IL GIUDICE Nella causa n. 703/2007 promossa da Martorano Rocco Vincenzo (avv.ti Giuseppe Bettini e Francesco Campora), ricorrente, contro Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (Avv. Giulio Prosperetti), convenuto all'udienza del 20 ottobre 2009, ha pronunziato la seguente ordinanza. Premesso: che, con ricorso depositato il 24 luglio 2007, Martorano Rocco Vincenzo, gia' iscritto alla Cassa convenuta dal 1° gennaio 2002 fino al 12 ottobre 2005 (data di avvenuta cancellazione dell'iscrizione), ha chiesto: in via principale, accertarsi il diritto alla restituzione dei contributi previdenziali versati nel suddetto periodo (per l'importo pari a complessivi € 6.042,36 oltre interessi), gia' richiesta a mezzo di lettera raccomandata A/R del 23 maggio 2007, non essendo maturati i requisiti assicurativi occorrenti ai fini del diritto alla percezione di pensione, nonche' dichiararsi l'insussistenza del diritto vantato dalla stessa Cassa al pagamento delle ulteriori somme a tale titolo pretese (e rateizzate, a fronte dell'iscrizione retroattiva del Martorano, per gli anni 2002 e 2003), invocando l'applicazione dell'art. 21 della legge n. 576/1980 e deducendo la illegittimita' della delibera del Comitato dei Delegati della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense del 28 febbraio 2003 - 23 luglio 2004 (successivamente integrata con delibera del 13 novembre 2004) - con la quale e' stato soppresso il diritto alla restituzione dei contributi corrisposti previsto dalla succitata disposizione di legge e stabilita, in sostituzione, l'erogazione di una pensione a base contributiva - in ragione del prospettato contrasto tra tale previsione (di rango regolamentare, quindi secondario) con il disposto di fonte normativa primaria; in subordine, ha chiesto la condanna della Cassa alla restituzione dei ratei residui pagati con espressa riserva di ripetizione (pari ad € 1.885,36), secondo quanto comunicato con precedente lettera raccomandata A/R del 12 aprile 2007; che parte convenuta resiste alla pretesa attorea, sul rilievo per cui il pagamento effettuato risulta dovuto, in quanto conforme alla delibera del proprio Comitato dei Delegati del 23 luglio 2004, con la quale - in applicazione del nuovo regime previdenziale contributivo introdotto con la legge n. 335/1995, nonche' in virtu' della trasformazione della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense in ente privatizzato e della facolta', asseritamente attribuitale ex lege, di riformare il regime delle prestazioni, e' stato modificato, recependo le indicazioni fornite con atto di indirizzo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Prot. N. 9PP/80658 AVV - L 54 del 24 giugno 2004, l'art. 4 del proprio Regolamento Generale, essendo stata istituita l'erogazione della pensione su base contributiva, in conformita' al disposto di cui all'art. 1, comma 6 della succitata legge n. 335/1995 (trattamento erogabile agli iscritti che abbiano raggiunto i 65 anni di eta' e versato piu' di cinque anni di contribuzione ma meno di 30 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa), fatta salva, in alternativa, l'opzione da parte degli interessati per gli istituti della ricongiunzione o della totalizzazione, avendo la stessa delibera del 23 luglio 2004 - cio' che soprattutto rileva nella fattispecie - stabilito espressamente, altresi', l'irripetibilita' dei contributi «legittimamente versati alla Cassa» da parte degli iscritti e dei loro aventi causa; Ritenuto, in diritto, in base all'esame degli atti e documenti dimessi in giudizio ed alla disciplina di riferimento: che la legge 20 settembre 1980, n. 576 ("Riforma del sistema previdenziale forense") all'art. 21 ("Restituzione dei contributi") dispone: «Coloro che cessano dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione hanno diritto di ottenere il rimborso dei contributi di cui all'art. 10, nonche' degli eventuali contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente legislazione, esclusi quelli di cui alla tabella E allegata alla legge 22 luglio 1975, n. 319. Sulle somme da rimborsare e' dovuto l'interesse legale dal 1° gennaio successivo ai relativi pagamenti»; che il diritto alla restituzione dei contributi previsto dalla specifica disposizione di legge costituisce, come riconosciuto dalla stessa difesa di parte convenuta, un particolare beneficio, eccezionalmente previsto dalla legge a favore dei soggetti iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (vedasi anche, in motivazione, Corte Cost., 9 dicembre 2005, n. 439); che e' incontroverso che il ricorrente, in base all'anzianita' contributiva maturata nel periodo di iscrizione alla