Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 11  e  13  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell'art. 18, comma 4-bis, lettera a),
del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185  (Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in
legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n.
2, promossi dalle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto,  Liguria,
Umbria, Toscana, Puglia, Campania, Valle d'Aosta,  Sicilia,  Lazio  e
Toscana, con ricorsi notificati il 16, il 17 e il 20 ottobre 2008, ed
il 23 marzo 2009, depositati in cancelleria il 22, il 24, il  27,  il
28 ed il 29 ottobre 2008, il 5 novembre 2008 ed il 27  marzo  2009  e
rispettivamente iscritti ai nn. 67, 69, 70, 72, 73, 74, 78,  79,  84,
88 e 89 del registro ricorsi 2008 ed al n. 23  del  registro  ricorsi
2009. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche'  l'atto  di  intervento  della  Regione  Lazio  nel
giudizio promosso dalla Regione Campania (reg. ric. n. 79 del 2008); 
    Udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2010  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Uditi gli avvocati Stefano Santarelli per  la  Regione  Piemonte,
Giandomenico Falcon e Luigi  Manzi  per  le  Regioni  Emilia-Romagna,
Liguria e Umbria, Mario Bertolissi  e  Luigi  Manzi  per  la  Regione
Veneto, Pasquale Mosca per la Regione Toscana, Nino  Matassa  per  la
Regione Puglia, Vincenzo Cocozza per la Regione  Campania,  Francesco
Saverio Marini per la Regione Valle d'Aosta, Paolo  Chiapparrone  per
la Regione siciliana, Vincenzo Cerulli Irelli per la Regione Lazio  e
l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Regione Piemonte ha promosso, con ricorso  notificato  il
16 ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre (reg.  ric.  n.
67 del 2008), questioni  di  legittimita'  costituzionale  di  alcune
disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.  133,  e,  tra
queste, degli artt. 11 e 13,  in  riferimento  all'art.  117,  terzo,
quarto e sesto comma, della Costituzione. 
    1.1. - In merito alla prima delle norme impugnate, la  ricorrente
sottolinea come il legislatore statale, nel  comma  1  dell'art.  11,
rivendichi la competenza ad approvare un piano nazionale di  edilizia
abitativa, al fine di garantire su tutto il  territorio  nazionale  i
livelli minimi  essenziali  di  fabbisogno  abitativo  per  il  pieno
sviluppo della persona umana. 
    La difesa regionale ritiene che il comma 2 del richiamato art. 11
leda la propria competenza legislativa  in  materia  di  governo  del
territorio (ex art. 117,  terzo  comma,  Cost.),  in  quanto  esprime
«dettagliatamente e con elencazione tassativi requisiti soggettivi ed
oggettivi dei beneficiari di tali interventi di edilizia abitativa». 
    Il censurato comma 2 violerebbe anche l'art. 117,  quarto  comma,
Cost.;  infatti,  in  relazione  all'«aspetto  assistenziale»   della
normativa  censurata,  sarebbero  lese  le  competenze  regionali  in
materia di politiche sociali dell'abitazione. 
    1.2. - Quanto all'art. 13 del d.l. n. 112 del 2008, la ricorrente
evidenzia come le norme di cui ai commi  1  e  2  di  detto  articolo
riproducano pressoche' integralmente il contenuto dell'art. 1,  commi
597,  598,  599  e  600,  della  legge  23  dicembre  2005,  n.   266
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2006),  gia'  dichiarati  illegittimi
con la sentenza n. 94 del 2007. 
    In particolare, la difesa  regionale,  dopo  aver  illustrato  il
contenuto del  comma  1  dell'art.  13,  richiama  le  argomentazioni
utilizzate dalla Corte costituzionale per motivare la declaratoria di
illegittimita' del comma 597 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005,
evidenziando come la norma oggetto dell'odierna impugnazione violi la
competenza legislativa residuale delle Regioni in materia di edilizia
residenziale pubblica,  in  quanto  relativa  alla  disciplina  della
gestione degli alloggi di proprieta' degli Istituti autonomi  per  le
case popolari (IACP), comunque denominati. Si profilerebbe, pertanto,
anche nel presente giudizio,  un'ingerenza  dello  Stato  «nel  terzo
livello di normazione riguardante l'edilizia residenziale  pubblica»,
ricompreso nella potesta' legislativa  residuale  delle  Regioni,  ai
sensi del quarto comma dell'art. 117  Cost.  Ne'  la  previsione  del
raggiungimento di un accordo in sede di Conferenza unificata  farebbe
venir meno la lesione delle competenze legislative regionali. 
    La Regione Piemonte censura, inoltre, la norma di cui al comma  2
dell'art. 13, riprendendo le argomentazioni sviluppate nella sentenza
n. 94 del  2007  in  merito  all'incostituzionalita'  del  comma  598
dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. 
    Infine, e' impugnato il comma 3-bis dell'art. 13, sul rilievo che
esso disporrebbe  «in  modo  dettagliato  in  ambito  che  spetta  al
legislatore  regionale  disciplinare  nel  modo  piu'  aderente  alle
situazioni economico-sociali riscontrate localmente». 
    Da quanto sopra detto discenderebbe la violazione dell'art.  117,
quarto e sesto comma, Cost. 
    2. - Nel giudizio si e' costituito il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    2.1. - In riferimento alle censure mosse all'art. 11 del d.l.  n.
112 del 2008, la  difesa  erariale  eccepisce,  in  via  preliminare,
l'inammissibilita'  del  ricorso,   in   quanto   la   questione   di
legittimita' costituzionale non sarebbe  definita  nei  suoi  termini
essenziali e non sarebbe adeguatamente motivata. In particolare,  non
risulterebbe chiaro se la Regione  Piemonte  abbia  voluto  impugnare
l'intero art. 11 (come sembrerebbe dall'epigrafe del ricorso) o  solo
il comma 2 (stando alla parte motiva del ricorso). 
    Nel   merito,   l'Avvocatura   generale   dello   Stato   rileva,
innanzitutto, come il piano nazionale di edilizia  abitativa  intenda
realizzare una strategia di azione complessiva volta a riconoscere il
carattere strategico per il Paese della riqualificazione urbana ed  a
coinvolgere, oltre alle risorse pubbliche, quelle private, attraverso
il ricorso a modelli di intervento limitati, fino ad oggi, al settore
delle  opere  pubbliche  (project  financing),  oppure  a   strumenti
finanziari immobiliari innovativi per l'acquisizione o la costruzione
di immobili per l'edilizia residenziale, quali l'istituzione di fondi
immobiliari per la residenza sociale (c.d. social housing). 
    La difesa erariale ricorda che, nella XV  legislatura,  e'  stata
adottata una serie di provvedimenti aventi la finalita' di dare nuovo
impulso alle politiche a tutela del disagio abitativo: tra questi, la
legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del  disagio
abitativo per particolari categorie  sociali),  che  ha  previsto  la
predisposizione, da parte delle Regioni, di  un  piano  straordinario
pluriennale per l'edilizia sovvenzionata e agevolata  da  inviare  ai
Ministeri delle infrastrutture, della solidarieta'  sociale  e  delle
politiche della famiglia. E'  stato  anche  previsto  l'avvio  di  un
programma nazionale di edilizia residenziale pubblica  da  parte  del
Ministero delle infrastrutture, di concerto con gli  altri  Ministeri
sopra indicati e d'intesa con la  Conferenza  unificata,  sulla  base
delle indicazioni emerse nel tavolo di concertazione  generale  sulle
politiche abitative. Successivamente e' stato previsto l'avvio di  un
programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, introdotto
con l'art. 21 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.  159  (Interventi
urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'
sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall'art.  1  della
legge 29 novembre 2007, n. 222. 
    In relazione all'art. 11, comma 2, il resistente rileva come  sia
stata ampliata la platea dei beneficiari rispetto  ai  provvedimenti,
d'urgenza ed ordinari, adottati negli ultimi anni per contrastare  il
fenomeno del disagio abitativo.  Sono  stati  inclusi,  infatti,  gli
immigrati regolari a basso reddito e gli studenti  fuori  sede,  che,
fino all'entrata in vigore della norma impugnata,  erano  destinatari
solo di agevolazioni di carattere fiscale relativamente ai canoni  di
locazione.  Sono  stati  inseriti  anche  i  «soggetti  sottoposti  a
procedure esecutive di rilascio», senza ulteriori distinzioni. 
    La difesa erariale conclude rilevando che l'art. 11, comma 2, del
d.l. n. 112 del 2008, la' dove individua i soggetti  beneficiari  del
piano, costituisce esercizio della competenza  esclusiva  statale  in
materia di determinazione dei livelli  essenziali  delle  prestazioni
(art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.). 
    2.2. - Quanto alle censure mosse all'art. 13 del d.l. n. 112  del
2008, il resistente contesta l'assimilazione delle norme impugnate  a
quelle dichiarate illegittime con la sentenza n. 94 del 2007. 
    Innanzitutto, il comma 1  dell'art.  13  non  attribuirebbe  allo
Stato alcuna potesta' regolamentare allo  scopo  di  semplificare  le
procedure di alienazione degli immobili. 
    Non sarebbe, inoltre, previsto  come  obbligatorio  l'accordo  in
sede di Conferenza  unificata;  al  riguardo,  l'Avvocatura  generale
sottolinea come la norma impugnata si limiti a conferire ai  Ministri
delle infrastrutture e dei trasporti e per i rapporti con le  Regioni
la potesta' di promuovere accordi con  le  Regioni  e  con  gli  enti
locali aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure suddette.
Pertanto, i predetti accordi sarebbero soltanto eventuali, poiche' la
loro conclusione dipenderebbe  esclusivamente  dalla  volonta'  della
parte regionale e della componente rappresentativa degli enti  locali
nell'ambito della Conferenza  unificata.  Inoltre,  anche  quando  si
pervenisse ad un  accordo,  la  semplificazione  delle  procedure  di
alienazione degli immobili dovrebbe comunque essere  disciplinata  da
atti legislativi regionali. 
    Secondo il resistente, la norma di cui al comma 1 dell'art. 13 ha
l'esclusiva finalita' di garantire, mediante  accordi  in  Conferenza
unificata, livelli minimi essenziali di garanzia  dei  diritti  degli
assegnatari  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e
popolare, in caso di alienazione degli stessi. Cosi'  individuata  la
ratio  della  norma,  l'Avvocatura  generale  ritiene  che  essa  sia
riconducibile alla competenza legislativa  statale  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    Il ricorso non sarebbe fondato neanche con riguardo  al  comma  2
dell'art. 13, in quanto  la  norma  impugnata  non  fisserebbe  scopi
vincolanti del procedimento delineato  dal  legislatore  statale,  ma
meri  «criteri»,  di  cui  tenere  conto  nell'eventualita'  che  sia
possibile pervenire all'accordo. 
    La censura mossa nei confronti del comma 3-bis dell'art.  13,  in
riferimento all'art. 117, quarto e sesto comma, Cost., sarebbe infine
inammissibile per l'estrema genericita' della sua formulazione. 
    La  norma  in  esame,  secondo  l'Avvocatura  dello   Stato,   si
limiterebbe ad indicare le finalita' di intervento in  modo  generico
(al riguardo, sono richiamate le sentenze n. 151 e n.  453  del  2007
della Corte costituzionale), rinviando ad un successivo provvedimento
la  determinazione  delle  modalita'   di   impiego   delle   risorse
finanziarie previste. 
    3. - In data 22 settembre 2009, l'Avvocatura generale dello Stato
ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo tra il Governo
e le Regioni siglato il 5 marzo  2009;  b)  parere  della  Conferenza
unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11  del  d.l.  n.
112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di  cui  all'art.  11  del
d.l. n. 112 del 2008; d) deliberazione CIPE 8 maggio 2009, n. 18/2009
(Parere espresso ai sensi dell'art. 11 del decreto-legge n. 112/2008,
sullo schema  del  piano  nazionale  per  l'edilizia  abitativa);  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009 (Piano nazionale di edilizia abitativa). 
    4.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  promosso,   con   ricorso
notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo  22  ottobre
(reg. ric. n. 69 del 2008), questioni di legittimita'  costituzionale
di numerose disposizioni del d.l. n.  112  del  2008,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  133
del 2008, e, tra queste, degli artt. 11, commi 1, 3, 4, 5, 8, 9, 11 e
12; e 13, commi 1, 2, 3-bis e 3-quater,  in  riferimento  agli  artt.
117, terzo e quarto comma, 118, primo e  secondo  comma,  119,  primo
comma, e 136 Cost. ed al principio di leale collaborazione. 
    4.1. - Preliminarmente la ricorrente illustra  il  contenuto  dei
commi impugnati dell'art. 11, sottolineando  come  la  disciplina  in
questione risulti «a volte imprecisa o oscura». In  particolare,  non
sarebbe chiaro quali siano i soggetti che concludono gli  accordi  di
programma di cui al  comma  4,  ne'  il  modo  in  cui  si  configuri
un'attivita' regolativa «in sede di attuazione dei programmi  di  cui
al comma 4» (comma 8), ne' ancora  le  modalita'  di  attuazione  dei
suddetti programmi «con l'applicazione» dell'art. 81  del  d.P.R.  24
luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1  della
legge 22 luglio 1975, n. 382) (comma 11). 
    In generale, la Regione Emilia-Romagna lamenta che l'art. 11  del
d.l. n. 112 del 2008 regoli dettagliatamente gli interventi in cui si
articola il Piano casa e le relative procedure attuative,  istituendo
un  apposito  Fondo  presso  il  Ministero  delle  infrastrutture   e
prevedendo una gestione centralizzata dei suddetti interventi. 
    La difesa regionale  ricostruisce,  in  sintesi,  le  tappe  piu'
rilevanti dell'evoluzione legislativa e giurisprudenziale in tema  di
edilizia residenziale pubblica, soffermandosi su alcune  affermazioni
contenute nella sentenza n. 94 del 2007 della  Corte  costituzionale.
In particolare, la ricorrente sottolinea come la  suddetta  pronunzia
abbia individuato tre livelli  normativi  sui  quali  si  estende  la
materia in esame:  il  primo  e'  riconducibile  alla  determinazione
dell'offerta minima di alloggi, di competenza statale  ex  art.  117,
secondo  comma,  lettera  m),   Cost.;   il   secondo   concerne   la
programmazione degli insediamenti di edilizia  residenziale  pubblica
ed afferisce alla  competenza  legislativa  concorrente  in  tema  di
«governo del territorio» (art. 117, terzo comma,  Cost.);  il  terzo,
infine, e' relativo  alla  gestione  del  patrimonio  immobiliare  di
proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri
enti che a questi sono stati sostituiti e  rientra  nella  competenza
legislativa piena delle Regioni (ex art. 117, quarto comma, Cost.). 
    4.1.1. -  Quanto  alle  singole  norme  oggetto  di  censura,  e'
impugnato il comma 1 dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, in quanto
non sarebbe pertinente il riferimento, ivi contenuto,  alla  garanzia
dei «livelli  minimi  essenziali  di  fabbisogno  abitativo»  cui  e'
finalizzato - stando almeno al dato letterale - il piano nazionale di
edilizia abitativa, istituito con l'articolo  censurato.  Secondo  la
Regione  Emilia-Romagna,  l'art.  11,  comma  1,  non  determinerebbe
l'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare  le  esigenze  dei
ceti meno abbienti, ne' individuerebbe alcun livello  di  prestazione
sociale, ma prevedrebbe solo un Piano per incrementare (comma  2)  il
patrimonio immobiliare ad uso abitativo. La difesa regionale  rileva,
in proposito, come gli immobili in  questione  siano  destinati  solo
«prioritariamente» e non «in via esclusiva» a prima casa. 
    Da  quanto  appena  detto  la  ricorrente  deduce  che  la  norma
impugnata non sarebbe riconducibile alla competenza statale  in  tema
di livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo  (ex  art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost.), bensi' alla  programmazione  degli
interventi  di  edilizia  residenziale  pubblica,  che  ricade  nella
competenza concorrente in materia di governo del territorio. 
    La Regione Emilia-Romagna precisa, al riguardo, di non  impugnare
il comma 2 dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008,  in  quanto  questa
norma fissa i criteri generali per l'individuazione  dei  beneficiari
degli interventi e dunque rientra nel «primo  livello  normativo»  di
cui alla sentenza n. 94 del 2007. 
    4.1.2. - La difesa regionale impugna, inoltre, i commi 3, 4, 5, 8
e 9 dell'art. 11, poiche' non si limiterebbero a fissare obiettivi ed
indirizzi per la programmazione regionale  di  edilizia  residenziale
pubblica ma conterrebbero  «una  disciplina  completa  e  dettagliata
della tipologia di interventi (commi 3 e  5)  e  delle  procedure  di
attuazione e verifica del piano (commi 4, 8 e 9)». A  tal  proposito,
la Regione Emilia-Romagna richiama il contenuto dell'art.  60,  comma
1, lettera  d),  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo  1997,  n.  59),   secondo   cui   spetta   alle   Regioni   la
«determinazione  delle  tipologie  di  intervento  anche   attraverso
programmi  integrati,  di  recupero  urbano  e  di   riqualificazione
urbana». 
    La ricorrente evidenzia come la disciplina  contenuta  nei  commi
impugnati  sia  destinata  ad  essere  integrata  dagli  accordi   di
programma di cui al comma 4 dell'art. 11 e da quanto sara'  stabilito
«in sede di attuazione» dei suddetti  programmi  (comma  8).  Sarebbe
cosi' prevista «una complessa procedura gestita  dal  centro»,  nella
quale non  residuerebbero  spazi  per  una  disciplina  regionale  di
svolgimento dei principi statali. Al riguardo, sono richiamate alcune
pronunzie  della  Corte  costituzionale  con  le  quali  sono   state
dichiarate illegittime norme legislative statali che  non  lasciavano
alcun margine di intervento al legislatore regionale  in  materie  di
competenza concorrente. 
    La Regione Emilia-Romagna sottolinea, altresi', la differenza tra
le norme oggetto dell'odierna impugnazione e quelle  contenute  nella
legge n.  9  del  2007,  esaminate  dalla  Corte  costituzionale  nel
giudizio definito con la sentenza n. 166  del  2008.  Sul  punto,  la
difesa regionale asserisce che, mentre la norma di  cui  all'art.  4,
comma 2, della legge n. 9 del 2007 (con  riferimento  alla  quale  la
Corte ha concluso per l'infondatezza della questione di  legittimita'
costituzionale decisa con  la  sentenza  n.  166  del  2008)  «sembra
effettivamente una norma di principio in materia  di  programmazione»
degli interventi di edilizia residenziale  pubblica,  l'art.  11  del
d.l. n. 112 del 2008 ha un contenuto molto dettagliato e non  prevede
affatto programmi regionali. In particolare, i commi 1 e 4  dell'art.
11 attribuirebbero al Ministero delle infrastrutture,  al  Presidente
del Consiglio dei ministri ed al Comitato  interministeriale  per  la
programmazione economica (CIPE)  «poteri  non  sorretti  da  esigenze
unitarie», in quanto non  si  tradurrebbero  nella  fissazione  delle
linee generali della programmazione  regionale  ma  nell'adozione  di
criteri (comma 1) e di accordi (comma  4),  modellati  sulle  diverse
realta' territoriali e che sembrano implicare la localizzazione degli
insediamenti. 
    Sulla base delle predette  argomentazioni,  la  difesa  regionale
ritiene che i commi 1 e 4 dell'art. 11 siano  illegittimi  anche  per
violazione dell'art. 118, primo comma, Cost., in quanto prevedrebbero
poteri amministrativi statali senza che sussistano esigenze  unitarie
idonee a giustificarli. 
    Oggetto di specifiche censure e' poi l'ultimo periodo del comma 4
dell'art. 11, nel quale si stabilisce  che,  decorsi  novanta  giorni
senza che sia stata raggiunta l'intesa prevista nel  medesimo  comma,
gli accordi di programma possono essere comunque approvati. La  norma
in esame violerebbe il principio di leale collaborazione,  in  quanto
«la forte incidenza degli accordi di  programma  su  una  materia  di
competenza regionale non  puo'  non  richiedere  un'intesa  (appunto)
forte».  La  ricorrente  ritiene  pertanto  che  il   comma   4   sia
incostituzionale anche nella denegata ipotesi in cui i poteri statali
previsti nei commi 1 e 4 dell'art. 11 siano considerati legittimi. 
