Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  3,  comma  2,
della legge della Regione Lazio 4 dicembre 2008, n.  21  (Istituzione
del Parco naturale regionale Monti Ausoni e  Lago  di  Fondi  nonche'
dell'ente di gestione del suddetto parco),  promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 6 febbraio 2009,
depositato in cancelleria il 16 febbraio 2009 ed iscritto  al  n.  11
del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Udito l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con ricorso notificato in data 5 febbraio 2009,  il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso  dalla
Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  sollevato,  in   riferimento
all'art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2,  della
legge della Regione Lazio 4 dicembre 2008,  n.  21  (Istituzione  del
Parco naturale  regionale  Monti  Ausoni  e  Lago  di  Fondi  nonche'
dell'ente di gestione del suddetto parco); 
        che  il  ricorrente  -  premesso  che  la   finalita'   della
istituzione del parco naturale in questione e' di consentire  sia  la
conservazione e la valorizzazione  del  territorio  e  delle  risorse
naturali dell'area dei Monti Ausoni  e  del  lago  di  Fondi  sia  lo
sviluppo economico e sociale, attraverso la promozione  di  attivita'
economiche compatibili, delle popolazioni ivi insediate - rileva  che
la normativa censurata  ha  anche  istituito  un  ente  regionale  di
diritto pubblico, denominato appunto «Parco  naturale  regionale  dei
Monti Ausoni e del Lago di Fondi», organizzato e gestito  secondo  le
disposizioni della legge della Regione Lazio 6 ottobre  1997,  n.  29
(Norme in materia di aree naturali protette regionali), il quale, fra
i suoi compiti, ha quello di adottare il piano e il  regolamento  del
parco nonche' il piano pluriennale di promozione economica e sociale; 
        che la difesa erariale, dopo aver brevemente  riferito  sulle
altre disposizioni contenute nella predetta legge regionale n. 21 del
2008,  rileva   che   essa   presenta   profili   di   illegittimita'
costituzionale; 
        che,  sebbene  le  Regioni  siano  titolari   di   competenza
legislativa concorrente in materia di «governo  del  territorio»,  la
parte ricorrente osserva  come  la  disciplina  dei  parchi  naturali
rientri nella potesta' esclusiva statale per i profili  attinenti  la
tutela del paesaggio e dell'ambiente, ai sensi dell'art.  117,  comma
secondo, lettera s), della Costituzione; 
        che da cio' il ricorrente ricava  la  vincolativita'  per  il
legislatore  regionale  delle  disposizioni  contenute  nel   decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137), che
fissano termini minimi ed uniformi  di  tutela  validi  su  tutto  il
territorio nazionale; 
        che sarebbe, pertanto, illegittimo, in  quanto  in  contrasto
con le disposizioni contenute nel predetto d.lgs.  n.  42  del  2004,
l'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 21  del  2008,  il  quale
prevede che  «per  l'organizzazione  dell'ente  regionale  e  per  la
gestione del parco si applicano le disposizioni del capo II,  sezione
I e del capo  II  della  legge  regionale  n.  29/1997  e  successive
modifiche»; 
        che, prosegue la parte ricorrente, fra le  norme  come  sopra
applicabili vi e' l'art. 26 della legge regionale n. 29 del 1997,  il
quale, al comma 6, dispone che «il piano dell'area naturale  protetta
ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico  ai  sensi
dell'art. 25, comma 2, della legge n. 394 del 1991  e  sostituisce  i
piani paesistici ed i piani territoriali o urbanistici  di  qualsiasi
livello»; 
        che tale disposizione regionale deve considerarsi superata  a
seguito della entrata in vigore dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n.
