Sentenza 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 5,  24,
commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7 e 26, della legge della Regione
Abruzzo  24  novembre  2008,  n.  17  (Norme   regionali   contenenti
l'attuazione della parte terza  del  d.lgs.  n.  152/06  e  s.m.i.  e
disposizioni in materia di personale), e degli articoli 1, commi 3  e
6, e 2 della legge della Regione  Abruzzo  15  ottobre  2008,  n.  14
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n.  2.
Provvedimenti urgenti a tutela della  Costa  Teatina),  promossi  con
ricorsi notificati il primo il 19-24  dicembre  2008  ed  il  secondo
notificato il 23-29 dicembre 2008, depositati in cancelleria il 29 ed
il 31 dicembre 2008 ed iscritti ai nn. 103 e 104 del registro ricorsi
2008. 
    Visto  l'atto  di  costituzione,  fuori  termine,  della  Regione
Abruzzo; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  2010  il  Giudice
relatore Ugo De Siervo; 
    Uditi gli avvocati dello Stato Enrico Arena e Gabriella  Palmieri
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 19-24 dicembre 2008  e  depositato
il successivo giorno 29 dello stesso mese (iscritto nel reg. ric.  n.
103  del  2008),  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'intero  testo
della legge della Regione Abruzzo 24  novembre  2008,  n.  17  (Norme
regionali contenenti l'attuazione della parte  terza  del  d.lgs.  n.
152/06  e  s.m.i.  e  disposizioni  in  materia  di  personale),   in
riferimento agli artt. 121, secondo comma, e 126 della  Costituzione,
nonche' all'art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo  28
dicembre 2006, nonche', in subordine, degli artt. 5, 24, commi da 1 a
4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26 della medesima legge,  in  riferimento
agli artt. 3, 81, quarto comma, 97, terzo comma, 117, secondo  comma,
lettera s), 120, secondo comma, della Costituzione. 
    2.  -  Quanto  all'impugnazione  dell'intero  testo  della  legge
regionale n. 17 del 2008, sostiene il ricorrente che l'art. 86, comma
3, dello statuto della Regione Abruzzo avrebbe introdotto  l'istituto
della prorogatio, solo «quale sopravvivenza  temporanea  di  limitati
poteri in sostituzione dei titolari per i quali si e'  verificata  la
cessazione del mandato». Per la difesa dello Stato, infatti, dopo  il
termine della legislatura i Consigli regionali dispongono  di  poteri
attenuati, confacenti alla loro  situazione  di  organi  in  scadenza
(sono richiamate le sentenze n. 196 del 2003, n. 515 del  1995  e  n.
468  del  1991).  Ne  consegue  che  al  Consiglio  regionale  spetta
deliberare solo «in circostanze straordinarie o di urgenza, o per  il
compimento di atti dovuti». 
    Per il ricorrente l'impugnata legge regionale  sarebbe  priva  di
tali caratteri e  pertanto  violerebbe  l'art.  121,  secondo  comma,
Cost., ed anche l'art. 126 della Costituzione, in  quanto  ridurrebbe
la portata degli effetti dello scioglimento del Consiglio. 
    3. - Il ricorrente ha impugnato l'art. 5 della legge regionale in
oggetto recante «limiti ed indirizzi tecnici per lo scarico su  suolo
o  strati  superficiali  del  sottosuolo  di  acque  reflue   urbane,
domestiche ed assimilabili alle domestiche». 
    Il denunciato art. 5 sarebbe in contrasto «sia con  la  normativa
nazionale, sia con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione»,  giacche'  «non  sono  fissati  i  valori  limite   di
emissione cui devono necessariamente attenersi gli scarichi di  acque
reflue urbane ed industriali, come previsto» dall'art. 103, comma  1,
del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale). 
    4.  -  Inoltre  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato diverse disposizioni della medesima  legge  in  materia  di
personale regionale (gli artt. 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3,  5
e 7, e 26). 
