Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 19  e  22  del
decreto  legislativo  12  settembre  2007,   n.   169   (Disposizioni
integrative e correttive al regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267,
nonche' al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5,  in  materia  di
disciplina  del  fallimento,  del  concordato  preventivo   e   della
liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo  1,  commi
5, 5-bis e 6, della legge  14  maggio  2005,  n.  80),  promossi  dal
Tribunale ordinario di Tolmezzo con ordinanza del 15 maggio 2008, dal
Tribunale ordinario di Udine con ordinanza del 27 gennaio  2009,  dal
Tribunale ordinario di Lucca con due ordinanze del 24 febbraio 2009 e
dal Tribunale ordinario di Alessandria con ordinanza  del  17  aprile
2009, rispettivamente iscritte ai nn. 41, 135, 191,  192  e  261  del
registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica nn. 8, 20, 28 e 42, prima serie speciale, dell'anno 2009; 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 13 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Ritenuto che con ordinanza depositata in data 15 maggio  2008  il
Tribunale ordinario di Tolmezzo ha sollevato, in riferimento all'art.
3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  degli
artt. 19, comma  1,  e  22,  comma  4,  del  decreto  legislativo  12
settembre 2007, n. 169  (Disposizioni  integrative  e  correttive  al
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonche' al decreto legislativo 9
gennaio 2006, n. 5, in materia  di  disciplina  del  fallimento,  del
concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa,  ai
sensi dell'articolo 1, commi 5, 5-bis e  6,  della  legge  14  maggio
2005, n. 80),  nella  parte  in  cui  «limitano  in  via  transitoria
l'applicazione   retroattiva   della   disciplina   in   materia   di
esdebitazione ai soli fallimenti ancora pendenti» alla  data  del  16
luglio  2006,  anziche'  estenderla  «a  tutti  i  fallimenti   retti
dall'originario testo» del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), a prescindere dalla data della loro chiusura; 
        che il rimettente, chiamato a decidere su di un ricorso volto
alla  concessione  del  beneficio  della  esdebitazione  proposto  da
persona, il cui fallimento -  dichiarato  il  25  giugno  1990  dallo
stesso Tribunale rimettente - era stato  chiuso  in  data  16  aprile
2003, dopo aver riferito che erano stati resi in senso  favorevole  i
prescritti pareri e che era stata definita, siccome non ostativa, una
questione pregiudiziale, osserva che il punto da  esaminare  ai  fini
della decisione e' relativo  alla  applicabilita'  del  beneficio  ai
soggetti  nei  cui  confronti  la  procedura  fallimentare   si   sia
interamente svolta sotto l'impero delle previgenti  disposizioni  del
regio decreto n. 267 del 1942; 
    che, dato atto  dell'esistenza,  anteriormente  alle  innovazioni
apportate  dal  d.lgs.  n.  169  del  2007,  di  un  contrasto  nella
giurisprudenza di  merito  fra  quanti  ritenevano  inapplicabile  la
disciplina della esdebitazione a chi  era  stato  dichiarato  fallito
prima della entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006,
n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a
norma dell'art. 1, comma 5, della legge 14 maggio  2005,  n.  80),  e
quanti (fra i quali lo stesso organo giudiziario rimettente), invece,
ritenevano applicabile tale  disciplina  anche  alle  procedure  gia'
chiuse al 16 luglio 2006, il giudice a quo osserva che,  a  decorrere
dalla entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  169  del  2007,  il  quadro
normativo rilevante e'  stato  legislativamente  definito,  dato  che
l'art. 19 del detto d.lgs. n. 169 del 2007, contenente la  disciplina
transitoria  della  esdebitazione,  prevede,  al  comma  1,  che   le
disposizioni pertinenti a siffatto istituto si applichino «anche alle
procedure di fallimento pendenti alla data di entrata in  vigore  del
decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5», come, peraltro,  ribadito,
precisa il rimettente, dal comma 4 dell'art. 22 del  medesimo  d.lgs.
