Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  6,
della  legge  della  Regione  Lombardia  3  novembre  2004,   n.   31
(Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi), promosso dal
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, nel procedimento
vertente tra M.p. s.r.l. in liquidazione e il Comune di  Milano,  con
ordinanza del  20  marzo  2009,  iscritta  al  n.  212  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di intervento della Regione Lombardia; 
    Udito nella Camera di consiglio del 13 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella. 
    Ritenuto che, con ordinanza  del  20  marzo  2009,  il  Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia ha dichiarato  rilevante  e
non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 117,
terzo  comma,  della  Costituzione,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art.  4,  comma  6,  della  legge  della  Regione
Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali  in  materia
di  illeciti  edilizi),  laddove  stabilisce   che   gli   oneri   di
urbanizzazione e il contributo sul costo  di  costruzione  dovuti  ai
fini della sanatoria sono determinati applicando le  tariffe  vigenti
all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria,  anziche'
al momento di entrata in vigore del decreto-legge 30 settembre  2003,
n. 269 (Disposizioni urgenti  per  favorire  lo  sviluppo  e  per  la
correzione  dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; 
        che, riferisce il rimettente, con istanza dell'8 aprile 2004,
la societa' ricorrente aveva chiesto il condono  edilizio,  ai  sensi
dell'art. 32 del  d.l.  n.  269  del  2003,  per  interventi  abusivi
realizzati nell'immobile di sua  proprieta',  richiesta  accolta  dal
Comune il 6  ottobre  2008,  con  determinazione  del  contributo  di
costruzione, la  cui  entita'  era  stata  comunicata  con  una  nota
notificata il 29 aprile 2008; 
        che  la  ricorrente   aveva   impugnato   il   provvedimento,
deducendone  l'illegittimita'  per  avere  il  Comune  calcolato   il
contributo   sulla   base   delle   tariffe   vigenti   al    momento
dell'emanazione del titolo in sanatoria,  anziche'  di  quelle,  meno
onerose,  vigenti  al  momento  di   presentazione   della   domanda,
deducendo, tra i motivi del  ricorso,  la  violazione  dell'art.  16,
comma 2, del  d.P.R.  6  giugno  2001,  n.  380  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. - Testo
A),  il  quale  dovrebbe  essere  interpretato,  alla  stregua  della
giurisprudenza dominante, nel senso che, in caso  di  concessione  in
sanatoria, gli oneri dovuti sono quelli vigenti  non  al  momento  di
rilascio del permesso ma al momento di presentazione  della  domanda;
lamentava   inoltre   l'illogicita'   e   contraddittorieta'    della
motivazione, basata sul contestuale richiamo di due  norme  tra  loro
incompatibili, e la violazione dell'art. 7, comma 1, della  legge  27
luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei  diritti
del  contribuente),  in  quanto  la  natura  fiscale  del  contributo
imponeva al Comune di allegare al provvedimento  impugnato  gli  atti
richiamati nella sua motivazione; 
        che,   in   subordine,   la   ricorrente    aveva    eccepito
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  6,  della  citata
legge regionale n. 31 del 2004; 
        che il rimettente, dopo aver respinto, con sentenza parziale,
i primi  tre  motivi  di  ricorso,  ha  dichiarato  la  questione  di
legittimita' costituzionale rilevante e non manifestamente infondata; 
        che, in punto  di  non  manifesta  infondatezza,  secondo  il
rimettente  la  norma  regionale  non  si   armonizzerebbe   con   la
legislazione statale sul condono  edilizio,  dato  che  la  legge  28
febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia  di  controllo  dell'attivita'
urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
edilizie),  nello  stabilire  che  la  sanatoria  degli  abusi  fosse
condizionata al  versamento  di  un'oblazione  e  del  contributo  di
concessione di cui all'art. 3 della legge  28  gennaio  1977,  n.  10
(Norme per la edificabilita' dei suoli), consentiva alle  Regioni  di
legiferare  sul  punto,  anche  modificando  (con   possibilita'   di
riduzione fino al 50%) la misura del contributo «determinato  secondo
le disposizioni vigenti all'entrata in vigore della  presente  legge»
(art. 37, secondo comma), aggiungendo che, se il potere di legiferare
non fosse stato  esercitato  entro  novanta  giorni  dall'entrata  in
vigore  della  legge,  si  sarebbero  applicate  le   norme   vigenti
all'entrata in vigore della legge stessa (art. 37, quarto comma); 
        che, in ragione di cio', secondo il rimettente, la prevalente
giurisprudenza aveva avuto  modo  di  statuire  che,  ai  fini  della
sanatoria,  il  contributo  andava  calcolato  con  riferimento  alle
tariffe vigenti al momento dell'entrata  in  vigore  della  legge  di
sanatoria; 
        che,  secondo  il  T.A.R.  rimettente,  dalla   lettura   del
complesso normativo si evincerebbe  che,  ai  fini  del  condono,  le
disposizioni di riferimento, comprese quelle di carattere tariffario,
debbano essere quelle vigenti al momento dell'entrata in vigore delle
leggi di sanatoria via via promulgate dal legislatore statale; 
        che, pertanto, l'art. 4, comma 6, della legge regionale n. 31
del 2004, secondo cui oneri di urbanizzazione e contributo sul  costo
di costruzione dovuti  ai  fini  della  sanatoria  «sono  determinati
applicando  le  tariffe  vigenti  all'atto  del  perfezionamento  del
procedimento  di   sanatoria»,   sarebbe   di   dubbia   legittimita'
costituzionale,  dato  che  l'espressione   usata   dal   legislatore
regionale  («perfezionamento  del  procedimento  di  sanatoria»)  non
potrebbe intendersi come  riferita  al  momento  della  presentazione
della domanda di  condono,  se  non  a  costo  di  una  inammissibile
forzatura del dato letterale; 
        che, invero, secondo il rimettente,  il  momento  in  cui  il
procedimento di sanatoria si perfeziona non potrebbe farsi coincidere
che col rilascio del permesso di costruire, ovvero (nella  ricorrenza
delle condizioni previste dal comma 37 dell'art. 32 del d.l.  n.  269
del 2003) con la formazione tacita del titolo abilitativo; 
        che, secondo il  rimettente,  valorizzare,  assumendole  come
termine di riferimento, le tariffe vigenti nel momento  del  rilascio
del titolo (o della sua formazione tacita) sarebbe in  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, Cost. che,  nelle  materie  di  legislazione
concorrente,  attribuisce  la  potesta'  legislativa  alle   Regioni,
riservando allo Stato la determinazione  dei  principi  fondamentali,
tra i quali va annoverato quello, dettato dalla legislazione speciale
sul condono edilizio, in base al quale la misura  del  contributo  e'
conforme alle disposizioni vigenti all'entrata in vigore delle  leggi
di settore via via emanate; 
        che la  normativa  regionale  contrasterebbe,  altresi',  con
l'art. 97 Cost., in quanto, nelle fattispecie  di  condono  di  abusi
edilizi, soggette  a  disciplina  uniforme  quanto  alla  data-limite
stabilita per la commissione dell'abuso e per la presentazione  della
domanda di condono, non apparirebbe  conforme  ai  principi  di  buon
andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione  lasciare
che, nei singoli casi, l'entita' degli oneri dipenda da due variabili
quali la scelta dei  tempi  nell'aggiornamento  delle  tariffe  e  la
tempestivita' nella evasione delle pratiche di condono; 
        che, inoltre, essa contrasterebbe anche  con  i  principi  di
certezza e di affidamento,  immanenti  nell'ordinamento  nazionale  e
comunitario, anch'essi riconducibili all'art. 97 Cost.,  secondo  cui
il privato deve essere posto in grado di conoscere anticipatamente  a
quali oneri, esborsi e conseguenze sia  esposta  la  propria  azione,
anche laddove gli sia  offerta  la  possibilita'  di  riparare  abusi
edilizi con una autodenuncia; 
        che, infine, la normativa impugnata contrasterebbe anche  con
l'art. 3 Cost., in  quanto  non  sarebbe  conforme  al  principio  di
uguaglianza che abusi edilizi suscettibili di sanatoria,  uguali  per
natura e data di compimento, fossero assoggettati ad oneri di diverso
importo in applicazione delle tariffe vigenti nei diversi momenti  di
conclusione dei singoli procedimenti; 
        che e'  intervenuta  nel  giudizio  di  costituzionalita'  la
Regione  Lombardia,  chiedendo  che  la  questione   sia   dichiarata
inammissibile e, in subordine, infondata; 
        che, quanto all'inammissibilita', la difesa della Regione  ha
affermato, innanzitutto, che l'ordinanza di  rimessione  non  sarebbe
sufficientemente  motivata  in  riferimento  alla   rilevanza   della
questione, con riferimento alla  data  di  entrata  in  vigore  della
normativa regionale e all'incidenza sulla  normativa  della  sentenza
della Corte costituzionale n. 196 del 2004; 
        che, in secondo luogo,  secondo  la  Regione,  il  rimettente
richiederebbe alla Corte costituzionale un intervento manipolativo, a
rime  non  obbligate,  che  appartiene  alla   discrezionalita'   del
legislatore, dato che la determinazione degli oneri di urbanizzazione
e il contributo sul costo  di  costruzione  potrebbero  astrattamente
essere ancorati a momenti diversi; 
        che, nel merito, quanto alla censura relativa alla violazione
dell'art. 117 Cost., secondo la Regione  non  esisterebbero  principi
desumibili dalla legge statale con cui la legge regionale si ponga in
contrasto,  dato  che  la   regola   relativa   alle   modalita'   di
determinazione del contributo di costruzione non rientrerebbe tra  le
scelte di principio rimesse al legislatore statale; 
        che, inoltre, la giurisprudenza sul condono di cui alla legge
n.  47  del  1985  non  sarebbe  pacifica,  per  cui  neppure   nella
legislazione statale sarebbe  presente  il  principio,  indicato  dal
rimettente come violato dalla norma censurata, in  base  al  quale  i
contributi di costruzione debbono essere determinati con  riferimento
