IL GIUDICE DI PACE Il giudice di pace di Lecco - sezione distaccata di Missaglia - dott. Guido Alberto Bagala' nel processo penale a carico di Gogohyri Giorgi nato in Georgia il 5 luglio 1980, elettivamente domiciliato presso il proprio difensore avvocato Viola Nazzareno con studio in Merate, via Papa Giovanni XXIII n. 7, imputato del reato p. e p. dall'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998, perche' essendo straniero si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione della norma di cui al d.lgs. 286/1998 e alla legge 68/2007 in Airuno (LC) il 16 agosto 2009. Emette la seguente ordinanza. Premesso che come emerso dall'istruttoria, l'imputato veniva fermato in data 16 agosto 2009 mentre sulla SS 342 in Comune di Airuno si trovava a bordo di un'autovettura di targa francese unitamente ad altre persone di nazionalita' georgiana. Posto che l'imputato risultava sprovvisto di documenti, appena giunti presso la caserma di Merate si procedeva, previo avviso al magistrato di turno, ai rilievi foto dattilografici dell'imputato. Dal controllo AFIS risultava che lo stesso non era mai stato controllato dalle forze dell'ordine e si trovava sul territorio italiano illegalmente, in quanto non titolare del permesso di soggiorno. Accertato quanto sopra il soggetto veniva invitato ex art. 15 TULPS a presentarsi in Questura entro cinque giorni. La Questura comunicava successivamente che l'imputato non si era presentato nel termine concesso e pertanto la procedura di espulsione non veniva esperita. Non veniva quindi emesso alcun decreto di espulsione. L'imputato veniva quindi ritualmente tratto a giudizio per rispondere del reato di cui al capo di imputazione. All'udienza del 1° ottobre 2009, esaurita l'istruttoria consistita nell'acquisizione dei documenti prodotti dal Pubblico ministero e nell'esame del teste maresciallo Emanuele Peritore, il legale dell'imputato eccepiva il profilo di incostituzionalita' dell'art. 10-bis, d.lgs. 286/1998, in riferimento agli articoli 3, 27 e 111 della Costituzione; Il Pubblico ministero si associava all'eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato deducendo ulteriori profili di illegittimita' in relazione agli articoli 2, 10, 25, comma 2, e 117 della Costituzione, e si associava alla conseguente richiesta di rimessione degli atti alla Corte costituzionale. O s s e r v a a) A norma dell'art. 10-bis, d.lgs. 286/1998, risulta punito con l'ammenda da € 5.000,00 a € 10.000,00 lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nello stato in violazione della normativa regolante il soggiorno dello straniero extracomunitario. Il testo dell'articolo non comprende dunque l'inciso «senza giustificato motivo»; in altri termini l'assenza di un giustificato motivo non risulta prevista dal legislatore come elemento costitutivo del reato. Sul punto va rammentato quanto osservato dalla Corte costituzionale al punto 7.4 della sentenza n. 22/2007: «Quanto all'eccessivo rigore della norma censurata (l'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998) si deve anzitutto ricordare che questa Corte, conformemente alla sua recente giurisprudenza, ha sottolineato il ruolo che, nell'economia applicativa della fattispecie criminosa, e' chiamato a svolgere il requisito negativo espresso dalla formula "senza giustificato motivo'' (ord. 386/2006). Tale formula copre tutte le ipotesi di impossibilita' o di grave difficolta' (mancato rilascio di documenti da parte dell'autorita' competente, assoluta indigenza che rende impossibile l'acquisto di biglietti di viaggio e altre simili situazioni) che, pur non integrando cause di giustfficazione in senso tecnico, impediscono allo straniero di prestare osservanza all'ordine di allontanamento nei termini prescritti». Ugualmente nella sentenza n. 5/2004 la Corte costituzionale ha rilevato: «Giova peraltro osservare come la formula "senza giustificato motivo'' e formule ad essa equivalenti od omologhe, "senza giusta causa'', "senza giusto motivo'' "senza necessita'', "arbitrariamente'' etc. compaiano con particolare frequenza nel corpo di norme incriminatrici ubicate tanto all'interno dei codici che in leggi speciali. Dette clausole sono destinate in linea di massima a fungere da "valvola di sicurezza'' del meccanismo repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorche' - anche al di fuori di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del precetto appaia in concreto "inesigibile" in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere oggettivo o soggettivo». La Corte ha quindi posto in rilievo l'importanza di tale elemento al fine di rendere il delitto di inottemperanza all'ordine di espulsione (art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998) conforme ai principi di colpevolezza e di proporzionalita' affermando quindi - implicitamente - che i suddetti principi sarebbero stati violati - con conseguente incostituzionalita' dell'articolo sopra richiamato per violazione dell'art. 27 Cost. - se il legislatore avesse imposto l'inflizione di una pena detentiva anche a soggetti la cui permanenza in Italia, anche se non coperta da una vera e propria causa di giustificazione, fosse risultata in concreto inesigibile per valide ragioni oggettive o soggettive. Stupisce quindi che il legislatore non abbia previsto come elemento costitutivo del reato l'assenza del giustificato motivo o non abbia quantomeno inserito nella norma una di quelle clausole di significato analogo menzionate dalla Corte costituzionale e che avrebbero permesso al giudicante di valutare in concreto dal punto di vista soggettivo la singola fattispecie evitando la punizione di condotte di illecito trattenimento di fatto non rimproverabili. Tale aspetto pare assumere un'importanza ancora maggiore posto che l'art. 5 cod. pen. e' stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non esclude dall'inescusabilita' dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile. Tenuto conto che il reato introdotto dall'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998, e' suscettibile di trovare applicazione in una serie di situazioni disparate ed e' verosimilmente applicabile a soggetti che possono presentare difficolta' nella comprensione della lingua italiana o che comunque entrano per la prima volta in contatto con l'ordinamento giuridico italiano, appare ancor piu' necessario dare al giudicante la possibilita' di valutare il profilo di colpevolezza dello straniero ed il grado di intensita' dello stesso. Del resto anche il Presidente della Repubblica nella lettera inviata in data 15 luglio 2009 al Presidente del Consiglio ed ai Presidenti delle Camere ha rilevato: «suscita in me forti perplessita' la circostanza che la nuova ipotesi di trattenimento indebito non preveda la esimente della permanenza determinata da "giustificato motivo''». Nel caso specifico la difesa dell'imputato non avrebbe potuto fornire la prova - rectius tale prova non sarebbe risultata rilevante in quanto non valutabile dal giudicante - della circostanza che dopo l'8 agosto, data di entrata in vigore della nuova legge, sarebbe stato in concreto impossibile o quantomeno difficoltoso lasciare il territorio dello Stato italiano prima di divenire destinatario del provvedimento di espulsione, evitando cosi' le sanzioni di cui all'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998. b) Peraltro va osservato pure come l'assenza di giustificato motivo sia ancora prevista dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, che non ha subito alcuna modifica per effetto della legge n. 15 luglio 2009, n. 94. Cio' determina un'illegittima disparita' di trattamento con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Le due figure di reato infatti risultano del tutto assimilabili trattandosi in ogni caso di permanenza illegale nel territorio dello Stato in un caso (art. 10-bis) per violazione delle norme del d.lgs. 286/1998 e nell'altro (art. 14, comma 5-ter) per violazione dell'ordine impartito dal questore di lasciare il territorio entro 5 giorni. La differente natura dell'obbligo violato - genericamente le norme del d.lgs. n. 286/1998 o l'ordine specifico del questore che interviene successivamente al decreto di espulsione - puo' giustificare il diverso trattamento sanzionatorio nelle due differenti ipotesi posto che - come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale - al Parlamento va riconosciuto un largo margine di discrezionalita' nell'esercizio del potere di incriminazione ma non puo', ad avviso di chi scrive, giustificare diversi criteri di valutazione della colpevolezza ovvero della rimproverabilita' della condotta, valutazione che il giudice deve potere effettuare in ogni caso, indipendentemente dalla gravita' delle sanzioni previste e conformemente al principio espresso dall'art. 27 della Costituzione. c) Va poi rilevato che l'art. 10-bis, comma 5, prevede la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per il reato in esame nell'ipotesi in cui l'autore sia