Cassa, non ha maturato i requisiti assicurativi ai fini della concessione del trattamento pensionistico; che il Comitato dei Delegati della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, in data 28 febbraio 2003, approvava una prima delibera con la quale era soppresso tale diritto alla restituzione dei contributi versati, sostituito dalla prevista corresponsione di una pensione a carattere contributivo; che tale prima delibera del 23 febbraio 2003 costituiva oggetto di Osservazioni da parte del Ministero del Lavoro, con contestuale richiesta di una serie di modifiche ed emendamenti (con la succitata determinazione del 24 giugno 2004), che sarebbero stati recepiti dal medesimo Comitato dei Delegati della Cassa con la successiva delibera del 23 luglio 2004, oggetto di approvazione da parte dei Ministeri vigilanti (vedasi docc. 1 e 2 parte convenuta); che, in base alla predetta delibera del 23 luglio 2004, il nuovo testo dell'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa (in chiaro contrasto con il disposto dell'art. 21 della legge n. 576/1980 in precedenza richiamato), con decorrenza dal 1° dicembre 2004, recita: «Art. 4 (Restituzione dei contributi e pensione contributiva). 1. Tutti i contributi versati legittimamente alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense non sono restituibili all'iscritto o ai suoi aventi causa, ad eccezione di quelli relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci ai sensi dell'art. 22 ultimo comma, legge n. 576/80. 2. Gli iscritti che abbiano compiuto il 65° anno di eta' e maturato piu' di cinque anni ma meno di trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e che non si siano avvalsi dell'istituto della ricongiunzione ovvero della totalizzazione, hanno diritto a chiedere la liquidazione di una pensione calcolata con il criterio contributivo, salvo che intendano proseguire nei versamenti dei contributi al fine di raggiungere una maggiore anzianita' o maturare prestazioni di tipo retributivo»; che, con riferimento alla disposta irripetibilita' dei contributi versati e non utilizzabili ai fini del trattamento pensionistico, la modifica introdotta dall'organo della Cassa si configura illegittima, in quanto esorbitante dai poteri attribuiti all'autonomia dell'ente da fonti normative di rango primario e contrastante con il diritto espressamente riconosciuto all'interessato che ne avanzi richiesta ai sensi dell'art. 21 della legge n. 576/1980, tale essendo il ricorrente, per quanto si evince dalla corrispondenza dimessa in causa; che, in particolare, l'autonomia relativa alla gestione economica e finanziaria degli enti previdenziali privatizzati, attribuita dal d.lgs. n. 509/1994, non sembra consentire ai medesimi enti di disciplinare in modo autonomo il sistema della contribuzione, atteso che l'art. 3, comma 4 dello stesso d.lgs. dispone espressamente, al contrario che all'atto della trasformazione in associazione o fondazione dell'ente privatizzato, continuera' ad operare la disciplina della contribuzione previdenziale prevista in materia dai singoli ordinamenti mentre il comma 2 dello stesso articolo si limita ad attribuire ai Ministeri vigilanti (individuati, ai sensi del comma 1, nel Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, nel Ministero del Tesoro, nonche' dagli altri Ministeri rispettivamente competenti ratione materiae e quindi, nel caso in questione, in relazione alla Cassa convenuta, nel Ministero della giustizia) il potere di approvare lo statuto ed i regolamenti, nonche' le relative integrazioni o modificazioni (lett. a) e delibere in materia di contributi e prestazioni» ma cio' soltanto all'espressa condizione che la relativa potesta' sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti» (lett. b), dovendosi ribadire, al riguardo, che alcuna previsione normativa risulta aver conferito alla Cassa il potere di incidere o modificare le condizioni del diritto alla restituzione dei contributi previsto dall'art. 21 della legge n. 576/1980 in favore di coloro che siano cessati dall'iscrizione alla medesima Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione; che non puo' condividersi l'assunto di parte resistente, secondo cui il comma 3 del precitato art. 4 avrebbe previsto «la modificabilita' da parte del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministero del Tesoro e, nella specie per la Cassa Avvocati, del Ministro della Giustizia, del regime delle prestazioni ... in ragione del mantenimento dell'equilibrio finanziario e, naturalmente, del miglior trattamento riservato agli iscritti» (vedasi memoria depositata il 14 marzo 2008, pag. 4), atteso che la previsione in