    Successivamente il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  con
atto depositato il 23 marzo 2009, ha dichiarato  di  rinunciare  alla
relativa  impugnazione,  attesa  la  sopravvenuta  abrogazione  delle
denunciate disposizioni  ad  opera  dell'art.  3  della  legge  della
Regione Abruzzo 3 gennaio 2009, n. 2 (Disposizioni fiscali in materia
di addizionale regionale  all'accisa  sul  gas  naturale  ed  imposta
sostitutiva per le utenze esenti dall'accisa). 
    5. - Sempre con il medesimo ricorso, il Presidente del  Consiglio
dei ministri ha, altresi', proposto una istanza di sospensione  della
legge regionale in oggetto, ai sensi  dell'art.  35  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale) e dell'art. 21 delle norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    6. - La Regione Abruzzo non si e' costituita in questo giudizio. 
    7. - Con ricorso notificato il 23-29 dicembre 2008  e  depositato
il successivo giorno 31 dello stesso mese (iscritto nel reg. ric.  n.
104  del  2008),  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'intero  testo
della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n.  14  (Modifiche
ed  integrazioni  alla  legge  regionale  10  marzo   2008,   n.   2.
Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina),  in  riferimento
ai «principi fondamentali in materia di prorogatio»  e  all'art.  86,
comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, nonche', in  subordine,
degli artt. 1, commi 3 e 6, e 2 della medesima legge, in  riferimento
agli artt. 3, 41, 42, 43, 97, 117, commi primo, secondo, lettera  s),
e terzo, e 118 della Costituzione. 
    8. - L'intero testo della legge regionale n. 14 del 2008  e'  dal
ricorrente impugnato per violazione dei «principi generali in tema di
prorogatio» e dell'art. 86, comma  3,  dello  statuto  della  Regione
Abruzzo. 
    Questa doglianza e' sorretta dalle stesse argomentazioni  addotte
dal Presidente del Consiglio dei  ministri  nel  ricorso  avverso  la
legge della Regione Abruzzo n. 17 del 2008. 
    9. - Il ricorrente ha, inoltre,  impugnato  l'art.  1,  comma  3,
della legge n. 14 del 2008. Questa disposizione prevede che  su  aree
destinate a determinate coltivazioni e produzioni, nonche' sulle aree
ad esse  limitrofe,  sia  vietato  l'insediamento  di  industrie  che
svolgano attivita' di prospezione, ricerca, estrazione,  coltivazione
e  lavorazione   di   idrocarburi.   Sono,   altresi',   vietati   la
trasformazione e l'ampliamento degli esistenti impianti. 
    Per  il  ricorrente  le  attivita'  relative  al  settore   degli
idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di  fonti
di energia, che e' materia disciplinata principalmente dalla legge 22
agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico) e  dal  decreto
legislativo 23  maggio  2000,  n.  164  (Attuazione  della  direttiva
98/30/CE  recante  norme  comuni  per  il  mercato  interno  del  gas
naturale, a norma dell'articolo 41 della legge  17  maggio  1999,  n.
144). 
    A norma dell'art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 239  del
2004,  le  attivita'  di  esplorazione,   ricerca,   coltivazione   e
stoccaggio di idrocarburi, sono soggette a concessione.  Il  rilascio
della concessione, ai sensi del comma  7,  lettera  n),  dell'art.  1
della medesima legge, e' di competenza statale, sia pure d'intesa con
la Regione. L'attivita' di prospezione degli idrocarburi e',  invece,
libera, alle condizioni indicate all'art. 4 del  decreto  legislativo
n. 164 del 2000. 
    Pertanto, per il ricorrente l'impugnata disposizione si  porrebbe
in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., risultando violati i
principi comunitari di liberta' di circolazione delle  persone  e  di
stabilimento, di cui agli artt. 43 e 49 del  Trattato  U.E.,  nonche'
con gli artt. 41, 42 e 43 Cost., dato  che  la  previsione  regionale
sancirebbe «di fatto, un esproprio di tale  diritto  per  una  durata
potenzialmente  illimitata  e   riguardante   tutto   il   territorio
regionale, senza la previsione di alcun indennizzo». 
