delle Regioni Lombardia e Veneto; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  2010  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi gli avvocati Marco Ramadori  per  l'Associazione  Lega  per
l'Abolizione della Caccia Onlus ed altra, Enrico  La  Loggia  per  la
Regione Lombardia, Andrea Manzi e Mario  Bertolissi  per  la  Regione
Veneto. 
    Ritenuto che il Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,
sezione I, con ordinanza del 16  ottobre  2008,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 3, 117, primo e secondo comma, lettera  s),  e
137, terzo comma, della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2, della  legge  della  Regione
Lombardia 30 luglio 2008, n. 24 recante  «Disciplina  del  regime  di
deroga previsto dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio,
del  2  aprile  1979,  concernente  la  conservazione  degli  uccelli
selvatici,  in  attuazione  della  legge  3  ottobre  2002,  n.   221
(Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992,  n.  157,  in  materia  di
protezione  della  fauna  selvatica  e  di  prelievo  venatorio,   in
attuazione  dell'art.  9  della  direttiva  79/409/CEE)»,  e   -   in
riferimento ai soli artt. 3 e 117, primo e secondo comma, lettera s),
della Costituzione - dell'art. 1, comma 1, e  dell'Allegato  A  della
legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione  venatoria
2008-2009: applicazione del regime di deroga  previsto  dall'articolo
9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2
aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici); 
        che l'art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale lombarda  n.
24 del 2008 autorizza il prelievo in deroga per la stagione venatoria
2008-2009, stabilendo, al comma 1, che «ricorrendone le condizioni  e
in assenza di altre soluzioni soddisfacenti», il regime di deroga  si
applica secondo quanto previsto in una tabella, riportata nel  corpus
dell'articolo,  riguardante  i  «carnieri  massimi»  (giornaliero   e
stagionale), nonche' l'arco temporale della stagione venatoria per le
tre specie ammesse al prelievo; e, al successivo comma 2, quale debba
essere «il prelievo  annuale  complessivo  consentito  nella  regione
Lombardia»; 
        che l'art. 1, comma 1, della legge regionale veneta n. 13 del
2008 prevede, per la stagione 2008-2009, che i prelievi in deroga  si
attuino rispettando i limiti e le motivazioni di cui all'allegato  A,
il  quale  comprende  una  tabella,  ove  e'  previsto,  analogamente
all'art. 4 della legge regionale della Lombardia, il  limite  massimo
di prelievo (giornaliero e stagionale) a livello regionale; 
        che il rimettente premette di essere  investito  del  ricorso
proposto dall'Associazione Lega per l'Abolizione della  Caccia  Onlus
(LAC) e dall'Associazione Italiana per il World Wide Fund for  Nature
Ong Onlus (WWF Italia)  volto  all'annullamento  della  nota,  del  4
aprile 2008, con cui la Conferenza permanente per i rapporti  tra  lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano  avrebbe
preso atto e fatta propria la ripartizione tra le Regioni interessate
(effettuata in sede di Conferenza  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome) della «piccola quantita'» ex art. 9, par.  1,  lettera  c),
della direttiva 79/409/CEE, ai fini del prelievo  in  deroga  per  la
stagione venatoria 2008-2009; 
        che, secondo il TAR, le norme regionali  censurate  avrebbero
chiara natura «provvedimentale», anche in  considerazione  del  fatto
che trovano fondamento nell'intesa del 26 marzo 2008 della Conferenza
delle Regioni e delle Province autonome, basata  sugli  esiti  di  un
«incontro  tecnico»  tenutosi  il  21  marzo  2008  tra  le   Regioni
Lombardia, Veneto, Liguria, Marche e Friuli  Venezia-Giulia  (Regioni
che avevano condiviso «all'unanimita' la proposta di ripartizione dei
quantitativi prelevabili»),  e,  in  quanto  tali,  soggette  ad  uno