alle tariffe vigenti al momento di presentazione della domanda e  non
a quelle vigenti al momento del rilascio del titolo abilitativi; 
        che, quanto alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., la
questione avrebbe ad oggetto la denuncia  di  meri  inconvenienti  di
fatto, irrilevanti ai fini dello scrutinio di costituzionalita'; 
        che, d'altra  parte,  secondo  la  Regione,  laddove  venisse
accolta la questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
giudice a quo, si garantirebbe ai soggetti che richiedono  il  titolo
abilitativo in sanatoria un trattamento piu'  favorevole  rispetto  a
quelli che chiedono il permesso di costruire in via ordinaria, per  i
quali l'art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che  le  quote  di
contributo relative agli  oneri  di  urbanizzazione  e  al  costo  di
costruzione siano determinate al momento del rilascio del permesso di
costruire. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Lombardia dubita, con riferimento agli  artt.  3,  97  e  117,  terzo
comma,  della   Costituzione,   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 4, comma 6, della legge della Regione Lombardia 3  novembre
2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti  edilizi),
laddove stabilisce che gli oneri di urbanizzazione  e  il  contributo
sul  costo  di  costruzione  dovuti  ai  fini  della  sanatoria  sono
determinati   applicando   le   tariffe    vigenti    all'atto    del
perfezionamento del procedimento di sanatoria, anziche' al momento di
entrata in  vigore  del  decreto-legge  30  settembre  2003,  n.  269
(Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e  per  la  correzione
dell'andamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; 
        che, quanto alla censura relativa all'art. 117, terzo  comma,
Cost., il rimettente, nel  denunciare  la  lesione  della  competenza
legislativa statale concorrente, omette  di  indicare  quale,  a  suo
giudizio, tra i diversi ambiti materiali  ivi  elencati,  sia  quello
asseritamente  inciso  dalla  normativa  regionale,  in   tal   modo,
inammissibilmente, ponendo a carico di questa  Corte  il  compito  di
individuare le ragioni dell'affermata violazione; 
        che,  in  ogni  caso,  il  rimettente  ricava  il   principio
fondamentale  della  legislazione   statale   violato   dalla   norma
regionale - quello in base al quale gli oneri di concessione  debbano
essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data  di
entrata in vigore della legge di sanatoria - dal  combinato  disposto
dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, dell'art. 39  della  legge  23
dicembre 1994, n. 724, e dell'art. 37 della legge  n.  47  del  1985,
sulla base di un orientamento interpretativo  non  consolidato  nella
giurisprudenza amministrativa e, in tal modo, chiede  alla  Corte  di
avallare   un'interpretazione   della   normativa   statale,    cosi'
evidenziando un uso improprio dell'incidente di costituzionalita', il
che   determina -   per   costante   giurisprudenza   della   Corte -
l'inammissibilita' della questione (ex plurimis, ordinanze n. 320 del
2009, n. 422 del 2008, n. 361 del 2007); 
        che, quanto alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., il
criterio delle tariffe vigenti  al  momento  dell'entrata  in  vigore
delle leggi di sanatoria di volta in volta promulgate dal legislatore
statale ai fini della determinazione della misura del  contributo  e'
ben  lungi  dell'essere  l'unica   regolamentazione   conforme   alla
Costituzione,  ma  rappresenta  solo  una  delle  diverse   soluzioni
astrattamente possibili; 
        che, invero, gli oneri di concessione potrebbero, in  teoria,
essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in
cui l'abuso e' iniziato, al momento  in  cui  l'immobile  abusivo  e'
completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale
sul condono,  al  momento  dell'entrata  in  vigore  della  normativa
regionale sul condono, al momento  in  cui  e'  stata  effettuata  la
richiesta di condono o, infine, al momento  del  perfezionamento  del
procedimento di sanatoria; 
        che, in tale contesto di pluralita' di soluzioni,  la  scelta
del  legislatore  regionale  di  privilegiare  l'interesse   pubblico
all'adeguatezza della  contribuzione  ai  costi  reali  da  sostenere
rispetto a quello, ad esso antitetico, del cittadino alla  sua  piena
previsione dei costi al  momento  della  formazione  del  consenso  -
ugualmente meritevole di protezione - sembra essere il frutto di  una
scelta discrezionale implicante un  bilanciamento  di  interessi  che
puo' solo essere effettuato dal legislatore; 
        che,   pertanto,    stante    il    carattere    manipolativo
dell'intervento richiesto, in una materia necessariamente  riservata,
per la pluralita' delle soluzioni  possibili,  alla  discrezionalita'
del legislatore (cfr., in tal senso, ordinanze  nn.  287  e  203  del
2009, n. 177 del 2008 ), la questione si presenta inammissibile anche
con riferimento ai predetti parametri. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.