    4.1.3. - La Regione Emilia-Romagna censura, inoltre, il comma  11
dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, nella parte in cui prevede che
i programmi integrati di cui al comma 4 sono dichiarati «di interesse
strategico nazionale». Secondo la ricorrente, la  norma  in  esame  -
specie alla luce del fatto che il comma 4 non  precisa  da  chi  sono
approvati questi  programmi  -  «pare  sottintendere»  un  intervento
statale non sorretto da esigenze  unitarie  e  gia'  attribuito  alle
Regioni dall'art. 93 del d.P.R. n. 616 del 1977 e dall'art. 60, comma
1, lettera d), del d.lgs. n. 112 del 1998. Sarebbe  pertanto  violato
l'art. 118, primo comma, Cost. 
    4.1.4. - E'  impugnato  anche  il  comma  12  dell'art.  11,  che
istituisce un fondo nello stato di  previsione  del  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti, nel  quale  confluiscono  le  risorse
previste da altre leggi. 
    La  Regione  ricorrente  lamenta  la  mancata   indicazione   dei
destinatari di tali risorse; in particolare,  ove  dovesse  ritenersi
che il Ministero disponga direttamente  di  questo  fondo,  sarebbero
violati gli artt. 117, terzo e quarto comma, 118, primo comma, e  119
Cost.,  in  quanto  la  norma   sarebbe   lesiva   delle   competenze
legislative, amministrative e  finanziarie  delle  Regioni.  Qualora,
invece, la disposizione censurata  fosse  intesa  nel  senso  che  le
risorse  previste  devono  «transitare»  attraverso  le  Regioni  (in
coerenza con quanto stabilito dall'art. 93  del  d.P.R.  n.  616  del
1977), la norma di cui al comma 12 sarebbe  comunque  illegittima  in
quanto creerebbe un fondo  settoriale  a  destinazione  vincolata  in
materia   di   competenza   regionale,   anziche'    attribuire    le
corrispondenti risorse alle Regioni (nel rispetto di quanto stabilito
dall'art. 60, comma 1, lettera b, del d.lgs. n. 112  del  1998),  con
conseguente violazione dell'autonomia finanziaria regionale (art. 119
Cost.). 
    4.2. - La ricorrente impugna, inoltre, l'art.  13,  commi  1,  2,
3-bis e 3-quater, del d.l. n. 112 del 2008. 
    4.2.1. - Preliminarmente, la Regione evidenzia come i commi 1 e 2
dell'art.  13  regolino  -  sia  dal  punto  di   vista   procedurale
(attraverso il rinvio agli accordi in sede di Conferenza  unificata),
sia  da  quello  sostanziale  -  la  materia  dell'alienazione  degli
immobili degli IACP, al fine di valorizzare il patrimonio immobiliare
di questi enti, di favorire l'acquisto in proprieta' da  parte  degli
assegnatari e di acquisire risorse per realizzare nuovi interventi di
edilizia residenziale pubblica. 
    La ricorrente  si  sofferma,  altresi',  sulle  norme  che  hanno
conferito alle Regioni la competenza in relazione alla vendita  degli
immobili degli IACP, richiamando gli artt. 93 e 94 del d.P.R. n.  616
del 1977, gli artt. 31, 34 e 35 del r.d.  28  aprile  1938,  n.  1165
(Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni   sull'edilizia
popolare ed economica), e l'art.  8  del  decreto-legge  6  settembre
1965, n. 1022 (Norme per l'incentivazione  dell'attivita'  edilizia),
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° novembre 1965,
n. 1179. Al riguardo, si precisa come sin dal 1977  siano  attribuite
alle Regioni le competenze relative  all'alienazione  degli  immobili
degli IACP. 
    La difesa regionale ricorda, poi, che la sentenza n. 94 del  2007
della Corte costituzionale ha ricondotto al terzo livello  normativo,
rientrante nel quarto comma dell'art.  117  Cost.,  la  gestione  del
patrimonio  immobiliare  di   edilizia   residenziale   pubblica   di
proprieta' degli IACP o  degli  altri  enti  a  questi  sostituitisi.
Inoltre, la sentenza n.  1115  del  1988  ha  qualificato  come  enti
regionali gli Istituti autonomi per le case popolari. 
    Ancora, la Regione Emilia-Romagna evidenzia come la Corte, con la
sentenza n. 94 del 2007, abbia dichiarato illegittime  due  norme  (i
commi 597 e 598 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005)  «del  tutto
simili a quelle qui impugnate». Pertanto, secondo la  ricorrente,  le
argomentazioni    utilizzate    per    sostenere     l'illegittimita'
costituzionale dei commi 597 e 598 possono essere agevolmente riprese
anche nel presente giudizio. 
    Le differenze esistenti tra la normativa recata  dalla  legge  n.
266 del 2005 e quella contenuta nel d.l. n. 112 del  2008  sarebbero,
peraltro, irrilevanti. In particolare, il comma 1  dell'art.  13  del
d.l. n. 112 del 2008 prevede che il Ministro delle  infrastrutture  e
dei  trasporti  ed  il  Ministro  per  i  rapporti  con  le   Regioni
promuovano, in  sede  di  Conferenza  unificata,  la  conclusione  di
accordi con Regioni ed  enti  locali,  al  fine  di  semplificare  le
procedure di alienazione degli immobili  degli  IACP.  Il  comma  597
dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005  prevedeva,  invece,  che  la
semplificazione delle suddette procedure di alienazione avvenisse con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra
Governo e Regioni. Dunque,  il  comma  597  prevedeva  che  l'accordo
intercorresse solo con le Regioni (e non anche con gli enti locali) e
che quest'ultimo venisse poi recepito in un d.P.C.m. 
    Pertanto, le differenze esistenti tra i due testi  non  sarebbero
tali da escludere la  possibilita'  di  estendere  le  argomentazioni
sviluppate nella sentenza n. 94 del 2007 anche all'odierno  giudizio;
infatti,  il  vero  atto  regolatore  della  materia  sarebbe  sempre
l'accordo, in quanto il d.P.C.m., previsto  nel  comma  597,  avrebbe
avuto solo la funzione di recepire il  contenuto  dell'accordo  e  di
formalizzarlo in  un  atto  normativo  tipico.  Cio'  si  tradurrebbe
nell'impossibilita' di evocare, nell'odierno giudizio,  il  parametro
di  cui  all'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,   mancando   un   atto
regolamentare statale che intervenga in materia regionale. 
    Anche il disposto del comma 2 dell'art. 13 del d.l.  n.  112  del
2008 sarebbe sostanzialmente coincidente con  quello  del  comma  598
dell'art. 1 della  legge  n.  266  del  2005;  le  due  disposizioni,
infatti, fisserebbero i medesimi criteri da osservare ai  fini  della
conclusione  degli  accordi  di  cui,  rispettivamente,  al  comma  1
dell'art. 13 del d.l. n. 112 del 2008 ed al  comma  597  dell'art.  1
della legge n. 266 del 2005. Anzi, la difesa regionale ritiene che la
previsione del comma 2 dell'art. 13  sia  «peggiorativa»  rispetto  a
quella del comma 598  dell'art.  1,  in  quanto,  a  proposito  della
determinazione  del  prezzo  di  vendita,  non  fa  riferimento  alle
«vigenti leggi regionali» (come, invece, il citato comma 598). 
    In conclusione, la Regione Emilia-Romagna sostiene - anche  sulla
scorta di quanto affermato nella sentenza n. 94  del  2007  -  che  i
commi 1 e 2 dell'art. 13 del d.l.  n.  112  del  2008,  regolando  la
materia  della  gestione  del  patrimonio  immobiliare  degli   IACP,
determinino un'ingerenza dello Stato nel terzo livello di  normazione
riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente  ricompreso
nella  potesta'  legislativa  residuale   delle   Regioni,   con   la
conseguente violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Ad escludere siffatta  lesione  delle  competenze  regionali  non
varrebbe la previsione di accordi con le Regioni e gli  enti  locali,
da stipulare in sede di Conferenza unificata, in quanto tali  accordi
si  porrebbero  «come  improprio   condizionamento   della   potesta'
legislativa regionale, da parte di un organismo  e  di  un  atto  non
legittimati a produrre tale condizionamento». Ne' l'asserita  lesione
verrebbe meno se si ritenesse che gli  accordi  debbano  intercorrere
non con la Conferenza  ma  con  la  singola  Regione,  in  quanto  la
potesta' legislativa spetta ad un organo diverso da quello deputato a
concludere l'accordo ed, in ogni caso, non puo' essere  vincolata  da
accordi intercorsi tra soggetti privi di tale potesta'. 
    Parimenti  lesive  delle  competenze   regionali   sarebbero   le
disposizioni impugnate se interpretate nel senso che l'accordo  debba
essere stipulato direttamente tra  uno  o  piu'  ministri  e  singoli
Comuni; in tal caso risulterebbe «direttamente» violata  la  potesta'
legislativa della Regione. 
    Infine, i commi 1 e 2 dell'art. 13  del  d.l.  n.  112  del  2008
violerebbero il giudicato costituzionale e quindi l'art.  136  Cost.,
in quanto  il  legislatore  statale  avrebbe  reiterato,  in  termini
pressoche' identici, una disciplina gia' dichiarata  illegittima  con
la sentenza n. 94 del 2007. 
    Oggetto di specifica censura e' poi l'art. 13, comma  2,  lettera
c), del d.l. n. 112 del 2008, il quale prevede, fra i criteri di  cui
occorre tenere conto nella stipula degli accordi di cui al  comma  1,
la «destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di
interventi volti ad alleviare il disagio  abitativo».  La  ricorrente
sostiene che la norma in questione ponga un vincolo  di  destinazione
all'uso delle risorse spettanti agli enti di  gestione  dell'edilizia
residenziale pubblica, «cioe' ad enti para-regionali», limitando  per
questo verso l'autonomia  finanziaria  di  spesa  delle  Regioni.  E'
richiamata, a tal proposito, la sentenza n.  169  del  2007,  con  la
quale la Corte costituzionale ha annullato  una  norma  che  imponeva
«una puntuale modalita' di utilizzo di risorse proprie delle Regioni,
cosi' da risolversi in una specifica prescrizione di destinazione  di
dette risorse». 
    Per le ragioni anzidette, la norma di cui  alla  lettera  c)  del
comma 2 dell'art. 13 violerebbe anche l'art. 119, primo comma, Cost. 
    4.2.2. - La Regione Emilia-Romagna impugna  poi  il  comma  3-bis
dell'art. 13 del  d.l.  n.  112  del  2008,  introdotto  in  sede  di
conversione del decreto in  legge.  La  norma  censurata  istituisce,
«presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
gioventu', un Fondo speciale di garanzia per l'acquisto  della  prima
casa da parte delle coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con
figli minori, con priorita' per quelli i cui componenti non risultano
occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato». La  creazione
del fondo  e'  finalizzata  a  «consentire  alle  giovani  coppie  di
accedere a finanziamenti agevolati per sostenere  le  spese  connesse
all'acquisto della prima casa». 
    Il comma 3-bis rimette, poi, ad un  decreto  del  Ministro  della
gioventu', di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
il compito di disciplinare «le modalita' operative  di  funzionamento
del Fondo». 
    La  difesa  regionale  ritiene  che  la  norma  impugnata   abbia
istituito un fondo settoriale nella materia delle politiche  sociali,
di competenza regionale ex art. 117, quarto comma, Cost.,  prevedendo
un successivo atto  ministeriale  al  fine  di  dettare  la  relativa
disciplina attuativa. Inoltre, la destinazione, in  via  diretta,  ai
privati delle risorse ivi  previste  non  varrebbe  ad  escludere  la
lesivita' della norma  censurata;  la  ricorrente  richiama  numerose
pronunzie  della  Corte  costituzionale,  con  le  quali   e'   stata
dichiarata l'illegittimita' dei finanziamenti statali, in materie  di
competenza regionale,  «seppur  destinati  a  soggetti  privati».  In
particolare,  la   Regione   Emilia-Romagna   sottolinea   l'analogia
esistente  tra  la  norma  oggetto  dell'odierno  giudizio  e  quella
annullata con la sentenza n. 137 del 2007, trattandosi anche in  quel
caso di un fondo diretto a costituire una garanzia di ultima  istanza
a favore delle giovani coppie. 
    La ricorrente esclude che la previsione di  cui  al  comma  3-bis
possa essere «giustificata» invocando il principio di sussidiarieta',
in  quanto  non  esisterebbero  ragioni  unitarie  per  la   gestione
accentrata del fondo e per la regolazione delle «modalita'  operative
di funzionamento» dello stesso. Parimenti sarebbe da escludere che si
tratti di «livelli essenziali delle prestazioni» (dato che l'acquisto
di  una  casa  non  e'   necessario   per   soddisfare   il   diritto
all'abitazione), in quanto la  norma  in  oggetto  si  limiterebbe  a
prevedere una spesa, senza, peraltro, porre requisiti di reddito  per
i beneficiari. 
    Sulle  base  delle  argomentazioni  sopra  indicate,  la  Regione
Emilia-Romagna conclude  per  l'illegittimita'  costituzionale  della
norma di cui al comma 3-bis dell'art. 13 del d.l. n.  112  del  2008,
per  violazione  dell'autonomia   legislativa,   amministrativa   (in
relazione all'attivita' di erogazione  dei  benefici)  e  finanziaria
delle Regioni di cui agli artt.  117,  quarto  comma,  118,  primo  e
secondo comma, e 119 Cost. La norma impugnata, infatti,  istituirebbe
un fondo settoriale nella materia delle politiche sociali, prevedendo
una gestione centralizzata, invece di  attribuire  le  corrispondenti
risorse alle Regioni e di lasciare a  queste  ultime  le  conseguenti
scelte in materia di regolazione degli interventi  e  di  allocazione
delle funzioni amministrative. 
    La  ricorrente  chiede,   pertanto,   che   la   Corte   dichiari
l'illegittimita' costituzionale del comma 3-bis,  precisando  che  le
risorse siano assegnate alle Regioni per generiche finalita'  sociali
(sono richiamate le sentenze n. 168 del 2008 e n. 118 del 2006  della
Corte costituzionale). 
    In subordine, la  difesa  regionale  chiede  che  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata per  violazione
del principio di leale collaborazione, nella parte in cui non prevede
l'intesa  con  la  Conferenza  Stato-Regioni  sul  decreto   previsto
nell'ultimo periodo del comma 3-bis. 
    4.2.3. - Da ultimo, la Regione Emilia-Romagna  impugna  il  comma
3-quater dell'art. 13 del d.l. n. 112 del 2008, anch'esso  introdotto
in sede di conversione del decreto in legge. La  norma  in  questione
istituisce presso il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  il
«Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del
territorio», le cui risorse sono finalizzate a concedere «contribuiti
statali  per  interventi  realizzati  dagli  enti   destinatari   nei
rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell'ambiente e
lo sviluppo economico dei territori stessi».  La  ripartizione  delle
risorse e l'individuazione degli  enti  beneficiari  sono  effettuate
«con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze  in  coerenza
con  apposito  atto  di  indirizzo  delle  Commissioni   parlamentari
competenti per i profili finanziari». 
    La  ricorrente,  muovendo  dal  presupposto  che  il  fondo   sia
destinato agli enti territoriali,  ritiene  che  la  norma  impugnata
preveda un fondo  settoriale  a  destinazione  vincolata  in  materie
rientranti, «almeno in parte», nella competenza legislativa regionale
piena (ex art. 117, quarto comma,  Cost.),  posto  che  lo  «sviluppo
economico dei  territori»  riguarda,  tra  l'altro,  l'industria,  il
commercio, l'artigianato, l'agricoltura ed il turismo. 
    L'asserita  incidenza  del  fondo  su   materie   di   competenza
regionale, determinerebbe l'illegittimita' costituzionale  del  comma
3-quater per violazione del principio di leale collaborazione,  nella
parte in cui non prevede un'intesa con  la  Conferenza  Stato-Regioni
sul contenuto del decreto con il quale sono stabilite la ripartizione
delle risorse e l'individuazione degli enti beneficiari. 
    5. - Nel giudizio si e' costituito il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza delle censure. 
    5.1. - In riferimento alle censure mosse all'art. 11 del d.l.  n.
112 del 2008, la difesa erariale sviluppa, in  parte,  argomentazioni
analoghe a quelle esposte  nell'atto  di  costituzione  nel  giudizio
promosso dalla Regione Piemonte con il ricorso n. 67 del  2008,  alla
cui sintesi pertanto si rinvia. 
    Il resistente esamina  preliminarmente  il  contenuto  dei  commi
impugnati, rilevando, in particolare, come il comma  3  dell'art.  11
sia volto ad introdurre alcuni dei piu' nuovi  strumenti  di  mercato
finalizzati  a  ridurre  il  disagio  abitativo,  tra  i  quali,   la
costituzione di riserve fondiarie da destinare all'edilizia  pubblica
ed alla domanda sociale con il coinvolgimento di tutti gli  operatori
proprietari di aree  oggetto  di  futura  trasformazione,  oppure  la
promozione di  strumenti  finanziari  immobiliari  innovativi,  quali
l'istituzione  di  fondi  immobiliari  per  la   residenza   sociale,
cosiddetto social housing. 
    L'Avvocatura generale  sottolinea  la  varieta'  degli  strumenti
previsti nel comma 3 e precisa che  la  scarsita'  di  abitazioni  ha
provocato l'innalzamento dei canoni di locazione,  il  cui  ammontare
ben difficilmente  consente  alle  categorie  disagiate  un  accesso,
seppure agevolato dal sostegno pubblico, al mercato delle locazioni. 
    La  difesa  erariale  si  sofferma,  tra  l'altro,  sul  comma  9
dell'art.  11,  ricordando  che  la  legislazione   in   materia   di
infrastrutture strategiche (contenuta nella  parte  II,  titolo  III,
capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 -  Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e   2004/18/CE)   mira   ad
accelerare,  snellire  e   razionalizzare   le   procedure   per   la
programmazione,   il   finanziamento   e   la   realizzazione   delle
infrastrutture pubbliche e private e  degli  insediamenti  produttivi
strategici e di preminente interesse nazionale. 
    Ad avviso  del  resistente,  le  norme  di  cui  all'art.  11  si
collocano in un quadro normativo che e' stato  caratterizzato,  negli
ultimi anni, da un'intensa attivita' di programmazione da parte dello
Stato. Pertanto,  possono  essere  estese  all'odierna  questione  le
considerazioni che la Corte costituzionale ha svolto  nella  sentenza
n. 166 del 2008, con la quale ha ritenuto che  l'intervento  statale,
operato con la legge n. 9 del 2007, non abbia superato  i  limiti  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    L'Avvocatura   generale    rinviene,    quindi,    nella    norma
costituzionale da  ultimo  indicata  il  fondamento  della  normativa
impugnata, come peraltro risulta dall'inciso di apertura del comma  1
dell'art. 11. 
    In relazione alle  censure  mosse  nei  confronti  del  comma  12
dell'art.  11,  la   difesa   erariale   individua   il   titolo   di
legittimazione nella competenza statale in materia di  «tutela  della
concorrenza» (art. 117,  secondo  comma,  lettera  e);  nel  caso  di
specie, infatti,  i  finanziamenti  previsti  sarebbero  «idonei  "ad
incidere sull'equilibrio economico generale",  sussistendo  tanto  il
requisito soggettivo dell'"accessibilita'  a  tutti  gli  operatori",
quanto quello oggettivo dell'impatto complessivo». 
    5.2. - Quanto alle censure mosse all'art. 13, commi 1, 2 e 3-bis,
del  d.l.  n.  112  del  2008,  il  resistente  espone  le   medesime
argomentazioni sviluppate  nell'atto  di  costituzione  nel  giudizio
promosso con il ricorso n. 67 del 2008, sopra riassunto. 
    5.2.1. - In merito alla questione di legittimita'  costituzionale
promossa nei confronti del comma 3-quater  dell'art.  13,  la  difesa
erariale ritiene che la norma impugnata sia riconducibile  all'ambito
materiale della «tutela dell'ambiente», di competenza  esclusiva  del
legislatore statale ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost. Pertanto, anche tale censura e' infondata. 
    6. - In data 22 settembre 2009, l'Avvocatura generale dello Stato
ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo tra il Governo
e le Regioni siglato il 5 marzo  2009;  b)  parere  della  Conferenza
unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11  del  d.l.  n.
112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di  cui  all'art.  11  del
d.l. n. 112 del 2008; d) deliberazione CIPE n. 18/2009;  e)  d.P.C.m.