«scrutinio stretto  di  costituzionalita'»,  essenzialmente  sotto  i
profili della non arbitrarieta' e della  non  irragionevolezza  della
scelta del legislatore (sentenza n. 267 del 2007); 
        che, cio' premesso, il giudice a quo - ricordando la sentenza
n. 241 del 2008 della Corte costituzionale -  sottolinea,  anzitutto,
come debba essere disattesa un'eventuale  «eccezione  di  difetto  di
incidentalita'», in quanto - sempre secondo lo  stesso  rimettente  -
questa Corte avrebbe riconosciuto  la  possibilita'  di  accedere  al
sindacato  incidentale   di   costituzionalita'   anche   «attraverso
l'instaurazione di una lis ficta»; 
        che, sempre secondo il rimettente, l'emanazione  delle  norme
regionali sospettate di incostituzionalita' renderebbe,  allo  stato,
«parzialmente improcedibile il ricorso, quantomeno in relazione  alla
frazione  di  «piccola  quantita'»  da  prelevarsi  in  Veneto  e  in
Lombardia», cosi' che solo la rimozione di tale elemento sopravvenuto
consentirebbe   la   riespansione   del   sindacato    del    giudice
amministrativo sugli atti impugnati; 
        che, infine, il giudice a quo ricorda come egli stesso si sia
gia'  espresso  relativamente  al  requisito  della  rilevanza  nelle
ipotesi di leggi-provvedimento (sentenza del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sezione I, 21 aprile 2008, n.  3356),  ritenendo
che  la  tutela  dei   diritti   del   cittadino,   nell'ipotesi   di
leggi-provvedimento, segue la natura giuridica dell'atto  contestato,
cosi' da poter essere sindacato dal suo giudice  naturale  (la  Corte
costituzionale), rendendo peraltro necessaria  l'intermediazione  del
giudice amministrativo; 
        che, relativamente, quindi, alla non manifesta  infondatezza,
il  giudice  a  quo  ritiene  che  le  norme   regionali   denunciate
violerebbero l'art. 117, commi primo e secondo,  lettera  s),  Cost.,
ovvero, rispettivamente, il principio che la potesta' legislativa  e'
esercitata  dalle  Regioni  nel  rispetto  «dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario» e la competenza  esclusiva  statale  in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; 
        che, ricorda al  proposito  il  giudice  rimettente,  con  la
sentenza n. 150 (recte: 250) del  2008  questa  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3 della  legge  della
Regione Lombardia 5 febbraio 2007, n. 2 (Legge quadro sul prelievo in
deroga), ritenendo tali norme in contrasto sia  con  l'art.  9  della
direttiva 74/409/CEE, sia con l'art. 19-bis della legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), poiche' «l'autorizzazione del  prelievo
in deroga con legge preclude l'esercizio del potere  di  annullamento
da parte del Presidente del Consiglio dei ministri dei  provvedimenti
derogatori adottati dalle Regioni che risultino in contrasto  con  la
direttiva comunitaria 79/409/CEE e con la  legge  n.  157  del  1992;
potere di  annullamento  finalizzato  a  garantire  una  uniforme  ed
adeguata protezione della fauna  selvatica  su  tutto  il  territorio
nazionale»; 
        che tale conclusione, secondo il rimettente, dovrebbe  essere
estesa anche al caso di specie, nel quale  l'attivazione  del  regime
derogatorio con norme-provvedimento non consentirebbe  al  Presidente
del Consiglio dei ministri di esercitare il  potere  di  annullamento
introdotto per garantire il rispetto della normativa di riferimento; 
        che, ad  ulteriore  sostegno  di  quanto  affermato,  il  TAR
rimettente  ricorda  anche  la  sentenza  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea (sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05),  con  la
quale tale Corte - nell'ambito di una controversia, pendente  innanzi
al TAR della Lombardia ed avente ad oggetto il prelievo venatorio per
la stagione 2003-2004 - in merito  alla  conformita'  del  meccanismo
introdotto dall'art. 19-bis della normativa in questione con l'art. 9
della direttiva 74/409/CEE, ha affermato: a) «che "gli  Stati  membri