n. 169 del 2007; 
    che, da cio', il rimettente fa  discendere  che  la  esdebitazone
possa essere  richiesta  anche  in  relazione  a  fallimenti  la  cui
procedura si sia svolta in base alla previgente  disciplina,  purche'
si tratti di procedimenti ancora aperti al 16 luglio  2006,  data  di
entrata in vigore del d.lgs.  n.  5  del  2006,  restando,  pertanto,
escluse solo le procedure a tale data gia' definite; 
    che, sulla base di tali premesse, ritiene il rimettente di  dover
sollevare  questione  di  legittimita'   costituzionale   delle   due
disposizioni indicate per ultimo, per contrasto con l'art.  3  Cost.,
apparendo a lui, infatti, irragionevole che il legislatore del  2007,
nell'introdurre   ex   novo   la   disciplina    transitoria    della
esdebitazione, stabilisca una disparita' di trattamento fra i falliti
le cui procedure si siano chiuse prima del 16  luglio  2006,  esclusi
dal beneficio, e quanti, invece, essendo le procedure ancora pendenti
a tale data, possono giovarsene,  sebbene,  in  ambedue  i  casi,  si
tratti di soggetti per i quali e' stata, o deve essere, applicata  la
previgente disciplina fallimentare; 
    che,  a  fronte  di  tale  identita'  di  disciplina,  la   norma
transitoria, senza apparente giustificazione, ha reso applicabile  la
esdebitazione solo a talune fattispecie - i fallimenti chiusi dopo il
15 luglio 2006 - sulla base di un dato cronologico  arbitrario,  tale
da incidere, nel senso di  consentirla  ovvero  di  impedirla,  sulla
nuova modalita' di tutela giudiziaria assicurata al fallito; 
    che, conclude  il  rimettente,  non  e'  possibile  rimuovere  il
dedotto   vizio    di    costituzionalita'    attraverso    strumenti
interpretativi, posto che la introduzione della precisa  disposizione
transitoria appare frutto di una chiara scelta  del  legislatore  non
aggirabile dall'interprete; 
    che, quanto alla rilevanza della questione nel giudizio a quo, il
rimettente  osserva  che  dalla   applicazione   delle   disposizioni
censurate deriverebbe la inammissibilita' del ricorso introduttivo; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per   la   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale; 
    che la difesa erariale, pervenuta,  attraverso  la  ricostruzione
della normativa  applicabile  al  caso,  alla  conclusione  che,  per
effetto delle disposizioni contenute negli artt. 19 e  22,  comma  4,
del  d.lgs.  n.  169  del   2007,   effettivamente   l'accesso   alla
esdebitazione e' consentito in relazione alle procedure di fallimento
ancora pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs.  n.  5  del
2006, ritiene tale  approdo  ermeneutico  non  in  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza ne' con  quello  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost.; 
    che, infatti, posto che la finalita' perseguita  dal  legislatore
attraverso  l'introduzione  del  ricordato  istituto  e'  quella   di
permettere al fallito di poter  riprendere,  una  volta  chiusasi  la
procedura, un'attivita' economica «libera dalle pressioni dei  vecchi
creditori»,   sarebbe   chiaro   che   cio'   troverebbe   una    sua
giustificazione solo con riferimento alle procedure  chiuse  da  poco
tempo,  nei  casi,  cioe',  in  cui  il  fallito  «e'  in  grado   di
ricominciare la propria attivita'»; 
    che, quanto alla asserita disparita' di trattamento fra coloro  i
quali,  essendo  la  procedura  fallimentare  che  li  concerne  gia'
definita al 16 luglio 2006, non  possono  accedere  al  beneficio,  e
coloro per i quali tale beneficio e' consentito, essendo la procedura
a costoro pertinente ancora aperta alla  medesima  data,  ritiene  la
difesa pubblica che la relativa doglianza sia palesemente infondata; 
    che, ad avviso di questa, la lamentata disparita' di  trattamento
e', in maniera non arbitraria, correlata alla applicabilita'  ratione
temporis della disciplina  censurata,  secondo  la  dianzi  descritta
finalita' del legislatore, sicche' essa, come affermato  anche  dalla
giurisprudenza  di  legittimita',   non   viola   il   principio   di
eguaglianza,  non  essendo   dubbio   che   il   legislatore   possa,
nell'esercizio del suo potere discrezionale,  dettare  norme  diverse
per regolare situazioni diverse; 
    che tale potere, prosegue la Avvocatura, risulta  ragionevolmente
esercitato allorquando, come nel caso in  questione,  il  legislatore
abbia previsto un limite  temporale  alla  efficacia  retroattiva  di
nuove disposizioni; 
    che, con altra ordinanza, depositata in data 27 gennaio 2009,  il
Tribunale ordinario di Udine ha sollevato, con riferimento agli artt.