questione, in realta', attiene agli indirizzi in materia di formazione del bilancio e degli atti amministrativi a rilevanza finanziaria dell'ente e non pertiene affatto alla modificabilita' del regime delle prestazioni - riservato alla legge - ne', tanto meno, attribuisce alla Cassa il potere di far venir meno il diritto, gia' acquisito in forza di previgente norma di legge, dai soggetti non piu' iscritti alla ripetizione dei contributi versati e non utili ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico; che, a tale riguardo, giova riportare il tenore testuale di tale ultima disposizione «Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con i Ministeri di cui al comma 1, puo' formulare motivati rilievi su: i bilanci preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti cosi' come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva. I suddetti rilievi devono essere formulati per i bilanci consuntivi entro sessanta giorni dalla data di ricezione e entro trenta giorni dalla data di ricezione, per tutti gli altri atti di cui al presente comma. Trascorsi detti termini ogni atto relativo diventa esecutivo»; che, del pari, la riforma di cui alla legge n. 335/1995 non ha introdotto alcuna innovazione a tale riguardo, in quanto essa, nello stabilire, all'art. 1, comma 6, che «l'importo della pensione annua nell'assicurazione obbligatoria ... e' determinato secondo il sistema contributivo» e nel consentire agli enti previdenziali privatizzati - «nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509» ed «allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 2, del predetto decreto legislativo» - secondo quanto disposto dall'art. 12, comma 3 della medesima legge (nel testo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), di emanare «provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti», nonche' di «optare per l'adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge», non ha affatto escluso il diritto alla restituzione dei contributi versati in favore di coloro che cessino dall'iscrizione alla Cassa senza aver conseguito i requisiti assicurativi per il conseguimento del trattamento pensionistico, diritto, giova ribadire, espressamente riconosciuto dall'art. 21 della legge n. 576/1980; letterale del combinato disposto degli artt. 10 e 21 della legge n. 576 del 1980», sul rilievo per cui il principio di solidarieta', «se comporta che nell'ambito della medesima categoria assistita, o anche di diverse categorie, il livello delle prestazioni sia sganciato, entro certi limiti, dall'ammontare delle contribuzioni a vantaggio dei soggetti o delle categorie meno fortunati, non impone certamente che il peso delle prestazioni previdenziali debba essere posto a carico di soggetti non aventi diritto alle medesime prestazioni previdenziali, restando, in ogni caso demandato alla discrezionalita' legislativa la determinazione dei modi e delle forme di tale partecipazione" (cfr. Cass. sez. Lav., n. 5098/2003); cio' che, a ben vedere, costituisce conferma dell'inammissibilita' del potere della Cassa, a prescindere da un'espressa norma di legge attributiva, di abolire il diritto del professionista alla ripetizione dei contributi versati non utilizzabili ai fini pensionistici, diritto riconosciuto dalla legge «non solo per contributi relativi ad intere annualita', ma anche per contributi versati in riferimento ad alcuni mesi dell'anno, senza che assuma rilievo in contrario la circostanza che l'art. 7 della tessa legge n. 576 del 1980 rapporti all'anno solare la misura dell'obbligo contributivo dell'avvocato iscritto all'albo» (cfr. Cass. sez. Lav. n. 5019/2002); che in definitiva, per quanto sin qui esposto, sulla base della normativa previgente - giova ribadire mai abrogata - in virtu' della quale il Martorano ha fatto valere il proprio diritto alla restituzione dei contributi gia' corrisposti ed ha fatto riserva di ripetizione di quelli, del pari corrisposti, pretesi dalla Cassa nell'ambito della rateizzazione concessa in relazione al periodo di iscrizione (secondo quanto gia' richiesto rispettivamente a mezzo lettere raccomandata A/R del 23 maggio 2007 e del 12 aprile 2007) - la domanda del ricorrente risulterebbe fondata e meritevole di accoglimento, attesa l'illegittimita' della modifica apportata all'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa convenuta attraverso la delibera del Comitato dei Delegati del 23 luglio 2004, relativamente all'esclusione del diritto alla ripetizione oggetto di domanda; che tale contestata riforma regolamentare, di rango innegabilmente subordinato rispetto alla disciplina di legge, ha di fatto leso il diritto del ricorrente, imponendogli