16 luglio 2009. 
    7. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18  novembre  2009,
la Regione Emilia-Romagna ha depositato una  memoria  con  la  quale,
anche alla luce della sopravvenuta stipula di un accordo tra Stato  e
Regioni per l'attuazione dell'art. 11 e dell'approvazione  del  piano
nazionale di edilizia abitativa  con  il  d.P.C.m.  16  luglio  2009,
insiste nelle conclusioni gia' rassegnate nel ricorso. 
    In particolare, la difesa regionale rileva  che  il  d.P.C.m.  16
luglio 2009 e' stato  adottato  sulla  base  del  mero  parere  della
Conferenza unificata e non d'intesa con la stessa.  Al  riguardo,  la
ricorrente sottolinea che, successivamente alla presente  impugnativa
regionale, la previsione dell'intesa di cui al comma 1  dell'art.  11
e' stata sostituita con quella di un parere.  Quest'ultima,  poi,  e'
stata nuovamente modificata  con  la  reintroduzione  dell'intesa  ad
opera della legge 9 aprile 2009, n. 33, che ha convertito in legge il
decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Misure urgenti a  sostegno  dei
settori industriali in crisi,  nonche'  disposizioni  in  materia  di
produzione  lattiera  e  rateizzazione   del   debito   nel   settore
lattiero-caseario). 
    Nonostante la legge da ultimo citata  abbia  ripristinato,  prima
dell'adozione del d.P.C.m. 16 luglio  2009,  l'originario  testo  del
comma 1 dell'art. 11 e quindi la previsione dell'intesa in Conferenza
unificata, quest'ultimo e' stato adottato solo sulla base del  parere
reso dalla Conferenza unificata il 12 marzo 2009. 
    In  merito  alla  questione  relativa  all'art.  13,  la  Regione
Emilia-Romagna ribadisce quanto gia' affermato nel ricorso ed insiste
nel chiedere una pronunzia  di  illegittimita'  costituzionale  delle
norme impugnate. 
    8. - La Regione Veneto ha promosso, con ricorso notificato il  20
ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre (reg. ric.  n.  70
del 2008),  questioni  di  legittimita'  costituzionale  di  numerose
disposizioni del d.l. n. 112  del  2008,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  e,
tra queste, degli artt. 11 e  13,  in  riferimento  agli  artt.  117,
terzo, quarto e sesto comma, 119 e 120 Cost. ed al principio di leale
collaborazione. 
    8.1.  -  Prima  di  descrivere  le  singole  censure,  la  difesa
regionale richiama il contenuto della sentenza n. 94 del 2007  ed  in
particolare l'individuazione dei tre livelli normativi sui  quali  si
estende la materia dell'edilizia residenziale pubblica. 
    Sempre in via preliminare, la ricorrente  descrive  il  contenuto
dei  diversi  commi  dell'art.  11  del  d.l.  n.   112   del   2008,
sottolineando come la normativa impugnata riguardi la  programmazione
degli interventi di edilizia residenziale pubblica, che,  secondo  la
giurisprudenza  costituzionale  prima  citata,  rientra   nell'ambito
materiale del governo del territorio (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Cosi' individuata la materia di pertinenza, la  difesa  regionale
si duole del fatto che il legislatore statale non si sia  limitato  a
porre i principi fondamentali ma abbia  rimesso  ad  un  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri l'intera  programmazione  degli
interventi. D'altra  parte,  l'autonomia  legislativa  regionale  non
sarebbe fatta salva dalla previsione della necessaria intesa in  sede
di Conferenza unificata (art. 11, comma 1), il cui contenuto  sarebbe
comunque condizionato dalle specifiche finalita' indicate nella norma
impugnata. 
    Inoltre, la norma secondo cui  il  piano  nazionale  di  edilizia
abitativa e' approvato con decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri risulterebbe lesiva dell'art. 117, sesto  comma,  Cost.,  in
quanto rimette ad un atto regolamentare la disciplina di  un  settore
che non rientra nella competenza legislativa statale. 
    In subordine, la Regione Veneto  ritiene  che  le  norme  di  cui
all'art.  11  del  d.l.  n.  112  del   2008   non   possano   essere
«giustificate»  facendo  ricorso  alla   cosiddetta   attrazione   in
sussidiarieta'. Nell'odierno giudizio, infatti, non sussisterebbero i
requisiti richiesti dalla giurisprudenza della  Corte  costituzionale
per  legittimare  l'intervento  statale  in  materie  di   competenza
regionale, ed  in  particolare  quello  della  proporzionalita',  dal
momento  che,  con  le  norme  impugnate,  lo  Stato   pretende   «di
sostituirsi  in  toto  alle  Regioni  nella   pianificazione»   degli
interventi  di  edilizia  residenziale  pubblica.  Sarebbe   pertanto
violato l'art. 120 Cost. ed il principio di leale collaborazione. 
    Siffatta  violazione  sarebbe  ancor  piu'  grave  con  specifico
riguardo al comma 4 dell'art. 11, nella parte in cui si prevede  che,
in caso di mancato raggiungimento dell'intesa in sede  di  Conferenza
unificata  entro  il  termine  di  novanta  giorni,  gli  accordi  di
programma siano comunque approvati con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei  ministri.  La  norma  in  questione  attribuirebbe  al
Governo un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa,
caratterizzata invece dalla  «paritaria  codeterminazione  dell'atto»
(e' richiamata la sentenza n. 24 del 2007). 
    La ricorrente lamenta, inoltre, la violazione  del  principio  di
autonomia  finanziaria  derivante  dall'istituzione,  nel  comma   12
dell'art.  11,  di  un  fondo  destinato  all'attuazione  del   piano
nazionale di edilizia abitativa. La difesa regionale ritiene che, con
la norma in questione, il  legislatore  statale  abbia  istituito  un
finanziamento a destinazione vincolata in  una  materia  di  potesta'
legislativa concorrente, con la conseguente violazione dell'art.  119
Cost. Ne' potrebbe sostenersi che si tratti di un intervento speciale
ai sensi dell'art. 119, quinto  comma,  Cost.,  dal  momento  che  il
finanziamento  di  cui  alla  norma   impugnata   non   presenta   le
caratteristiche richieste dalla norma costituzionale appena citata. 
    Per le ragioni anzidette, la difesa regionale chiede che la Corte
dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 del d.l. n. 112
del 2008 per violazione degli artt. 117 e 119 Cost. ed, in subordine,
degli artt. 119 e 120 Cost. e del principio di leale collaborazione. 
    8.2. - La Regione Veneto impugna, altresi', l'art. 13 del d.l. n.
112  del  2008;  in  particolare,  la  ricorrente  ritiene   che   la
disposizione in questione riproponga il contenuto dei commi 597, 598,
599 e 600 dell'art. 1 della legge n. 266 del  2005,  gia'  dichiarati
illegittimi con la sentenza n. 94 del 2007. 
    Quanto ai parametri costituzionali violati, la  difesa  regionale
riprende la ricostruzione operata nella citata  sentenza  n.  94  del
2007 ed evidenzia come anche  l'odierno  giudizio  abbia  ad  oggetto
norme che disciplinano la  gestione  del  patrimonio  immobiliare  di
edilizia residenziale pubblica di proprieta'  degli  IACP,  ricadente
nella  competenza  legislativa  residuale  delle  Regioni  ai   sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    In questo modo - precisa la ricorrente - la legge statale avrebbe
individuato non  solo  le  scelte  politiche  di  fondo,  bensi'  gli
indirizzi e la stessa disciplina specifica che dovra' essere adottata
in tema di alienazione e di reinvestimento degli immobili degli IACP. 
    L'art.  13  violerebbe,  inoltre,   l'autonomia   finanziaria   e
patrimoniale delle Regioni, garantita dall'art. 119 Cost., in  quanto
porrebbe vincoli alla disposizione del patrimonio  immobiliare  degli
IACP, che sono enti strumentali delle Regioni,  ed  all'utilizzo  dei
proventi che derivano dall'alienazione del patrimonio stesso. 
    Lesiva dell'autonomia  finanziaria  di  cui  all'art.  119  Cost.
sarebbe pure la norma di cui al comma 3-bis dell'art.  13,  la  quale
avrebbe istituito un fondo  speciale  a  destinazione  vincolata  che
incide su un ambito materiale nel quale lo Stato  non  ha  competenza
legislativa esclusiva  e  che  non  e'  riconducibile  alle  «risorse
aggiuntive» di cui all'art. 119, quinto comma, Cost. 
    9. - Nel giudizio si e' costituito il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art. 13, commi 1, 2 e 3-bis, il resistente  espone  le  medesime
argomentazioni sviluppate negli  atti  di  costituzione  nei  giudizi
promossi con i ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti. 
    In riferimento  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
promossa  nei  confronti  del  comma  3  dell'art.  13,  l'Avvocatura
generale eccepisce l'inammissibilita' della stessa, in quanto non  si
ravviserebbero nel ricorso censure  specifiche  dirette  contro  tale
norma. 
    Nel merito, la questione non sarebbe fondata poiche' il comma  3,
limitandosi a prevedere un possibile contenuto degli accordi, sarebbe
destinato ad operare  solo  se  gli  accordi  fossero  effettivamente
raggiunti e nel rispetto della potesta'  delle  Regioni  di  accedere
alla suddetta intermediazione. 
    10. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    11. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Veneto ha depositato una memoria con la quale, anche  alla
luce della sopravvenuta stipula di un accordo tra Stato e Regioni per
l'attuazione dell'art. 11 e dell'approvazione del piano nazionale con
il d.P.C.m. 16 luglio 2009, insiste nelle conclusioni gia' rassegnate
nel ricorso. 
    12. - La Regione Liguria ha promosso, con ricorso  notificato  il
20 ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre (reg.  ric.  n.
72 del 2008), questioni di legittimita'  costituzionale  di  numerose
disposizioni del d.l. n. 112  del  2008,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  e,
tra queste, degli artt. 11, commi 1, 3, 4, 5, 8, 9, 11 e  12;  e  13,
commi 1 e 2, in riferimento agli artt. 117,  terzo  e  quarto  comma,
118, primo comma, 119, primo comma, e 136 Cost. ed  al  principio  di
leale collaborazione. 
    La ricorrente prospetta le  medesime  questioni  di  legittimita'
costituzionale proposte dalla Regione Emilia-Romagna con  il  ricorso
n. 69 del 2008,  sopra  sintetizzato,  al  quale  si  rinvia  per  la
descrizione delle censure. 
    13. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13,  il  resistente  espone  le  medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    14. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    15. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Liguria ha depositato una memoria con la quale, anche alla
luce della sopravvenuta stipula di un accordo tra Stato e Regioni per
l'attuazione dell'art. 11 e dell'approvazione del piano nazionale  di
edilizia abitativa con il d.P.C.m.  16  luglio  2009,  insiste  nelle
conclusioni gia' rassegnate  nel  ricorso,  svolgendo  argomentazioni
identiche a quelle esposte  nella  memoria  depositata  nel  giudizio
promosso dalla Regione Emilia-Romagna. 
    16. - La Regione Umbria ha promosso, con ricorso notificato il 17
ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre (reg. ric.  n.  73
del 2008), questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,
commi 1 e 2, del d.l. n. 112  del  2008,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  in
riferimento agli artt. 117, quarto comma, 119,  primo  comma,  e  136
Cost. 
    La ricorrente prospetta le  medesime  questioni  di  legittimita'
costituzionale proposte dalla Regione Emilia-Romagna con  il  ricorso
n. 69 del 2008,  sopra  sintetizzato,  al  quale  si  rinvia  per  la
descrizione delle censure. 
    17. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza delle censure. 
    Quanto alle singole ragioni  di  impugnazione  dell'art.  13,  il
resistente espone le medesime argomentazioni sviluppate negli atti di
costituzione nei giudizi promossi con i ricorsi n. 67  e  n.  69  del
2008, sopra riassunti, alla cui sintesi si rinvia. 
    18. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Umbria ha depositato una  memoria  con  la  quale  insiste
nelle   conclusioni   gia'   rassegnate   nel   ricorso,    svolgendo
argomentazioni identiche a quelle esposte  nella  memoria  depositata
nel giudizio promosso dalla Regione Emilia-Romagna. 
    19. - La Regione Toscana ha promosso, con ricorso  notificato  il
20 ottobre 2008 e depositato il successivo 24 ottobre (reg.  ric.  n.
74 del 2008), questioni di legittimita'  costituzionale  di  numerose
disposizioni del d.l. n. 112  del  2008,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  e,
tra queste, degli artt. 11 e 13, commi 1, 2 e 3-bis,  in  riferimento
agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. e del principio
di leale collaborazione. 
    19.1.  -  La  ricorrente  riassume  i  punti  qualificanti  della
normativa recata dall'art.  11,  evidenziando  come  essa  intervenga
nella  materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica,  dei   servizi
sociali e del governo del territorio, in ambiti, quindi,  in  cui  le
Regioni hanno rilevanti  competenze  costituzionali  ai  sensi  degli
artt.  117  e  118  Cost.  La  difesa  regionale  ricorda,  altresi',
l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale in  materia  ed,  in
particolare, la sentenza n. 94 del 2007. 
    19.1.1.  -  La  Regione  Toscana  ritiene  che  lo  scopo   della
disposizione in esame  non  sia  quello  di  dettare  una  disciplina
generale in tema di assegnazione  degli  alloggi,  bensi'  quello  di
istituire un piano nazionale di edilizia, peraltro non limitato  agli
interventi di edilizia sociale (come risulta dall'art. 11,  comma  3,
lettera e), ne' destinato esclusivamente ai soggetti  con  situazioni
di difficolta' economica o sociale (il comma 2, infatti, prevede  che
gli interventi siano destinati «prioritariamente» a tali  categorie).
In definitiva, l'art. 11 introdurrebbe uno  strumento  finalizzato  a
regolare le procedure amministrative  per  localizzare,  costruire  e
recuperare alloggi di edilizia residenziale pubblica. 
    Sarebbero  pertanto  violate  le  competenze  regionali  di   cui
all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  con  riferimento  alle  materie
dell'edilizia  residenziale  e  del  governo  del  territorio,  e  le
attribuzioni regionali in materia di assistenza sociale, sulle quali,
come risulta dal comma 2 dell'art.  11,  il  piano  e'  destinato  ad
incidere. 
    19.1.2. - Le suddette conclusioni non sono contraddette,  secondo
la ricorrente, dal  riferimento  ai  «livelli  minimi  essenziali  di
fabbisogno abitativo», contenuto nell'art. 11, comma 1, del  d.l.  n.
112 del 2008. Siffatto richiamo  appare,  invero,  inconferente  alla
luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
94 del 2007. Lo Stato, infatti, non si sarebbe limitato a determinare
l'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare  le  esigenze  dei
ceti meno abbienti (attraverso la fissazione dei principi che valgono
a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione  degli  alloggi
su tutto il territorio nazionale), ma avrebbe disciplinato, «in  modo
puntuale, specifico, autoapplicativo», gli strumenti da approvare per
la costruzione degli immobili di edilizia  residenziale  pubblica  ed
avrebbe dettato esaustivamente  la  procedura  per  l'adozione  degli
interventi in parola. 
    Inoltre,   le   norme   impugnate   non    presenterebbero    «le
caratteristiche sostanziali e formali» proprie degli  atti  normativi
di determinazione dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni,  come
enucleate dalla giurisprudenza  costituzionale  (sono  richiamate  le
sentenze n. 282 del 2002 e n. 88 del 2003). L'art. 11,  infatti,  non
determinerebbe alcuno  standard  di  soddisfacimento  del  fabbisogno
abitativo e consentirebbe interventi ulteriori rispetto a  quelli  di
edilizia  residenziale  sociale  solo  «prioritariamente»,   ma   non
esclusivamente, destinati alle categorie socialmente disagiate. 
    19.1.3. - La Regione Toscana individua  un'ulteriore  ragione  di
censura dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008 rispetto agli artt. 117
e 118 Cost. 
    Al  riguardo,  la  difesa  regionale  rileva   come   l'art.   11
(specialmente, i commi 4, 9 e 11) preveda che l'attuazione del  piano
nazionale sia effettuata con  accordi  di  programma,  a  loro  volta
attuati da programmi integrati di promozione di edilizia residenziale
e di riqualificazione urbana, ovvero con  le  procedure  delle  opere
strategiche nazionali dettate dal d.lgs. n.  163  del  2006,  che  ha
riprodotto le norme recate dalla  legge  21  dicembre  2001,  n.  443
(Delega al Governo  in  materia  di  infrastrutture  ed  insediamenti
produttivi strategici ed  altri  interventi  per  il  rilancio  delle
attivita' produttive). I programmi integrati di cui al comma 4  sono,
infatti, dichiarati di interesse strategico nazionale (comma 11). 
    La  ricorrente  evidenzia   come,   secondo   la   giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004), una deroga
al riparto operato dall'art. 117 Cost. possa essere giustificata solo
se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante  all'assunzione
di funzioni regionali da parte dello  Stato  sia  proporzionata,  non
risulti affetta da  irragionevolezza  alla  stregua  di  uno  stretto
scrutinio di costituzionalita' e sia oggetto di un accordo  stipulato
con la Regione interessata. 
    Nel presente giudizio, la  Regione  Toscana  rileva  la  mancanza
delle esigenze di sussidiarieta' che possono giustificare la modifica
dell'ordinario assetto delle competenze costituzionali; del resto, la
norma impugnata non fa riferimento a tali presunte esigenze. 
    In  ogni  caso,  secondo  la   difesa   regionale,   l'intervento
legislativo   statale   non   presenterebbe   il   carattere    della
proporzionalita', richiesto dalla giurisprudenza  costituzionale,  in
quanto «introduce nuovi strumenti di programmazione  e  realizzazione
degli interventi di  edilizia,  accentrati  a  livello  nazionale,  e
quindi non e' limitato a casi circoscritti». 
    Inoltre,  la  sentenza  n.  303  del  2003  ha   subordinato   la
conformita' a Costituzione delle norme contenute  nella  legge  sulle
opere strategiche alla previsione di un'intesa  fra  lo  Stato  e  le
Regioni interessate, dalla quale e' condizionata l'operativita' della
disciplina. 
    In definitiva, l'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008 non rispetta  i
principi enunciati dalla richiamata giurisprudenza costituzionale  in
quanto il piano  nazionale,  avendo  ad  oggetto  la  costruzione  di
abitazioni, presenta un «contenuto anche localizzativo» e puo' essere
attuato con le procedure proprie delle infrastrutture strategiche.  A
fronte  di  tali  previsioni,  il  comma  1  dell'art.  11  subordina
l'approvazione del  piano  nazionale  all'intesa  con  la  Conferenza
unificata, ma, secondo la ricorrente, cio' risulta insufficiente alla
luce della gia' citata sentenza n.  303  del  2003,  poiche'  non  si
prevede l'intesa con la singola Regione interessata dalle  specifiche
localizzazioni. 
    Il vulnus delle competenze regionali sarebbe ancor piu' rilevante
nel comma 4 dell'art.  11,  secondo  il  quale  si  puo'  prescindere
dall'intesa con la Conferenza  unificata,  se  la  stessa  non  viene
raggiunta entro novanta giorni. Anche a questo proposito, la  Regione
Toscana  rileva  l'inidoneita'   dell'intesa   in   Conferenza   come
meccanismo di salvaguardia delle  attribuzioni  costituzionali  della
singola Regione, incise da un piano, da un accordo e da un  programma
che  localizzano  direttamente   interventi   edilizi   sul   proprio
territorio. 
    La ricorrente sottolinea, al riguardo, come  la  norma  impugnata
non rispetti i principi affermati dalla Corte costituzionale  con  la
sentenza n. 303  del  2003,  secondo  cui  l'intesa  con  la  Regione
interessata   costituisce   il   presupposto   essenziale   per    la
compatibilita'  costituzionale  di  una  normativa  statale  che,  in
applicazione  dell'art.  118  Cost.,  attragga  in  capo  allo  Stato
potesta' legislative affidate dall'art.  117  Cost.  alla  competenza
concorrente dello Stato e delle Regioni. La difesa regionale ricorda,
inoltre, la giurisprudenza costituzionale (sentenza n.  6  del  2004)
secondo la quale, ove la normativa incida  su  ambiti  di  competenza
regionale in applicazione dell'art. 118 Cost., l'imprescindibile fase
concertativa deve essere salvaguardata attraverso  la  previsione  di
un'«intesa forte». E' richiamata, da ultimo, la sentenza n.  339  del
2005, in cui si precisa come l'intesa debba  essere  raggiunta  anche
attraverso reiterate trattative volte a superare  le  divergenze  che
ostacolino il raggiungimento di un accordo. 