3 e 24 Cost., questione di legittimita' costituzionale degli artt. 19
e 22 del d.lgs. n. 169 del 2007 nella parte in cui non consentono  ai
soggetti, il cui fallimento sia stato gia' chiuso al 16 luglio  2006,
di presentare domanda di esdebitazione nel termine previsto dal comma
2 del censurato art. 19; 
    che il giudice friulano riferisce di essere  stato  investito  da
un'istanza volta al riconoscimento del beneficio della esdebitazione,
presentata da un soggetto il cui fallimento, dichiarato dallo  stesso
Tribunale rimettente nel 1989, era stato chiuso con provvedimento del
13 dicembre 2001; 
    che, ricordato come, sino alla entrata in vigore  del  d.lgs.  n.
169 del 2007, vi era  contrasto  in  giurisprudenza  in  ordine  alla
efficacia temporale della normativa  in  tema  di  esdebitazione,  il
rimettente osserva che  a  siffatta  incertezza  si  e'  inteso  dare
soluzione tramite gli artt. 19 e 22 del  citato  d.lgs.  n.  169  del
2007, i quali prevedono che il beneficio  possa  essere  riconosciuto
anche alle procedure fallimentari aperte prima della data di  entrata
in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006 e non ancora  chiuse  alla  stessa
data, essendo precisato che per quelle in  relazione  alle  quali  la
chiusura e' intervenuta fra l'entrata in vigore del d.lgs. n.  5  del
2006 e quella del d.lgs. n. 169 del 2007, il termine annuale  per  la
presentazione della domanda decorra da tale seconda data; 
    che, aggiunge il giudice  a  quo,  rimangono,  pertanto,  escluse
dalla esdebitazione le procedure chiuse anteriormente  al  16  luglio
2006; 
    che il rimettente - rilevato  che,  fermi  restando  i  ricordati
limiti  temporali,  i  presupposti  e  requisiti  per  accedere  alla
esdebitazione sono gli stessi, sia che la procedura sia  stata  retta
dalle norme della originaria disciplina fallimentare sia che, invece,
sia  stata  applicata  la  legge  riformata,  e  che  la   abolizione
dell'istituto della riabilitazione civile riguarda tutte le procedure
fallimentari, anche se chiusesi prima del 16 luglio  2006  -  osserva
che  la  disciplina  transitoria  contenuta  nelle  norme  censurate,
restringendo la applicabilita'  del  beneficio  alle  sole  procedure
ancora  aperte  al  16  luglio  2006,  introduce  una  disparita'  di
trattamento, in particolare fra le procedure  chiuse  prima  di  tale
data e quelle chiuse fra tale data ed il 31  dicembre  2007,  essendo
state  ambedue  definite  sulla  base  della  originaria   disciplina
fallimentare e prima della entrata in vigore del d.lgs.  n.  169  del
2007,  posto  che,  comunque,  e'  stato  introdotto  un  termine  di
decadenza, onde salvaguardare le esigenze di  certezza  del  diritto,
entro  il  quale  poter  presentare  la  domanda  per  conseguire  il
beneficio; 
    che, aggiunge il rimettente, tenuto conto delle funzioni premiali
connesse all'applicazione del  beneficio,  volte  a  «gratificare  il
debitore  onesto   e   collaborativo»,   permettendogli,   attraverso
l'azzeramento  del  debito   residuo,   una   piu'   celere   ripresa
dell'attivita'  lavorativa,  non  ci  sarebbero  ragioni,   pena   la
violazione dei principi di  ragionevolezza  e  di  uguaglianza  e  di
tutela del diritto di azione, per  negare  il  beneficio  a  chi  sia
tornato in bonis prima di una certa data - consentendolo, invece,  ad
altri per cui cio'  e'  avvenuto  dopo  detta  data  -  potendo  tale
evenienza esser legata anche a mere ragioni di  ordine  organizzativo
degli uffici giudiziari; 
    che, conclude il rimettente, tutto cio' si  verifica  sebbene  la
disciplina  dell'esdebitazione,  comportando  la  inesigibilita'   di
crediti non ancora riscossi, vada ad incidere su posizioni giuridiche
non esaurite, sicche' non avrebbe alcun rilievo la circostanza che la
procedura fallimentare si sia chiusa prima o dopo una certa data; 
    che e' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso  dalla
Avvocatura  generale  dello  Stato,  concludendo  nel   senso   della
infondatezza   del   ricorso,   sulla    base    di    argomentazioni
sostanzialmente sovrapponibili a  quelle  gia'  riferite  illustrando