    Inoltre, la denunciata disposizione violerebbe l'art. 117,  terzo
comma,  Cost.,  in  quanto  sarebbe  in  contrasto  con  i   principi
fondamentali  dettati   dal   legislatore   statale   nella   materia
concorrente dell'energia, nonche' l'art. 118 Cost.,  considerato  che
le funzioni amministrative in materia di  impianti  e  infrastrutture
energetiche sono, fatta eccezione per quelli di  rilievo  locale,  di
primaria competenza statale e  le  relative  opere  sono  considerate
dalle  leggi  statali  di  preminente  interesse  nazionale  per   la
sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti. 
    Infine, i divieti posti dalla censurata disposizione violerebbero
il principio di leale collaborazione. 
    10. - Il ricorrente ha impugnato anche l'art. 1, comma  6,  della
legge regionale n. 14 del 2008, in relazione a tre distinti profili. 
    In primo luogo, l'estensione dei divieti  previsti  dall'art.  1,
comma 3, agli interventi gia'  muniti  di  permesso  di  costruire  o
comunque gia' autorizzati e, comunque possibili, fino all'entrata  in
vigore del piano di settore, solo previa approvazione  del  Consiglio
regionale, urterebbe con  la  titolarita'  ministeriale  in  tema  di
rilascio dei titoli minerari. 
    Inoltre, sarebbe «di tutta  evidenza»  la  violazione,  ad  opera
della  impugnata  disposizione,  del  principio  della  certezza  del
diritto  e  del  legittimo  affidamento  dei  titolari  di  atti   di
autorizzazione legittimi e, quindi, del buon andamento della pubblica
amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. 
    In secondo luogo, la previsione che  le  attivita'  in  questione
siano vietate nelle aree dei territori di  taluni  comuni  fino  alla
definitiva approvazione del Piano del  Parco  nazionale  della  Costa
Teatina contrasta con il fatto che la concreta istituzione del  Parco
della Costa Teatina - finora ne' istituito,  ne'  delimitato  in  via
provvisoria  -  e'  affidata  ad  un  decreto  del  Presidente  della
Repubblica, da  emanare  su  proposta  del  Ministero  dell'ambiente,
d'intesa  con  la  Regione  interessata,  mentre   la   delimitazione
provvisoria, con adozione delle relative misure di  salvaguardia,  e'
demandata ad un provvedimento  del  Ministero  dell'ambiente  assunto
d'intesa con la Regione ai sensi dell'art. 34, comma 3, della legge 6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). 
    Ne conseguirebbe la violazione  della  competenza  esclusiva  del
legislatore  statale  in  tema  di  «tutela  dell'ambiente»,  di  cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  con  specifico
riferimento  alle  funzioni  amministrative  statali  in  materia  di
rilascio dei titoli minerari e di istituzione di Parchi nazionali  di
cui alla legge n. 394 del 1991. 
    In terzo luogo, infine, l'art. 1,  comma  6,  fissa  un  generale
divieto, fino al  31  dicembre  2009,  di  rilascio  di  permesso  di
costruire per l'insediamento di industrie che svolgono attivita'  nel
settore idrocarburi. 
    Peraltro,  la  difesa  dello   Stato   ricorda   che   verrebbero
contraddetti i provvedimenti assunti a conclusione  dei  procedimenti
unici previsti dalla legislazione vigente, dalla tipica e particolare
efficacia, procedimenti ai quali partecipano anche le amministrazioni
locali  e  regionali.  Sicche',  per  il  ricorrente,  la  contestata
disposizione violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera  s),  e
118 Cost., avendo la legge n. 239 del 2004, all'art. 1,  commi  77  e
seguenti, introdotto un procedimento unico per il rilascio dei titoli
minerari, al quale partecipano le amministrazioni statali,  regionali
e  locali  interessate,  svolto  nel   rispetto   dei   principi   di
semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7  agosto  1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto di accesso ai documenti amministrativi). 