sono  tenuti  a  garantire  che,  indipendentemente  dal   numero   e
dall'identita' delle autorita' incaricate, nel loro ambito,  di  dare
attuazione"  all'art.  9  cit.,  "il  totale  dei  prelievi  venatori
autorizzati [...] non superi il tetto, conforme alla  limitazione  di
tali prelievi a  'piccole  quantita',  fissato  [...]  per  tutto  il
territorio nazionale" (punto 41); b) che tale obbligo  "esige  che  i
procedimenti amministrativi previsti siano organizzati in  modo  tale
che tanto le decisioni delle autorita' competenti  di  autorizzazione
dei prelievi in deroga, quanto le modalita' di applicazione  di  tali
decisioni siano assoggettate  ad  un  controllo  efficace  effettuato
tempestivamente" (punto 47)»; 
        che, inoltre, per il rimettente, le norme regionali censurate
violerebbero anche gli artt. 3 e 117, primo comma,  Cost.,  sotto  il
profilo della mancata osservanza dell'obbligo  di  motivare  in  modo
congruo la scelta di attivare le deroghe (ex art. 9, comma 1, lettera
c, della direttiva 79/1409/CEE e art.19-bis, della 1egge n.  157  del
1992); 
        che,  poi,  per  il  TAR  Lazio,  la  legge  regionale  della
Lombardia sarebbe del tutto priva di  motivazione,  mentre  la  legge
regionale del Veneto addurrebbe  una  motivazione  di  mero  stile  e
risulterebbe, peraltro, illogica  nella  parte  in  cui  afferma  che
l'attivazione del regime derogatorio consentirebbe  «una  tendenziale
diminuzione della pressione venatoria  sulle  specie  "ordinariamente
cacciabili"», dal momento che la caccia in deroga (come,  del  resto,
rilevato anche dalle Regioni), viene eccezionalmente ad aggiungersi e
non a sostituirsi al regime ordinario di cacciabilita'; 
        che, altresi', al TAR Lazio non appare chiaro  se  sia  stato
effettuato un accertamento in ordine  ai  requisiti  sostanziali  per
consentire l'attivazione del regime derogatorio, e,  in  particolare,
se si siano operate  valutazioni  sull'«assenza  di  altre  soluzioni
soddisfacenti» o sul trend demografico delle specie interessate,  ne'
detto giudice percepisce le ragioni per le  quali  i  pareri  tecnici
resi dall'Istituto nazionale  per  la  fauna  selvatica  (INFS)  alle
Regioni Veneto e Lombardia il 25 marzo 2008 siano stati disattesi; 
        che, infine, il solo art. 4 della legge regionale lombarda n.
24 del 2008 violerebbe l'art.137, terzo comma, Cost., in quanto  tale
norma sarebbe in contrasto con il giudicato formatosi a seguito della
sentenza n. 250 del 2008, resa, a detta del TAR  del  Lazio,  tra  le
stesse parti (Regione Lombardia e  Stato),  su  un  thema  decidendum
analogo a quello oggetto dell'attuale giudizio a quo; 
        che, nel giudizio davanti  alla  Corte,  si  sono  costituite
l'Associazione  Lega  per   l'Abolizione   della   Caccia   Onlus   e
l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Ong  Onlus,
gia' ricorrenti nel giudizio a quo,  le  quali  hanno  svolto  difese
uniformi, che possono essere unitariamente trattate; 
        che, ricostruito  il  quadro  normativo  di  riferimento,  la
difesa delle  associazioni  ricorrenti  ha,  preliminarmente,  negato
l'inammissibilita' della questione sotto il profilo della carenza  di
rilevanza, sostenuta dalla difesa della Regione Lombardia, avendo  il
rimettente ampiamente argomentato al riguardo; 
        che ugualmente da disattendere sarebbe l'eccezione di carenza
di incidentalita' della questione per  inammissibilita'  del  ricorso
avanti  al  TAR  del  Lazio,  in  quanto  -   secondo   la   costante
giurisprudenza costituzionale -  tale  questione  e'  «devoluta  alla
cognizione piena del giudice a quo, che  peraltro  ha  gia'  ritenuto
ammissibile l'impugnativa, con ampia e perspicua motivazione»; 
        che, quanto  al  merito,  la  difesa  delle  associazioni  ha
concluso  per  la   fondatezza   delle   questioni,   sostanzialmente
associandosi ai rilievi del rimettente; 