    In  definitiva,  la  Regione  Toscana  sottolinea  la  necessita'
quantomeno di «una fase di dialogo fra le parti» e  di  «un  contatto
tra i diversi interessi ed una dialettica leale e costruttiva  fra  i
differenti soggetti di rilevanza costituzionale»; in caso  contrario,
la previsione dell'intesa si  tradurrebbe  in  una  statuizione  solo
formale. 
    Il comma 4 dell'art. 11, anche alla luce di quanto stabilito  dal
successivo comma 11, non soddisfa, secondo  la  difesa  regionale,  i
requisiti anzidetti in quanto ammette che si possa procedere  pur  in
mancanza dell'intesa. 
    19.1.4. - Infine, l'art. 11, comma 12, del d.l. n. 112  del  2008
violerebbe l'art. 119 Cost. Secondo la ricorrente, il fondo  statale,
istituito  dalla  norma  impugnata,  assorbirebbe   i   finanziamenti
previsti per  l'edilizia  residenziale  dalle  precedenti  normative,
incidendo su una materia (l'edilizia residenziale pubblica)  che  non
e' riservata alla competenza esclusiva statale. La  difesa  regionale
ritiene che non sia rinvenibile  alcuna  giustificazione  a  sostegno
della previsione, in tale materia, di riserve finanziarie  gestite  a
livello ministeriale, trattandosi  di  funzioni  pubbliche  ordinarie
delle Regioni e degli  enti  locali,  per  le  quali  lo  Stato  deve
assicurare l'integrale copertura finanziaria ex art. 119 Cost. 
    Per le ragioni anzidette, l'istituzione del fondo  in  esame  non
sarebbe riconducibile a quanto statuito dall'art. 119, quinto  comma,
Cost. Al riguardo, la Regione Toscana richiama la sentenza n. 451 del
2006,   con   la   quale   la   Corte   costituzionale   ha   escluso
l'illegittimita' della norma che istituiva il fondo per l'edilizia  a
canone speciale, in quanto qualificabile come intervento speciale  ai
sensi del citato art. 119, quinto comma, Cost. 
    Il comma 12 dell'art. 11, a differenza  della  norma  oggetto  di
scrutinio  nella  sentenza  da  ultimo  citata,  non  disciplinerebbe
risorse aggiuntive ne' interventi speciali, in quanto  il  fondo  ivi
previsto   e'   formato   dalla    confluenza    dei    finanziamenti
precedentemente  stanziati  alle  Regioni.  La  ricorrente   esclude,
altresi', che la previsione del fondo possa  essere  giustificata  in
nome della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  e
richiama in proposito le sentenze n. 16 e n. 423 del 2004. 
    In subordine, la Regione Toscana ritiene  che  l'istituzione  del
fondo sia comunque illegittima per violazione del principio di  leale
collaborazione, in quanto il comma 12 dell'art. 11 non prevede alcuna
forma di coinvolgimento delle Regioni nella ripartizione del predetto
fondo e nella sua gestione all'interno del territorio regionale. 
    19.2. - La ricorrente impugna, inoltre, l'art. 13, commi 1,  2  e
3-bis, del d.l. n. 112 del 2008. 
    19.2.1. - Preliminarmente, la difesa della Regione evidenzia come
i commi 1 e 2 dell'art. 13 regolino la materia dell'alienazione degli
immobili degli IACP in modo analogo a quanto previsto dai commi 597 e
598 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. I commi da ultimo citati
sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale  con  la
sentenza n. 94 del 2007, in quanto invasivi  del  «terzo  livello  di
normazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica,  sicuramente
ricompreso nella potesta' legislativa  residuale  delle  Regioni,  ai
sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost.». 
    Secondo la ricorrente,  il  legislatore  statale,  con  le  norme
oggetto dell'odierno giudizio, avrebbe tentato di superare i  rilievi
formulati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 94  del  2007,
rimettendo  la   definizione   delle   procedure   semplificate   per
l'alienazione degli immobili degli IACP, all'accordo tra i  Ministeri
competenti,  le  Regioni  e  gli  enti  locali.  In  definitiva,   la
differenza tra la normativa contenuta nella legge n. 266 del  2005  e
quella recata dal d.l. n. 112 del 2008 risiederebbe nel fatto che  la
prima dettava i principi cui doveva uniformarsi l'accordo tra Governo
e Regioni, preliminare al d.P.C.m. che  avrebbe  stabilito  le  norme
semplificate per l'alienazione degli  alloggi;  la  seconda,  invece,
fissa i criteri (peraltro coincidenti con i  principi  dettati  dalla
precedente disciplina) in base ai quali dovranno essere stipulati gli
accordi tra Stato, Regioni  ed  enti  locali  aventi  ad  oggetto  la
semplificazione delle normative  per  l'alienazione  dei  beni  sopra
indicati. 
    La Regione Toscana reputa le novita' introdotte dall'art. 13  del
d.l. n. 112 del 2008 del tutto  inidonee  a  superare  i  profili  di
illegittimita' costituzionale evidenziati dalla sentenza  n.  94  del
2007, poiche' la materia  dell'edilizia  residenziale,  in  relazione
alla gestione del patrimonio immobiliare, e' devoluta  alla  potesta'
legislativa residuale delle Regioni ai sensi  dell'art.  117,  quarto
comma, Cost. 
    Pertanto, non e' possibile  vincolare  l'esercizio  della  stessa
potesta' legislativa regionale ad accordi tra il Ministro, le Regioni
e gli enti locali, perche' in tal modo  sarebbe  violata  l'autonomia
legislativa costituzionalmente garantita alle Regioni, che  non  puo'
essere  condizionata  da   assensi   esterni   non   previsti   dalla
Costituzione. Da cio' conseguirebbe la dedotta  violazione  dell'art.
117 Cost. 
    D'altra  parte,   non   verrebbero   in   rilievo   esigenze   di
sussidiarieta' in grado di  legittimare  l'intervento  statale,  come
peraltro rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 94 del
2007. 
    19.2.2. - La Regione Toscana  impugna,  infine,  il  comma  3-bis
dell'art.  13  per  violazione  dell'art.  119   Cost.,   richiamando
argomentazioni analoghe a quelle sviluppate in relazione all'art. 11,
comma 12, del d.l. n. 112 del 2008. 
    In particolare, la  difesa  regionale  ricorda  come  la  materia
dell'edilizia residenziale pubblica non sia riservata alla competenza
esclusiva statale; di  conseguenza,  nessuna  giustificazione  appare
invocabile a sostegno dell'istituzione in  tale  materia  di  riserve
finanziarie  disciplinate   e   gestite   a   livello   ministeriale,
trattandosi di funzioni pubbliche ordinarie  delle  Regioni  e  degli
enti locali, per  le  quali  lo  Stato  deve  assicurare  l'integrale
copertura finanziaria ex art. 119 Cost. 
    20. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13,  il  resistente  espone  le  medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    21. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    22. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Toscana ha depositato una memoria  (valida  anche  per  il
ricorso n.  23  del  2009)  con  la  quale,  anche  alla  luce  della
sopravvenuta  stipula  di  un  accordo  tra  Stato  e   Regioni   per
l'attuazione dell'art. 11 e dell'approvazione del piano nazionale con
il d.P.C.m. 16 luglio 2009, insiste nelle conclusioni gia' rassegnate
nel ricorso. 
    23. - La Regione Puglia ha promosso, con ricorso notificato il 20
ottobre 2008 e depositato il successivo 27 ottobre (reg. ric.  n.  78
del 2008), questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11  e
13, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del d.l. n. 112 del  2008,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  133
del 2008, in riferimento agli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma,
118,  119  Cost.  ed  ai  principi  di   leale   collaborazione,   di
sussidiarieta' e di adeguatezza. 
    23.1. - Prima di  esporre  le  singole  ragioni  di  censura,  la
ricorrente illustra il contenuto dell'art. 11, sottolineando come  la
disciplina in questione accentri in capo allo Stato  i  poteri  e  le
funzioni finalizzati alla localizzazione ed alla realizzazione  degli
interventi di edilizia  abitativa,  prioritariamente  (e  dunque  non
esclusivamente) di carattere sociale. Inoltre, tutte le somme che  la
normativa  previgente   aveva   destinato   alle   Regioni   per   la
realizzazione di interventi di edilizia sociale sono  concentrate  in
un unico fondo, nel quale, secondo la difesa regionale, sembrerebbero
confluire anche le somme derivanti  dall'alienazione  di  alloggi  di
edilizia pubblica non appartenenti allo  Stato  (art.  11,  comma  3,
lettera b). 
    La Regione Puglia rileva, ancora, come l'utilizzo di tale fondo e
la destinazione delle somme avvenga a seguito di un  procedimento  il
cui  impulso  e'  attribuito  esclusivamente   al   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, mediante la  stipula  di  accordi  di
programma con gli enti (anche  privati)  promotori  degli  interventi
costruttivi. E' previsto che tali accordi siano  perseguiti  d'intesa
con la Conferenza unificata, ma, decorsi novanta giorni senza che sia
raggiunta l'intesa, gli accordi di programma possono essere  comunque
approvati. 
    La  difesa  regionale  ritiene  che  l'approvazione   di   questi
programmi   incida   direttamente   sull'assetto   urbanistico    del
territorio; in ogni caso, il ricorso allo strumento  dell'accordo  di
programma consente di attribuire allo stesso  efficacia  di  variante
agli  strumenti  urbanistici  locali  e  sopracomunali.   La   natura
derogatoria della pianificazione territoriale sarebbe confermata  dal
comma 9 dell'art. 11, secondo cui l'attuazione del piano nazionale di
edilizia abitativa puo' essere perseguita con le  modalita'  previste
dagli artt. 161 e seguenti del d.lgs. n. 163 del 2006, relativi  alla
realizzazione delle opere strategiche. 
    23.1.1. - L'art. 11 e' impugnato,  innanzitutto,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    La Regione Puglia, dopo  aver  ricordato  alcune  tappe  salienti
della giurisprudenza costituzionale in materia, ed in particolare  la
sentenza n. 94 del 2007, sottolinea come la  norma  impugnata  incida
sulla programmazione  e  sulla  localizzazione  degli  interventi  di
edilizia residenziale  pubblica,  con  conseguente  violazione  della
competenza legislativa regionale di tipo concorrente  in  materia  di
governo del territorio. 
    L'art. 11, infatti,  non  si  limiterebbe  a  fissare  i  criteri
generali in materia di localizzazione o di  assegnazione  di  alloggi
popolari, ma si risolverebbe «in  un'attribuzione  incondizionata  al
Governo del  potere  di  procedere  alla  localizzazione,  esecuzione
(mediante individuazione del soggetto  attuatore)  e  gestione  degli
interventi di edilizia residenziale pubblica e  sociale,  utilizzando
fondi (e competenze) di pertinenza regionale». 
    L'unica eccezione sarebbe rappresentata, secondo  la  ricorrente,
dal comma 7 dell'art. 11 che conterrebbe una norma di principio. 
    23.1.2. - La Regione Puglia ritiene che l'art.  11  violi  l'art.
117, terzo comma, Cost. anche sotto un altro profilo. 
    In   particolare,   la    denunciata    violazione    deriverebbe
dall'individuazione, operata dal comma 1 dell'art. 11, del titolo che
legittimerebbe lo Stato a dettare la normativa impugnata («Al fine di
garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale  i   livelli   minimi
essenziali di  fabbisogno  abitativo  per  il  pieno  sviluppo  della
persona umana ...»). 
    La ricorrente sottolinea come nessun  comma  dell'art.  11  rechi
l'indicazione dei requisiti minimi per l'accesso al bene «casa» o dei
livelli minimi di tale  servizio  sociale;  al  contrario,  la  norma
censurata si limiterebbe a disciplinare gli «strumenti di  attuazione
del "Piano Casa" che si risolvono nella attribuzione allo  Stato  del
potere di procedere alla approvazione  diretta  degli  interventi  di
edilizia  residenziale  pubblica,  anche  in  mancanza   di   accordo
regionale». 
    La difesa regionale, richiamando  alcune  pronunzie  della  Corte
costituzionale, conclude sul punto  rilevando  che  «l'aspirazione  a
raggiungere un "livello minimo" di prestazioni sociali,  se  consente
allo Stato di predeterminare generali standard quali/quantitativi  da
raggiungere  da  parte  della  normazione  regionale,  non  puo',  al
contrario, consentire la gestione diretta dei  servizi  necessari  al
raggiungimento di  tali  standard,  peraltro,  nella  specie  neppure
enunciati». 
    23.1.3. - L'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008 e'  impugnato  anche
per violazione dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza, di  cui
all'art. 118 Cost., e del principio di leale collaborazione. 
    In particolare, la Regione Puglia si sofferma sul  contenuto  del
comma 4 dell'art. 11, secondo cui la stipulazione  degli  accordi  di
programma,   finalizzati   alla   realizzazione   degli    interventi
costruttivi,  e'  promossa   esclusivamente   dal   Ministero   delle
infrastrutture  e  dei  trasporti.  L'ultimo  periodo  del  comma   4
stabilisce, inoltre, che, nel caso in cui entro novanta giorni non si
raggiunga l'intesa con la Conferenza unificata su  siffatti  accordi,
questi possono comunque essere approvati. 
    Secondo la difesa regionale, la norma in questione ridurrebbe  il
ruolo  delle  Regioni  a  «mero   apporto   consultivo,   liberamente
disattendibile  da   parte   dell'organo   ministeriale,   nonostante
l'evidente impatto che  l'accordo  medesimo  produce  sul  territorio
della Regione destinata ad  ospitare  l'intervento  costruttivo».  Al
riguardo,  la  Regione  Puglia  ribadisce   la   natura   derogatoria
dell'accordo di programma rispetto  alla  pianificazione  urbanistica
locale e sopralocale, e precisa che tale effetto e' amplificato dalle
previsioni premiali di diritti  edificatori  a  favore  dei  soggetti
attuatori del programma di edilizia residenziale. 
    In sostanza, a parere della ricorrente, l'accordo tra  Governo  e
soggetto attuatore dell'intervento  costruttivo  sarebbe  «idoneo  ad
obliterare totalmente ogni spazio di autonomia regionale»,  incidendo
direttamente sull'assetto urbanistico del territorio  della  Regione;
risulterebbe in tal modo violato il principio di leale collaborazione
e l'art. 118 Cost. 
    Sono richiamate in proposito le sentenze n. 303 del 2003 e n. 383
del 2005, dal  cui  esame  la  Regione  Puglia  trae  la  conclusione
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 11  per  due  ordini  di
ragioni: innanzitutto, la norma  impugnata  consente  allo  Stato  di
procedere  all'approvazione  dell'accordo  di  programma   anche   in
mancanza dell'intesa; in secondo luogo, la norma prevede l'intesa  in
seno  alla  Conferenza  unificata  e  non  con  la  singola   Regione
interessata dall'intervento approvato. 
    Sarebbero  inoltre  violati   i   principi   di   sussidiarieta',
adeguatezza e leale collaborazione, poiche' non  sarebbe  rinvenibile
alcuna esigenza unitaria che possa  giustificare  l'individuazione  a
livello centrale dei programmi di edilizia residenziale da realizzare
e  della  relativa  localizzazione.  La  difesa  regionale   ritiene,
infatti,  che  il  livello  decisionale  centrale  debba   risolversi
esclusivamente nella quantificazione delle risorse  da  assegnare  ai
programmi di edilizia residenziale pubblica e nella loro ripartizione
alle Regioni in sede di Conferenza unificata. 
    23.1.4.  -  Un'ulteriore  ragione  di  censura  dell'art.  11  e'
prospettata dalla Regione Puglia in riferimento all'art.  117,  sesto
comma, Cost. 
    L'«assoluta indeterminatezza» delle norme  dettate  dall'art.  11
comporterebbe la necessaria attuazione con una normativa di dettaglio
di rango secondario. Tuttavia, la  materia  incisa  rientrerebbe  fra
quelle di competenza legislativa concorrente, con la conseguenza  che
lo Stato non potrebbe adottare  norme  regolamentari,  in  virtu'  di
quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, Cost. 
    23.1.5.  -  L'art.  11,  comma  12,  e',  infine,  impugnato  per
violazione degli artt. 119 e 117, quarto comma, Cost. 
    Secondo la  ricorrente,  l'incidenza  della  normativa  impugnata
sulla competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di  edilizia
residenziale pubblica rende illegittima la costituzione di  un  fondo
con finalita' di finanziamento degli  interventi  definiti  dall'art.
11, per violazione dell'art. 119 Cost. 
    La Regione Puglia rileva altresi' che, in  virtu'  dell'art.  11,
comma 3, lettera b), del d.l. n. 112 del 2008, nel  fondo  costituito
presso il Ministero delle infrastrutture  e  dei  trasporti  sembrano
confluire anche i proventi derivanti dall'alienazione  degli  alloggi
in favore dei relativi assegnatari. Stando a questa  interpretazione,
sarebbe «macroscopica» l'illegittimita' della norma con cui lo  Stato
si appropria delle somme derivanti dall'alienazione  di  immobili  di
proprieta' della Regione o di suoi enti strumentali. 
    Da quanto appena detto discenderebbe la violazione dell'art. 117,
quarto comma, Cost., posto che la gestione degli alloggi di  edilizia
popolare rientra nel «terzo livello normativo» in materia, rientrante
nella potesta' legislativa residuale della Regione. 
    Infine, sarebbe ulteriormente violato l'art. 119  Cost.,  poiche'
lo Stato, in virtu' della norma  impugnata,  utilizzerebbe  per  fini
propri somme di spettanza regionale. 
    23.2. - La Regione Puglia impugna anche l'art. 13, commi 1, 2,  3
e 3-bis, del d.l. n. 112 del 2008. 
    23.2.1. - I commi 1, 2  e  3  dell'art.  13  sono  censurati  per
violazione dell'art. 117, quarto e sesto comma, Cost. 
    La difesa regionale rileva, in via  preliminare,  la  «pressoche'
assoluta identita'» delle norme  impugnate  e  di  quelle  dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  94  del
2007. La sola differenza sarebbe rinvenibile  nel  fatto  che,  nella
normativa oggetto dell'odierno giudizio,  gli  accordi  tra  Stato  e
Regioni devono essere stipulati in sede  di  Conferenza  unificata  e
l'atto terminale del procedimento e'  l'accordo  e  non  un  d.P.C.m.
Dunque, mentre i commi 597  e  598  della  legge  n.  266  del  2005,
dichiarati illegittimi  con  la  citata  sentenza  n.  94  del  2007,
dettavano i principi cui doveva uniformarsi l'accordo tra  Governo  e
Regioni, preliminare all'adozione del d.P.C.m. che avrebbe  stabilito
le norme semplificate per l'alienazione degli alloggi, l'art. 13  del
d.l. n. 112 del 2008 fissa i criteri in base ai quali dovranno essere
stipulati gli accordi tra Stato, Regioni ed  enti  locali  aventi  ad
oggetto la semplificazione delle normative per l'alienazione dei beni
in esame. 
    Anche il comma 3 dell'art.  13  si  differenzierebbe  «ben  poco»
rispetto ai commi 599 e 600 della legge n. 266  del  2005,  anch'essi
dichiarati  illegittimi  con  la  sentenza  n.  94   del   2007.   In
particolare,  secondo  la  ricorrente,  il  comma  3   dell'art.   13
disporrebbe, «in maniera piu'  "secca"»  rispetto  alle  norme  della
legge n. 266 del 2005, che la facolta' di cartolarizzare gli immobili
puo' essere attribuita alle amministrazioni locali,  oltre  a  quelle
regionali,  «cosi'  reiterando  l'illegittima   scelta   statale   di
consentire  anche  ad  enti  sub-regionali   di   effettuare   scelte
gestionali in contrasto  con  differenti  indirizzi  da  parte  della
Regione». 
    Pertanto, la Regione Puglia ritiene che le  differenze  esistenti
nella normativa oggetto dell'odierna  impugnazione  siano  del  tutto
inidonee a superare i profili di incostituzionalita' accertati  nella
sentenza n. 94 del 2007, con la  conseguenza  che  la  disciplina  in
materia sarebbe rimessa alla  potesta'  legislativa  residuale  delle
Regioni e quest'ultima non potrebbe essere vincolata da  accordi  tra
lo Stato e le Regioni stesse. 
