Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e
difeso, ex lege, dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale
ha il proprio domicilio in Roma, alla via dei Portoghesi  n.  12  nei
confronti della Regione Marche in persona del Presidente della Giunta
regionale  pro  tempore  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale degli articoli 11, comma 5 e 57, comma 1  della  legge
della Regione Marche n. 31 del 22 marzo 2009, pubblicata  sul  B.U.R.
n. 9 del 24 dicembre 2009, recante disposizioni per la formazione del
bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012  della  Regione  (Legge
finanziaria 2010), giusta delibera del Consiglio dei  ministri  nella
seduta del 10 febbraio 2010. 
    Con la legge n. 3/2009, indicata in epigrafe, la  Regione  Marche
ha proceduto all'adozione  di  disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012  della  Regione  (Legge
finanziaria 2010). 
    E' avviso del Governo che, con le  norma  di  cui  alla  predetta
legge, denunciate in epigrafe, la Regione Marche abbia ecceduto dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
Violazione degli articoli 117, primo e secondo comma, lett. l), terzo
e quarto e 120, primo comma  della  Costituzione  in  relazione  agli
artt. 11, comma 5 e  57,  comma  1  della  legge  Regione  Marche  n.
31/2009. 
Art. 11, comma 5, legge Regione Marche n. 31/2009. 
    L'articolo 11, recante  «Razionalizzazione  della  spesa  per  il
personale»,  al  comma  5  dispone  che  «Le  risorse  destinate   al
finanziamento del  trattamento  economico  accessorio  del  personale
addetto alle  segreterie  particolari  dei  componenti  della  Giunta
regionale, dei  componenti  l'Ufficio  di  Presidenza  dell'Assemblea
legislativa regionale,  del  personale  dei  gruppi  politici,  degli
assistenti dei consiglieri regionali e degli autisti, previsto  dalla
1.r. 8  agosto  1997,  n.  54  (Misure  flessibili  di  gestione  del
personale della Regione e degli enti da essa dipendenti e  norme  sul
funzionamento e sul trattamento economico  accessorio  degli  addetti
alle segreterie particolari), hanno carattere di certezza, stabilita'
e continuita' e confluiscono tra quelle di cui all'articolo 31, comma
2, del contratto collettivo nazionale di  lavoro  del  personale  del
comparto delle Regioni e delle Autonomie locali  per  il  quadriennio
normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003».  La  norma  in
esame, stabilisce, quindi, che le risorse destinate al  finanziamento
del trattamento economico accessorio del personale ivi previsto hanno
carattere di certezza, stabilita' e continuita'  e  confluiscono  tra
quelle di cui all'articolo 31,  comma  2,  del  contratto  collettivo
nazionale di lavoro, comparto Regioni. Al  riguardo,  si  rappresenta
che il  citato  articolo  contrattuale  stabilisce  che  l'importo e'
suscettibile  di  incremento  in  base  a   specifiche   disposizioni
contrattuali nonche' per  effetto  di  ulteriori  applicazioni  della
disciplina di cui all'articolo  15  del  CCNL  del  1º  aprile  1999,
limitatamente, pero', agli effetti  derivanti  dall'incremento  delle
risorse aggiuntive. La norma regionale, invece, stabilizza,  in  modo
generico, le risorse destinate al trattamento accessorio del suddetto
personale. 
    Cosi' disponendo, quindi, il legislatore legifera in una  materia
riservata, per legge,  alla  contrattazione  collettiva  e  la  norma
regionale si pone in palese contrasto con le  disposizioni  contenute
nel Titolo III (art. 40 e ss.) del decreto legislativo  n.  165/2001,
che indica le procedure  da  seguire  in  sede  di  contrattazione  e
l'obbligo  del  rispetto  della  normativa   contrattuale,   violando
l'articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, il quale
riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia  di
ordinamento  civile  e,  quindi,  i  rapporti  di   diritto   privato
regolabili dal codice civile (contratti collettivi). 
Art. 57, comma 1, legge Regione Marche n. 31/2009. 
    L'articolo 57, comma 1, recante «Impianti per  la  produzione  di
energia elettrica alimentati da biomasse»; tale comma dispone che, ai
sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera g), del  decreto  legislativo
29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita')  e
secondo quanto previsto dal  Piano  energetico  ambientale  regionale
(PEAR), approvato con deliberazione 16 febbraio  2005,  n.  175,  gli
impianti  per  la  produzione  di  energia  elettrica  alimentati  da
biomasse da autorizzare nel territorio regionale devono possedere  le
seguenti caratteristiche: 
        a) capacita' di generazione non superiore a 5 MW termici; 
        b) autosufficienza produttiva mediante utilizzo  di  biomasse
locali o reperite in ambito regionale; 
        c) utilizzazione del calore di processo, in modo da  evitarne
la dispersione nell'ambiente. 
    La disposizione regionale, nonostante faccia espresso riferimento
all'art. 5, comma 1, lettera g) del decreto legislativo  29  dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), dispone  che  gli
impianti  per  la  produzione  di  energia  elettrica  alimentati  da
biomasse  da  autorizzare  nel  territorio  regionale  debbano,   tra
l'altro, possedere capacita' di generazione  non  superiore  a  5  MW
termici. 
