Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  2,
della legge 8 febbraio  2006,  n.  54  (Disposizioni  in  materia  di
separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), promosso
dal Tribunale ordinario di Roma, nel procedimento vertente tra N.M.B.
e F.P., con ordinanza del 21 gennaio 2009, iscritta  al  n.  202  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2010  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Il  Tribunale  ordinario  di  Roma  -  nel  corso  di   un
procedimento promosso da N.M.B. nei confronti di F.P.  per  ottenerne
la condanna alla corresponsione, in suo  favore,  di  un  assegno  di
€ 1.000,00 mensili a titolo di mantenimento della figlia minore  nata
da una relazione con lo stesso F.P. - con ordinanza  del  21  gennaio
2009, ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  25  e  111  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,
comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in  materia
di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli)  nella
parte in cui «non prevede, in fine, che i  procedimenti  relativi  ai
figli  minori  di  genitori  non  coniugati  sono   attribuiti   alla
competenza dei Tribunali per i minorenni». 
    Il rimettente - premesso di  condividere  la  tesi  sostenuta  in
dottrina e dai giudici  di  merito,  secondo  cui,  a  seguito  della
modifica introdotta, il  tribunale  ordinario  sarebbe  competente  a
conoscere delle controversie relative sia all'affidamento  dei  figli
minori  di  genitori   non   coniugati,   sia   alla   determinazione
dell'assegno di mantenimento per gli stessi - rileva che la Corte  di
cassazione, nell'affrontare il  problema,  ha  affermato  che  rimane
immutata la necessita' di rivolgersi a  due  organismi  differenti  a
seconda che si tratti di modalita' di affidamento  del  minore  o  di
assegno, mentre sussiste la  competenza  del  giudice  minorile,  con
riguardo ad entrambe le questioni, qualora le stesse  siano  proposte
contestualmente (ordinanza n. 8362 del 2007 e successive conformi). 
    Tale ultima interpretazione, costituente diritto vivente,  appare
al giudice a quo in  contrasto  con  le  regole  di  razionalita'  ed
uguaglianza tra figli minori legittimi e figli naturali, che ricevono
differenti tutele da parte di diversi organismi,  e  tra  gli  stessi
figli naturali, trattati differentemente a seconda che le domande  di
affidamento e di assegno di mantenimento siano o no contestuali;  con
quelle relative alla ragionevole durata del processo sotto il profilo
della  concentrazione  delle   tutele;   con   il   principio   della
immutabilita' del giudice naturale, essendo consentita al  ricorrente
la scelta di iniziare il procedimento  davanti  all'uno  o  all'altro
degli organismi ritenuti competenti. 
    2. - Nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  con  il  patrocinio   dell'Avvocatura
generale dello Stato, che ha  concluso  per  la  inammissibilita'  o,
comunque, per la manifesta infondatezza della questione. 
    Secondo la difesa erariale, il giudice rimettente ha  prospettato
una possibilita' esegetica della  norma  ritenuta  costituzionalmente
orientata, sicche'  non  vi  sarebbe  spazio  per  una  questione  di
legittimita' costituzionale della medesima norma. 
    Nel merito,  non  sussisterebbe  violazione  dell'art.  3  Cost.,
attesa la ragionevolezza della previsione. La censura  relativa  alla
violazione del principio di ragionevole durata del processo  sarebbe,
poi,  formulata  in  modo  perplesso,  non  essendo  esplicitate  dal
rimettente  le  ragioni  del  lamentato  vulnus.  Non  sussisterebbe,
infine, la denunciata violazione dell'art. 25 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di  Roma  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006,  n.
54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli), nella parte in cui non prevede la generalizzata
competenza funzionale del Tribunale per i minorenni  in  ordine  alle
decisioni  sul  contributo  al  mantenimento  del  figlio  minore  di
genitori non coniugati  -  la  quale  invece,  nella  interpretazione
fornita dalla Corte di cassazione, costituente  diritto  vivente,  e'
limitata alle  sole  ipotesi  in  cui  il  contributo  sia  richiesto
contestualmente a misure  relative  all'esercizio  della  potesta'  e
all'affidamento del  figlio  -  per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione,  avuto  riguardo  alla  ingiustificata  disparita'   di
trattamento tra figli legittimi e naturali  nonche'  tra  gli  stessi
figli naturali; con l'art. 25 Cost. per la violazione della  garanzia
costituzionale del giudice  naturale  precostituito  per  legge;  con
l'art. 111 Cost. per  la  violazione  del  principio  di  ragionevole
durata del processo. 
    1.1. - L'art. 4, comma 2, della legge  n.  54  del  2006  estende
l'applicabilita' delle nuove disposizioni in materia  di  affidamento
condiviso dei figli minori, dettate  con  riguardo  alla  separazione
personale dei coniugi, ad ogni ipotesi  di  scioglimento,  cessazione
degli effetti  civili  o  di  nullita'  del  matrimonio,  nonche'  ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. 