    11. - Il ricorrente ha  impugnato  anche  l'art.  2  della  legge
regionale n. 14 del 2008, che prevede il potere dei  concessionari  o
delle stazioni  appaltanti  di  rideterminare  la  funzionalita'  dei
programmi di metanizzazione regionale, assistiti da finanziamenti  ai
sensi di precedenti leggi regionali, in deroga a  queste  e  operando
riduzioni di lavori o opere sui piani originariamente approvati. 
    Secondo la difesa dello Stato, la fattispecie  contemplata  dalla
denunciata disposizione  non  potrebbe  rientrare  nella  ipotesi  di
variante in corso  d'opera  per  motivi  di  «esigenze  derivanti  da
sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari» ex  art.  132,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e  2004/18/CE),  atteso  che
s'intendono per sopravvenienze di diritto quelle che  determinano  la
necessita' di adeguare l'opera per renderla utilizzabile  allo  scopo
prefissato. Al contrario, la  denunciata  disposizione  riguarderebbe
opere conformi allo scopo pubblico fissato dall'art. 11  della  legge
28 novembre 1980, n. 784 (Norme per la ricapitalizzazione della GEPI,
per la razionalizzazione e il potenziamento  dell'industria  chimica,
per la salvaguardia dell'unita' funzionale, della  continuita'  della
produzione   e   della   gestione   degli   impianti    del    gruppo
Liquigas-Liquichimica  e  per  la  realizzazione  del   progetto   di
metanizzazione) e dall'art. 9 della  legge  7  agosto  1997,  n.  266
(Interventi urgenti per l'economia),  concernenti  la  metanizzazione
del Mezzogiorno. 
    Pertanto, il denunciato  art.  2  violerebbe  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., per contrasto con i principi della politica  energetica
nazionale, come specificati dall'art. 1, comma 3, lettere a), b)  c),
d), g) ed i), della legge n. 239 del 2004. 
    La stessa disposizione sarebbe, inoltre, lesiva dei  principi  di
efficacia dell'azione amministrativa, di cui  all'art.  97  Cost.,  e
della corretta ed economica gestione di risorse pubbliche. 
    12.  -  Con  atto  depositato  il  2  luglio   2009,   e   dunque
tardivamente, si e' costituita in questo giudizio la Regione Abruzzo. 
    12.1. - Quanto alla impugnazione  dell'intera  legge  n.  14  del
2008, la difesa regionale contesta l'idoneita' dell'evocato  art.  86
dello statuto abruzzese a fungere da parametro di  costituzionalita',
atteso che il medesimo nulla dice intorno alla natura ed all'ampiezza
dei  poteri  esercitabili  dal  Consiglio  regionale  in  regime   di
prorogatio. 
    Anche il parallelismo con la  prassi  parlamentare  non  parrebbe
trovare  fondamento,  cosi'  come   improprio   si   rivelerebbe   il
riferimento alla  citata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  poiche'
semmai occorrerebbe riferirsi alla recente sentenza n. 196 del 2003. 
    12.2. - In ordine alla impugnazione  dell'art.  1,  comma  3,  la
difesa della resistente sostiene che  la  censurata  disposizione  va
considerata specificazione della legislazione regionale  in  tema  di
tutela delle  produzioni  vitivinicole,  olivicole  e  frutticole  di
pregio.  Legislazione  mai  impugnata   e   attuativa   del   diritto
comunitario, sia con riferimento alla tutela  della  salute,  sia  in
relazione alla tutela della liberta' di concorrenza. Anzi, la  difesa
della resistente sostiene che la  denunciata  disciplina  in  realta'
recepirebbe quanto statuito dal legislatore statale, soprattutto  con
la legge n. 394 del 1991, e che la medesima  si  porrebbe  nel  solco
tracciato dal regio  decreto  29  luglio  1927,  n.  1443  (Norme  di
carattere legislativo per disciplinare la ricerca e  la  coltivazione
delle miniere nel Regno). 