    A tal proposito, si rileva che il citato art. 5, comma 1, lettera
g),  in  ordine  alla  valorizzazione  energetica   delle   biomasse,
richiama, espressamente, le condizioni per la promozione  prioritaria
degli impianti cogenerativi di potenza elettrica inferiore a 5 MW, in
conformita' ai principi contenuti all'art. 6 della suddetta direttiva
2001/77/CE; in particolare la riduzione degli ostacoli normativi e di
altro tipo all'aumento della  produzione  di  elettricita'  da  fonti
energetiche rinnovabili, nonche'  la  garanzia  che  le  norme  siano
oggettive, trasparenti e non  discriminatorie  e  tengano  pienamente
conto delle  particolarita'  delle  varie  tecnologie  per  le  fonti
energetiche rinnovabili. 
    L'art. 57, comma 1,  della  legge  regionale  in  esame,  invece,
eccede la competenza della Regione nelle relative materie, in  quanto
in relazione alla citata capacita' di generazione degli impianti, non
stabilisce  criteri  di   promozione   prioritaria,   bensi'   limiti
dimensionali cogenti, ponendosi in contrasto sia con il principio  di
cui all'art. 5, comma  1,  lettera  g)  del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 sia  con  principi  di  cui  all'art.  6  della
menzionata direttiva 2001/77/CE. 
    Giova, d'altra parte,  ricordare,  come  codesta  ecc.  ma  Corte
costituzionale abbia gia' avuto modo di qualificare  quali  «principi
fondamentali» le norme contenute nel suddetto decreto legislativo  n.
387/2003 (cfr. sent. 364 del 2006 e n. 282 del 2009). 
    Appare, inoltre, opportuno rappresentare che il suddetto art. 57,
comma  1,  si  pone  in  contrasto  con  il  principio  di   liberta'
dell'attivita' di produzione dell'energia elettrica sancito  all'art.
1 del decreto legislativo 16  marzo  1999  n.  79  (Attuazione  della
direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il  mercato  interno
dell'energia elettrica) in quanto la norma  regionale  stabilisce  un
divieto di autorizzazione di  impianti  a  biomassa  (di  generazione
superiore a 5 MW termici, che non abbiano autosufficienza  produttiva
mediante utilizzo di biomasse locali o reperite in ambito regionale e
che non siano cogenerativi) che non trova (e  non  potrebbe  trovare)
riscontro nella normativa di livello comunitario e nazionale. 
    In conclusione, divieti generali (anche di tipo programmatico, in
riferimento al Piano regionale) per l'utilizzo di  determinate  fonti
rinnovabili  sono  in  contrasto  con  il  citato  principio,  mentre
eventuali restrizioni o divieti di utilizzo, per  essere  compatibili
anche con il  principio  comunitario  di  libera  circolazione  delle
merci, devono fondarsi su criteri di  ragionevolezza,  adeguatezza  e
proporzionalita'  in  relazione  a  problemi  di  salute  pubblica  o
ambientali, da valutarsi comunque nell'ambito dell'istruttoria per  i
singoli procedimenti amministrativi. 
    La  disposizione  in  esame,  quindi,  eccede  dalla   competenza
legislativa regionale, invadendo quella  statale  in  riferimento  ai
principi  fondamentali  in  materia  di   produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale  dell'energia,  rinvenibili  nella  normativa
statale su richiamata, violando, cosi', l'articolo 117, terzo  comma,
della Costituzione. Cosi' disponendo la norma in esame viola,  anche,
l'articolo  117, primo  comma,  della  Costituzione,  in  quanto  non
coerente con i vincoli derivanti dall'Ordinamento comunitario in tema
di liberta' di stabilimento e  tutela  della  concorrenza,  violando,
rispettivamente, gli articoli 43 e 81 del  Trattato  CE.  Nel  quadro
delle disposizioni  del  Tratto  CE,  infatti,  le  restrizioni  alla
liberta' di stabilimento  dei  cittadini  di  uno  Stato  membro  nel
territorio di un altro Stato membro vengono vietate  (art.  43  e  ss
Trattato CE) e, inoltre, sono incompatibili con il mercato  comune  e
vietati tutti gli accordi consistenti, tra l'altro,  nel  limitare  o
controllare la produzione, gli sbocchi, lo  sviluppo  tecnico  o  gli
investimenti (cfr. art. 81 Trattato CE, comma 1, lett. b). 
    La  stessa  norma  viola,  conseguentemente,   anche   l'articolo
120, primo comma, della Costituzione che fa espressamente divieto  al
legislatore regionale di adottare provvedimenti  che  ostacolino,  in
qualsiasi modo, la libera circolazione delle persone e delle cose tra
le Regioni, ne' di limitare l'esercizio  del  diritto  al  lavoro  in
qualunque parte del territorio nazionale. 
    Alla stregua di quanto sopra evidenziato si confida  che  codesta
ecc.  ma  Corte  costituzionale  vorra'  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni sopra indicate  della  legge  della
Regione Marche n. 31 del 22 dicembre 2009.