l'intervento relativo alla precedente ordinanza; 
    che con ulteriori due ordinanze,  aventi  fra  loro  il  medesimo
contenuto ed entrambe depositate in data 24 febbraio 2009,  anche  il
Tribunale ordinario di Lucca ha sollevato, con riferimento all'art. 3
Cost., questione di legittimita' costituzionale degli artt. 19  e  22
del d.lgs. n. 169 del 2007, nella parte in cui escludono dall'accesso
al beneficio della esdebitazione le «procedure non pendenti alla data
di entrata in vigore» del d.lgs. n. 5 del 2006; 
    che il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare su due
istanze  volte  alla  dichiarazione  di  inesigibilita'  dei  crediti
concorsuali  non  soddisfatti,  presentate  da  due  persone  il  cui
fallimento,  aperto  di  fronte  al  Tribunale  ordinario  di   Lucca
rispettivamente nel 1992 e nel 1997, era stato chiuso,  in  un  caso,
nel gennaio 2003 e, nell'altro, nel maggio 2003; 
    che il giudice a quibus - acquisiti i necessari pareri e  fissata
l'udienza di comparizione delle parti - pur  riscontrata  la  assenza
degli elementi ostativi di cui ai numeri da 1) a 6) dell'art. 142 del
regio decreto n. 267 del 1942, rilevava che, essendo la esdebitazione
richiesta riferibile ad un fallimento chiuso sin dal 2003,  essa  non
poteva essere riconosciuta, impedendolo  il  combinato  disposto  dei
commi 1 e 2 dell'art. 19 del d.lgs. n. 169 del 2007; 
    che dall'esame della  detta  disposizione  emerge,  infatti,  che
l'istituto in questione e'  applicabile  alle  procedure  concorsuali
pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 5  del  2006  e
non anche a quelle a tale data gia' definite; 
    che cio', ad  avviso  del  rimettente,  determina  il  dubbio  di
costituzionalita' sia in riferimento al principio di eguaglianza  che
a quello di ragionevolezza; 
    che, al riguardo, il Tribunale ordinario di Lucca osserva come lo
spirito della riforma del  diritto  fallimentare  sia  nel  senso  di
espungere  dal  sistema  gran  parte  degli  elementi   punitivi   in
precedenza ad esso connessi, inserendo, anzi, in esso dei profili  di
carattere premiale  in  favore  del  fallito  che  abbia  tenuto  una
condotta meritevole e che uno di essi sia  proprio  costituito  dalla
esdebitazione  la  quale,  in  presenza  delle  specifiche   condotte
indicate all'art. 142 regio decreto n. 267 del 1942, «discende, quale
automatico effetto, dell'avvenuta chiusura del fallimento»; 
    che questo effetto, a cagione della  previsione  contenuta  negli
artt. 19 e 22 del d.lgs. n. 169 del 2007, sia escluso con riferimento
alle procedure non piu' pendenti alla data di entrata in  vigore  del
d.lgs. n. 5 del 2006, in base ad un «puro dato di fatto estraneo alla
condotta  del  fallito  e,  quindi,  del  tutto  accidentale»,  viene
ritenuto  dal  rimettente   «contrastante   con   il   principio   di
uguaglianza, appalesandosi del tutto irragionevole»; 
    che il rimettente conclude ribadendo che la descritta limitazione
dell'accesso alla esdebitazione, nei  confronti  di  persone  che  ne
avrebbero potuto godere, e senza  che  cio'  sia  giustificato  dalla
necessita' di tutelare altri interessi  costituzionalmente  rilevanti
ovvero sia dovuto a fatti o condotte ascrivibili al fallito,  risulta
irragionevole e non giustificata; 
    che  e'  intervenuto  in  giudizio,  con  riferimento  alle   due
ordinanze  di  rimessione  del  Tribunale  ordinario  di  Lucca,   il
Presidente del Consiglio dei ministri, sempre rappresentato e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo in base alle  stesse
argomentazioni gia' svolte riguardo alle altre  due  ordinanze  sopra
ricordate, che esse siano dichiarate infondate; 
    che, infine, con ordinanza depositata in data 17 aprile 2009,  il
Tribunale ordinario di  Alessandria  ha  sollevato,  con  riferimento
all'art. 3 Cost.,  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 19 e 22, comma 4, del d.lgs. n. 169 del  2007,  in  quanto  non
prevedono la applicazione delle disposizioni in tema di esdebitazione
anche alle procedure di fallimento  chiuse  prima  della  entrata  in
vigore del d.lgs. n. 5 del 2006; 