una contribuzione che non potra' consentire al medesimo di beneficiare del trattamento pensionistico basato sul sistema contributivo (non avendo il Martorano maturato piu' di 5 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla cassa di Previdenza Forense, secondo quanto stabilito con l'art. 4 del Regolamento Generale modificato), non potendosi ritenere tale pregiudizio compensato dalla possibilita' di opzione per gli istituti della ricongiunzione (ex lege n. 45/1990) e della totalizzazione (ai sensi della legge n. 243/2004 e del d.lgs. n. 42/2006), costituendo evidentemente l'accesso a tali istituti una mera facolta' dell'interessato, non gia' un obbligo; che la Legge 27 dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», all'art. 1, comma 763 ha testualmente disposto: «All'articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: - "Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilita' delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi e' da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai trenta anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo 2, comma 2, e' redatto secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sentite le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate Consiglio nazionale degli attuari nonche' dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. L' esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto art. 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualita' e di equita' fra generazioni. Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l'ente interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509". Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge»; che la difesa del ricorrente, all'udienza del 20 ottobre 2009, ha proposto eccezione di legittimita' costituzionale della succitata disposizione di legge, in quanto in contrasto con il principio di uguaglianza, avendo essa introdotto un'ingiustificata disparita' di trattamento in pregiudizio dei lavoratori gia' iscritti alla cassa titolari di posizioni contributive non utili ai fini della concessione del trattamento pensionistico; che, richiamate le considerazioni che precedono, deve sollevarsi, detta eccezione, con riferimento alla parte della norma censurata con la quale e' stato espressamente disposto che «Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge», appare non manifestamente infondata e rilevante ai fini della decisione della presente controversia, ravvisandosi contrasto tra la stessa previsione legislativa e gli artt. 2, 3, 23, 24, 38 Cost., anche in ragione degli argomenti integrativi che di seguito si passa ad esporre. Ritenuto, quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale: che, per quanto dianzi chiarito, la domanda del ricorrente volta alla restituzione dei contributi versati, in relazione al disposto di cui all'art. 21 della legge n. 576/1980 e dell'art. 3, comma 12 dodicesimo della legge n. 335/1995, risulterebbe fondata in base alla disciplina normativa in materia in essere anteriormente lla sopravvenienza dell'art. 1, comma 763, secondo periodo della legge 27 dicembre 2006, n. 296; che in effetti l'art. 3, comma 12 della legge n. 335/1995 nel testo vigente al momento dell'adozione della delibera della quale il ricorrente ha contestato la legittimita', prevedeva che gli enti previdenziali privatizzati potessero adottare solo «provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti»; che, invece, l'art. 1, comma 763 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 da un lato, al primo periodo, modifica l'art. 3, comma 12 della legge n. 335/1995, ampliando considerevolmente l'autonomia ed i poteri degli enti previdenziali privatizzati (stabilendo che possono, genericamente, essere adottati «tutti i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine»); dall'altro, contestualmente, al secondo periodo, ha espressamente fatto salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti ... ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge» (secondo periodo del comma 763); che, a ben vedere, gli atti ed i provvedimenti precedentemente emanati e «fatti salvi», in assegna di esclusioni o specificazioni di sorta, sono quelli gia' sottoposti ad approvazione dei Ministeri vigilanti e, quindi, a norma dell'art. 3, comma 2 del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, vale a dire «a) lo statuto e i regolamenti, nonche' le relative integrazioni o modificazioni; b) le delibere in materia di contributi e prestazioni»; che la determinazione del Comitato dei Delegati della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense del 28 febbraio 2003 - 23 luglio 2004, della quale il ricorrente ha dedotto la illegittimita', e' compresa tra «gli alti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti ... ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore» della precitata legge n. 296/1996 (legge finanziaria per il 2007) e quindi, evidentemente, tra quelli «fatti salvi» dalla disposizione in esame; che la disposizione di cui all'art. 1, comma 763 della legge n. 296/2006 non puo' essere intesa come mera «conferma di efficacia» degli agli atti e deliberazioni gia' legittimi secondo la previdente disciplina, in quanto tale soluzione ermeneutica comporterebbe una sostanziale interpretatio abrogans: la norma, intesa in tal senso, non avrebbe infatti alcuna ragion d'essere, posto che, secondo i principi generali, un atto ab origine legittimo non diventa illegittimo o perde efficacia in relazione ad una norma sopravvenuta che modifica (peraltro nella sostanza ampliandolo) il potere e l'autonomia dell'organo che ha emesso l'atto; che, per altro verso, la disposizione neppure puo' essere interpretata come «sanatoria» con effetti limitati al solo periodo successivo all'entrata in vigore della legge, posto che, testualmente, sono fatti salvi, dal punto di vista oggettivo, «gli atti ed i provvedimenti» gia' adottati prima dell'entrata in vigore della legge e, quindi sono rese - attraverso norma di fonte primaria - valide le deliberazioni assunte in precedenza, con la relativa decorrenza temporale; di tal che la «salvezza» dell'atto (amministrativo o comunque non legislativo) disposta con la legge successiva comporta che tale atto debba essere considerato legittimo ab origine, anche se contrario alla legge previgente; determinando quindi la «salvezza» la validita' e legittimita' sopravvenuta della regolamentazione contenuta nell'atto «sanato» con la relativa efficacia temporale, atteso che la fonte primaria, nel momento in cui «fa salvo» un atto precedente alla sua entrata in vigore, ha «naturalmente» (e salva espressa disposizione contraria, che nel caso di specie non ricorre) effetto retroattivo, coincidente con quello di decorrenza dell'atto «sanato»; che il secondo periodo dell'art. 1 comma 763 della legge n. 296/2006, nel disporre la «salvezza» degli atti precedentemente emanati va ricollegato, in via di interpretazione sistematica, con quanto stabilito al periodo immediatamente precedente (ampliamento dei poteri delle gestioni previdenziali autonome, per garantire la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine e, in particolare, soppressione del vincolo del necessario rispetto del criterio pro rata, che deve essere solo tenuto presente e contemperato con altri criteri e principi, tra i' quali l'equita' tra generazioni): la ratio risulta quindi quella di salvaguardare e mantenere ferme le precedenti regolamentazioni gia' approvate in sede ministeriale, anche se in ipotesi illegittime secondo la legge precedente, perche' gia' in linea con i nuovi criteri, ovvero «piu' rigorose» dal punto di vista dell'arco di tempo di valutazione dell'equilibrio finanziario e del mancato rispetto (almeno in termini rigorosi) del criterio del pro rata, a vantaggio delle generazioni future; che pur in assenza di significativi elementi desumibili dai lavori preparatori (la disposizione non curava nel disegno di legge originario e fu introdotta con il «maxiemendamento» governativo sul quale fu posta la fiducia), occorre considerare che l'intervento legislativo intervenne quando era gia' insorto un nutrito contenzioso in merito alla legittimita' delle deliberazioni assunte dagli enti previdenziali privatizzati, che, per esigenze di equilibrio delle gestioni e di equita' intergenerazionale, avevano introdotto modifiche nei parametri pensionistici anche non aderenti al principio del pro rata ed inciso anche sui requisiti di accesso e fruizione di determinati trattamenti pensionistici; che, pertanto, non appare configurabile alcun «dubbio interpretativo», essendo quella dianzi ricostruita l'unica interpretazione ragionevolmente possibile della disposizione - avuto riguardo al «significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» («salvezza» riferita oggettivamente «agli atti e deliberazioni» precedentemente emanati), alla collocazione sistematica (immediatamente successiva alla introduzione della possibilita' di adottare «tutti provvedimenti necessari», con possibili «deroghe» al principio del pro rata), al contesto storico-normativo in cui e' avvenuta la sua emanazione (contenzioso in merito alla legittimita' delle delibere che non avevano rispettato il principio del pro rata) - inducendo i suindicati univoci argomenti esegetici ad attribuire alla disposizione