    In  giurisprudenza  -  mentre  e'  pacifico  che,  in   tema   di
separazione e divorzio, la competenza a conoscere delle  controversie
relative all'affidamento e al mantenimento della prole appartiene  al
giudice ordinario - e' sorto il  problema  della  individuazione  del
giudice competente a conoscere delle medesime controversie  ove  esse
riguardino la prole naturale,  in  presenza  dell'art.  317-bis  cod.
civ., concernente i provvedimenti in tema di esercizio della potesta'
sui figli naturali riconosciuti, ricompresi  espressamente  dall'art.
38 delle disposizioni di attuazione  del  codice  civile  tra  quelli
attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni. 
    Tale  contrasto  e'  stato  risolto  dalla  Corte  di  cassazione
(ordinanza  n.  8362   del   2007   e   successive   conformi),   con
giurisprudenza  divenuta  ormai  diritto  vivente,  secondo  cui   le
controversie aventi ad oggetto il  mantenimento  dei  figli  naturali
riconosciuti appartengono  alla  competenza  del  tribunale  minorile
qualora  siano  proposte  contestualmente  a  quelle  attinenti  alla
potesta' sugli stessi e al loro affidamento, mentre, ove  la  domanda
riguardi esclusivamente le questioni  economiche,  essa  va  proposta
innanzi al tribunale ordinario. 
    La  richiamata   giurisprudenza   e'   contestata   dal   giudice
rimettente,  che  la  ritiene  «in  contrasto  con   le   regole   di
razionalita' e di  uguaglianza  tra  figli  minori  e  naturali  (che
possono avere differenti tutele da parte di organismi  differenti)  e
tra gli stessi figli naturali (differentemente trattati a seconda che
le domande siano contestuali o meno)». 
    Il giudice a quo sostiene  che  la  contestualita'  delle  misure
relative all'esercizio della potesta' e all'affidamento  del  figlio,
da un lato, e di quelle economiche  inerenti  al  loro  mantenimento,
prefigurata dai novellati articoli 155 e seguenti del codice  civile,
dovrebbe imporsi in ragione non della domanda eventualmente  proposta
in  modo  contestuale   a   quella   relativa   alla   potesta',   ma
dell'inevitabile considerazione complessiva degli istituti,  i  quali
risulterebbero inscindibilmente legati e  interdipendenti  a  seguito
delle innovazioni apportate  dalla  legge  di  riforma.  Ne  dovrebbe
conseguire la  sussistenza  della  competenza  del  tribunale  per  i
minorenni con riferimento  ad  ogni  richiesta  di  attribuzione,  di
adeguamento, di ripartizione degli oneri ordinari o straordinari, ivi
compresa  l'eventuale  assegnazione   della   casa   «familiare»,   a
prescindere dalla occasionale  circostanza  che  le  relative  azioni
siano contestualmente o singolarmente proposte. 
    2. - La questione, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., non
e' fondata. 
    2.1. - Questa Corte, nell'affrontare analoga questione sulla base
della precedente normativa, ha  affermato  che  «il  legislatore,  al
quale  va  riconosciuta,  la  piu'   ampia   discrezionalita'   nella
regolazione generale degli istituti processuali,  e'  in  particolare
arbitro di dettare regole di ripartizione della competenza fra i vari
organi  giurisdizionali,  sempreche'  le   medesime   non   risultino
manifestamente irragionevoli» (sentenza n. 451 del 1997). 
    Nel  caso  di  specie  non  sono   manifestamente   irragionevoli
l'attribuzione, sulla base del  diritto  vivente  e  nell'ipotesi  di
prole naturale riconosciuta, alla  competenza  del  tribunale  per  i
minorenni della controversia relativa  all'esercizio  della  potesta'
genitoriale, qualora la stessa sia  contestuale  alla  determinazione
dell'assegno di mantenimento, e l'affermazione della  competenza  del
tribunale   ordinario,   quando   si   richiede   al   giudice   solo
l'attribuzione di  detto  assegno:  cio'  soprattutto  ove  si  tenga
presente che e' lo stesso intervento  dell'autorita'  giudiziaria  ad
atteggiarsi in modo diverso nelle due differenti ipotesi. 
    Ne' e' sufficiente a ritenere la irragionevolezza della soluzione
il rilievo in ordine  alla  stretta  relazione  che  permane  fra  il
contributo  economico  e  le  regole  dell'esercizio  della  potesta'
genitoriale  o  la  circostanza  che  la  questione  dell'affidamento
potrebbe nuovamente prospettarsi in un momento  successivo.  Infatti,
la relazione fra esercizio della potesta' e contributo economico, ove
non  si  concretizzi  in  specifiche  domande,   non   incide   sulla
competenza, mentre la possibilita' di  proporre  successivamente  una
questione  sull'affidamento,  trattandosi  di  circostanza  puramente
eventuale, e' priva di rilevanza e, in quanto tale, non puo' incidere
sulla competenza. 
    3. - La questione sollevata in riferimento agli articoli 25 e 111
Cost. e' manifestamente inammissibile, perche' priva di motivazione.