    che il rimettente riferisce di essere chiamato a  decidere  sulla
istanza di esdebitazione presentata da  persona  il  cui  fallimento,
dichiarato nel 1993, era stato chiuso con decreto del 17 aprile 2002; 
    che, osservato che la questione e' rilevante nel giudizio a  quo,
il  cui  ricorso  introduttivo,  vigendo  la  attuale   legislazione,
dovrebbe  essere  dichiarato  inammissibile,  la'  dove  il  medesimo
sarebbe suscettibile di esame nel merito  nel  caso  di  accoglimento
dell'incidente di legittimita' costituzionale, il Tribunale ordinario
di Alessandria ritiene che le  disposizioni  censurate,  emanate  nel
chiaro intento di eliminare la inapplicabilita'  della  normativa  in
materia di esdebitazione alle procedure aperte prima  del  16  luglio
2006,  realizzino,  pero',   una   piu'   manifesta   disparita'   di
trattamento, posto  che  ad  esse  consegue  che  quanti  sono  stati
dichiarati falliti  prima  della  predetta  data  sono  ammessi  alla
esdebitazione solo se alla medesima data la  relativa  procedura  era
ancora pendente; 
    che, aggiunge il  rimettente,  le  finalita'  della  introduzione
della esdebitazione sono duplici: da una parte premiare  il  debitore
collaborativo,  dall'altra  incentivare  la  celere   ripresa   della
attivita' produttiva; 
    che, rispetto a dette finalita', ad avviso  del  giudice  a  quo,
sarebbe incongrua la  esclusione  o  la  ammissione  a  beneficio  in
funzione della chiusura o meno della procedura alla predetta data; 
    che, in particolare, quanto alla prima, si ha  persino  l'effetto
paradossale di pregiudicare il debitore  che,  con  la  sua  condotta
collaborativa, abbia consentito una  piu'  celere  definizione  della
procedura fallimentare, tale da consentirne la chiusura prima del  16
luglio 2006, mentre, quanto alla  seconda,  sarebbe  controproducente
non consentire di godere della agevolazione a chi sia da  piu'  tempo
rientrato in bonis; 
    che  le  disposizione  censurate  sarebbero  comunque  prive   di
ragionevolezza in quanto, rispetto a due soggetti dichiarati  falliti
nello  stesso  tempo,  riserva,  senza  alcuna  giustificazione,   un
trattamento  deteriore  a  quello  la  cui  procedura,  svoltasi  con
maggiore celerita', si e' chiusa prima del 16  luglio  2006,  laddove
l'interesse pubblico e', invece, quello di  definire  rapidamente  le
procedure concorsuali; 
    che nel giudizio di legittimita' costituzionale  scaturito  dalla
ordinanza il cui contenuto e' stato ora riferito, non e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Considerato che, con cinque ordinanze, emesse rispettivamente dal
Tribunale ordinario Tolmezzo, da quello di Udine, da quello di Lucca,
in due occasioni, e da quello  di  Alessandria,  i  predetti  giudici
dubitano - tutti in riferimento all'art. 3 della Costituzione e  solo
il Tribunale ordinario di Udine  anche  in  riferimento  all'art.  24
della Costituzione - della legittimita' costituzionale degli artt. 19
e 22 del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169  (Disposizioni
integrative e correttive al regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267,
nonche' al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5,  in  materia  di
disciplina  del  fallimento,  del  concordato  preventivo   e   della
liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo  1,  commi
5, 5-bis e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80); 
        che, ad avviso dei rimettenti, sia pure con  motivazioni  non
perfettamente  coincidenti  ma  sostanzialmente  omogenee,   le   due
disposizioni sopraindicate violerebbero l'art. 3  Cost.,  in  quanto,
fermi restando i requisiti e le altre condizioni  indicate  dall'art.
142  del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
fallimento, del concordato preventivo  e  della  liquidazione  coatta
amministrativa), escludono dalla possibilita' di godere del beneficio
della  esdebitazione  i  falliti  per   i   quali   sia   intervenuto
provvedimento di chiusura del fallimento prima del  16  luglio  2006,
data di entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006,  n.