    12.3.  -  Per  la  resistente  il  censurato  art.  1,  comma  6,
costituirebbe esercizio dei poteri di autotutela e  di  conformazione
dell'ordinamento alle nuove disposizioni emanate  in  questo  ambito,
stante  la  necessita'  non  solo  di  conformarsi   alla   normativa
comunitaria, ma  anche  di  allineare  il  regime  concessorio  degli
impianti finora esercitati alle attivita' della Costa Teatina. 
    12.4.  -  Infine,  quanto   alla   asserita   incostituzionalita'
dell'art. 2 della legge regionale in parola, l'evocato art.  132  del
decreto legislativo n. 163 del 2006, oltre a non poter essere addotto
quale parametro di giudizio, non impedirebbe comunque alla Regione di
attuare nel dettaglio il quadro generale definito a livello statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con due distinti ricorsi (iscritti al reg. ric. n. 103 e  n.
104  del  2008),  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
anzitutto  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale,
nell'intero testo, della legge  della  Regione  Abruzzo  24  novembre
2008, n. 17 (Norme  regionali  contenenti  l'attuazione  della  parte
terza del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i.  e  disposizioni  in  materia  di
personale) e della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n. 14
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n.  2.
Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina). 
    Piu' precisamente, entrambi i ricorsi denunciano  la  violazione,
quale parametro interposto, dell'art.  86,  comma  3,  dello  statuto
della Regione Abruzzo, a mente del quale  «in  caso  di  scioglimento
anticipato  e  di  scadenza  della  legislatura,   il   Consiglio   e
l'Esecutivo regionale sono prorogati sino  alla  proclamazione  degli
effetti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi  dal  Presidente
della Giunta, secondo le modalita' definite dalla legge elettorale». 
    Con il primo dei due ricorsi indicati in epigrafe, il  ricorrente
lamenta la violazione degli artt. 121, secondo  comma,  e  126  della
Costituzione. Con il secondo, lo stesso  ricorrente  si  duole  della
violazione dei «principi generali in tema di prorogatio». 
    1.1. - Inoltre, in subordine, con il  ricorso  iscritto  al  reg.
ric. n. 103 del 2008, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 5, 24,
commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26 della legge regionale  n.
17 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, 97, terzo
comma, 117, secondo comma, lettera s), e 120,  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    Con il ricorso  iscritto  al  reg.  ric.  n.  104  del  2008,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 3 e  6,  e  2  della
legge regionale n. 14 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 41,  42,
43, 97, 117, commi primo, secondo, lettera s), e terzo, e  118  della
Costituzione. 
    Successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Abruzzo
ha adottato la legge regionale 18 dicembre  2009,  n.  32  (Modifiche
alla legge regionale 10 marzo 2008, n.  2,  e  successive  modifiche.
Provvedimenti urgenti a tutela della costa teatina). Questa legge non
solo modifica lo stesso titolo della legge n.  2  del  2008  (non  si
parla piu' di  «costa  teatina»,  ma  di  territorio  regionale),  ma
sostituisce  l'art.  1  della  legge  n.  2  del   2008   con   altra
disposizione, notevolmente  diversa  da  quella  sotto  piu'  profili
censurata. 
    1.2. - Il ricorso iscritto al reg. ric. n. 103 del 2008 contiene,
altresi', istanza di sospensione, ai sensi dell'art. 35  della  legge
11 marzo 1953, n. 87, della legge regionale n. 17 del 2008. 
    2. - In considerazione della identita' del preliminare profilo di
illegittimita' costituzionale fatto valere nei due  ricorsi  e  della
analogia degli altri profili, i ricorsi possono  essere  riuniti  per
essere decisi con un'unica pronuncia. 
    3. - Con atto depositato il 23  marzo  2009,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha dichiarato di  rinunciare  all'impugnazione
degli articoli 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26  della
legge regionale n. 17 del 2008, attesa  la  sopravvenuta  abrogazione
delle denunciate disposizioni ad opera dell'art. 3 della legge  della
Regione Abruzzo 3 gennaio 2009, n. 2 (Disposizioni fiscali in materia
di addizionale regionale  all'accisa  sul  gas  naturale  ed  imposta
sostitutiva per le utenze esenti dall'accisa). 