        che  si  e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  Lombardia
eccependo  l'inammisibilita'  e,   comunque,   l'infondatezza   della
questione; 
        che la difesa regionale ritiene  la  questione  inammissibile
sotto diversi profili: innanzitutto, per  difetto  di  rilevanza,  in
quanto il TAR non deve fare applicazione  della  normativa  regionale
censurata  per  decidere  l'annullamento  o  meno  della  nota  della
Conferenza Stato- Regioni,  essendo  tale  nota  un  atto  a  valenza
generale, non vincolante per le Regioni,  sul  quale,  pertanto,  non
possono interferire le leggi regionali successive; 
        che, di conseguenza,  l'annullamento  di  tale  delibera  non
inciderebbe su di essa; 
        che  ugualmente  insussistente  sarebbe,  poi,  la   parziale
improcedibilita' del ricorso paventata  dal  giudice  rimettente,  in
quanto la citata legge regionale non e' una legge-provvedimento,  che
viene a sostituirsi agli atti precedentemente emanati sottraendo  gli
stessi  alla  sindacabilita'  del  giudice  amministrativo,  ma   una
legge-quadro che disciplina l'applicazione del criterio del  prelievo
in deroga ex art. 9  della  direttiva  79/409/CEE,  come  desumibile,
oltre che dal contenuto dei censurati commi  dell'art.  4,  anche  da
quello dei restanti articoli della legge n.  24  del  2008,  tutti  a
carattere generale ed astratto; 
        che la  questione  sarebbe  ulteriormente  inammissibile  per
difetto d'incidentalita',  in  quanto,  affermatasi  l'illegittimita'
della legge regionale, verrebbe meno  l'interesse  ad  una  pronuncia
relativamente all'originaria impugnazione; 
        che,  infine,  passando  all'esame  delle  singole   censure,
primariamente inammissibile risulta la censura  relativa  all'art.  3
Cost., perche' totalmente priva di motivazione  in  ordine  alla  non
manifesta infondatezza; 
        che,  nel  merito,  infondate  sarebbero  tutte  le   censure
proposte in riferimento agli altri parametri invocati; 
        che non vi sarebbe violazione dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in quanto non e' ipotizzabile alcuna lesione della
riserva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,
stante la considerazione che  il  prelievo  in  deroga  attiene  alla
tutela della  fauna  selvatica  e  quindi  dell'ambiente,  ma  viene,
altresi', ad incidere sull'agricoltura e sull'esercizio alla  caccia,
materie  ambedue  rientranti  nella  competenza   legislativa   delle
Regioni; 
        che neppure, per la Regione Lombardia, vi sarebbe  violazione
della indicata direttiva comunitaria, in quanto la stessa non prevede
che il prelievo in deroga debba essere  stabilito  con  provvedimento
amministrativo, essendo, conseguentemente,  possibile  anche  la  sua
determinazione con atto legislativo; 
        che, ancora, riguardo alla  censura  relativa  all'art.  137,
terzo  comma,  Cost.,  la  Regione  ritiene  la   stessa   ugualmente
inammissibile  e,  comunque,  infondata  dato  che  il  dictum  della
sentenza n. 250 del 2008 (come, del resto, evidenziato  nella  stessa
ordinanza di rimessione), rispetto  alla  quale  viene  lamentata  la
violazione del giudicato costituzionale, e' stata pronunciato  «nella
diversita' degli atti in esame»; 
        che, infine, ugualmente infondate sarebbero le  eccezioni  di
merito relative all'obbligo di  sentire  l'INFS,  avendo  la  Regione
ottemperato a tale onere; 
        che, in prossimita' dell'udienza,  la  Regione  Lombardia  ha
depositato una memoria nella quale chiede, in via preliminare -  alla
luce della intervenuta modifica legislativa dell'art. 4, commi 1 e 2,
della legge regionale della Lombardia n. 24 del 2008, che ha  ridotto
l'entita' del prelievo in deroga - di rimettere gli atti di causa  al
giudice a quo  per  una  nuova  valutazione  della  rilevanza  e  non
manifesta infondatezza della questione sollevata; 
        che, nella memoria, la difesa regionale  ribadisce,  in  ogni