    In  definitiva,  la  ricorrente  asserisce  l'incostituzionalita'
delle norme impugnate per le ragioni gia' evidenziate nella  sentenza
n. 94 del 2007. 
    23.2.2. - Oggetto di specifiche censure  e',  inoltre,  il  comma
3-bis dell'art. 13, impugnato per violazione dell'art. 119 Cost. 
    Anche in questo caso, secondo la difesa regionale, si tratterebbe
di un fondo gestito a livello centrale, incidente su ambiti materiali
di  potesta'  legislativa   concorrente   o   addirittura   esclusiva
regionale. Al riguardo, la Regione Puglia richiama la sentenza n. 137
del 2007 con la quale e' stata dichiarata illegittima una  previsione
analoga. 
    24. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13  il  resistente  espone  le   medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    25. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    26. - La Regione Campania ha promosso, con ricorso notificato  il
20 ottobre 2008 e depositato il successivo 27 ottobre (reg.  ric.  n.
79 del 2008), questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11
e  13  del  d.l.  n.  112  del  2008,  convertito   in   legge,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  in
riferimento agli artt. 2, 3, 14, 114,  117,  118,  119  Cost.  ed  ai
principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. 
    26.1. - Preliminarmente, la ricorrente sottolinea come l'art.  11
impugnato si inquadri in un piu' ampio contesto normativo che  regola
la materia dell'edilizia residenziale  pubblica.  Sono  in  proposito
richiamati: a) la legge n. 9 del 2007, con la quale e' stato previsto
un piano straordinario  finalizzato  ad  identificare  il  fabbisogno
abitativo  e  sono  stati  fissati  i  principi   generali   per   la
programmazione in materia e per la predisposizione,  da  parte  delle
Regioni, dei singoli programmi regionali; b) l'art. 21  del  d.l.  n.
159 del 2007, convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge n. 222 del  2007;  il  citato  art.  21  ha  previsto  un
programma straordinario di edilizia residenziale pubblica,  affidando
alle  Regioni  ed  alle  Province   autonome   l'individuazione   del
fabbisogno abitativo sulla base degli esiti di un apposito «tavolo di
concertazione»; c) il decreto del Ministro  delle  infrastrutture  18
dicembre  2007  (Programma  straordinario  di  edilizia  residenziale
pubblica, di cui all'articolo 21 del decreto-legge 1°  ottobre  2007,
n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre  2007,
n.  222,  recante:  «Individuazione  degli  interventi  prioritari  e
immediatamente   realizzabili   e   riparto   della    disponibilita'
finanziaria»), con il  quale  sono  stati  approvati  gli  interventi
presentati dalle Regioni ed e' stata  disciplinata  l'erogazione  del
finanziamento, da effettuare mediante attribuzione diretta a  ciascun
Comune, agli IACP o ad altri enti. 
    Secondo  la  Regione  Campania,  in  virtu'  delle  norme   sopra
indicate, le amministrazioni interessate hanno assunto impegni per la
progettazione, per l'acquisto ed, in alcuni casi, per  l'avvio  delle
procedure di  appalto  relative  alla  realizzazione  degli  alloggi,
utilizzando le somme stanziate dalla normativa richiamata. 
    Sulla base di queste premesse, la ricorrente sostiene che  l'art.
11 del d.l. n. 112 del 2008 abbia accentrato nel Governo nazionale le
decisioni attinenti ad interventi in materie di competenza  regionale
(edilizia residenziale pubblica, solidarieta' sociale e  governo  del
territorio),   «vanificando,    peraltro,    anche    le    decisioni
programmatiche gia' adottate e, in parte, avviate». 
    26.1.1. - In particolare, l'art. 11  violerebbe  le  attribuzioni
legislative e amministrative regionali in  materia  di  assistenza  e
politiche sociali e dell'abitazione, edilizia residenziale  pubblica,
lavori pubblici di  interesse  regionale  e  locale  e  gestione  del
patrimonio immobiliare di edilizia  residenziale  pubblica,  previste
dagli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. 
    La  Regione  Campania,  dopo  aver  richiamato  alcuni   passaggi
motivazionali delle sentenze n. 94  del  2007  e  n.  166  del  2008,
sottolinea come lo Stato non possa oltrepassare il limite  costituito
dall'esigenza unitaria di determinare l'offerta minima di  alloggi  -
anche con l'individuazione delle categorie particolarmente  disagiate
- e dalla possibilita' di dettare principi generali. Spetta, infatti,
alla   Regione    l'individuazione    del    fabbisogno    abitativo,
l'articolazione degli interventi e le realizzazioni conseguenti. 
    La difesa regionale si sofferma, poi, sulle differenze  esistenti
tra  la  normativa  impugnata  e  quella  oggetto  del  giudizio   di
legittimita' costituzionale definito con la sentenza n. 166 del  2008
nel senso della non fondatezza. La norma oggi impugnata, infatti,  si
porrebbe  «come  regola  ordinaria  e  stabile»  di  definizione  dei
rapporti Stato-Regione nella  materia  in  questione,  prevedendo  un
«accentramento a livello statale» che  sottrae  qualunque  spazio  di
intervento ai piani regionali. 
    Proprio sulla scorta degli interventi legislativi del 2007, sopra
indicati, la  ricorrente  ritiene  che  la  previsione  di  un  piano
nazionale di edilizia abitativa (art. 11,  comma  1),  nonostante  la
necessita' di un'intesa con la Conferenza unificata, non  salvaguardi
«la responsabilita' diretta delle decisioni della singola Regione sul
proprio territorio in ragione delle esigenze abitative specifiche del
territorio medesimo». In definitiva, la censurata scelta  legislativa
esproprierebbe la competenza regionale, anche  perche',  in  caso  di
disaccordo con i rappresentanti regionali in ordine alle politiche di
edilizia residenziale, lo Stato, in virtu' dell'art.  3  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento  delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento   e   Bolzano   ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse  comune  delle
regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'
ed autonomie locali), potrebbe assumere autonomamente le decisioni in
merito. 
    26.1.2.  -  In  particolare,  sarebbe  evidente  l'illegittimita'
costituzionale del comma 4 dell'art.  11,  la'  dove  il  legislatore
prevede che, decorsi novanta giorni senza  che  sia  stata  raggiunta
l'intesa  per  l'approvazione  degli  accordi  di  programma,  questi
possono essere comunque approvati. 
    26.1.3. - Le ragioni di censura individuate  con  riferimento  ai
commi 1 e 4 dell'art. 11 varrebbero anche per i commi 2, 6, 8 e 9 del
medesimo articolo, in quanto le norme in esame accentrerebbero  nello
Stato la decisione, espropriando la competenza regionale. 
    La Regione Campania sottolinea, al riguardo, anche  «la  generica
indicazione dei destinatari»; in questo modo, il legislatore  statale
avrebbe scelto un modello di intervento che, sia nella redazione  del
piano  abitativo,  sia  nella  predisposizione   degli   accordi   di
programma, consente al governo centrale di avocare a se' le decisioni
sulle politiche abitative di spettanza regionale. 
    26.1.4. -  Oggetto  di  specifica  impugnazione  e'  il  comma  3
dell'art. 11, il  quale  limita  l'oggetto  del  piano  nazionale  di
edilizia  abitativa  esclusivamente  alla   «costruzione   di   nuove
abitazioni»  ed  alla  «realizzazione  di  misure  di  recupero   del
patrimonio abitativo esistente», vincolando in tal  modo  le  Regioni
nella scelta delle tipologie di intervento piu' adatte al  fabbisogno
abitativo regionale ed alle esigenze territoriali. 
    La ricorrente osserva,  in  proposito,  come  la  stessa  Regione
Campania abbia modulato il programma di finanziamenti previsto  dalla
legge  n.  9  del  2007  in  relazione  alle  esigenze  del   proprio
territorio, destinando, tra l'altro, le somme  in  questione  per  il
sostegno di contratti  di  locazione  nella  citta'  di  Napoli,  che
presenta una densita'  abitativa  altissima,  piuttosto  che  per  la
realizzazione di nuovi immobili,  pressoche'  impossibile  sul  piano
urbanistico. 
    Per  effetto  della  normativa  oggi  impugnata,  invece,  questa
possibilita' verrebbe meno, con la  conseguenza  di  una  illegittima
lesione della competenza regionale in ordine alle  politiche  sociali
ed abitative. 
    Secondo la difesa regionale, le novita' introdotte  dall'art.  11
del d.l. n. 112 del 2008 risulterebbero particolarmente lesive  delle
attribuzioni regionali alla luce del fatto  che  il  comma  12  dello
stesso art. 11 fa confluire nel fondo ivi istituito anche le  risorse
del  precedente  d.l.  n.  159  del  2007,  vanificando  pertanto  le
decisioni gia' adottate dalla Regione in merito. 
    La Regione Campania  sottolinea,  in  proposito,  come  la  Corte
costituzionale  abbia  piu'  volte  precisato  che  lo   Stato   puo'
intervenire con finanziamenti nelle materie di competenza  regionale,
a condizione di  lasciare,  comunque,  alle  Regioni  la  piu'  ampia
liberta', nell'ambito della propria competenza, di operare le  scelte
politiche e amministrative ritenute idonee. 
    Per le ragioni suesposte sarebbero illegittimi il  comma  3,  che
limita gli obiettivi della politica abitativa e  la  tipologia  degli
interventi, il comma 4, che individua e limita ad un  solo  strumento
negoziale la realizzazione dei programmi di  promozione  di  edilizia
residenziale e di riqualificazione urbana, ed il comma 5, che precisa
e quindi limita le modalita' di attuazione degli accordi di programma
di cui al comma 4. 
    26.1.5. - La Regione Campania impugna, inoltre, l'art. 11,  comma
5, lettera c), secondo cui gli interventi previsti nel comma  4  sono
attuati, tra l'altro, mediante «provvedimenti mirati  alla  riduzione
del  prelievo  fiscale  di  pertinenza  comunale  o  degli  oneri  di
costruzione». Ad avviso della ricorrente, la norma in  esame  sarebbe
lesiva dell'autonomia finanziaria degli enti locali ed, in  generale,
delle scelte territoriali con riguardo  agli  strumenti  di  politica
sociale ed abitativa. 
    26.1.6. - E' impugnato, da ultimo, il comma 12 dell'art.  11.  La
difesa regionale premette che, con il d.l. n. 159 del 2007 e  con  il
successivo decreto del  Ministro  delle  infrastrutture  18  dicembre
2007, e' stato approvato un programma straordinario predisposto dalle
singole Regioni, ammettendo al finanziamento gli interventi da queste
ultime individuati. Gli  enti  territoriali  interessati  hanno  dato
avvio alle procedure per l'attuazione  del  programma  in  questione;
sono stati, pertanto, assunti specifici impegni per la  progettazione
e per l'acquisto degli immobili,  ed,  in  alcuni  casi,  sono  state
definite le procedure di appalto per la  rapida  realizzazione  degli
alloggi. 
    Queste  considerazioni  renderebbero  evidente,  a  parere  della
Regione Campania, l'illegittimita' costituzionale del  comma  12,  il
quale  dispone  che  le  risorse  gia'  stanziate  da   altre   leggi
confluiscano nel  fondo  per  l'attuazione  del  piano  nazionale  di
edilizia abitativa, senza prevedere alcun confronto  con  le  Regioni
interessate.  La  norma  impugnata  stabilisce,  inoltre,  che   «gli
eventuali provvedimenti adottati  in  attuazione  delle  disposizioni
legislative citate al primo periodo del presente comma, incompatibili
con il presente articolo, restano privi di effetti». Sono fatte salve
soltanto le somme «gia' iscritte nei bilanci degli enti destinatari e
impegnate». 
    A cio' si aggiunga, sempre secondo la difesa regionale, che  gran
parte degli interventi programmati  individuano  gli  enti  attuatori
negli IACP, trasformati in enti economici, ai  quali  dunque  non  e'
riferibile il sistema di contabilita' finanziaria pubblica. Ad avviso
della ricorrente, questa circostanza non consentirebbe di operare  la
deroga prevista dalla norma impugnata per le somme «gia' iscritte nei
bilanci degli enti destinatari e impegnate». 
    La Regione Campania sottolinea come il quadro normativo censurato
abbia riflessi non solo sul piano della  lesione  delle  attribuzioni
regionali,  ma  anche  su  quello  dei  danni  cui  gli  enti  locali
potrebbero essere chiamati a rispondere e dei ritardi  dei  tempi  di
realizzazione delle opere. 
    Sulla base delle anzidette considerazioni,  la  difesa  regionale
ritiene che la norma impugnata sia  illegittima  per  violazione  dei
seguenti  parametri  costituzionali:  a)  del  principio   di   leale
collaborazione, in  quanto  il  programma  abitativo  previsto  dalla
normativa del 2007, regolarmente concordato fra i diversi livelli  di
governo, e' stato travolto attraverso la sottrazione unilaterale  dei
finanziamenti gia' concessi dallo Stato; b) degli  artt.  118  e  119
Cost., poiche' il censurato comma 12 incide in  maniera  grave  sulla
pianificazione e sull'autonomia finanziaria  della  Regione;  c)  del
principio di ragionevolezza, in quanto la norma impugnata  «contrasta
con una scelta precedente (confermata dal legislatore statale) e, nel
delineare l'ambito dell'intervento a favore di categorie  socialmente
deboli, contrasta con gli stessi principi ispiratori esplicitati  nel
comma 1». 
    26.2. - La  Regione  Campania  impugna,  infine,  tutti  i  commi
dell'art. 13 del d.l. n. 112 del 2008. 
    26.2.1. - Quanto ai commi 1,  2  e  3  dell'art.  13,  la  difesa
regionale  riprende  le   argomentazioni   utilizzate   dalla   Corte
costituzionale nella sentenza n. 94 del 2007 con la quale sono  state
dichiarate illegittime norme di analogo contenuto.  Al  riguardo,  la
ricorrente  sottolinea  come  la  disciplina   delle   procedure   di
alienazione degli immobili di proprieta'  degli  IACP  rientri  nella
competenza legislativa esclusiva  delle  Regioni  (art.  117,  quarto
comma, Cost.). 
    Inoltre, ad avviso della Regione Campania, la  previsione  di  un
accordo in sede di Conferenza unificata (art. 13, comma 1)  determina
l'assunzione di un vincolo a carico della Regione,  anche  contro  la
sua volonta'. Cio' rileverebbe, in particolare,  con  riferimento  al
comma 3 dell'art. 13, in quanto la  diretta  attribuzione  agli  enti
locali   della   facolta'   di   stipulare   convenzioni    per    la
cartolarizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, potrebbe porsi
in contrasto con  una  differente  volonta'  della  Regione,  che  si
troverebbe ad  essere  vincolata  dall'accordo  di  cui  al  comma  1
dell'art. 13. 
    26.2.2. - Anche il comma 3-ter  dell'art.  13  e'  impugnato  per
violazione della potesta' legislativa  residuale  delle  Regioni,  ai
sensi del quarto  comma  dell'art.  117  Cost.  La  Regione  Campania
ritiene,  infatti,  che  l'alienazione   diretta   di   alloggi   sia
assimilabile all'assegnazione degli stessi, con la  conseguenza  che,
rispetto al comma  3-ter,  varrebbero  le  considerazioni  svolte  in
riferimento ai commi 1, 2 e 3. 
    26.2.3.  -  La  ricorrente  impugna,  inoltre,  il  comma   3-bis
dell'art. 13, in  quanto  istituirebbe  un  fondo  vincolato  in  una
materia di  competenza  regionale.  Sono  richiamate,  in  proposito,
alcune pronunzie della Corte costituzionale ed,  in  particolare,  la
sentenza  n.  137  del  2007,  con  la  quale  e'  stata   dichiarata
illegittima una norma di contenuto analogo. 
    26.2.4. - Infine, e' censurato il comma  3-quater  dell'art.  13,
che istituisce presso il Ministero dell'economia e delle  finanze  un
fondo per la tutela dell'ambiente e per la promozione del territorio.
Secondo la difesa regionale, la norma in questione interferirebbe con
materie  di  competenza  regionale  (in  particolare,  «governo   del
territorio»);  di  conseguenza,  sarebbe   illegittima   la   mancata
previsione di qualsiasi forma di partecipazione delle  Regioni  nelle
determinazioni  da   assumere   in   merito   all'utilizzazione   dei
contributi.  Per  la  ragione  anzidetta  sarebbe  violato  anche  il
principio di leale collaborazione. 
    27. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13  il  resistente  espone  le   medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    28. - In data 12 gennaio 2009, la  Regione  Lazio  ha  depositato
atto di intervento nel  presente  giudizio  chiedendo  che  la  Corte
costituzionale dichiari l'illegittimita' degli artt. 11 e 13 del d.l.
n. 112 del 2008. 
    29. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    30. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Campania e la Regione Lazio hanno depositato  memorie  con
le quali, anche alla luce della sopravvenuta stipula  di  un  accordo
tra Stato e Regioni per l'attuazione dell'art.  11,  insistono  nelle
conclusioni gia' rassegnate, rispettivamente, nel ricorso e nell'atto
di intervento. 
    31.  -  La  Regione  Valle  d'Aosta  ha  promosso,  con   ricorso
notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo  29  ottobre
(reg. ric. n. 84 del 2008), questioni di legittimita'  costituzionale
di alcune disposizioni del d.l. n. 112 del 2008, convertito in legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,
e, tra queste, dell'art. 13, commi 1, 2 e 3, in riferimento  all'art.
117, quarto comma, Cost., in combinato disposto con l'art.  10  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  titolo  V
della parte seconda della Costituzione). 
    31.1. - In via preliminare,  la  ricorrente  sottolinea  come  la
normativa impugnata incida sulla materia  dell'edilizia  residenziale
pubblica, gia' trasferita alla Regione Valle d'Aosta dagli artt. 62 e
63 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182  (Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale della regione Valle d'Aosta per la  estensione  alla
regione delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e  della
normativa relativa agli enti soppressi con l'art. 1-bis del  d.l.  18
agosto 1978, n. 481, convertito nella legge 21 ottobre 1978, n. 641),
ed ora spettante  alla  potesta'  legislativa  piena  della  medesima
Regione ai sensi dell'art. 117, quarto  comma,  Cost.,  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    A tale riguardo, la difesa regionale richiama la sentenza  n.  94
del 2007 della Corte costituzionale e sottolinea come i commi 1, 2  e
3 dell'art. 13 abbiano un contenuto  analogo  a  quello  delle  norme
dichiarate illegittime con la citata pronunzia. 
    31.1.1. - In particolare, il comma 1 dell'art. 13 non conterrebbe
una disciplina generale in tema  di  assegnazione  degli  alloggi  di
edilizia residenziale pubblica ma inciderebbe  sulla  gestione  degli
alloggi di proprieta' degli IACP (o  di  altri  enti  sostitutivi  di
questi), cioe' di un patrimonio  immobiliare  non  appartenente  allo
Stato ma ad enti strumentali della Regione. In tal modo, sarebbe lesa
la competenza legislativa esclusiva della Regione  Valle  d'Aosta  in
materia di edilizia residenziale pubblica,  in  violazione  dell'art.
117, quarto comma, Cost., in combinato disposto con l'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    Ad avviso della ricorrente, la previsione dell'accordo in sede di
Conferenza unificata non  varrebbe  ad  assicurare  il  rispetto  del
principio di leale collaborazione, in quanto  quest'ultimo  non  puo'
essere invocato nelle ipotesi in cui si versi in un ambito  materiale
riservato esclusivamente alle Regioni. 
    31.1.2. - A conclusioni analoghe la difesa regionale  giunge  con
riferimento al comma 2 dell'art. 13, in quanto i criteri previsti  da
tale disposizione non sarebbero riconducibili  ai  principi  generali
destinati  a  stabilire  modalita'  uniformi  di  assegnazione  degli
alloggi  di  edilizia   residenziale   pubblica,   finalizzati   alla
soddisfazione del diritto all'abitazione o ad evitare forti squilibri
territoriali nella politica sociale della casa. 
    In altre parole, ad avviso della Regione Valle d'Aosta, i criteri
individuati  dalla  norma  impugnata  non  possono  rientrare   nella
competenza legislativa esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera  m),  Cost.,  ne'  possono  autorizzare  «chiamate  in
sussidiarieta'», ne', infine, sono assimilabili a  scelte  di  natura
programmatoria degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica e
quindi riconducibili alla materia «governo del territorio» (art. 117,
terzo comma, Cost.). 