    4. - Le questioni di legittimita'  costituzionale  che  investono
l'intero testo delle due leggi regionali impugnate sono fondate. 
    4.1. - Questa Corte ha gia' avuto  occasione  di  riferirsi  alla
eventualita' che i poteri dei Consigli  delle  Regioni  ad  autonomia
ordinaria possano essere prorogati al periodo nel quale  questi  sono
stati sciolti in previsione delle imminenti nuove elezioni. 
    Nel periodo precedente alla modificazione introdotta dalla  legge
costituzionale 22  novembre  1999,  n.  1  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta  del  Presidente   della   Giunta   regionale   e
l'autonomia statutaria delle Regioni), l'art. 3, comma 2, della legge
17 febbraio  1968,  n.  108  (Norme  per  la  elezione  dei  Consigli
regionali delle Regioni a statuto normale),  disponeva  semplicemente
che i Consigli «esercitano  le  loro  funzioni  fino  al  46°  giorno
antecedente alla data delle elezioni per la  loro  rinnovazione,  che
potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica  precedente  il
compimento del periodo di  cui  al  primo  comma».  Pertanto,  questa
disposizione,    letteralmente    interpretata,    sembrava    negare
l'estensibilita' a  queste  assemblee  rappresentative  dell'istituto
della prorogatio nel  periodo  pre-elettorale,  malgrado  esso  fosse
previsto per le Camere (artt. 61, secondo comma, e 77, secondo comma,
Cost.) e per i Consigli delle Regioni  a  statuto  speciale  (art.  4
della legge costituzionale 23 febbraio 1972, n. 1, recante «Modifiche
al termine stabilito per la durata in carica dell'Assemblea regionale
siciliana e  dei  Consigli  regionali  della  Sardegna,  della  Valle
d'Aosta, del Trentino-Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia»). 
    Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte  -  pur  in  presenza
dell'esigenza di non condizionare le nuove assemblee  rappresentative
da parte di quelle precedentemente in carica -  ha  riconosciuto,  al
fine di garantire la continuita' funzionale  di  queste  ultime,  che
anche i Consigli regionali, durante la  fase  pre-elettorale  e  fino
alla loro sostituzione, disponessero «di poteri attenuati  confacenti
alla loro  situazione  di  organi  in  scadenza,  analoga,  quanto  a
intensita'  di  poteri,  a  quella  degli   organi   legislativi   in
prorogatio» (sentenza n. 468 del 1991). 
    Questa lettura e' stata ribadita dalla successiva sentenza n. 515
del 1995, nella quale questa Corte ha coniugato  il  principio  della
rappresentativita' politica del Consiglio regionale «con quello della
continuita' funzionale dell'organo, continuita' che  esclude  che  il
depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino a comportare una
indiscriminata e totale paralisi dell'organo stesso». 
    Il  quadro  normativo  e'  notevolmente  mutato  con   la   legge
costituzionale  n.  1  del  1999,  che  ha  attribuito  allo  statuto
ordinario la definizione della forma di governo e l'enunciazione  dei
principi  fondamentali  di  organizzazione  e   funzionamento   della
Regione, in armonia con  la  Costituzione  (art.  123,  primo  comma,
Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi
di ineleggibilita' e di  incompatibilita'  e'  stata  demandata  allo
stesso legislatore regionale, sia  pure  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali fissati con  legge  della  Repubblica,  «che  stabilisce
anche la durata  degli  organi  elettivi»  (art.  122,  primo  comma,
Cost.). 
    Sulla base di queste  innovazioni  e  di  quanto  successivamente
previsto nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche
al Titolo V della parte seconda della Costituzione), la  sentenza  n.
196 del 2003 di questa Corte ha affermato  che  «una  interpretazione
sistematica  delle  citate  nuove  norme  costituzionali  conduce   a
ritenere che la disciplina della eventuale  prorogatio  degli  organi
elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni,
e degli eventuali limiti dell'attivita' degli organi  prorogati,  sia
oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della  Regione,  ai
sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma
di governo regionale: cosi' come e' la Costituzione (art. 61, secondo
comma; art. 77, secondo comma) che regola la prorogatio delle  Camere
parlamentari». 
