Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  15,  comma  2,
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 26 ottobre  2006,
n. 19 (Disposizioni in materia di salute umana e sanita'  veterinaria
e altre disposizioni per il settore sanitario e sociale,  nonche'  in
materia di personale), promosso dalla Corte d'appello di Trieste  nel
procedimento vertente tra C. T. e l'Azienda Ospedaliera «Santa  Maria
della Misericordia» con ordinanza del 1° settembre 2009, iscritta  al
n. 262 del  registro  ordinanze  2009  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2009; 
    Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Corte  d'appello  di  Trieste,  sezione  II  civile,  con
ordinanza depositata il 1° settembre 2009 ha sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 2, della legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 26 ottobre 2006, n. 19 (Disposizioni in
materia di salute umana e sanita' veterinaria  e  altre  disposizioni
per il settore sanitario e sociale, nonche' in materia di personale),
in riferimento  all'art.  117,  comma  terzo,  della  Costituzione  e
all'art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.
1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    La questione e' stata sollevata nel corso di un  giudizio  civile
in grado di appello, promosso dalla signora C. T.  avverso  l'Azienda
Ospedaliera «Santa Maria della Misericordia» di Udine  (poi,  Azienda
Ospedaliera Universitaria di Udine "Santa Maria della Misericordia"),
per chiedere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito
dell'intervento   chirurgico   effettuato   presso    la    struttura
ospedaliera, in data 21 agosto 1992. 
    1.1. - Il rimettente - dopo  aver  sinteticamente  riassunto  gli
atti di causa del giudizio di primo grado  dinanzi  al  Tribunale  di
Udine, conclusosi con la sentenza del 18-29 maggio 2006, n. 661,  con
la quale il giudice adito ha dichiarato il difetto di  legittimazione
passiva della Azienda Ospedaliera convenuta, compensando tra le parti
le spese di lite - rileva che, con atto di citazione notificato il 18
maggio del 2007, C. T. ha proposto  appello  avverso  tale  sentenza,
lamentando l'erroneita' della predetta  statuizione,  in  particolare
facendo riferimento all'entrata in vigore dell'art.  15  della  legge
regionale Friuli-Venezia Giulia 26 ottobre 2006, n. 19 (emanata  dopo
il deposito della sentenza del Tribunale di Udine). 
    Tale norma regionale stabilisce che: «Dopo il comma 1 dell'art. 4
della legge regionale n. 21/2001, e' inserito  il  seguente:  "1-bis.
Successivamente  alla  chiusura  delle  gestioni  liquidatorie  delle
soppresse unita' sanitarie locali, ogni e qualsiasi spesa accertata o
riconosciuta, anche in giudizio,  per  debiti  oneri  e  risarcimento
danni relativa a tali gestioni fa carico  ai  bilanci  delle  aziende
sanitarie regionali subentrate alle unita' sanitarie locali soppresse
ed e' esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e  processuale
dell'amministrazione  regionale,  stante  la  diretta  ed   esclusiva
responsabilita' delle aziende sanitarie regionali per  le  passivita'
delle gestioni liquidatorie». 
    Ricorda, quindi, la Corte rimettente come l'intervento a  seguito
del quale l'appellante afferma di aver riportato danni risale  ad  un
periodo  antecedente  all'emanazione  del  decreto   legislativo   30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421),  -  decreto,  antecedente  alla  costituzione   delle   Aziende
sanitarie locali (ASL) e delle Aziende Ospedaliere, che ha  soppresso
le Unita' sanitarie locali (USL) - e rileva, altresi', come l'atto di
citazione di primo grado sia stato notificato all'Azienda Ospedaliera
dopo che la delibera della Giunta regionale del 13 dicembre 2002,  n.
4319, aveva decretato la  chiusura  delle  gestioni  liquidatorie,  a
decorrere dalla data del 31 dicembre dello stesso anno. 
    1.2. - Tutto cio' premesso, poiche' la questione di  legittimita'
costituzionale del citato art. 15,  comma  2,  appare  al  rimettente
rilevante e non manifestamente infondata  per  contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, Cost. e con l'art. 5 dello statuto  speciale  della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  lo  stesso  ritiene  di  sollevarla
d'ufficio. 
    Infatti, secondo la Corte  d'appello  di  Trieste,  il  carattere
risarcitorio del giudizio rende rilevante, ai fini  della  decisione,
la  risoluzione  della  questione  preliminare  sulla  legittimazione
passiva del convenuto nel processo di primo grado, poiche' - in  caso
di  eventuale  accoglimento  della  domanda  di  risarcimento  danni,
secondo quanto disposto dalla norma censurata  -  la  responsabilita'
patrimoniale per i fatti di  causa  si  collocherebbe  in  capo  alle
aziende sanitarie di nuova istituzione,  che  hanno  preso  il  posto
delle soppresse unita' sanitarie locali, e non in capo alla Regione. 
    1.3. - Per quanto, poi, concerne la non  manifesta  infondatezza,
il rimettente ricorda che questa Corte  si  e'  gia'  occupata  della
questione di legittimita' costituzionale  di  altre  norme  regionali
analoghe alla presente. 
    Innanzitutto,  con  la  sentenza  n.  89  del  2000,   la   Corte
costituzionale ha affermato che «l'art. 6, comma primo,  della  legge
724/1994 - a norma del quale in nessun caso le  Regioni  possono  far
gravare, direttamente o indirettamente, sulle  neocostituite  Aziende
Sanitarie i debiti facenti capo alle preesistenti USL -  sebbene  sia
norma a contenuto  specifico  e  dettagliato,  costituisce  principio
fondamentale della  legislazione  nazionale,  vincolante  l'autonomia
finanziaria regionale in materia sanitaria,  in  quanto  inserito  in
un'azione complessiva a carattere generalizzato, volta a contenere il
disavanzo pubblico mediante misure  che,  con  specifico  riferimento
alla spesa sanitaria, incidono su  tutti  gli  enti  di  autonomia  a
statuto speciale e ordinario». 
    Quindi, prosegue la rimettente, con le successive sentenze n. 437
del 2005 e n. 116 del 2007, la Corte costituzionale si e'  nuovamente
occupata di questioni analoghe e, sulla base dello  stesso  principio
stabilito  nella  precedente   citata   decisione,   ha   dichiarato,
rispettivamente, costituzionalmente illegittimi  gli  artt.  1  e  2,
comma primo, della legge della Regione Liguria 24 marzo 2000,  n.  26
(Estinzione delle gestioni liquidatorie in campo sanitario costituite
ai sensi dell'art. 2, comma 14, della  legge  28  dicembre  1995,  n.
549), e l'art. 22, commi 1 e 2, della legge della Regione Calabria 26
giugno 2003, n. 8  (Provvedimento  generale  recante  norme  di  tipo
ordinamentale e finanziario  -  collegato  alla  manovra  di  finanza
generale per l'anno 2003 - art. 3, comma 4, della legge regionale  n.
8 del 2002). 
    A detta della Corte d'appello  di  Trieste,  anche  nel  caso  di
specie,  sussisterebbe  il  legittimo  dubbio  che  la   disposizione
censurata - poiche' non sembra assicurare  la  richiesta  separazione
tra la gestione liquidatoria  delle  passivita'  risalenti  alle  USL
(anteriori al 31 dicembre  1994)  e  le  attivita'  poste  in  essere
direttamente dalle ASL,  con  conseguente  mancata  sottrazione  alle
Aziende del peso delle passivita' precedenti la  loro  istituzione  -
non sia conforme «ai principi fondamentali della legislazione statale
in materia di tutela della salute». 
    2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte ha  spiegato  intervento  il
Presidente   della   Regione   Friuli-Venezia    Giulia,    eccependo
l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione. 
    2.1. -  Dopo  aver  sintetizzato  i  termini  della  questione  e
ricostruito  il  quadro  normativo  di  riferimento,  l'interveniente
ricorda quella giurisprudenza  costituzionale  relativa  a  questioni
analoghe, che avvalorerebbe la tesi dell'infondatezza della  presente
questione (in particolare la sentenza n. 89 del 2000). 
    Infatti, la Corte costituzionale, con la ricordata decisione,  ha
giudicato infondata la questione relativa a due norme  della  Regione
Basilicata, le quali, «in modo del tutto simile all'art. 9, co. 2, 1.
FVG 12/1994, prevedevano il subentro delle aziende  sanitarie  locali
nei procedimenti amministrativi in corso  e  nei  rapporti  giuridici
attivi e passivi gia' posti in essere dalle unita'  sanitarie  locali
preesistenti», negando il contrasto tra tali disposizioni e l'art. 6,
comma  1,  della  legge  23  dicembre  1994,  n.   724   (Misure   di
razionalizzazione  della  finanza   pubblica),   sulla   base   della
considerazione che la Regione, comunque, aveva «previsto, proprio  in
attuazione dell'art. 6  della  legge  n.  724  del  1994,  un  regime
speciale per tutti i rapporti di debito e di credito risultanti  alla
fine del 1994 e facenti capo alle soppresse unita' sanitarie  locali;
regime  che  si  concretizza  non  solo  nella  istituzione  di   una
cosiddetta "gestione a stralcio" o liquidatoria, ma soprattutto nella
separata rilevazione dei predetti rapporti nei capitoli di  bilancio,
la   quale   doveva   appunto   "garantire   la   non    interferenza
economico-finanziaria  della  pregressa   gestione   sulla   gestione
corrente della nuova  Azienda  sanitaria  u.s.l."».  Tutto  cio',  in
quanto obiettivo della  riforma,  secondo  la  difesa  regionale,  e'
quello di garantire alle nuove Aziende sanitarie bilanci non  gravati
da debiti pregressi. 
    Ora, sempre secondo la difesa della Regione Friuli-Venezia Giulia
(che in proposito  ricorda  gli  specifici  interventi  normativi  al
riguardo), questo obiettivo era ed e' realizzabile sia attraverso  la
previsione dell'imputazione diretta di quei debiti alla Regione,  sia
attraverso la previsione di una posta di bilancio a  stralcio  che  -
ferma la legittimazione passiva delle singole aziende - non  venga  a
farli concretamente  gravare  sui  bilanci  delle  stesse  a  partire
dall'intervento  che  ha  riformato   l'articolazione   del   sistema
sanitario. 
    Il   problema,   quindi,   non   sarebbe   e   non   e'    quello
dell'illegittimita'  costituzionale  della  norma  censurata,  bensi'
quello della rispondenza o meno della soluzione adottata  alla  ratio
della riforma statale nel  senso  evidenziato  dalla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 89 del 2000. 
    Pertanto, sempre secondo l'interveniente,  l'elemento  essenziale
per decidere se la norma regionale denunciata  debba  essere  o  meno
dichiarata  incostituzionale,  consisterebbe  nel  verificare  se  «i
debiti accertati con la  gestione  liquidatoria  facciano  capo  alla
Regione,  non  rilevando  il  fatto  che,  "a   regime",   resti   la
responsabilita' delle aziende  sanitarie  per  i  debiti  non  ancora
accertati». 
    2.2. - Nell'atto di intervento si fa presente,  altresi',  che  -
sulla base di quanto disposto dall'art. 1, comma 144, della legge  23
dicembre 1996, n. 662  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza
pubblica),  il  Servizio  sanitario  regionale  e'   finanziato,   in
Friuli-Venezia Giulia, direttamente dalla Regione,  contrariamente  a
quanto previsto in altre Regioni. 
    Di conseguenza, anche nel caso in cui il citato art. 6, comma  1,
della legge n. 724 del 1994 intendesse  escludere  in  assoluto  e  a
tempo indeterminato la responsabilita' delle Aziende  sanitarie,  «la
differenza tra la norma impugnata e quella statale non  implicherebbe
un diverso centro di imputazione  della  spesa  ma  solo  un  diverso
centro di imputazione giuridica della  responsabilita'.  Infatti,  in
base alle norme di cui agli artt. 11 ss. l.r. 49/1996, ogni eventuale
debito  accertato  successivamente  alla  chiusura   delle   gestioni
liquidatorie gravera' sempre, sia pure indirettamente, sulla  finanza
regionale.». 
    Sulla base di tali argomentazioni, la  difesa  regionale  insiste
per  una  declaratoria  di  infondatezza  della  presente  questione,
ricordando ancora che quanto previsto dall'art.  6,  comma  1,  della
legge n. 724 del 1994 (e' citata la sentenza n. 416  del  1995  della
Corte  costituzionale)  «rappresenta  un  intervento  eccezionale   e
temporaneo, in un quadro finanziario di emergenza, che va inserito in
un'azione complessiva, a carattere generalizzato, volta  a  contenere
il disavanzo pubblico, mediante misure che, con specifico riferimento
alla spesa sanitaria, incidono su  tutti  gli  enti  di  autonomia  a
statuto speciale e ordinario (sentenze nn. 222 del  1994  e  357  del
1993)» (cosi' la sentenza n. 89 del 2000,  citata  nell'ordinanza)  -
affermazione questa che, sempre  secondo  la  Regione  interveniente,
risulterebbe dirimente per un'esatta valutazione del contrasto tra la
norma censurata ed il principio espresso dalla norma statale. 
    3. -  In  prossimita'  della  camera  di  consiglio,  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ha  depositato  una  memoria  nella  quale  -
riportandosi a quanto dedotto ed eccepito nell'atto di costituzione -
ribadisce   l'infondatezza   della    questione    di    legittimita'
costituzionale della norma impugnata. 
    3.1. - La difesa regionale sottolinea che, in base alla normativa
statale, le Regioni sono tenute a finanziare solamente i  debiti  che
siano stati accertati  «dalle  gestioni  liquidatorie  e  ritualmente
comunicati ma non ogni altro debito, seppur attinente ad un  rapporto
obbligatorio sorto sotto la pregressa gestione delle Usl». 
    Ad  ulteriore  sostegno  della  sua  tesi,  la  difesa  regionale
sottolinea come la stessa Corte costituzionale, recentemente, con  la
sentenza n. 341 del 2009 (di cui riporta ampi  stralci  relativamente
al punto 6 del Considerato in diritto), avrebbe sancito il  principio
secondo il quale lo  Stato  non  «ha  titolo  per  dettare  norme  di
coordinamento   finanziario   che   definiscano   le   modalita'   di
contenimento di una spesa sanitaria che e' interamente sostenuta»  da
una Regione speciale. 
    Con tale decisione la Corte ha ritenuto fondata la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento relativamente all'art. 61,  comma  14,  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  disposizione  che
prevedeva la riduzione dei compensi  di  dirigenti  e  sindaci  delle
strutture sanitarie, per devolvere gli stessi «al  finanziamento  dei
rispettivi servizi sanitari  regionali,  per  finanziare  l'eventuale
abolizione del ticket». 
    Tale conclusione, per la difesa  regionale,  dovrebbe  applicarsi
anche al caso di specie, essendo la Regione Friuli-Venezia Giulia una
Regione  a  statuto  speciale  che,  come  gia'  ricordato,  provvede
autonomamente, dal  1997,  per  quello  che  riguarda  le  spese  del
servizio sanitario regionale e che «ha applicato l'art. 6,  comma  1,
(come  illustrato  nella  memoria   di   costituzione)   nella   fase
transitoria del passaggio dalle USL  alle  ASL,  ma  [che]  non  puo'
considerarsi soggetta ad un vincolo a tempo indeterminato,  dato  che
autofinanzia il proprio servizio sanitario». 
    3.2. - Inoltre, sulla base delle sopra esposte considerazioni, la
Corte  Costituzionale  -   nel   caso   non   intendesse   accogliere
un'interpretazione «adeguatrice» ritenendo, come richiesto, la citata
norma statale non vincolante per la Regione dopo il 1997 -  potrebbe,
secondo la Regione, autorimettersi la questione di  costituzionalita'
dell'art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui
si applica alla Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Difatti, - prosegue l'interveniente - la  questione  non  sarebbe
irrilevante,  ne'  manifestamente   infondata.   Relativamente   alla
rilevanza, tale norma funge  da  parametro  interposto  nel  presente
giudizio e la stessa non sarebbe  neanche  manifestamente  infondata,
poiche' -  sempre  a  detta  della  Regione  -  l'art.  6,  comma  1,
violerebbe sia l'autonomia finanziaria regionale (artt. 48 e seguenti
dello statuto), sia l'autonomia legislativa regionale  nella  materia
della sanita' (art. 117, terzo comma, Cost. in combinato disposto con
l'art. 10 della 1egge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,  recante
«Modifiche al titolo V della parte seconda della  Costituzione»),  in
quanto il limite posto dalla norma statale, imponendo  uno  specifico
centro di imputazione della  responsabilita',  verrebbe  ad  incidere
sulla spesa regionale,  senza  che  lo  Stato  possa,  in  tal  caso,
invocare  come  titolo  il  potere  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    Pertanto, per questi motivi,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia
conclude chiedendo alla Corte una declaratoria di infondatezza  della
questione e, in subordine, di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 1, penultimo periodo,  della  legge
n. 724  del  1994,  nella  parte  in  cui  si  applica  alla  Regione
Friuli-Venezia Giulia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ordinanza depositata il  1°  settembre  2009,  la  Corte
d'appello di Trieste, sezione II civile - nel corso  di  un  giudizio
civile in grado di appello, promosso  dalla  signora  C.  T.  avverso
l'Azienda Ospedaliera «Santa Maria della Misericordia» di Udine (poi,
Azienda  Ospedaliera  Universitaria  di  Udine  «Santa  Maria   della
Misericordia»), per chiedere il risarcimento dei danni  asseritamente
subiti a seguito  dell'intervento  chirurgico  effettuato  presso  la
struttura  ospedaliera,  in  data  21  agosto  1992  -  ha  sollevato
d'ufficio,  in  riferimento  all'art.   117,   comma   terzo,   della
Costituzione e all'art. 5, numero 16, della legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia), questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma
2, della legge della Regione Friuli-Venezia  Giulia  del  26  ottobre
2006, n. 19 (Disposizioni  in  materia  di  salute  umana  e  sanita'
veterinaria e altre disposizioni per il settore sanitario e  sociale,
nonche' in materia di personale). 
    Secondo la Corte d'appello rimettente la disposizione  censurata,
non assicurando la separazione tra  le  gestioni  liquidatorie  delle
pregresse unita' sanitarie locali  (USL)  e  le  attivita'  poste  in
essere direttamente dalle nuove aziende sanitarie locali (ASL) -  con
conseguente imputazione a queste ultime delle  passivita'  precedenti
alla loro istituzione -  violerebbe  i  principi  fondamentali  della
legislazione statale in materia di tutela della  salute,  poiche'  la
potesta' legislativa concorrente della Regione in materia di  sanita'
deve essere esercitata «con l'osservanza dei limiti generali indicati
nell'art. 4 [dello statuto] ed in armonia con i principi fondamentali
stabiliti dalle leggi dello Stato». 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. - Questa Corte ha gia' esaminato questioni  di  legittimita'
costituzionale analoghe a  quella  oggi  sottoposta  al  suo  vaglio,
relativamente ad alcune disposizioni di  leggi  regionali  che  erano
state censurate proprio per aver individuato nelle aziende  sanitarie
locali, istituite a norma del decreto legislativo 30  dicembre  1992,
n. 502 (Riordino della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a  norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421),  i  soggetti
passivi dei rapporti  obbligatori  sorti  a  carico  delle  soppresse
unita' sanitarie locali, stabilendo anche il subentro delle nuove ASL
in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi gia' posti  in  essere
dalle pregresse USL. 
    Nelle precedenti questioni, come  nell'attuale,  la  censura  era
motivata dal contrasto delle  disposizioni  regionali  impugnate  con
l'art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n.  724  (Misure  di
razionalizzazione della finanza pubblica), il quale prescrive che  in
nessun  caso  le  Regioni  possono  far   gravare,   direttamente   o
indirettamente,  sulle  neocostituite  aziende  i  debiti   pregressi
facenti capo alle preesistenti unita' sanitarie locali, dovendo a tal
fine le Regioni stesse predisporre apposite  «gestioni  a  stralcio»,
individuando, altresi', l'ufficio responsabile delle medesime. 
    Relativamente al  citato  art.  6,  la  Corte,  nelle  precedenti
sentenze (sentenza n. 116 del 2007, n. 435 del  2005  e  n.  416  del
1995) ha affermato - come del  resto  ricordato  anche  dallo  stesso
rimettente - che tale disposizione, sebbene  sia  norma  a  contenuto
specifico  e  dettagliato,  «e'  da  considerare  per  la   finalita'
perseguita,  in  "rapporto  di  coessenzialita'   e   di   necessaria
integrazione"  con  le  norme-principio  che  connotano  il   settore
dell'organizzazione sanitaria locale, cosi' da vincolare  l'autonomia
finanziaria regionale  in  ordine  alla  disciplina  prevista  per  i
"debiti" e i "crediti" delle soppresse unita' sanitarie locali». 
    2.3. - L'art. 15, comma 2, della legge  regionale  Friuli-Venezia
Giulia n.  19  del  2006  non  realizza  quella  impermeabilita'  fra
patrimonio della ASL e situazione debitoria della pregressa USL  tale
da rispettare il vincolo normativo per il  quale  in  nessun  caso  i
debiti delle USL debbono gravare sulle nuove ASL, ne' il  legislatore
regionale  ha  previsto  strumenti  normativi  idonei  «rispetto   ai
pregressi rapporti di credito e  di  debito  delle  soppresse  unita'
sanitarie locali», tali da consentire «ad uno stesso soggetto  -  che
pure subentrava nella loro posizione giuridica  -  ossia  alle  nuove
aziende sanitarie locali, di evitare ogni confusione tra  le  diverse
masse patrimoniali, in modo da tutelare i creditori, ma, nello stesso
tempo,  da  escludere  ogni  responsabilita'  delle  stesse   aziende
sanitarie in ordine ai predetti debiti» (sentenza n. 89 del 2000). 
    Si tratta di principi che debbono applicarsi anche  nel  caso  di
specie, dato che lo statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia (legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1) prevede, al numero 16  del
comma unico dell'art. 5, che la competenza legislativa in materia  di
«igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera» e' attribuita
alla Regione «Con l'osservanza dei limiti generali indicati nell'art.
4 ed in armonia con i principi  fondamentali  stabiliti  dalle  leggi
dello Stato». A cio' si aggiunge che questa Corte ha  gia'  precisato
(sentenza  n.  134  del  2006)  che  la  disposizione  normativa  che
conferisce la competenza legislativa in materia alla suddetta Regione
autonoma ha una portata meno ampia rispetto a  quella  relativa  alla
«tutela della salute» contenuta nel terzo comma dell'art.  117  della
Costituzione.  Pertanto,  questa  Corte  ha  ritenuto  che,  data  la
maggiore «estensione»  che  questa  ultima  disposizione  garantisce,
debba applicarsi quanto previsto nell'art. 10 della  legge  cost.  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), vale a dire «La riconduzione delle  attribuzioni  [del
soggetto] ad autonomia speciale in materia  sanitaria  all'art.  117,
terzo comma, della Costituzione». Ne consegue che,  pur  considerando
la piu' ampia estensione della competenza legislativa  che  le  viene
riconosciuta,  la  Regione  non  puo'   contravvenire   ai   principi
fondamentali della legislazione statale  in  materia,  previsti,  per
cio' che riguarda la presente questione,  dal  citato  art.  6  della
legge n. 724 del 1994. 
    Va quindi dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
15, comma 2, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia  n.  19  del
2006, nella parte in cui non assicura la separazione tra la  gestione
liquidatoria  delle  passivita'  anteriori  al  31   dicembre   1994,
risalenti alle USL, e le attivita' poste in essere direttamente dalle
ASL,  conseguentemente  non  sottraendo  le  Aziende  al  peso  delle
passivita' precedenti la loro istituzione.