caso, la richiesta di inammissibilita' e, comunque,  di  infondatezza
della questione di  legittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
censurate, riportandosi a quanto dedotto  ed  eccepito  nell'atto  di
costituzione; 
        che si  e',  altresi',  costituita  in  giudizio  la  Regione
Veneto, deducendo l'infondatezza della questione; 
        che la Regione, nel suo atto di costituzione, premette che le
censure mosse dal rimettente alla legge reg. Veneto n.  13  del  2008
sarebbero sostanzialmente due: la prima, relativa  al  contrasto,  in
se'  e  per  se'  considerato,  della  legge-provvedimento   con   la
Costituzione (in relazione alle sentenze n. 405 e  n.  250  del  2008
della Corte costituzionale), la seconda, relativa  all'illegittimita'
costituzionale della disciplina contenuta in tale legge-provvedimento
(determinazione della misura delle «piccole quantita'» cacciabili); 
        che, con riguardo alla prima, l'attivazione della  caccia  in
deroga con legge-provvedimento, e non con  atto  amministrativo,  non
impedirebbe, secondo la difesa  regionale,  il  controllo  sulla  sua
legittimita', ma lo sposterebbe semplicemente su di un piano diverso,
e, precisamente, lo affiderebbe ad un ricorso promosso dallo Stato ex
art. 127 Cost.; 
        che, quanto alla seconda censura, la Regione, richiamando  la
giurisprudenza   costituzionale   che   attribuisce   alla   potesta'
legislativa residuale delle Regioni la materia della caccia (sentenze
n. 332 del 2006, n. 226 del 2003, n. 536 del 2002), osserva come  non
sia ragionevole concludere che, nell'ambito di tale potesta', rientri
il potere di disciplinare tutti gli aspetti della caccia  in  deroga,
eccetto la sua attivazione in un determinato arco temporale; 
        che da tale premessa discenderebbe, per  la  Regione  Veneto,
l'infondatezza dell'asserita violazione dell'art. 9  della  direttiva
9/409/CEE, in quanto detta disposizione non precisa in alcun modo  le
modalita' del controllo; 
        che la stessa giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia  UE
(sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05, punto 41 del  considerato  in
diritto; ed anche, sentenze 9 dicembre  2004,  causa  C-79/03,  e  15
dicembre 2005, causa C-344/05) ha chiarito che gli Stati membri - per
rispettare il diritto comunitario - devono garantire  che  non  venga
superato il limite delle «piccole quantita'», «indipendentemente  dal
numero e dall'identita' delle autorita' incaricate di dare attuazione
alla direttiva 79/409/CEE»; 
        che ugualmente infondate, per il Veneto, sarebbero le censure
mosse dal TAR in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 3  Cost.,
relative  al  superamento  del  limite  comunitario  della   «piccola
quantita'» cacciabile, individuato nella misura  dell'1%,  in  quanto
ne' la direttiva 79/409/CEE, ne' la  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia UE, ivi compresa la sentenza 8 giugno 2006, causa  C-60/05,
prevederebbero espressamente tale limite; 
        che, in via pregiudiziale, la resistente chiede il rinvio  da
parte della Corte costituzionale alla Corte di giustizia UE, ai sensi
dell'art.   234   del   trattato   UE,   della   questione   relativa
all'interpretazione  dell'art.  9,  numero  1,  lettera   c),   della
direttiva 79/409/CEE,  al  fine  di  chiarire  «qual  e'  la  portata
vincolante delle percentuali (pari all'1%) individuate  dal  comitato
ORNIS come  espressive  della  "piccola  quantita'",  e  al  fine  di
precisare come questi limiti devono  concretamente  essere  applicati
all'interno degli Stati membri»; 
        che,  in  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Veneto  ha
presentato  una  memoria  in  cui  ribadisce  le  argomentazioni  che
dovrebbero indurre a non accogliere le questioni sollevate e  reitera
la richiesta di un rinvio pregiudiziale alla Corte  di  giustizia  CE
per chiarire la portata dell'art. 9 della piu' volte citata direttiva
79/409/CEE. 
    Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del  Lazio,
sezione I, dubita, in riferimento agli artt. 3, 117,  commi  primo  e
secondo, lettera s), e 137, terzo comma,  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1  e  2,  della  legge
della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n.  24,  recante  «Disciplina
del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva  79/409/CEE
del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione  degli
uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002,  n.  221
(Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992,  n.  157,  in  materia  di
protezione  della  fauna  selvatica  e  di  prelievo  venatorio,   in
attuazione  dell'art.  9  della   direttiva   79/409/CEE)»,   e,   in
riferimento ai soli artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lettera s),
della Costituzione, dell'art. 1, comma 1,  e  dell'Allegato  A  della
legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione  venatoria
2008-2009: applicazione del regime di deroga  previsto  dall'articolo
9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2
aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici); 
        che, ad avviso  del  rimettente,  le  disposizioni  regionali
attuative della caccia in deroga in oggetto, sarebbero  in  contrasto
con gli artt. 3, 117,  commi  primo  e  secondo,  lettera  s),  della
Costituzione, in quanto  le  Regioni  avrebbero  esercitato  la  loro
potesta'   legislativa   non   rispettando   «i   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario» e «la riserva alla legislazione statale
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», ed altresi'  avrebbero
violato l'art. 9, comma 1, lettera c),  della  direttiva  comunitaria
79/409/CEE e l'art. 19-bis della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157
(Norme per la protezione della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il
prelievo venatorio), non motivando «in  modo  congruo  la  scelta  di
attivare le deroghe»; 
        che, inoltre, l'art. 4, commi 1 e 2, della citata legge della
Regione Lombardia avrebbe violato  anche  l'art.  137,  terzo  comma,
della  Costituzione,  poiche'  il   legislatore   regionale   avrebbe
approvato «una  norma  in  contrasto  con  il  giudicato  sostanziale
formatosi a seguito della [...] sentenza n. 150 (recte: 250) del 2008
[della  Corte  costituzionale],  il   cui   dictum   consiste   nella
preclusione alla potesta' legislativa regionale di azionare il regime
derogatorio attraverso leggi-provvedimento»; 
        che, successivamente all'ordinanza di rimessione, la  Regione
Lombardia - con l'art. 1 della legge regionale 16 settembre 2009,  n.