    Peraltro, nel disciplinare questo profilo, gli statuti  «dovranno
essere in armonia con i precetti e con i  principi  tutti  ricavabili
dalla Costituzione,  ai  sensi  dell'art.  123,  primo  comma,  della
Costituzione (sentenza n. 304 del 2002)». 
    Con  la  medesima  sentenza  questa  Corte  ha  riconosciuto   la
competenza esclusiva del legislatore  statale  per  «l'ipotesi  dello
scioglimento o rimozione  "sanzionatori"»,  prevista  dall'art.  126,
primo comma, Cost. 
    4.2. - In effetti,  l'art.  86,  comma  3,  dello  statuto  della
Regione Abruzzo, dispone che, «in caso di scioglimento  anticipato  e
di scadenza della legislatura, il Consiglio e  l'Esecutivo  regionale
sono prorogati sino  alla  proclamazione  degli  eletti  nelle  nuove
elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo
le modalita' definite dalla legge elettorale». 
    Si tratta di  una  disposizione  che  non  reca  alcuna  espressa
limitazione ai poteri  esercitabili  dal  Consiglio  e  dalla  Giunta
regionale nel periodo successivo alla indizione delle elezioni, come,
invece, e' stato opportunamente previsto in forma espressa da  alcuni
statuti  regionali,  restringendo  -  sia  pure   attraverso   scelte
linguistiche diversificate - i poteri consiliari ai soli  adempimenti
urgenti e indifferibili (si vedano gli artt. 27, settimo comma, dello
statuto dell'Emilia-Romagna; 30 dello  statuto  della  Lombardia;  29
dello  statuto  delle  Marche;  44,  terzo   comma,   dello   statuto
dell'Umbria). 
    4.3. - La disposizione dello Statuto abruzzese di  cui  al  terzo
comma dell'art. 86 (cosi' come le disposizioni analogamente generiche
di altri statuti regionali) non puo'  che  essere  interpretata  come
facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative  ad  atti
necessari ed urgenti, dovuti o  costituzionalmente  indifferibili,  e
non gia' certo come espressiva di una generica  proroga  di  tutti  i
poteri degli organi regionali. 
    L'esistenza di questi limiti e', infatti, immanente  all'istituto
della stessa prorogatio a livello nazionale,  come  confermato  dalla
costante  prassi  parlamentare  in  tal  senso  (al  di  la'  di  sue
circoscritte e marginali eccezioni), in  applicazione  dell'art.  61,
secondo  comma,  Cost.  A  livello  nazionale  resta  nettissima   la
diversita' fra la prorogatio ed il caso eccezionale della proroga dei
poteri parlamentari, previsto dal secondo comma  dell'art.  60  Cost.
per il solo periodo bellico. 
    La stessa giurisprudenza di questa  Corte,  che  ha  riconosciuto
l'istituto della prorogatio per le assemblee regionali, si e'  sempre
riferita al riconoscimento ad esse della eccezionale possibilita'  di
esercitare  alcuni  dei  loro  poteri  per  rispondere   a   speciali
contingenze, quale ragionevole  soluzione  di  bilanciamento  tra  il
principio  di  rappresentativita'  ed  il  principio  di  continuita'
funzionale. 
    D'altra  parte,  e'  evidente  che  nell'immediata  vicinanza  al
momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza
del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo  deve
limitarsi  ad   assumere   determinazioni   del   tutto   urgenti   o
indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una
competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che
possa essere interpretato come una forma  di  captatio  benevolentiae
nei confronti degli elettori. 
    L'importanza di questo istituto nella configurazione della  forma
di governo della Regione e' stata affermata  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 196 del 2003, con il riconoscimento  di  una  riserva  di
statuto, cui  spetta  disciplinare  la  prorogatio,  pur  sempre  «in
armonia con i precetti  e  con  i  principi  tutti  ricavabili  dalla
Costituzione». 