il significato di una norma di «sanatoria», con la quale, per l'appunto, sono «fatti salvi» atti e provvedimenti precedentemente emanati (pur se in ipotesi illegittimi in base alla disciplina previgente), con «naturale» efficacia retroattiva, riferita, per relationem, alla decorrenza degli atti «sanati», non essendo conseguentemente dato pervenire ad una diversa interpretazione adeguatrice della norma in esame; che da quanto sin qui esposto deriva che a questo Giudice e' precluso il potere di disapplicazione della norma regolamentare (art. 4 del Regolamento Generale della Cassa) in contrasto con l'art. 21 della legge n. 576/1980, atteso- che detta norma regolamentare (rectius, la delibera dell'organo dell'ente previdenziale con cui essa e' stata modificata) e' stata fatta espressamente salva, con efficacia retroattiva, dall'art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006; circostanza evidentemente assorbente rispetto al rilievo difensivo del ricorrente circa l'asserito eccesso dai limiti della potesta' normativa riconosciuta alla Cassa dalla normativa vigente, con particolare riferimento al disposto di cui all'art. 3, comma 12 della legge n. 335/1995, in virtu' del quale non sarebbe stato «ammissibile una modifica dei requisiti d'accesso ai trattamenti pensionistici, essendo unicamente consentita una modificazione dei criteri di determinazione degli stessi» (vedasi memoria depositata il 1° settembre 2008, pag. 2); che, nel caso di specie, essendo il ricorrente cessato dall'iscrizione alla Cassa a far tempo dal 12 ottobre 2005, egli, in base all'art. 21 della legge n. 576/1980, non avendo maturato i requisiti assicurativi occorrenti per l'accesso alla pensione (circostanza incontestata), aveva acquisito il diritto alla restituzione dei contributi versati, per il complessivo importo di € 6.042,36 (cfr. doc. 1 allegato all'atto introduttivo), avendo invece l'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa, come modificato dalla delibera del Comitato dei Delegati della Cassa del 23 luglio 2004 - previsione «fatta salva» dall'art. 1, comma 763 della L. n. 296/2006 - precluso al medesimo l'esercizio di tale diritto, stabilendo l'irripetibilita' di tali contributi, in palese contrasto con il precitato art. 21 della legge n. 576/1980 (che non risulta oggetto di abrogazione, ne' espressa, ne' tacita, attraverso fonte normativa di pari rango); che, gia' anteriormente all'introduzione del presente giudizio - il Martorano ha intimato alla Cassa (a mezzo del proprio legale, con lettera raccomandata del 23 maggio 2007) la restituzione dei contributi versati, in base al disposto di cui all'art. 21 della legge 576/1980 e provveduto al pagamento, con espressa riserva di ripetizione, dei contributi rateizzati relativi al periodo di iscrizione retroattiva (vedasi lettere raccomandate dell'8 marzo 2006 e del 12 aprile 2007); che, a tale ultimo riguardo, qualora la disposizione di legge censurata dovesse essere dichiarata costituzionalmente illegittima, ne deriverebbe non soltanto la possibilita' di disapplicare l'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa, ai fini della ripetibilita' dei contributi versati, ma anche di affermare il carattere indebito del versamento (eseguito con riserva di ripetizione) di quelli relativi al periodo di iscrizione retroattiva, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 142/1992, non essendo essi comunque idonei, stante la cessazione dell'iscrizione del ricorrente a far tempo dal 12 ottobre 2005, a consentire al medesimo l'accesso al trattamento pensionistico; che, in generale, essendo la disposizione di cui all'art. 1 comma 763 della legge n. 296/2006 applicabile alla fattispecie per cui e' controversia, appare evidente che dall'eventuale accoglimento della questione di legittimita' costituzionalita' della norma deriverebbe un mutamento nel quadro normativo di riferimento rilevante ai fini della decisione. Ritenuto, quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale: che la Corte costituzionale ha piu' volte chiarito che «le leggi di sanatoria non sono costituzionalmente precluse in via di principio ma che, tuttavia, trattandosi di ipotesi eccezionali, la loro giustificazione dev'essere sottoposta a uno scrutinio particolarmente rigoroso», atteso che l'intervento legislativo in sanatoria puo' «essere ragionevolmente giustificato soltanto dallo stretto collegamento con le specifiche peculiarita' del caso» (sent. n. 94 del 1995), cosi' da doversi «escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale - originariamente applicabile - con quella eccezionale successivamente emanata» (sent. n. 100 del 1987; cfr. anche