    La ricorrente ritiene, infatti, che i criteri di cui al  comma  2
costituiscano limiti ed indirizzi per le scelte regionali in  materia
di semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili, che
finiscono con il predeterminare il contenuto degli  accordi  previsti
dal comma 1 dell'art. 13, e dunque investono pienamente  la  gestione
del patrimonio  immobiliare  di  edilizia  residenziale  pubblica  di
proprieta' degli IACP  o  degli  altri  enti  ad  essi  assimilabili,
rientrante nella competenza legislativa esclusiva della Regione Valle
d'Aosta. 
    31.1.3. - Infine, anche il  comma  3  dell'art.  13  e'  ritenuto
lesivo della competenza legislativa regionale in materia di  edilizia
residenziale pubblica, giacche'  interviene  sulle  possibili  scelte
gestionali della Regione in relazione alla vendita  degli  alloggi  e
dunque su un ambito riservato al legislatore regionale dall'art. 117,
quarto comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della  legge
cost. n. 3 del 2001. 
    32. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Quanto alle singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  13  il
resistente espone le medesime argomentazioni sviluppate negli atti di
costituzione nei giudizi promossi con i ricorsi n. 67  e  n.  69  del
2008, sopra riassunti, alla cui sintesi si rinvia. 
    33. - La Regione siciliana ha promosso, con ricorso notificato il
20 ottobre 2008 e depositato il successivo 28 ottobre (reg.  ric.  n.
88 del 2008), questioni  di  legittimita'  costituzionale  di  alcune
disposizioni del d.l. n. 112  del  2008,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,  e,
tra queste, dell'art. 11, commi 4, 8 e 12, e dell'art. 13, commi 1, 2
e 3, in riferimento all'art. 14, lettera g), del r.d.lgs.  15  maggio
1946 n. 545 (Approvazione dello  statuto  della  Regione  siciliana),
convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2,  ed  al
d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto
della Regione siciliana in materia di opere pubbliche). 
    33.1. - La ricorrente impugna il  comma  4  dell'art.  11,  nella
parte in cui stabilisce che, decorsi novanta  giorni  senza  che  sia
stata raggiunta l'intesa prevista per l'approvazione degli accordi di
programma, questi possono essere comunque approvati. 
    Al riguardo, la difesa regionale osserva come  il  riconoscimento
allo Stato del ruolo di promozione e coordinamento di  interventi  di
edilizia residenziale pubblica non possa sovrapporsi alle  competenze
delle Regioni, che sono chiamate a formulare il  proprio  assenso  al
piano di edilizia residenziale pubblica. 
    In ordine al comma 8 dell'art. 11, la ricorrente ritiene  che  la
regolamentazione dell'assegnazione e dell'alienazione  degli  alloggi
rientri nella competenza regionale ai sensi dell'art. 117  Cost.  ed,
in particolare per la Regione siciliana, dell'art.  14,  lettera  g),
del proprio Statuto. 
    Parimenti illegittimo sarebbe il comma 12, in quanto lo Stato non
potrebbe revocare risorse gia' attribuite con l'art. 21 del  d.l.  n.
159 del 2007, «senza  con  cio'  incidere  sulle  attribuzioni  della
Regione e senza peraltro sentirla, contravvenendo cosi'  alle  minime
regole  di  correttezza  e  collaborazione  che  devono  informare  i
rapporti fra i due enti». 
    33.2. - E' impugnato anche l'art. 13, commi 1, 2 e 3,  il  quale,
ad avviso della ricorrente, sostanzialmente  ripropone  il  contenuto
delle norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con  la
sentenza n. 94 del 2007. 
    Secondo la Regione siciliana, anche le norme oggi  impugnate  non
si limitano a fissare principi o criteri di massima,  finalizzati  ad
un generale coordinamento delle politiche  regionali  in  materia  di
edilizia  residenziale  pubblica,  ma  regolano   la   gestione   del
patrimonio edilizio pubblico (in particolare, degli IACP) in  materia
sottratta allo Stato sia  dall'art.  117  Cost.,  sia  dall'art.  14,
lettera g), dello Statuto. D'altra parte, la difesa regionale ritiene
che la previsione del solo accordo, al quale non deve  seguire  alcun
regolamento  statale  (come  era  previsto  nelle  norme   dichiarate
illegittime con la sentenza n. 94 del 2007), non muti i termini della
questione. 
    34. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13,  il  resistente  espone  le  medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    35. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    36. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione siciliana ha depositato una memoria con la  quale  insiste
nelle conclusioni gia' rassegnate nel ricorso. 
    37. - La Regione Lazio ha promosso, con ricorso notificato il  20
ottobre 2008 e depositato, fuori termine, il  successivo  5  novembre
(reg. ric. n. 89 del 2008), questioni di legittimita'  costituzionale
degli artt. 11 e 13, commi 1 e 2, lettere a), b) e c),  del  d.l.  n.
112 del 2008, convertito in legge, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge n. 133 del 2008, in riferimento agli artt.  117,
118  e  119   Cost.,   nonche'   ai   principi   di   ragionevolezza,
proporzionalita' e di leale collaborazione. 
    38. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   eccependo   l'inammissibilita'    e    deducendo    comunque
l'infondatezza delle censure. 
    Ad avviso del resistente, le  questioni  promosse  nei  confronti
dell'art. 11 sono inammissibili perche'  la  ricorrente  non  avrebbe
esattamente individuato le norme impugnate e le  motivazioni  addotte
sarebbero generiche. 
    Quanto alle  singole  ragioni  di  impugnazione  dell'art.  11  e
dell'art.  13,  il  resistente  espone  le  medesime   argomentazioni
sviluppate negli atti di costituzione  nei  giudizi  promossi  con  i
ricorsi n. 67 e n. 69 del 2008, sopra riassunti, alla cui sintesi  si
rinvia. 
    39. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    40. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Lazio ha depositato una memoria con la quale insiste nelle
conclusioni gia' rassegnate nel ricorso. 
    41. - La Regione Toscana ha promosso, con ricorso  notificato  il
23 marzo 2009 e depositato il successivo 27 marzo (reg.  ric.  n.  23
del  2009),  questioni  di  legittimita'  costituzionale  di   alcune
disposizioni del decreto-legge  29  novembre  2008,  n.  185  (Misure
urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e  impresa  e
per  ridisegnare  in  funzione  anti-crisi   il   quadro   strategico
nazionale), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della
legge 28 gennaio 2009, n. 2,  e,  tra  queste,  dell'art.  18,  comma
4-bis, lettera a), in riferimento agli artt. 117 e 118  Cost.  ed  al
principio di leale collaborazione. 
    La norma impugnata ha modificato l'art. 11, comma 1, del d.l.  n.
112 del 2008, convertito in legge, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge n. 133 del 2008,  statuendo  che  la  Conferenza
unificata sia «sentita», prima dell'approvazione del piano  nazionale
di edilizia  abitativa;  e'  stata  dunque  eliminata  la  previsione
dell'«intesa», contenuta nel testo originario dell'art. 11. 
    La difesa regionale evidenzia come la modifica cosi' operata  sia
rilevante poiche', mentre il parere puo' essere facilmente disatteso,
l'intesa  richiede  lo  svolgimento  di  trattative   finalizzate   a
pervenire ad una determinazione  condivisa  e,  quindi,  assicura  un
effettivo rispetto delle competenze regionali che si intrecciano  con
quelle statali. Al riguardo, la Regione Toscana rileva l'interferenza
delle norme contenute nell'art. 11 del  d.l.  n.  112  del  2008  con
numerose materie di competenza regionale,  fra  le  quali  l'edilizia
residenziale, il governo del territorio e l'edilizia sociale. 
    Ad avviso della ricorrente, gia' l'originario testo del  comma  1
dell'art.  11  era  «insufficiente  a  salvaguardare  le   competenze
regionali», perche' non permetteva alle singole Regioni di esprimersi
sul contenuto del piano, richiedendo solo l'intesa con la  Conferenza
unificata.  Ancor  di  piu'  «insufficiente»  risulterebbe  il  testo
attuale del comma 1 dell'art. 11, a seguito delle  modifiche  operate
dall'art. 18,  comma  4-bis,  lettera  a),  con  le  quali  e'  stata
eliminata l'intesa con la Conferenza ed e' stata  sostituita  con  un
mero parere dello stesso organismo. 
    Peraltro, anche nell'ipotesi in cui fossero ritenute  sussistenti
esigenze  di  sussidiarieta',  sarebbe   necessaria   la   previsione
dell'intesa. La Regione Toscana sottolinea,  in  proposito,  come  la
norma  impugnata  non  rispetti  i   principi   posti   dalla   Corte
costituzionale con la sentenza n. 303 del 2003, secondo cui  l'intesa
con la Regione interessata costituisce il presupposto essenziale  per
la compatibilita' costituzionale di una  normativa  statale  che,  in
applicazione  dell'art.  118  Cost.,  attragga  in  capo  allo  Stato
potesta' legislative che l'art.  117  Cost.  affida  alla  competenza
concorrente dello Stato e delle Regioni. La difesa regionale ricorda,
inoltre, la giurisprudenza costituzionale (sentenza n.  6  del  2004)
secondo  cui,  ove  la  normativa  incida  su  ambiti  di  competenza
regionale in applicazione dell'art. 118 Cost., l'imprescindibile fase
concertativa deve essere salvaguardata attraverso  la  previsione  di
un'«intesa forte». E' richiamata, da ultimo, la sentenza n.  339  del
2005, in cui la Corte costituzionale evidenzia come l'intesa si debba
sviluppare anche attraverso reiterate trattative volte a superare  le
divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo. 
    In definitiva, la Regione Toscana sottolinea la necessita' che si
attui quantomeno «una fase di dialogo fra le parti» e si realizzi «un
contatto  tra  i  diversi  interessi  ed  una  dialettica   leale   e
costruttiva fra i differenti soggetti di  rilevanza  costituzionale»;
in caso contrario, la previsione dell'intesa si  tradurrebbe  in  una
statuizione solo formale. 
    42. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   che    la    Corte    costituzionale    dichiari
l'improcedibilita' del ricorso a seguito della sopravvenuta  modifica
del quadro normativo. 
    Infatti, l'art. 7-quater, comma 12, lettera a), del decreto-legge
10 febbraio 2009,  n.  5  (Misure  urgenti  a  sostegno  dei  settori
industriali in crisi, nonche' disposizioni in materia  di  produzione
lattiera e rateizzazione del debito nel  settore  lattiero-caseario),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 9 aprile 2009, n. 33, ha stabilito che al comma 1 dell'art.  11
del d.l. n. 112 del 2008, la parola  «sentita»  e'  sostituita  dalle
seguenti: «d'intesa con». 
    43. - In data 22  settembre  2009,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato copia dei seguenti documenti: a) accordo  tra  il
Governo e le Regioni  siglato  il  5  marzo  2009;  b)  parere  della
Conferenza unificata reso il 12 marzo 2009, ai sensi dell'art. 11 del
d.l. n. 112 del 2008; c) nuovo schema del d.P.C.m. di cui all'art. 11
del d.l. n. 112 del  2008;  d)  deliberazione  CIPE  n.  18/2009;  e)
d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    44. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 18 novembre  2009,
la Regione Toscana ha depositato una memoria  (valida  anche  per  il
ricorso n. 74 del 2008) con la quale prende atto  della  sopravvenuta
carenza di interesse della questione, alla luce della  reintroduzione
della previsione dell'intesa nell'art. 11, comma 1, del d.l.  n.  112
del 2008 e dell'approvazione del piano sulla base dell'intesa con  la
Conferenza unificata. 
    45. - Nell'udienza pubblica del 23 febbraio 2010,  la  ricorrente
ha chiesto che la Corte costituzionale dichiari la  cessazione  della
materia del contendere in ordine alla questione relativa all'art. 18,
comma 4-bis, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  -  Le  Regioni  Piemonte  (reg.  ric.  n.   67   del   2008),
Emilia-Romagna (reg. ric. n. 69 del 2008), Veneto (reg.  ric.  n.  70
del 2008), Liguria (reg. ric. n. 72 del 2008), Toscana (reg. ric.  n.
74 del 2008) e Sicilia (reg. ric. n.  88  del  2008)  hanno  promosso
questioni di legittimita' costituzionale di numerose disposizioni del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 agosto 2008, n. 133, e tra queste degli artt. 11  e  13,  per
violazione degli artt. 117, 118, 119, 120 e 136  della  Costituzione,
dell'art. 14, lettera  g),  del  r.d.lgs.  15  maggio  1946,  n.  545
(Approvazione dello  statuto  della  Regione  siciliana),  convertito
dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  2,  del  d.P.R.  30
luglio 1950, n. 878 (Norme di attuazione dello Statuto della  Regione
siciliana in materia di opere pubbliche), e del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Riservata a  separate  pronunce  la  decisione  sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel suddetto d.l. n. 112 del 2008,
vengono  in  esame  in  questa  sede  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale relative agli artt. 11 e 13. 
    Le Regioni Puglia (reg. ric. n. 78 del 2008), Campania (reg. ric.
n. 79 del 2008) e Lazio (reg. ric. n. 89  del  2008)  hanno  promosso
questioni di legittimita' costituzionale di entrambi gli artt.  11  e
13 del d.l. n. 112 del 2008, convertito in legge, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133  del  2008,  per  violazione
degli artt. 2, 3, 14, 114, 117, 118 e 119 Cost., e  dei  principi  di
ragionevolezza e di leale collaborazione. 
    Le Regioni Umbria (reg. ric. n. 73  del  2008)  e  Valle  d'Aosta
(reg. ric. n. 84 del 2008) hanno promosso questioni  di  legittimita'
costituzionale del solo art. 13 del d.l. n. 112 del 2008,  convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133
del 2008, per violazione, rispettivamente, degli artt. 117, 119 e 136
Cost., e dell'art. 117 Cost., in combinato  disposto  con  l'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione). 
    La Regione Toscana  (reg.  ric.  n.  23  del  2009)  ha  promosso
questione di legittimita' costituzionale di alcune  disposizioni  del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185  (Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in
legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n.
2, e, tra queste, dell'art. 18, comma 4-bis, lettera a), il quale  ha
modificato l'art. 11,  comma  1,  del  d.l.  n.  112  del  2008,  per
violazione degli artt. 117 e 118  Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Riservata a  separate  pronunce  la  decisione  sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel d.l. n. 185 del 2008,  vengono
in esame in questa sede le questioni di  legittimita'  costituzionale
relative all'art. 18, comma 4-bis, lettera a). 
    I giudizi, cosi' separati e delimitati, in  considerazione  della
loro connessione oggettiva, devono essere riuniti, per essere  decisi
con un'unica pronuncia. 
    2. - Preliminarmente, deve  essere  dichiarato  inammissibile  il
ricorso promosso dalla Regione Lazio avverso gli artt. 11  e  13  del
d.l. n. 112 del 2008. 
    Il detto  ricorso,  notificato  il  20  ottobre  2008,  e'  stato
depositato il successivo 5 novembre e quindi oltre il termine  di  10
giorni dalla notifica, previsto  dall'art.  32,  terzo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento  della  Corte  costituzionale),  che  rinvia  a  quanto
stabilito dall'art. 31, comma 4, della medesima legge. 
    Alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, il
termine per il deposito del ricorso deve intendersi stabilito a  pena
di decadenza (sentenze n. 72 del 1981 e n. 191 del 1980; ordinanze n.
99 del 2000, n. 126 del 1997, n. 528 e  n.  643  del  1988).  D'altra
parte, la ricorrente non prospetta argomenti che inducano la Corte  a
modificare tale orientamento, considerando in particolare che, se  si
escludesse la decadenza per la mancata osservanza del termine per  il
deposito, le controversie fra  lo  Stato  e  le  Regioni,  una  volta
notificato  il  ricorso,  potrebbero  essere  «instaurate  sine  die»
(sentenze n. 72 del 1981 e n. 191  del  1980;  ordinanza  n.  99  del
2000). 
    3.  -  Deve  essere  inoltre  ribadita  l'inammissibilita',  gia'
dichiarata  con  separata  ordinanza  nell'udienza  pubblica  del  23
febbraio 2010, dell'atto di intervento spiegato dalla  Regione  Lazio
nel giudizio promosso dalla Regione Campania. 
    Questa Corte ha piu' volte sottolineato (sentenze n. 172 del 1994
e n. 111 del 1975) che nei giudizi di legittimita' costituzionale  in
via principale non e' ammessa la presenza di soggetti  diversi  dalla
parte ricorrente e dal titolare della  potesta'  legislativa  il  cui
atto e' oggetto di contestazione. D'altronde, come si  e'  detto,  la
Regione Lazio ha impugnato con  autonomo  ricorso,  depositato  fuori
termine, gli artt. 11 e 13  del  d.l.  n.  112  del  2008;  pertanto,
l'ammissibilita' del suo atto di  intervento  nel  giudizio  promosso
dalla Regione Campania vanificherebbe la  perentorieta'  del  termine
previsto per il deposito del ricorso nei giudizi in via principale. 
    4. -  Sempre  in  via  preliminare,  deve  essere  dichiarata  la
cessazione della materia del  contendere  in  ordine  alla  questione
promossa dalla Regione Toscana con  riferimento  all'art.  18,  comma
4-bis, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008  (reg.  ric.  n.  23  del
2009). 
    Al riguardo, deve essere rilevato che la norma in questione,  nel
testo risultante a seguito della conversione del decreto in legge, ha
modificato l'art. 11, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008,  sostituendo
la previsione dell'intesa con la Conferenza unificata con  quella  di
un mero parere del medesimo organo. Successivamente alla proposizione
dei ricorsi avverso l'originario testo dell'art.  11,  comma  1,  del
d.l. 112 del 2008 e del ricorso relativo all'art.  18,  comma  4-bis,
lettera a), del d.l. n. 185 del 2008, la disposizione di cui al comma
1 dell'art. 11 e' stata  nuovamente  modificata  dall'art.  7-quater,
comma 12, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Misure urgenti  a
sostegno dei settori industriali in crisi,  nonche'  disposizioni  in
materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore
lattiero-caseario), convertito in legge, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 9 aprile 2009, n. 33. 
    Il comma 12 dell'art. 7-quater, appena citato, ha  sostituito  la
parola  «sentita»  con  le  seguenti  «d'intesa  con»,  ripristinando
pertanto  l'originaria  previsione  dell'intesa  con  la   Conferenza
unificata. 
    La Regione  Toscana,  nella  memoria  depositata  in  prossimita'
dell'udienza pubblica del 18  novembre  2009,  ha  preso  atto  della
sopravvenuta carenza di interesse della questione,  alla  luce  della
reintroduzione della previsione dell'intesa nell'art.  11,  comma  1,
del d.l. n. 112 del 2008 e dell'approvazione del piano  nazionale  di
edilizia abitativa con il d.P.C.m. 16 luglio 2009. 
    La medesima ricorrente, nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio
2010, ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della  materia  del
contendere in ordine  alla  questione  relativa  all'art.  18,  comma
4-bis, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008. La difesa  erariale  non
si e' opposta all'accoglimento della suddetta richiesta. 
    Trova  applicazione  pertanto  l'orientamento  di  questa   Corte
secondo  cui,  nel  giudizio  in  via  principale,  quando  la  parte
ricorrente, pur non rinunciando formalmente al ricorso, evidenzia  il
sopraggiunto venir meno delle ragioni della controversia e  la  parte
resistente non e' costituita o non si oppone, deve essere  dichiarata
la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze nn.
246, 234 e 225 del 2009). 
    5. - Inoltre, deve  essere  dichiarata  l'inammissibilita'  delle
questioni promosse dalle Regioni Emilia-Romagna e Liguria  avverso  i
commi 3, 4, 5, 8 e 9 dell'art. 11, e dalla Regione Campania avverso i
commi 2, 6, 8 e 9 del medesimo art. 11. 
    Le citate ricorrenti formulano una indistinta censura  dei  detti
commi senza specificare i profili di illegittimita' costituzionale di
ciascuna norma. Il diverso  contenuto  delle  disposizioni  censurate
rende inammissibile un'unica impugnazione dei commi  sopra  indicati;
d'altra parte, dalle motivazioni  addotte  dalle  ricorrenti  non  e'
possibile dedurre le ragioni  di  incostituzionalita'  delle  singole
norme. 