21, recante «Stagione venatoria 2009-2010: disciplina del  regime  di
deroga  previsto  dall'articolo  9  della  Direttiva  79/409/CEE  del
Consiglio, del 2 aprile  1979,  concernente  la  conservazione  degli
uccelli selvatici, in attuazione dell'articolo 19-bis della legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio). Modifica di leggi  regionali»
- ha apportato modifiche al testo del comma 1 ed ha abrogato il comma
2 dell'art. 4 della legge regionale n. 24 del 2008; 
        che, in seguito, anche il comma 1 del citato art. 4 e'  stato
abrogato  dall'art.  1  della  legge  regionale  della  Lombardia  22
dicembre 2009, n. 29, recante  «Modifica  della  legge  regionale  30
luglio  2008,  n.  24.  Disciplina  del  regime  di  deroga  previsto
dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio,  del  2  aprile
1979,  concernente  la  conservazione  degli  uccelli  selvatici,  in
attuazione della legge 3 ottobre 2002,  n.  221,  (Integrazioni  alla
legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della  fauna
selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione  dell'art.  9  della
direttiva 79/409/CEE)»; 
        che, tuttavia, preliminare  ad  ogni  pronuncia  sull'insieme
delle questioni, procedurali e  di  merito,  sollevate  nel  presente
giudizio e' la decisione in ordine all'ammissibilita' delle questioni
prospettate dal giudice rimettente; 
        che, come dedotto dalla  Regione  Lombardia,  tali  questioni
sono manifestamente inammissibili, risultando  prive  del  necessario
requisito  della  rilevanza,  poiche'  nel  giudizio  a  quo  il  TAR
rimettente non deve fare applicazione della normativa  sospettata  di
incostituzionalita'; 
        che, infatti, oggetto del  giudizio  principale  e',  secondo
quanto riferisce lo stesso rimettente, «l'annullamento della nota  in
data 4 aprile 2008, con cui la Conferenza permanente per  i  rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano
[...]  avrebbe  fatto  propria  la  ripartizione   tra   le   regioni
interessate, effettuata in sede di Conferenza delle Regioni  e  delle
Province autonome, della "piccola  quantita'"  ex  art.  9,  par.  1,
lettera c), dir. 79/409/CEE, ai fini del prelievo in  deroga  per  la
stagione venatoria 2008/2009»; 
        che su tale questione  non  vengono  quindi  ad  incidere  le
disposizioni, contenute nelle leggi regionali successive,  posto  che
queste ultime ne' hanno conferito valore  legislativo  alla  suddetta
nota ne' hanno avuto l'effetto di sanare eventuali illegittimita'  da
cui fosse affetta; 
        che,  conseguentemente,   il   rimettente   non   deve   fare
applicazione delle disposizioni legislative che sottopone  al  vaglio
di questa Corte; 
        che, del resto, lo stesso rimettente,  nella  sua  ordinanza,
non  chiarisce  in  che  modo  il  giudizio  principale  sia   inciso
dall'esito di quello incidentale di costituzionalita', dato  che  non
puo'   condividersi    l'affermazione    che    «in    presenza    di
leggi-provvedimento»  «assume,   invece,   connotazione   decisamente
depotenziata la (preliminare) valutazione in  ordine  alla  rilevanza
della  questione»,  in  quanto  essa  sarebbe   «affatto   intrinseca
nell'esclusiva attribuzione alla Corte costituzionale dello scrutinio
di  legittimita'  della  disposizione  (formalmente)  legislativa  ma
avente sostanza di atto  amministrativo»,  ne'  trova  fondamento  il
convincimento che sussista «la possibilita' di accedere al  sindacato
incidentale della Corte attraverso l'instaurazione di una lis ficta»,
dato  che  in  questo  modo  si   consentirebbe   un   sindacato   di
costituzionalita' in via principale; 
        che, invece, anche recentemente (sentenza n. 241  del  2008),
questa  Corte  ha  affermato  che   il   requisito   necessario   per
l'ammissibilita' dello scrutinio di costituzionalita' di una legge e'
da ravvisarsi (oltre, ovviamente,  alla  non  manifesta  infondatezza
della questione sollevata) nella circostanza «che la norma di cui  si
dubita si  ponga  come  necessaria  ai  fini  della  definizione  del
giudizio, essendo, poi, irrilevante questione di fatto  se  le  parti
del giudizio a quo si possano o  meno  giovare  degli  effetti  della
decisione con la quale si e' chiuso il giudizio medesimo»; 
        che, pertanto, non ricorrendo tale circostanza  nel  caso  di
specie,   le   questioni   sollevate   devono    essere    dichiarate
manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.