sent. n. 402 del 1993, sent. n. 346 del 1991 e sent. 474 del 1988, oltre alla gia' citata sent. n. 94 del 1995)»: cosi', in motivazione, la sentenza n. 14/1999 della Consulta; che, in particolare, e' stato precisato che siffatto «scrutinio di costituzionalita' estremamente rigoroso» deve essere condotto «tanto sotto il profilo del rispetto del principio costituzionale di parita' di trattamento, quanto sotto il profilo della salvaguardia da indebite interferenze nei confronti dell'esercizio della funzione giurisdizionale» (sentenza n. 94/1995), sottolineandosi che solo pubblici interessi «possono giustificare sanatorie di atti ab origine illegittimi (sent. n. 94 del 1995, 402 del 1993, 100 del 1987), atteso che la volonta' di sanatoria, per poter legittimamente superare, alla stregua dell'art. 3 in riferimento, nella specie, all'art. 97 Cost., una precedente valutazione dell'interesse pubblico gia' operata dalla legge, deve essere sostenuta dall'assunzione di altro interesse pubblico, non irragionevolmente idoneo a giustificare il contrasto che viene a crearsi tra due diverse manifestazioni di volonta' legislativa concorrenti sulla medesima fattispecie» (sentenza 141/1999); che la stessa Corte Costituzionale, in alcune pronunzie, ha inoltre statuito che «in materia di ordinamento pensionistico, sono costituzionalmente illegittime quelle modificazioni legislative che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando sia gia' subentrato lo stato di quiescenza, peggiorino, senza un'inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attivita' lavorativa» (Corte Cost., 14 luglio 1988, n. 822); che l'iscrizione del ricorrente alla Cassa (approvata con delibera della Giunta Esecutiva del 30 gennaio 2004) a decorrere dall'anno 2002, in base a quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 141/1992, essendo avvenuta allorche' il Martorano era ormai ultrasessantenne, deve ragionevolmente ritenersi essere stata richiesta dall'interessato nella consapevolezza di poter recuperare la contribuzione relativa all'attivita' professionale - a quel tempo garantita dall'art. 21 della legge n. 576/1980, prima della modifica dell'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa introdotta con la delibera del 23 luglio 2004 - nel caso (gia' a quel tempo pressoche' certo ed in concreto effettivamente verificatosi) di cessazione dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione; che, essendosi gia' determinato un nutrito contenzioso in merito alla legittimita' della delibera, l'intervento della disposizione di sanatoria (senza peraltro alcuna specifica previsione transitoria in relazione ai giudizi pendenti) rischia di ledere «l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto» (Corte cost. 10 febbraio 1993 n. 39, Id., 26 gennaio 1994 nn. 6 e 16, Id., 28 febbraio 1997 n. 50, Id., 23 dicembre 1997 n. 432, Id., 22 novembre 2000 n. 525); che, pertanto, la disposizione di «sanatoria» dei precedenti atti e provvedimenti degli enti previdenziali privatizzati, pur ispirata ad esigenze di equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali e, soprattutto, di equita' tra generazioni, si pone tuttavia in netto contrasto con l'affidamento nella sicurezza giuridica e con le legittime aspettative dei lavoratori, sanando un atto ab origine illegittimo, qualora, come nel caso di specie, venga irragionevolmente compresso un diritto riconosciuto da disposizione di legge (peraltro non abrogata), quale e' quello concernente la ripetizione, in favore di chi sia cessato dall'iscrizione, dei contributi versati ma non utili ai fini del riconoscimento del trattamento pensionistico; che, peraltro, una sanatoria cosi' «generalizzata», estesa a tutti i provvedimenti amministrativi degli enti di previdenza, anche se non rispettosi del principio del pro rata ed incidenti su diritti garantiti da disposizioni di legge - senza alcuna esplicitazione delle ipotetiche ragioni per le quali viene attribuita, ex post, validita' ad atti illegittimi - risulta di per se' irragionevole ed in contrasto con il principio di riserva di legge ex art. 23 cost. applicabile in materia, consentendo all'ente previdenziale, attraverso l'esclusione della ripetibilita' dei contributi non utilizzabili, gia' garantita dalla previgente disciplina di legge, l'imposizione di una prestazione patrimoniale obbligatoria in base ad una propria unilaterale determinazione, in mancanza di preventivo conferimento del relativo potere da parte del legislatore (vedasi sul punto, da ultima, Corte cost. sent. 14 giugno 2007 n. 190, in materia di contribuzione alla Fondazione O.N.A.O.S.I.), determinazione resa «legittima» soltanto, per