5 (Riforma organica della disciplina delle  procedure  concorsuali  a
norma dell'art. 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80); 
        che  tale   esclusione   comporterebbe   una   ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto alla disciplina applicabile a chi,
per il solo fatto che la  procedura  fallimentare  a  lui  pertinente
fosse ancora aperta a tale data ed ancorche' - essendo  questi  stato
dichiarato fallito prima della entrata in vigore del citato d.lgs. n.
5 del 2006 -  si  continuino  ad  applicare  nei  suoi  confronti  le
disposizioni originariamente contenute nel regio decreto n.  267  del
1942, puo' accedere al beneficio; 
        che  sarebbe,  altresi',  irragionevole  fare  dipendere   la
possibilita' di accedere o meno alla esdebitazione da fattori casuali
e non riferibili alla condotta del  fallito,  anzi  pregiudicando  la
posizione di chi abbia consentito una piu' celere  definizione  della
procedura; 
        che il solo Tribunale ordinario di Udine deduce  altresi'  il
contrasto delle disposizioni censurate con l'art. 24 Cost., in quanto
esse sarebbero genericamente violative dei principi costituzionali in
materia di diritto di azione; 
        che, attesa la omogeneita' delle questioni sollevate  con  le
cinque ordinanze di rimessione, i  relativi  giudizi  possono  essere
riuniti per essere definiti con un'unica decisione; 
        che, per quanto concerne la asserita violazione dell'art.  24
Cost., la questione di legittimita' costituzionale e'  manifestamente
inammissibile non avendo il rimettente Tribunale ordinario di Udine -
al di la' di un fugace richiamo  al  diritto  di  azione,  presidiato
dalla indicata disposizione costituzionale - in alcun  modo  chiarito
come si realizzerebbe il contrasto col predetto parametro; 
        che, per cio' che concerne la violazione dell'art.  3  Cost.,
ipotizzata  dai  rimettenti  sotto  il  duplice  versante  sia  della
irragionevolezza  intrinseca  della   limitazione   temporale   della
possibilita' di beneficiare della disciplina in tema di esdebitazione
sia della disparita' di trattamento fra  soggetti  che,  in  funzione
della sola circostanza della attualita' o  meno  ad  una  certa  data
della pendenza della procedura fallimentare loro pertinente, sono,  o
non  sono,  ammessi  al   predetto   beneficio,   la   questione   e'
manifestamente infondata; 
        che, con specifico riferimento  alla  dedotta  disparita'  di
trattamento, i rimettenti omettono di considerare che il criterio  di
discrimine nella applicazione di diverse discipline normative  basato
su dati cronologici non puo' dirsi, a meno che  non  sia  affetto  da
manifesta   arbitrarieta'   intrinseca,   fonte   di   ingiustificata
disparita'   di   trattamento,   poiche',   secondo    la    costante
giurisprudenza di questa Corte, lo stesso naturale fluire  del  tempo
e' valido elemento diversificatore delle situazioni  giuridiche  (fra
le ultime si vedano le sentenze n. 94 del 2009  e  n.  341  del  2007
nonche' le ordinanze n. 170 del 2009 e n. 212 del 2008); 
        che,  per  quanto   attiene   alla   irragionevolezza   della
fissazione di un limite temporale alla possibilita'  di  accedere  al
beneficio  della  esdebitazione  -  posto  che  l'unica   alternativa
possibile, onde non incorrere  nella  apposizione  di  ingiustificati
termini, sarebbe stata quella  di  estendere  la  applicabilita'  del
beneficio a qualunque soggetto che, essendo stato dichiarato fallito,
vi avesse interesse dopo la chiusura del fallimento  -  essa  non  e'
riscontrabile nella censurata scelta legislativa  che,  anzi,  appare
coerente con la esigenza di compiere, al fine della concessione della
esdebitazione, una serie di riscontri istruttori, volti alla verifica
della effettiva meritevolezza del beneficio da parte del fallito, che
ben difficilmente sarebbero possibili o, comunque, fonte di risultati
attendibili, ove fossero svolti in relazione a procedure  concorsuali
la cui  chiusura  rimonti  a  periodi  troppo  risalenti  nel  tempo,
rientrando,  quindi,  nella  discrezionalita'  del   legislatore   la
fissazione del detto limite temporale. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale.