Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma
5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme  sulla  condizione  dello  straniero),  come   sostituito   dal
decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge  12  novembre  2004,  n.  271,
promosso dal Giudice di pace di Roma nel procedimento penale a carico
di S. M. con ordinanza del 6 maggio 2009,  iscritta  al  n.  234  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2009; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  Giudice
relatore Maria Rita Saulle; 
    Ritenuto che, con ordinanza del 6 maggio 2009, il Giudice di pace
di Roma, nel corso di un procedimento di convalida del  provvedimento
del Questore di Roma di trattenimento di un cittadino egiziano presso
un  Centro  di  identificazione  ed  espulsione,  ha  sollevato,   in
riferimento agli articoli  13,  24,  97  e  111  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13,  comma  5-ter,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come sostituito dal  decreto-legge
14 settembre 2004, n. 241, convertito in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in  cui
prevede che, «al fine di assicurare la tempestivita' del procedimento
di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'art.  13  e
all'art. 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace,  nei
limiti  delle  risorse  disponibili,  il  supporto  occorrente  e  la
disponibilita' di un locale idoneo»; 
        che, in relazione alla rilevanza della questione, il  giudice
a quo si limita ad  esprimersi  nel  modo  seguente:  «le  situazioni
concrete relative alle convalide dei  provvedimenti  incidenti  sulla
liberta' personale emanati dal Questore», potendo  essere  effettuate
negli stessi locali dei  Centri  di  identificazione  ed  espulsione,
«dove il  giudice  di  pace  deve  recarsi  ed  essere  assistito  da
appartenenti alla Polizia di Stato, con vigilanza esterna ed  interna
anche dell'esercito italiano, destano serie  perplessita'  [...],  in
quanto va preservata l'indipendenza del giudice,  evitando  anche  il
solo  pericolo  di  possibili  condizionamenti  psicologici  di  tipo
ambientale»; 
        che, alle predette affermazioni, il rimettente  aggiunge,  da
un lato, il richiamo di passati «episodi di disappunti orali espressi
da rappresentanti della questura nei confronti dei giudici  di  pace,
che non hanno convalidato i trattenimenti degli  stranieri  presso  i
centri   di   identificazione   ed   espulsione»;   dall'altro,    la
constatazione  delle  difficolta'  logistiche  e  ambientali  cui  il
giudice  di  pace  sarebbe  soggetto  nell'esercizio  delle   proprie
funzioni presso i suddetti Centri, nonche'  la  considerazione  della
piena giurisdizionalita' dei compiti affidati allo stesso giudice  di
pace  nell'ambito  dello  svolgimento  dell'udienza  all'interno  dei
locali dei centri medesimi; 
        che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,
il giudice rimettente afferma che la disposizione oggetto di  censura
«dovrebbe essere emendata riportando  all'interno  degli  uffici  del
giudice di pace, o di locali ad esso riferibili, lo svolgimento delle
udienze  relative  alle   convalide   dei   giudici   di   pace   dei
trattenimenti,  degli  stranieri  espulsi,   presso   i   Centri   di
identificazione ed espulsione, configurandosi in caso  contrario  una
evidente lesione del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. [...]
e del dovere di imparzialita' e di  parita'  davanti  ad  un  giudice
terzo (art. 111 Cost.)»; 
        che  la  disposizione  censurata,  inoltre,  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 97 Cost., in base al  quale  i  pubblici  uffici
sono organizzati secondo disposizioni di legge,  in  modo  che  siano
assicurati il buon andamento e l'imparzialita'  dell'amministrazione,
dal momento che essa non garantirebbe  la  concreta  operativita'  di
entrambi  detti  aspetti  ordinamentali  anche  per  l'attivita'   da
svolgersi nei locali dei Centri di identificazione ed espulsione; 
        che, quanto all'asserito contrasto con l'art.  13  Cost.,  il
rimettente si limita  a  rilevare  che  l'interpretazione  di  questa
disposizione  della  Costituzione,  secondo  la  quale  la   liberta'
personale e' inviolabile,  non  essendone  ammessa  alcuna  forma  di
detenzione  ne'  di   restrizione,   se   non   per   atto   motivato
dell'autorita' giudiziaria e nei soli  casi  e  modi  previsti  dalla
legge, non potrebbe «sottovalutare la  condizione  psicologica  dello
stesso giudice di pace»; 
        che e' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per la manifesta inammissibilita' o, comunque, per
la manifesta infondatezza della questione; 
        che,  in  particolare,  l'Avvocatura   dello   Stato   rileva
l'assoluta carenza di motivazione dell'ordinanza di rimessione  circa
la rilevanza della questione sollevata,  e  cio'  sia  per  la  «mera
eventualita' degli inconvenienti prospettati dal giudice rimettente»,
sia  per  l'assenza  di  una  qualunque   spiegazione   relativamente
all'incidenza di tali inconvenienti sulla questione  di  legittimita'
costituzionale, sia, infine, per  il  fatto  che  il  giudice  a  quo
avrebbe omesso del tutto di  argomentare,  in  relazione  alle  norme
parametro indicate, «circa comprovati condizionamenti esterni  capaci
di inficiare la sua imparzialita' ed indipendenza nell'adozione di un
provvedimento decisorio  riguardante  il  caso  sottoposto  alla  sua
cognizione»; 
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Roma  dubita   della
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma  5-ter,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come  sostituito  dal  decreto-legge  14  settembre
2004, n. 241, convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede che,
«al fine di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida
dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 13 e  all'art.  14,
comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti  delle
risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilita' di un
locale idoneo», in riferimento agli articoli 13, 24, 97 e  111  della
Costituzione; 
        che, in sostanza,  il  rimettente  lamenta  che  il  corretto
esercizio delle funzioni spettanti  al  giudice  sarebbe  compromesso
dallo  svolgimento  del  procedimento   di   convalida   dei   citati
provvedimenti presso la struttura del Centro  di  identificazione  ed
espulsione; 
        che la  questione  risulta  proposta  in  maniera  del  tutto
ipotetica e astratta, essendosi il rimettente limitato a dedurre  una
serie di generiche perplessita' prive di alcun  riferimento  concreto
ad effettivi condizionamenti esterni, idonei ad inficiare la  propria
imparzialita'  ed  indipendenza   nell'adozione   del   provvedimento
giurisdizionale oggetto del giudizio principale; 
        che,  inoltre,  le  motivazioni  addotte  a  sostegno   delle
asserite  lesioni  ai  parametri  costituzionali  invocati  risultano
fondate esclusivamente su meri  inconvenienti  di  fatto,  scaturenti
dall'applicazione della norma censurata, estranei in quanto  tali  al
controllo di costituzionalita'  (ex  plurimis  sentenza  n.  329  del
2009); 
        che, pertanto, cio' determina la  manifesta  inammissibilita'
della questione sollevata;