stato respinto o espulso ex art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286/1998. Anche sotto tale profilo l'articolo richiamato appare pero' in contrasto con il principio di parita' di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione oltre che con il principio di colpevolezza di cui all'art. 27 della Costituzione. Infatti a norma dell'art. 14, d.lgs. n. 286/1998, quando non e' possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita', ovvero all'acquisizione di documenti di viaggio, ovvero per l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione ed espulsione piu' vicino. A norma poi del comma 5-bis del medesimo articolo quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione - con l'accompagnamento alla frontiera - dell'espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato nel termine di cinque giorni. Il successivo comma 5-ter poi prevede che lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. L'esecuzione del provvedimento di espulsione quindi, se non e' di fatto rimessa alla discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, risulta quantomeno ricollegata a circostanze comunque attinenti all'organizzazione della suddetta autorita' (la disponibilita' di posti in un dato giorno ad un determinato orario nei centri di identificazione ed espulsione) che nulla hanno a che vedere con il comportamento dello straniero e quindi in alcun modo allo stesso imputabili dal punto di vista soggettivo. Ne consegue che l'accertamento giudiziale di condotte identiche in soggetti distinti - l'illegale trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato con successivo decreto di espulsione - potra' condurre ad effetti differenti (sentenza di non luogo a procedere o sentenza di condanna) a seconda che l'amministrazione riesca e possa nel singolo caso specifico dare esecuzione al decreto di espulsione o, al contrario, non avendone la possibilita', impartisca allo straniero, in persona del questore, l'ordine di lasciare il territorio (evidentemente con mezzi propri ed a proprie spese) nel termine di cinque giorni. Tale risultato contrasta appunto sia con l'art. 3 che con l'art. 27 della Costituzione. Con l'art. 3 in quanto la norma censurata impone, al termine del complessivo procedimento di espulsione, l'applicazione della sanzione penale (quella di cui all'art. 14, comma 5-ter) ad un soggetto la cui condotta in nulla differisce da quella di un altro soggetto che tuttavia, per condizioni che prescindono dalla sua volonta' e dal suo comportamento (l'esecuzione del provvedimento di espulsione a cura dell'autorita' amministrativa), dovra' essere prosciolto con la sentenza ex art. 529 cod. proc. pen. La norma contrasta invece con l'art. 27 Cost. in quanto subordina l'accertamento della responsabilita' penale o, al contrario, dei presupposti per la sentenza ex art. 529 cod. proc. pen. al comportamento di un soggetto (la P.A.) terzo rispetto allo straniero. E' pur vero che nell'ipotesi di mancata esecuzione dell'espulsione con conseguente ordine del questore si potrebbe eccepire che il mancato abbandono del territorio da parte dello straniero ovvero l'inottemperanza all'ordine del questore costituisce un fatto volontario dello straniero che interrompe il nesso di causalita' tra la stessa mancata esecuzione dell'espulsione e la sanzione finale di cui all'art. 14, comma 5-ter, ma e' altrettanto vero che la disparita' di trattamento generata dalla norma va individuata, dal punto di vista cronologico, nel momento stesso in cui lo straniero - rispetto al quale non vi e' stata la possibilita' di dare esecuzione all'espulsione - diventa destinatario dell'ordine del questore di lasciare il territorio, con mezzi propri ed a proprie spese. Se e' illegittima - per disparita' di trattamento - la ricezione dell'ordine del questore allora risulta conseguente illegittimo l'onere imposto allo straniero di lasciare il territorio con mezzi propri ma disattendendo l'ordine lo straniero incorrera' automaticamente nel reato di cui all'art. 14, comma 5-ter. Nel caso specifico l'imputato ha ricevuto l'ordine del questore di lasciare il territorio nel termine di cinque giorni proprio perche' non vi erano posti nei C.I.E. e la valutazione del profilo di disparita' di trattamento introdotto dall'art. 10-bis assume quindi rilevanza diretta per la decisione. Per i motivi esposti l'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998, risulta in contrasto con le seguenti norme costituzionali: art. 3, art. 27.