    Deve essere, invece,  esclusa  l'inammissibilita'  delle  censure
rivolte all'intero art. 11 del d.l. n.  112  del  2008;  dalla  parte
motiva dei relativi ricorsi si deduce come  le  censure,  formalmente
rivolte all'intero art.  11,  debbano  intendersi  riferite  solo  ad
alcuni specifici commi. 
    Infine, la formulazione di questioni in larga parte  coincidenti,
quanto all'oggetto ed ai parametri evocati, rende  opportuno  l'esame
congiunto delle stesse. 
    6. - Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008,  convertito  in  legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008,
non sono fondate. 
    6.1. - Lo Stato, prevedendo l'approvazione di un piano  nazionale
di edilizia abitativa, ha inteso disciplinare  in  modo  unitario  la
programmazione in materia di edilizia  residenziale  pubblica  avente
interesse a livello nazionale. Questa Corte ha gia' precisato che  la
materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica,   non   espressamente
contemplata  dall'art.  117  Cost.,  «si  estende  su   tre   livelli
normativi»: «il primo riguarda la determinazione dell'offerta  minima
di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti.
In tale determinazione  -  che,  qualora  esercitata,  rientra  nella
competenza esclusiva dello Stato  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost. - si inserisce la fissazione di principi che
valgano a garantire l'uniformita'  dei  criteri  di  assegnazione  su
tutto  il  territorio  nazionale,  secondo  quanto  prescritto  dalla
sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello  normativo  riguarda  la
programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale  pubblica,
che ricade nella materia governo del territorio, ai sensi  del  terzo
comma dell'art. 117 Cost., come precisato [...] da questa  Corte  con
la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello  normativo,  rientrante
nel quarto comma  dell'art.  117  Cost.,  riguarda  la  gestione  del
patrimonio  immobiliare  di   edilizia   residenziale   pubblica   di
proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri
enti che a questi sono stati sostituiti ad opera  della  legislazione
regionale» (sentenza n. 94 del 2007). 
    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la previsione di un
piano nazionale  di  edilizia  abitativa  si  inserisce  nel  secondo
livello normativo, nel senso che lo Stato,  con  il  suddetto  piano,
fissa i principi generali che devono presiedere  alla  programmazione
nazionale ed a quelle regionali nel  settore.  Nello  stabilire  tali
principi, lo Stato non fa che esercitare le proprie  attribuzioni  in
una  materia  di  competenza  concorrente,  come  il   «governo   del
territorio». L'attuazione tecnico-amministrativa della norma  oggetto
di impugnazione e'  demandata  allo  Stato,  per  quanto  attiene  ai
profili nazionali uniformi, con  la  conseguenza  che  la  competenza
amministrativa, limitatamente alle linee di programmazione di livello
nazionale, deve essere riconosciuta, in applicazione del principio di
sussidiarieta' di cui al primo comma dell'art. 118 Cost., allo  Stato
medesimo. D'altra parte, questa  Corte  ha  gia'  precisato  che  «la
determinazione dei livelli minimi di offerta abitativa per specifiche
categorie  di  soggetti  deboli  non  puo'  essere  disgiunta   dalla
fissazione su scala nazionale degli interventi, allo scopo di evitare
squilibri e disparita' nel godimento del diritto alla casa  da  parte
delle categorie sociali disagiate» (sentenza n. 166 del 2008). 
    6.2. - L'incidenza della necessita' di esercizio unitario  -  che
opera sulla allocazione delle  competenze  amministrative  nel  senso
dell'accentramento di quelle attinenti alla predisposizione del piano
nazionale - richiede, perche'  sia  legittimo  l'uso  della  potesta'
legislativa statale in merito  al  piano  nazionale,  che  la  stessa
disciplina  dello  Stato  prescriva   idonee   procedure   di   leale
collaborazione, secondo quanto sancito dalla giurisprudenza di questa
Corte (sentenza n. 303 del 2003). 
    Al riguardo, si deve osservare che nel testo originario dell'art.
11, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008 come convertito in  legge,  era
prevista l'intesa con la Conferenza unificata di cui all'art.  8  del
decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.   281   (Definizione   ed
ampliamento delle attribuzioni  della  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
Bolzano ed unificazione, per le materie ed  i  compiti  di  interesse
comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la  Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali). 
    L'art. 18, comma 4-bis, lettera a), del d.l.  n.  185  del  2008,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge n.  2
del 2009, ha sostituito la previsione dell'intesa con  quella  di  un
parere. Infine, l'art. 7-quater, comma 12, del d.l. n.  5  del  2009,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge  n.  33  del  2009,  ha  ripristinato  l'originaria  previsione
dell'intesa con la Conferenza unificata. 
    Giova pure ricordare che il piano nazionale di edilizia abitativa
e' stato approvato con d.P.C.m. 16 luglio 2009, sulla base del parere
favorevole, espresso il 12 marzo  2009  dalla  Conferenza  unificata.
Successivamente  all'adozione  del  parere   favorevole,   ma   prima
dell'adozione del  d.P.C.m.,  e'  stata  reintrodotta  la  previsione
dell'intesa. Tale modifica  ha  indotto  la  Regione  Toscana,  unica
ricorrente sul punto, a chiedere  la  cessazione  della  materia  del
contendere, cui lo Stato non si e' opposto e che, come gia' detto  al
par. 4, deve essere dichiarata con la presente pronuncia. 
    7. - Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    La disposizione citata elenca i destinatari degli  interventi  da
realizzare con il piano nazionale di edilizia abitativa, individuando
nelle  fasce  piu'  svantaggiate   della   popolazione   i   soggetti
beneficiari del piano stesso: a) nuclei familiari  a  basso  reddito,
anche monoparentali o monoreddito; b) giovani coppie a basso reddito;
c) anziani  in  condizioni  sociali  o  economiche  svantaggiate;  d)
studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure esecutive  di
rilascio; f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all'art.
1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione  del
disagio abitativo per particolari categorie  sociali);  g)  immigrati
regolari  a  basso  reddito,  residenti  da  almeno  dieci  anni  nel
territorio nazionale ovvero da  almeno  cinque  anni  nella  medesima
Regione. 
    A tale proposito,  si  deve  ricordare  quanto  questa  Corte  ha
precisato, ai fini della individuazione dei limiti, nella materia  de
qua, della competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera m),  Cost.:  «La  determinazione
dei livelli minimi di offerta abitativa  per  categorie  di  soggetti
particolarmente  disagiate,  da  garantire  su  tutto  il  territorio
nazionale, viene concretamente realizzata attribuendo a tali soggetti
una posizione preferenziale, che  possa  assicurare  agli  stessi  il
soddisfacimento del diritto sociale alla casa compatibilmente con  la
effettiva disponibilita' di alloggi nei diversi territori»  (sentenza
n. 166 del 2008). 
    La norma  censurata  indica  alcune  categorie  sociali,  cui  e'
riconosciuta una posizione preferenziale rispetto a tutte  le  altre,
in considerazione del particolare stato di disagio economico  in  cui
versano  le  persone  in   esse   comprese.   Questa   individuazione
prioritaria rientra a pieno titolo nella determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni, che deve  avere  carattere  soggettivo,
oltre che  oggettivo,  giacche'  occorre  sempre  tener  presenti  le
differenti condizioni di reddito, che incidono in modo diretto  sulla
fissazione del singolo «livello minimo», da collegare  alle  concrete
situazioni dei soggetti beneficiari. 
    Nella prospettiva prima delineata, e' immune dai vizi  denunciati
l'uso,  da  parte   della   disposizione   censurata,   dell'avverbio
«prioritariamente», il quale non vale certo a legittimare  interventi
di edilizia residenziale pubblica rivolti a categorie sociali  munite
di redditi elevati. Tale avverbio, piuttosto, pone in rilievo che  la
legge statale, in coerenza con  la  sua  funzione  di  individuare  i
«livelli minimi», stabilisce un ordine inderogabile di priorita',  il
quale  non  esclude  la  possibilita'  che  le  Regioni,  una   volta
soddisfatte  le  esigenze  delle  categorie   deboli   specificamente
elencate, possano, nell'ambito del  proprio  territorio,  individuare
altre  categorie  meritevoli  di  sostegno,  cui  ritengono  utile  e
necessario fornire il supporto degli interventi pubblici  in  materia
di edilizia residenziale. 
    8. - Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 3, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate nei  limiti
di seguito specificati. 
    La disposizione censurata prevede in generale  una  tipologia  di
interventi, che dovranno essere realizzati  «sulla  base  di  criteri
oggettivi che tengano conto dell'effettivo bisogno abitativo presente
nelle diverse realta' territoriali». In particolare, sono previsti  i
seguenti interventi: «a) costituzione di fondi immobiliari  destinati
alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta  abitativa,  ovvero
alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi e  con
la partecipazione di altri soggetti pubblici  o  privati,  articolati
anche in un sistema integrato nazionale e locale, per  l'acquisizione
e la  realizzazione  di  immobili  per  l'edilizia  residenziale;  b)
incremento del patrimonio abitativo di edilizia con le risorse  anche
derivanti dall'alienazione di alloggi di edilizia pubblica in  favore
degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le modalita' previste
dall'articolo 13; c) promozione da parte  di  privati  di  interventi
anche ai sensi della parte II, titolo III, Capo III  del  codice  dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui  al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;  d)  agevolazioni,  anche
amministrative, in favore di cooperative edilizie  costituite  tra  i
soggetti destinatari  degli  interventi,  potendosi  anche  prevedere
termini di durata predeterminati per  la  partecipazione  di  ciascun
socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell'esigenza
abitativa; e) realizzazione di programmi integrati di  promozione  di
edilizia residenziale anche sociale». 
    Dalla natura degli interventi previsti e' agevole desumere che si
tratta di principi generali, i  quali  devono  essere  osservati  sia
nella redazione del piano nazionale, sia  nella  redazione  di  piani
regionali, in quanto tendenti a inserire l'incremento del  patrimonio
di  edilizia  residenziale  pubblica  in  un   quadro   di   uniforme
programmazione dell'uso delle risorse disponibili. La norma impugnata
attiene,  dunque,  alla  materia   «governo   del   territorio»;   di
conseguenza, la formulazione dei suddetti principi  generali  rientra
nella  competenza  legislativa  dello   Stato.   Non   emerge   dalle
prescrizioni  finalistiche  e  strumentali  prima  riportate   alcuna
ingerenza  nella  gestione  del   patrimonio   immobiliare   relativo
all'edilizia residenziale pubblica, che  appartiene  alla  competenza
legislativa residuale delle Regioni. 
    La stessa previsione di  cui  alla  lettera  b),  particolarmente
censurata dalle ricorrenti, perche' incidente sull'utilizzazione  dei
proventi derivanti  dall'alienazione  degli  alloggi,  non  prefigura
un'interferenza dello Stato nella gestione di  tali  immobili.  Essa,
piuttosto,  imponendo  la  riutilizzazione  di   tali   risorse   per
l'incremento del patrimonio abitativo di edilizia residenziale, fissa
un principio generale, coerente  con  la  finalita'  complessiva  del
piano, costituita da una maggiore disponibilita' di alloggi destinati
alle categorie sociali piu' disagiate. Non si  dettano  alle  Regioni
regole sul se, come e quando procedere alle alienazioni di cui sopra,
ne' si disciplinano le connesse procedure amministrative, ma si  pone
soltanto il principio che  i  proventi  dell'alienazione  di  alloggi
popolari siano reinvestiti nello stesso settore. 
    Trattandosi   di   principi   generali   attinenti   al   settore
dell'edilizia residenziale pubblica, lo stesso carattere sociale  del
piano  nazionale  previsto  dalle  norme  censurate  esclude  che  la
potesta' legislativa concorrente dello Stato possa essere  utilizzata
per altre finalita', non precisate e non preventivamente inquadrabili
nel riparto di competenze tra Stato e Regioni.  Questo  sviamento  e'
reso invece possibile dalla parola «anche», contenuta  nella  lettera
e) del comma 3 dell'art. 11, che si pone come un corpo estraneo in un
complesso normativo statale, il quale trae la  sua  legittimita'  dal
fine unitario dell'incremento del patrimonio di edilizia residenziale
pubblica. Incremento che, come  gia'  visto,  si  attua  mediante  la
statuizione congiunta di livelli essenziali dell'offerta abitativa  e
di principi  generali  volti  a  consentire  interventi  concreti  di
attuazione degli stessi livelli essenziali. La possibilita' che,  nel
piano nazionale, trovino posto  programmi  integrati  per  promuovere
interventi di edilizia  residenziale  non  aventi  carattere  sociale
entra in contraddizione con  le  premesse  che  legittimano  l'intera
costruzione. Infatti, la potesta' legislativa, che lo Stato  esercita
per assicurare il quadro generale dell'edilizia  abitativa,  potrebbe
essere indirizzata in favore  di  soggetti  non  aventi  i  requisiti
ritenuti dalla stessa legge statale essenziali per beneficiare  degli
interventi. L'eventuale diversa destinazione dei  programmi  dovrebbe
essere valutata in un contesto differente, allo scopo di verificare a
quale titolo lo Stato detti tale norma. Questa indagine non e'  pero'
possibile, ne' conferente  ai  fini  del  presente  giudizio,  stante
l'inserimento extrasistematico  della  parola  di  cui  sopra  in  un
complesso  di  norme,  tutte  orientate   alla   finalita'   generale
dell'incremento dell'offerta  abitativa  per  i  ceti  economicamente
deboli. 
    Per tali motivi, la norma di cui alla  lettera  e)  del  comma  3
dell'art.  11,  limitatamente  alla  parola   «anche»,   premessa   a
«sociale», deve ritenersi costituzionalmente illegittima,  in  quanto
consente l'introduzione di finalita' diverse da quelle che presiedono
all'intera normativa avente ad oggetto il piano nazionale di edilizia
residenziale pubblica. 
    9. - Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 4, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate nei  limiti
di seguito precisati. 
    La disposizione censurata, nella parte in cui prevede accordi  di
programma, approvati con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, previa  delibera  del  CIPE,  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata, e' coerente con quanto stabilito dal comma 1 del  medesimo
articolo e rappresenta il necessario momento di raccordo tra Stato  e
Regioni nella  fase  della  realizzazione  del  piano  nazionale.  E'
previsto  uno  strumento  forte  di  leale  collaborazione,  l'intesa
appunto, imposto  dall'incidenza  del  principio  di  sussidiarieta',
secondo la giurisprudenza  di  questa  Corte.  Limitatamente  a  tale
profilo, la norma risulta pertanto immune dai  vizi  di  legittimita'
costituzionale denunciati dalle ricorrenti. 
    A  diversa  conclusione  si  deve   pervenire   con   riferimento
all'ultimo periodo  del  suddetto  comma  4,  che  prevede:  «Decorsi
novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa,  gli
accordi di programma possono essere comunque approvati». 
    Tale  norma  vanifica  la  previsione  dell'intesa,   in   quanto
attribuisce ad una delle parti «un  ruolo  preminente,  incompatibile
con il  regime  dell'intesa,  caratterizzata  [...]  dalla  paritaria
codeterminazione dell'atto»; non e' legittima  infatti  «la  drastica
previsione, in  caso  di  mancata  intesa,  della  decisivita'  della
volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione  di
un parere  il  ruolo  dell'altra»  (sentenza  n.  24  del  2007).  Il
superamento  delle  eventuali  situazioni  di  stallo   deve   essere
realizzato attraverso  la  previsione  di  idonee  procedure  perche'
possano  aver  luogo  «reiterate  trattative  volte  a  superare   le
divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo»  (sentenza
n. 339 del 2005). Se queste cautele sono valide per tutti casi in cui
sia prevista un'intesa, esse acquistano una pregnanza particolare nel
sistema dei rapporti tra Stato e Regioni, in cui sono da integrare la
potesta' unificatrice del primo  e  le  autonomie  costituzionalmente
tutelate delle seconde. 
    Peraltro, l'art. 3, commi 3 e 4,  del  d.lgs.  n.  281  del  1997
contiene una norma di chiusura  in  quanto  prevede  che  «3.  Quando
un'intesa espressamente prevista dalla legge non e'  raggiunta  entro
trenta giorni dalla prima seduta della  Conferenza  Stato-regioni  in
cui l'oggetto e'  posto  all'ordine  del  giorno,  il  Consiglio  dei
Ministri provvede con deliberazione motivata. 
    4. In caso di motivata urgenza il  Consiglio  dei  Ministri  puo'
provvedere  senza  l'osservanza  delle  disposizioni   del   presente
articolo. I provvedimenti adottati sono  sottoposti  all'esame  della
Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio
dei Ministri e' tenuto ad esaminare le osservazioni della  Conferenza
Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive». 
    Per  i  motivi  sopra  esposti,  l'ultimo  periodo  del  comma  4
dell'art.  11  del  d.l.  n.  112  del  2008  e'   costituzionalmente
illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione  tra
Stato e Regioni. 
    10. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 5, del decreto-legge sopra citato non sono fondate. 
    La norma censurata stabilisce che gli interventi di cui al  comma
4 sono attuati mediante: «a) il trasferimento di diritti  edificatori
in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio
abitativo; b) incrementi premiali di diritti edificatori  finalizzati
alla dotazione di  servizi,  spazi  pubblici  e  miglioramento  della
qualita' urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le  superfici
minime di spazi pubblici o riservati  alle  attivita'  collettive,  a
verde pubblico o a parcheggi di  cui  al  decreto  del  Ministro  dei
lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c) provvedimenti mirati  alla
riduzione del prelievo fiscale di pertinenza comunale o  degli  oneri
di costruzione; d) la costituzione di fondi  immobiliari  di  cui  al
comma 3, lettera a) con la  possibilita'  di  prevedere  altresi'  il
conferimento al fondo dei canoni di locazione, al netto  delle  spese
di gestione degli immobili; e) la cessione, in tutto o in parte,  dei
diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche  di
unita' abitative di proprieta' pubblica da destinare alla locazione a
canone agevolato, ovvero da  destinare  alla  alienazione  in  favore
delle categorie sociali svantaggiate di cui al comma 2». 
    Si tratta,  anche  in  questo  caso,  di  principi  fondamentali,
attraverso i quali realizzare gli interventi edificatori previsti dal
piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.  Peraltro,  alcune
di queste previsioni, relative al trasferimento ed alla cessione  dei
diritti edificatori, incidono sulla materia «ordinamento civile»,  di
competenza esclusiva dello Stato. 
    Per quanto riguarda, in particolare, la previsione  di  cui  alla
lettera c), censurata dalle ricorrenti per violazione  dell'autonomia
finanziaria degli enti locali, essa e' immune dai vizi denunciati, in
quanto si riferisce unicamente ai prelievi fiscali previsti da  leggi
statali, dei quali lo Stato puo' disporre con una norma  a  carattere
generale, che mira alla loro riduzione in vista di un fine, anch'esso
indicato nella legge, di rilevanza  sociale  a  favore  delle  stesse
popolazioni locali. 
    11. - L'art. 11, comma 8, del d.l. n. 112 del 2008  e'  censurato
in modo specifico  dalla  Regione  siciliana,  per  violazione  della
competenza legislativa esclusiva  regionale  in  materia  di  «lavori
pubblici,  eccettuate  le  grandi  opere   pubbliche   di   interesse
prevalentemente nazionale», di cui all'art.  14,  lettera  g),  dello
Statuto speciale. 
    La censura deve  ritenersi  non  fondata  perche'  la  norma  non
riguarda  opere  pubbliche,  ma  contiene  discipline   complementari
rispetto a quelle di cui ai commi 1 e 4  dello  stesso  articolo.  La
disposizione impugnata prevede infatti modalita'  e  termini  per  la
verifica periodica  della  realizzazione  del  piano,  e  costituisce
quindi un logico completamento dei citati commi 1  e  4,  che  questa
Corte ritiene immuni dai vizi denunciati. 
    12. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 9, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate. 