    Da cio' discende la necessita' che  la  disposizione  di  cui  al
terzo comma dell'art. 86 dello statuto della Regione sia interpretata
come legittimante l'istituto della  prorogatio,  ma  nell'ambito  dei
suoi limiti connaturali. Limiti che, ove appunto non  espressi  dalla
disciplina statutaria,  potrebbero  successivamente  essere  definiti
tramite apposite disposizioni legislative di attuazione dello statuto
o  anche  semplicemente  rilevare  nei  lavori  consiliari  o   dallo
specifico contenuto delle leggi adottate. 
    4.4. - Peraltro, la successiva legislazione della Regione Abruzzo
si e' sviluppata sull'erroneo assunto  che  lo  statuto  non  recasse
alcun limite ai poteri del Consiglio in  regime  di  prorogatio,  dal
momento che l'art. 3 della  legge  regionale  19  marzo  2002,  n.  1
(Disposizioni  sulla  durata  degli  organi  e  sull'indizione  delle
elezioni regionali), che ha sostituito l'art. 3 della  legge  n.  108
del 1968, si e' limitato ad escludere  dall'area  della  applicazione
della succitata disposizione  statutaria  le  situazioni  conseguenti
all'applicazione dell'art. 126, primo comma, Cost., prevedendo per il
resto semplicemente che  «in  caso  di  scioglimento  anticipato,  il
Presidente della Giunta, la Giunta ed  il  Consiglio  regionale  sono
prorogati fino all'insediamento del nuovo Consiglio». 
    E'  evidente  che  la  generale  e  generica  affermazione  della
proroga, per  il  lungo  periodo  elettorale,  di  tutti  gli  organi
regionali,  senza  la  previsione  di  alcun  limite  sostanziale   o
procedimentale, urta con la ratio dell'istituto della prorogatio come
punto di bilanciamento  fra  il  principio  di  rappresentativita'  e
quello della continuita' delle istituzioni. 
    4.5. - Ora, le due leggi regionali oggetto dell'odierno  giudizio
sono state approvate successivamente allo scioglimento del  Consiglio
e, dunque, in regime di prorogatio. 
    Invero, in data 17 luglio 2008 il  Presidente  della  Regione  ha
comunicato  al  Presidente  del  Consiglio   regionale   le   proprie
dimissioni dalla carica, rese note con decreto del Vicepresidente  21
luglio 2008, n. 91. A norma dell'art.  44,  comma  5,  dello  statuto
regionale, per effetto delle predette dimissioni  e'  intervenuto  lo
scioglimento  del   Consiglio   regionale.   Con   il   decreto   del
Vicepresidente della Regione 13  agosto  2008,  n.  111,  sono  state
indette le elezioni regionali, che si sono svolte il 14 e 15 dicembre
2008. 
    In questo lasso di tempo il Consiglio regionale non ha provveduto
a selezionare le materie da disciplinare in conformita'  alla  natura
della prorogatio, limitandole ad  oggetti  la  cui  disciplina  fosse
oggettivamente necessaria ed  urgente;  ne'  dai  lavori  preparatori
risulta che siano state  addotte  specifiche  argomentazioni  in  tal
senso. 
    La legge  regionale  n.  14  del  2008  e'  stata  approvata  dal
Consiglio nella seduta n. 114  del  30  settembre  2008  e  la  legge
regionale n. 17 del 2008 nella seduta n. 121 del 7 novembre 2008. 
    4.6. - Sulla base di  quanto  in  precedenza  esposto  in  ordine
all'interpretazione  dell'art.  86,  comma  3,  dello  statuto  della
Regione Abruzzo ed in considerazione del  loro  contenuto,  le  leggi
regionali  n.  14  e  n.  17  del  2008  devono   essere   dichiarate
costituzionalmente illegittime per  violazione  dell'art.  86,  terzo
comma, dello statuto regionale in relazione all'art. 123 Cost. 
    5. - Restano  assorbite  le  residue  censure,  ivi  compresa  la
decisione  sull'istanza  di   sospensione   delle   leggi   regionali
impugnate.