Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 80,  comma  19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), in combinato disposto con  l'art.  9,  comma  1,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), modificato dall'art. 9 della legge 30 luglio  2002,
n. 189 (Modifica alla normativa  in  materia  di  immigrazione  e  di
asilo), in relazione all'art. 12 della legge 30 marzo  1971,  n.  118
(Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in
favore dei mutilati ed invalidi civili)  e  alla  legge  11  febbraio
1980, n. 18  (Indennita'  di  accompagnamento  agli  invalidi  civili
totalmente  inabili),  promosso  dal   Tribunale   di   Pistoia   nel
procedimento  vertente  tra  P.M.  e   l'Istituto   nazionale   della
previdenza sociale (INPS) ed altri con ordinanza del 22 maggio  2008,
iscritta al n. 170 del registro ordinanze  2009  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  25,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di costituzione dell'INPS; 
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che il Tribunale di Pistoia, con ordinanza del 22 maggio
2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 117, primo comma, 2 e 3
della Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
combinato disposto dell'art. 80, comma 19, della  legge  23  dicembre
2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2001)  e  dell'art.  9,
comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 9,
comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla  normativa
in materia di immigrazione e di  asilo),  in  relazione  all'art.  12
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del  d.l.  30
gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati  ed  invalidi
civili) ed  alla  legge  11  febbraio  1980,  n.  18  (Indennita'  di
accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili), nella parte
in cui tale complesso normativo prevede la  necessita'  del  possesso
della carta di  soggiorno  e  della  relativa  condizione  reddituale
affinche' gli stranieri inabili civili possano fruire della  pensione
di inabilita' e dell'assegno di accompagnamento; 
        che il Tribunale rimettente ha premesso, in fatto, di  essere
stato investito a  seguito  di  ricorso  promosso  da  una  cittadina
extracomunitaria   nei   confronti   dell'INPS   e   del    Ministero
dell'economia e delle finanze, al fine di ottenere il  riconoscimento
del diritto  alla  pensione  di  inabilita'  e  della  indennita'  di
accompagnamento e che, alla  stregua  delle  risultanze  processuali,
l'unico ostacolo che si frappone all'accoglimento della domanda e' il
mancato  possesso,  da  parte  della  ricorrente,  della   carta   di
soggiorno, secondo quanto prescrive l'art. 80, comma 19, della  legge
n. 388 del 2000; 
        che, a parere del giudice  a  quo,  la  disciplina  censurata
contrasterebbe  con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto,
discriminando gli stranieri  invalidi  legittimamente  residenti  nel
nostro Paese  rispetto  ai  cittadini  italiani  parimenti  invalidi,
violerebbe il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto
1955, n. 848, nonche' dall'art. 1  del  Protocollo  addizionale  alla
Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952; 
        che risulterebbe vulnerato anche  l'art.  2  Cost.,  giacche'
sarebbero compromessi i diritti inviolabili dell'uomo e l'adempimento
dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale, dovendosi annoverare
in tale sfera di protezione «il diritto alla salute e alla assistenza
sociale quale strumento per assicurare la tutela ai soggetti privi di
reddito e menomati nella propria integrita' fisica»; 
        che, infine, sarebbe violato anche l'art.  3  della  medesima
Carta, sia perche' i  lavoratori  stranieri  invalidi  risulterebbero
discriminati attraverso la previsione del requisito del reddito,  sia
perche' la  disciplina  impugnata  sarebbe  irrazionale,  in  quanto,
mentre la legge n. 118 del 1971 prevede che per fruire della pensione
di inabilita' non sia superato un certo limite di reddito,  nel  caso
dello straniero -  in  contrasto  con  la  ratio  dell'istituto -  si
richiede, al contrario, un reddito minimo; 
        che nel giudizio si e' costituito l'Istituto nazionale  della
previdenza sociale (INPS) che ha chiesto dichiararsi inammissibile la
questione,  essendo  state  le  norme   censurate   gia'   dichiarate
costituzionalmente illegittime, in parte qua, con le sentenze  n.  11
del 2009 e n. 306 del 2008. 
    Considerato che il Tribunale di Pistoia solleva,  in  riferimento
agli artt. 117, primo comma, 2 e 3 Cost., questione  di  legittimita'
costituzionale del combinato disposto degli artt. 80, comma 19, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001),
e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25  luglio  1998,  n.
286  (Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la   disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello  straniero),  e
successive modificazioni ed integrazioni, in  relazione  all'art.  12
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del  d.l.  30
gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati  ed  invalidi
civili) ed  alla  legge  11  febbraio  1980,  n.  18  (Indennita'  di
accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili), nella parte
in cui tale disciplina prevede la necessita' del possesso della carta
di soggiorno e della relativa  condizione  reddituale  affinche'  gli
stranieri inabili civili possano fruire della pensione di  inabilita'
e dell'assegno di accompagnamento; 
        che,  successivamente  alla  pronuncia  della  ordinanza   di
rimessione, questa Corte,  con  la  sentenza  n.  306  del  2008,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dei  richiamati  art.  80,
comma 19, della legge n. 388 del 2000 e art. 9, comma 1, del  decreto
legislativo n. 286 del 1998 - come modificato dall'art. 9,  comma  1,
della legge n. 189 del 2002 e poi sostituito dall'art.  1,  comma  1,
del decreto legislativo  8  gennaio  2007,  n.  3  (Attuazione  della
direttiva 2003/109/CE relativa allo  status  di  cittadini  di  Paesi
terzi soggiornanti di lungo periodo) - nella parte in  cui  escludono
che l'indennita' di accompagnamento, di cui all'art. 1 della legge n.
18 del 1980, possa essere attribuita agli  stranieri  extracomunitari
soltanto perche' essi non risultano  in  possesso  dei  requisiti  di
reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per
effetto del citato d.lgs. n. 3 del 2007, per i permessi di  soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo; 
        che questa Corte, con la successiva sentenza n. 11 del  2009,
ha esteso i richiamati  dicta  anche  alla  pensione  di  inabilita',
dichiarando la illegittimita' costituzionale dei medesimi  artt.  80,
comma 19, della legge n. 388 del 2000, e 9, comma 1,  del  d.lgs.  n.
286 del 1998, come successivamente modificato,  nella  parte  in  cui
appunto escludono che la pensione di inabilita' di  cui  all'art.  12
della legge n. 118 del 1971 possa essere  attribuita  agli  stranieri
extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in  possesso  dei
requisiti di reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed  ora
previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per  il  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; 
        che, per effetto delle  indicate  pronunce,  le  disposizioni
oggetto di impugnativa sono state espunte  dall'ordinamento,  proprio
nella parte attinta dal dubbio di costituzionalita', facendo, dunque,
venire  meno  l'oggetto  della  questione  sollevata  dal   Tribunale
rimettente,   con   la   conseguenza   che   la   questione   risulta
manifestamente inammissibile (ordinanza n. 17 del 2009). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.