    La norma censurata  consente  il  ricorso,  in  alternativa  alle
previsioni di cui al comma 4, alle modalita' di approvazione previste
per le infrastrutture strategiche. In  questo  modo,  il  legislatore
intende garantire la speditezza delle procedure,  a  discapito  pero'
delle competenze costituzionalmente tutelate delle Regioni.  Difatti,
il ricorso alle modalita' proprie delle infrastrutture strategiche e'
previsto in  alternativa  agli  accordi  di  programma,  per  la  cui
approvazione e' richiesta l'intesa con  la  Conferenza  unificata.  A
questa norma si attagliano le censure indirizzate all'intero art.  11
del d.l. n. 112 del 2008.  Tali  censure,  non  fondate  se  riferite
all'intero  articolo  -  per  i  motivi  illustrati   nei   paragrafi
precedenti,  a  proposito  degli  altri  commi  -  sono   invece   da
accogliersi  parzialmente,  con  riferimento  al  solo  comma  9  del
medesimo  art.  11,   per   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    13. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 11, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    Tale norma  e'  impugnata  nella  parte  in  cui  prevede  che  i
programmi integrati, di cui al comma 4, sono dichiarati di  interesse
strategico nazionale. La censura e' priva di fondamento, in quanto la
dichiarazione  di  interesse  strategico  non  puo'   condurre   alla
conseguenza - ritenuta illegittima  da  questa  Corte  per  i  motivi
illustrati al paragrafo 12 - della variazione delle procedure  ed  in
particolare  della  eliminazione  dell'intesa   con   la   Conferenza
unificata,  prevista  dal  comma  9.  Espunta  la  previsione   delle
modalita'   di   approvazione   stabilite   per   le   infrastrutture
strategiche, la norma di cui al comma 11 resta  logicamente  coerente
con  l'esigenza  di  assicurare  un  momento  unitario,   a   livello
nazionale, della programmazione in materia di  edilizia  residenziale
pubblica  e  non  presenta  quindi  i   profili   di   illegittimita'
costituzionale denunciati dalle ricorrenti. 
    14. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 11, comma 12, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    La norma in oggetto istituisce un Fondo nello stato di previsione
del  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  nel  quale
confluiscono le risorse finanziarie gia' previste da altre leggi  per
sostenere  gli  interventi  in  materia  di   edilizia   residenziale
pubblica. Sono escluse soltanto le somme gia'  iscritte  nei  bilanci
degli enti destinatari ed impegnate. 
    Successivamente alla proposizione degli odierni ricorsi, la norma
e' stata piu' volte modificata, con la previsione di ulteriori somme,
destinate  a  confluire  in  questo  Fondo,  e  soprattutto  con   la
prescrizione dell'intesa con la  Conferenza  unificata  in  relazione
alle risorse di cui all'art. 3, comma 108, della  legge  24  dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004). 
    In particolare, l'art. 1-ter del decreto-legge 20  ottobre  2008,
n.  158  (Misure  urgenti  per  contenere  il  disagio  abitativo  di
particolari   categorie   sociali),   convertito   in   legge,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 18 dicembre 2008, n.
199, ha previsto (a partire dal 20 dicembre  2008)  l'aggiunta  delle
seguenti parole: «di cui  all'art.  3,  comma  108,  della  legge  24
dicembre 2003, n. 350, sentite le Regioni». 
    L'art. 7-quater, comma 12, lettera b), del d.l. n.  5  del  2009,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge n. 33 del 2009, ha disposto (a partire dal 12 aprile  2009)  la
sostituzione delle parole «sentite le Regioni» con la  previsione  di
una «intesa con la Conferenza unificata». 
    Poiche' lo Stato, come illustrato nei  paragrafi  precedenti,  ha
titolo  per  intervenire  nella  materia  dell'edilizia  residenziale
pubblica, attraverso l'approvazione di un piano nazionale di edilizia
abitativa, deve escludersi che sia illegittima  l'istituzione  di  un
apposito  Fondo  in  materia,  a  prescindere  dalla  previsione   di
un'intesa. 
    Quanto alla confluenza nel Fondo suddetto delle  somme  stanziate
ma non iscritte nei bilanci  e  non  impegnate,  deve  escludersi  la
fondatezza della relativa questione di  legittimita'  costituzionale.
In proposito, si deve ricordare che questa Corte ha ritenuto, in tema
di Fondi per le  aree  sottoutilizzate,  non  illegittima  una  norma
statale che disponeva la revoca delle assegnazioni operate dal  CIPE,
nel limite delle risorse che non erano state impegnate o  programmate
(sentenza n. 16 del  2010).  Nel  presente  giudizio  possono  essere
riprese le argomentazioni della pronuncia da ultimo citata;  infatti,
anche la norma oggetto dell'odierna questione  dispone  che  le  sole
risorse non ancora iscritte nei bilanci e non impegnate  confluiscano
nel  Fondo.  Queste  somme,  peraltro,  non  sono  sottratte  in  via
permanente  al  circuito  regionale,  ma  sono  destinate  ad  essere
nuovamente programmate in base alle modalita' (compresa l'intesa  con
la Conferenza unificata, prevista nel testo attualmente  vigente  del
comma 12) ed ai criteri previsti dalla medesima norma impugnata. 
    15. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    La suddetta norma prevede che il Ministro delle infrastrutture  e
dei trasporti e quello dei rapporti con  le  Regioni  promuovano,  in
sede di Conferenza unificata, la conclusione di accordi  con  Regioni
ed enti locali, aventi ad oggetto la semplificazione delle  procedure
di alienazione degli immobili di proprieta' degli IACP. 
    Le ricorrenti osservano che la norma in  oggetto  presenta  molte
affinita' con quella prevista nell'art. 1, comma 597, della legge  23
dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria   2006),
dichiarata illegittima da questa Corte con  la  sentenza  n.  94  del
2007. Tuttavia, occorre rilevare che esiste una  decisiva  differenza
tra   la   disposizione   oggi   censurata   e   quella    dichiarata
costituzionalmente  illegittima  con  la  citata  sentenza.  Infatti,
quest'ultima norma prevedeva che la semplificazione  delle  procedure
di alienazione degli immobili degli IACP avvenisse con  un  d.P.C.m.,
mentre quella  oggi  impugnata  stabilisce  che  i  Ministri  per  le
infrastrutture e per i  rapporti  con  le  Regioni  possano  soltanto
promuovere la conclusione di accordi con le Regioni  medesime  e  gli
enti locali, peraltro nella sede della Conferenza unificata. 
    Questa Corte ribadisce quanto statuito nella sentenza n.  94  del
2007, e cioe' che la gestione del patrimonio immobiliare  degli  IACP
rientra nella competenza residuale delle Regioni,  ma  deve  rilevare
come la norma censurata nel presente giudizio  non  attribuisca  allo
Stato alcuna possibilita' di ingerenza in tale gestione. La  semplice
attivita' promozionale, di mero stimolo alla conclusione di  accordi,
liberamente stipulabili dalle Regioni, rimane  esterna  all'attivita'
gestionale vera e propria, e lascia intatte le  competenze  regionali
in merito. La norma e' pertanto immune dalle censure di  legittimita'
costituzionale avanzate dalle ricorrenti. 
    16. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate. 
    La norma censurata  ricalca  in  modo  evidente  quella  prevista
nell'art. 1, comma 598, della  legge  n.  266  del  2005,  dichiarata
costituzionalmente illegittima  con  la  sentenza  n.  94  del  2007.
Vengono, infatti, dettati dalla legge statale alcuni criteri, di  cui
«si tiene conto» ai fini della conclusione degli accordi  in  materia
di semplificazione delle procedure di alienazione degli  immobili  di
proprieta' degli IACP. Nel comma 1 dello  stesso  art.  13  il  ruolo
dello Stato, in una materia di competenza residuale delle Regioni, e'
limitato alla semplice promozione di accordi, mentre nel comma  2  si
impone  di  tenere  conto  di  alcuni  criteri.  L'uso  del  presente
indicativo implica, infatti, una doverosita'  inconciliabile  con  la
liberta' incondizionata, di cui devono godere le Regioni nel condurre
le trattative per raggiungere gli accordi di cui sopra. L'espressione
ricordata - ancorche' apparentemente piu' attenuata di quella «devono
consentire»,    utilizzata    nella     norma     gia'     dichiarata
costituzionalmente illegittima da questa Corte - contiene in  se'  un
imperativo che una delle  parti  dei  possibili  accordi  detta  alle
altre, limitando cosi' la loro sfera di discrezionalita'  e  pertanto
menomando la pienezza  della  potesta'  legislativa  residuale  delle
Regioni ex art. 117, quarto comma, Cost. 
    17. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 3, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate. 
    Questa norma prevede la facolta' per le amministrazioni regionali
e locali di stipulare convenzioni con societa'  di  settore,  per  lo
svolgimento delle attivita' strumentali alla vendita dei singoli beni
immobili. L'attribuzione alle Regioni di una  specifica  facolta'  in
una materia che  rientra  nella  loro  competenza  residuale  implica
un'intromissione dello Stato in una sfera che non gli appartiene. Per
contro, l'attribuzione della medesima facolta' agli  enti  locali  ha
l'effetto di consentire a  questi  ultimi,  avvalendosi  della  legge
statale, di scavalcare la competenza  regionale,  anche  nell'ipotesi
che le singole Regioni, nella loro discrezionalita' legislativa,  non
ritengano di dare spazio, nel proprio  territorio,  alle  convenzioni
previste  dalla  norma  censurata.  Pertanto,  la  norma  in   esame,
analogamente ai commi 599 e 600 dell'art. 1 della legge  n.  266  del
2005, dichiarati illegittimi con la citata sentenza n. 94  del  2007,
viola la potesta' legislativa residuale delle Regioni in  materia  di
gestione degli immobili di proprieta' degli IACP, ex art. 117, quarto
comma, Cost. 
    18. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 3-bis, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    18.1. - Occorre preliminarmente rilevare che la  disposizione  in
oggetto e' stata  modificata,  dopo  la  proposizione  degli  odierni
ricorsi, dall'art. 2, comma 39, lettere  a)  e  b),  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2010),  con
effetto dal 1° gennaio 2010. La  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte  ha  affermato  che,  in  presenza   del   medesimo   contenuto
precettivo,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale   devono
intendersi trasferite sul nuovo testo della  disposizione  impugnata.
Tale e' il caso della norma modificativa di  quella  censurata  dalle
odierne ricorrenti, con la conseguenza che  le  questioni  stesse  si
trasferiscono sulla disposizione tuttora in vigore (ex  plurimis,  di
recente, sentenza n. 15 del 2010). 
    18.2. - La  disposizione  censurata,  nel  testo  attualmente  in
vigore, stabilisce: «Al fine di agevolare  l'accesso  al  credito,  a
partire dal 1° settembre 2008, e' istituito, presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della gioventu', un  Fondo  per
l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da  parte  delle
giovani coppie o  dei  nuclei  familiari  monogenitoriali  con  figli
minori, con priorita' per  quelli  i  cui  componenti  non  risultano
occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La complessiva
dotazione del Fondo di cui al primo periodo e' pari a  4  milioni  di
euro per l'anno 2008 e 10 milioni di euro  per  ciascuno  degli  anni
2009 e 2010. Con decreto del Ministro della  gioventu',  di  concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza unificata,
ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28  agosto
1997, n. 281, sono  disciplinati,  fermo  restando  il  rispetto  dei
vincoli di finanza pubblica, i criteri per l'accesso al Fondo di  cui
al primo periodo e le modalita' di funzionamento  del  medesimo,  nel
rispetto delle competenze  delle  regioni  in  materia  di  politiche
abitative». 
    Tale norma e' stata censurata  dalle  ricorrenti  per  violazione
degli  artt.  117,  quarto  comma,  e   119   Cost.,   invocando   la
giurisprudenza di questa Corte sulla illegittimita'  dell'istituzione
di fondi a destinazione vincolata in materie di competenza regionale. 
    Per giungere  ad  una  corretta  valutazione  della  legittimita'
costituzionale della disposizione in oggetto,  occorre  esaminare  la
sua peculiarita'  sia  dal  punto  di  vista  della  sistematica  dei
rapporti  tra  Stato  e  Regioni,  sia  da  quello   del   necessario
bilanciamento  tra  principi  costituzionali   che   incidono   nella
disciplina  de  qua,  la  quale  indubbiamente  rientra  nei  servizi
sociali, materia  non  menzionata  nel  secondo  e  nel  terzo  comma
dell'art.  117  Cost.  e  pertanto  da  ritenersi  appartenente  alla
competenza legislativa residuale delle Regioni (ex plurimis, sentenze
n. 168 del 2009 e n. 50 del 2008). 
    Dal primo punto di vista, bisogna notare che la  norma  censurata
prevede, da una parte, l'intesa con la Conferenza  unificata  per  la
determinazione dei  criteri  di  accesso  al  Fondo,  dall'altra,  il
rispetto delle competenze  delle  Regioni  in  materia  di  politiche
abitative. La gestione del Fondo non e' pertanto unilaterale da parte
dello Stato, ma obbedisce ad  un  criterio  tipico  del  regionalismo
cooperativo, che consente alle Regioni, in sede  di  intesa,  di  far
pesare i propri orientamenti e le proprie scelte. D'altra  parte,  e'
prescritto  il  rispetto  delle  politiche  abitative  delle  singole
Regioni. Le  due  condizioni,  unitariamente  considerate,  producono
l'effetto combinato di comprimere in modo  limitato  l'incondizionata
autonomia legislativa delle singole Regioni, per  quanto  riguarda  i
criteri di accesso al fondo, in favore di una  uniformita'  negoziata
degli stessi su tutto il territorio nazionale, e di salvaguardare, al
contempo, la destinazione concreta dei  crediti  concessi,  che  deve
avvenire secondo quanto stabiliscono le singole  Regioni  nelle  loro
politiche abitative. 
    Posta la constatazione  di  cui  sopra,  si  deve  osservare  che
l'erogazione del credito per l'acquisto della prima casa, da parte di
giovani coppie  e  di  nuclei  familiari  monogenitoriali  con  figli
minori, con priorita' per  quelli  i  cui  componenti  non  risultano
occupati con  rapporto  di  lavoro  a  tempo  indeterminato,  attiene
strettamente alla fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti sociali, di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost.  Rispetto  alla  mera  formulazione  di  una  scala
astratta di bisogni da soddisfare e di  priorita'  da  osservare,  la
norma censurata aggiunge la creazione di un Fondo destinato a fornire
risorse, per dare concretezza  alle  pure  indicazioni  normative  di
principio. 
    Si pone a questo punto il problema della gia' segnalata, parziale
compressione della sfera legislativa delle Regioni. Al  riguardo,  si
deve fermare l'attenzione sulla circostanza che si e' in presenza  di
potesta' legislative,  dello  Stato  e  delle  Regioni,  entrambe  di
livello primario, che trovano il loro  fondamento,  la  prima,  nella
tutela uniforme dei diritti fondamentali delle persone, e la seconda,
nella salvaguardia delle autonomie  costituzionalmente  sancite.  Una
equilibrata soluzione  delle  possibili  contraddizioni  tra  le  due
potesta' legislative deve tenere  conto  dell'impossibilita'  di  far
prevalere  in  modo  assoluto  il  principio  di  tutela   o   quello
competenziale. Sarebbe ugualmente inaccettabile che lo Stato  dovesse
rinunciare ad  ogni  politica  concreta  di  protezione  dei  diritti
sociali,  limitandosi  a  proclamare  astratti  livelli  di   tutela,
disinteressandosi della realta' effettiva, o che le Regioni vedessero
sacrificata  la  loro  potesta'  legislativa   piena,   che   sarebbe
facilmente  svuotata  da  leggi  statali  ispirate  ad   una   logica
centralistica di tutela sociale. 
    La soluzione della difficolta' ora segnalata si  trova  nell'art.
119 Cost., che prevede un sistema di finanza pubblica, in cui trovano
posto  l'autonomia  legislativa  e  finanziaria  delle  Regioni,   il
necessario  coordinamento  statale,   gli   interventi   statali   di
perequazione senza vincoli di destinazione e gli interventi speciali,
di cui al quinto comma. E' noto tuttavia che la suddetta disposizione
costituzionale non ha ricevuto sinora attuazione, con la  conseguenza
che le Regioni non possiedono risorse sufficienti a  fronteggiare  in
modo adeguato il carico delle tutele che su di loro graverebbe, se lo
Stato si limitasse a fissare i livelli essenziali delle  prestazioni,
senza  alcuna  previsione  in  ordine  alla   provvista   dei   mezzi
finanziari. Del resto, la fissazione da parte dello Stato dei livelli
essenziali - se deve avere un valore normativo reale senza ridursi  a
mera proclamazione - non e' in ogni caso priva di  conseguenze  sulla
finanza  regionale,  giacche'  l'obbligo  di  dare  attuazione   alle
prescrizioni  normative  statali  sui  livelli  minimi   implica   la
necessita' che le singole Regioni provvedano  a  stanziare  le  somme
necessarie, traendo le risorse dai propri bilanci, subendo  cosi'  le
conseguenze di scelte unilaterali dello Stato. 
    Le considerazioni sinora svolte inducono a ritenere che,  finche'
non sara' data attuazione al sistema previsto dall'art. 119 Cost., si
debbano ricercare forme concrete di  bilanciamento  dei  principi  di
autonomia e di tutela dei diritti fondamentali di natura sociale, che
comportino il minimo sacrificio possibile dell'uno e dell'altro. 
    Nel momento presente, alla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega  al
Governo  in   materia   di   federalismo   fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione), che fissa i principi e criteri
direttivi per la realizzazione del  cosiddetto  federalismo  fiscale,
non sono ancora  seguiti  i  relativi  decreti  legislativi.  D'altra
parte, si avverte sempre piu' pressante  l'esigenza  di  fornire  una
tutela alle giovani coppie ed ai nuclei familiari  a  basso  reddito,
che oggi incontrano enormi difficolta' ad acquisire  un  alloggio  in
proprieta'. 
    Lo  strumento  prescelto  nella  norma  censurata  per  porre  in
equilibrio le potesta'  legislative  dello  Stato  e  della  Regione,
fondate su principi in astratto separati e coesistenti,  in  concreto
potenzialmente confliggenti, non e'  irragionevole,  giacche'  impone
una procedura di codecisione nella gestione del Fondo  e  salvaguarda
le politiche abitative regionali. Va  peraltro  sottolineato  che  il
bilanciamento effettuato dal legislatore  e'  il  portato  temporaneo
della perdurante inattuazione dell'art.  119  Cost.  e  di  imperiose
necessita' sociali, indotte anche dalla attuale grave crisi economica
nazionale e internazionale,  che  questa  Corte  ha  ritenuto  essere
giustificazioni sufficienti, ma contingenti,  per  leggi  statali  di
tutela di diritti sociali  limitative  della  competenza  legislativa
residuale delle Regioni nella materia dei «servizi sociali» (sentenza
n. 10 del 2010). 
    Per i motivi sopra esposti, la norma censurata si sottrae ai vizi
di legittimita' costituzionale denunciati dalle ricorrenti. 
    19. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 3-ter, del d.l. n. 112 del 2008 sono fondate. 
    La norma in oggetto prevede la cessione in proprieta' agli aventi
diritto degli alloggi realizzati ai sensi della legge 9 agosto  1954,
n. 640 (Provvedimenti per l'eliminazione delle  abitazioni  malsane).
Tale legge prevedeva la costruzione, a spese dello Stato, di  alloggi
per accogliere le famiglie allocate in grotte, baracche,  scantinati,
edifici pubblici, locali malsani e simili. Gli alloggi  costruiti  ai
sensi della legge citata erano trasferiti in gestione agli IACP, oggi
enti strumentali delle Regioni. La previsione, da parte di una  legge
statale, della cessione  in  proprieta'  di  tali  immobili  realizza
pertanto una ingerenza nella gestione del patrimonio  immobiliare  di
edilizia  residenziale  pubblica,  che  appartiene  alla   competenza
residuale delle Regioni, secondo  quanto  chiarito  da  questa  Corte
nella sentenza n. 94 del 2007. 
    20. - Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 13, comma 3-quater, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. 
    La norma citata istituisce presso il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze un Fondo per la tutela dell'ambiente  e  la  promozione
dello sviluppo del territorio. A valere sulle risorse del Fondo  sono
concessi contributi statali  per  interventi  realizzati  dagli  enti
destinatari, nei rispettivi  territori,  per  il  risanamento  ed  il
recupero dell'ambiente e lo sviluppo economico dei territori  stessi.
Il tenore  della  disposizione  fa  ritenere  che  la  stessa  faccia
riferimento  a  misure  specifiche  destinate  ad  incrementare   uno
sviluppo eco-compatibile in territori che necessitano  di  interventi
di risanamento. La finalita' di tutela dell'ambiente si pone pertanto
come prevalente e rende legittimo, ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s),  Cost.,  l'esercizio  della  potesta'  legislativa
statale al riguardo.