42 del 2004, il quale prescrive: «per quanto attiene alla tutela  del
paesaggio, le disposizioni  dei  piani  paesaggistici  sono  comunque
prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di  pianificazione
ad incidenza territoriale previsti dalla normativa  di  settore,  ivi
compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette»; 
        che,  chiarisce  l'Avvocatura,  la  norma  da  ultimo  citata
prevede un modello gerarchico tra  gli  strumenti  di  pianificazione
adottati ai diversi livelli di governo, disponendo la prevalenza  dei
piani paesaggistici sulle difformi previsioni contenute negli atti di
pianificazione  aventi  limitata  incidenza  territoriale,   compresi
quelli adottati dagli enti gestori delle aree naturali protette; 
        che, pertanto, la disciplina statale, secondo l'avviso  della
parte  ricorrente,  esclude  sia  che  la  salvaguardia  dei   valori
paesaggistici possa essere assicurata da strumenti diversi dai  piani
paesaggistici sia che questa possa cedere ad esigenze urbanistiche  o
naturalistiche rappresentate in diversi strumenti di pianificazione; 
        che il contrasto fra la  normativa  regionale  e  i  riferiti
principi,  comportando  il   superamento   «della   separatezza   fra
pianificazione territoriale ed  urbanistica  da  un  lato,  e  tutela
paesaggistica dall'altro»  nonche'  l'inserimento  della  tutela  del
paesaggio  nell'ambito   del   sistema   della   pianificazione   del
territorio, integrerebbe, secondo il ricorrente,  gli  estremi  della
violazione dell'art. 117, commi secondo, lettera s), e  terzo,  della
Costituzione; 
        che, con atto del 4 marzo 2009, si e' costituita in  giudizio
la Regione Lazio, in persona del Presidente  pro  tempore,  chiedendo
che la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale
n. 21 del 2008 sia rigettata e riservando  a  successiva  memoria  lo
svolgimento delle sue difese; 
        che in data 28 gennaio 2010 il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, per il tramite della Avvocatura generale  dello  Stato,  ha
depositato atto di rinunzia al ricorso, giusta conforme deliberazione
governativa del 28 maggio 2009; 
        che, solo con comunicazione pervenuta presso  la  cancelleria
della Corte il 23 febbraio 2010, data fissata per la discussione  del
ricorso in udienza pubblica, il procuratore costituito della  Regione
Lazio dichiarava «di accettare la rinuncia al ricorso». 
    Considerato che, successivamente alla  proposizione  del  ricorso
col quale e' stata sollevata la presente  questione  di  legittimita'
costituzionale, e' stata  approvata,  promulgata  ed  e'  entrata  in
vigore la legge della Regione Lazio 30  marzo  2009,  n.  5,  recante
«Modifica alla legge regionale  6  ottobre  1997,  n.  29  (Norme  in
materia di aree naturali protette regionali)», la quale, all'art.  1,
ha sostanzialmente innovato il comma 6 dell'art. 26 della legge della
Regione Lazio 6 ottobre  1997,  n.  29  (Norme  in  materia  di  aree
naturali protette regionali), cioe' la disposizione legislativa  che,
in quanto richiamata come applicabile dal comma 2 dell'art.  3  della
legge della Regione Lazio 4 dicembre 2008,  n.  21  (Istituzione  del
Parco naturale  regionale  Monti  Ausoni  e  Lago  di  Fondi  nonche'
dell'ente di gestione del suddetto parco),  determinava,  secondo  la
prospettazione contenuta nel ricorso introduttivo  del  giudizio,  la
illegittimita' costituzionale della norma ultima citata; 
        che, con atto depositato  presso  la  cancelleria  di  questa
Corte in data 28  gennaio  2010,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, stante la conforme deliberazione governativa del 29  maggio
2009, comunicava di aver rinunziato a ricorso ora  in  questione,  in
quanto  l'intervenuta  modifica  consentiva  di   ritenere   avvenuto
«l'adeguamento della normativa regionale  alle  disposizioni  dettate
dal legislatore nazionale in materia di protezione del paesaggio»; 
        che, a  fronte  di  tale  atto,  non  perveniva  una  formale
accettazione della rinuncia da parte della Regione  Lazio,  tale  non
potendosi ritenere la dichiarazione  ricevuta  dalla  cancelleria  di
questa Corte il giorno stesso in cui si  e'  tenuta  l'udienza  nella
quale  il  ricorso  e'  stato  trattato,  in  quanto,  formulata  dal
procuratore  costituito  della  Regione,  non  rinviava   ad   alcuna
deliberazione assunta  nel  medesimo  senso  da  parte  della  Giunta
regionale,  organo  dotato  di  legittimazione   a   procedere   alla
accettazione della rinunzia proveniente dalla controparte  (ordinanza
n. 418 del 2008); 
        che, tuttavia, secondo la costante giurisprudenza  di  questa
Corte, la rinuncia non regolarmente accettata, pur non comportando la
estinzione del processo, puo' fondare, unitamente ad altri  elementi,
una dichiarazione di cessazione  della  materia  del  contendere  per
carenza di interesse del ricorrente (fra le molte, ordinanze n. 159 e
n. 53 del 2009 e n. 418 del 2008); 
        che, nella specie, non risulta che la norma  impugnata  abbia
avuto, nel periodo precedente alla  intervenuta  modificazione  della
disposizione da essa richiamata, applicazione; 
        che  il  suindicato  intervento  normativo   puo'   ritenersi
satisfattivo della pretesa avanzata col ricorso, anche  tenuto  conto
dell'inequivoco contenuto dell'atto di rinuncia; 
        che  sono,   pertanto,   venute   meno   le   ragioni   della
controversia.