l'appunto, attraverso la norma in sanatoria successivamente intervenuta, nonche' con i principi posti dagli artt. 2, 3, 24 e 38 Cost. precludendo la norma irragionevolmente la tutela di un diritto gia' riconosciuto all'interessato dall'ordinamento, la sua deducibilita' in sede giurisdizionale, senza alcuna esplicitazione delle ragioni della diversita' di disciplina rispetto a quella riservata agli altri soggetti titolari di situazioni giuridiche analoghe ed in contesto ordinamentale che, giova ribadire, presuppone l'impossibilita' di accesso da parte dei contribuenti al trattamento previdenziale, non potendosi siffatto sacrificio imposto agli interessati, integrante obiettiva disparita' di trattamento, considerarsi giustificato o compensato dalla facolta', per i medesimi, di optare per gli istituti della ricongiunzione (ex lege n. 45/1990) e della totalizzazione (ai sensi della legge n. 243/2004 e del d.lgs. n. 42/2006), trattandosi di mere facolta', peraltro esercitabili nella ricorrenza di requisiti determinati, non necessariamente ricorrenti in concreto; che, ricostruito nei termini suindicati il quadro normativo di riferimento, non e' dato a questo Giudice pervenire ad un'interpretazione adeguatrice della disposizione di legge censurata, attesa l'univoca chiarezza del tenore testuale della stessa e non essendo valorizzabili, in senso contrario gli altri criteri ermeneutici sussidiari; che, in effetti, «l'interpretazione adeguatrice dei giudici ha possibilita' di esplicazione soltanto quando una disposizione abbia carattere «polisenso» e da essa sia enucleabile, senza manipolare il contenuto della disposizione, una norma compatibile con la Costituzione attraverso l'impiego dei canoni ermeneutici prescritti dagli art. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, mentre nell'impossibilita' di conformare la norma in termini non incostituzionali il giudice non puo' disapplicarla, ma deve rimettere la questione di legittimita' costituzionale al vaglio del Giudice delle leggi»; che, in altri termini, giudice ordinario e' tenuto autonomamente a verificare, con l'uso di tutti gli strumenti ermeneutici dei quali dispone, se una data disposizione possa realmente assumere un significato costituzionalmente compatibile e, qualora le premesse ermeneutiche della soluzione proclamata costituzionalmente obbligata travalichino i limiti dell'interpretazione letterale-logico-sistematica, il giudice «ha il dovere di non attenersi a quella soluzione, per la decisiva ragione che, in caso contrario, disapplicherebbe una norma vigente e arrecherebbe un vulnus ai principi di legalita' e di soggezione alla legge» (cosi' in motivazione, Cass. S.U. Penali 17 maggio 2004, n. 23016); che, nel caso di specie, richiamate le considerazioni che precedono, non puo' sussistere alcun «dubbio interpretativo» e l'unica e sola interpretazione possibile della disposizione censurata - avuto riguardo al «significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» («salvezza» riferita oggettivamente «agli atti e deliberazioni» precedentemente emanati dall'ente previdenziale), alla collocazione sistematica (immediatamente successiva alla introduzione della possibilita' di adottare «tutti provvedimenti necessari», con possibili «deroghe» al principio del pro rata), alle circostanze storiche relative alla emanazione (contenzioso in merito alla legittimita' delle delibere che non avevano «rispettato» il principio del pro rata) - induce, univocamente ad attribuire alla disposizione il significato di una norma di «sanatoria» con la quale sono «fatti salvi», indiscriminatamente, «atti e deliberazioni» precedentemente emanati dagli organi degli enti previdenziali (nella specie, della Cassa resistente), prescindendo dall'individuazione del tipo di vizio da cui essi sarebbero affette, con espressa efficacia retroattiva, riferita, per relationem, alla decorrenza degli atti «sanati», dovendosi quindi escludere che la norma di legge in questione abbia natura interpretativa, atteso che essa, cosi' come strutturata, non si riferisce e non si salda a previgenti disposizioni di legge, intervenendo sul significato normativo di queste, dunque lasciandone intatto il dato testuale ed imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche gia' ricomprese nell'ambito semantico della legge interpretata, rendendo la norma censurata, al contrario, di fatto priva di efficacia la previsione di cui all'art. 21 della legge n. 576/1980 (in effetti mai abrogata) e cio' soltanto in dipendenza della sanatoria della determinazione del Comitato dei Delegati della Cassa con cui e' stato modificato l'art. 4 del Regolamento dello stesso ente.