IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel processo penale  a  carico  di  Mor  Gueye, nato  a  Yeumbeul
(Senegal) il 10 marzo 1979,  libero  contumace,  assistito  e  difeso
d'ufficio dall'avv. Sergio Mameli, imputato del reato di cui all'art.
10-bis d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, perche',  privo  dei  necessari
permessi, faceva ingresso, ovvero si tratteneva, nel territorio dello
Stato in violazione delle  disposizioni  del  presente  Testo  Unico,
nonche' di quelle di cui all'art. 1 della Legge 28  maggio  2007,  n.
68. 
    Fatto accertato in Trieste, il 5 novembre 2009; 
    A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 4 dicembre
2009 ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Premesso che: 
        in data 7 novembre 2009 l'Ufficio di Polizia Giudiziaria  del
Comune di Trieste inviava alla Procura  della  Repubblica  presso  il
Tribunale Ordinario  di  Trieste  richiesta  di  autorizzazione  alla
presentazione immediata a giudizio ai sensi dell'art.  20-bis  d.lgs.
n. 274/00 di Mor Gueye, in relazione al reato di cui all'art.  10-bis
d.lgs. 25 luglio 1998, n.  286  e  succ.  mod,  segnatamente  perche'
permaneva sul territorio nazionale in  violazione  alle  disposizioni
del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e succ. mod.; 
        con provvedimento  del  9  novembre  2009  la  Procura  della
Repubblica  presso   il   Tribunale   di   Trieste   autorizzava   la
presentazione immediata dell'imputato davanti al Giudice di  Pace  di
Trieste per l'udienza  del  20  novembre  2009,  differita  a  quella
successiva  del  4  dicembre  2009  alla  quale,   nella   contumacia
dell'imputato,  il  Pubblico   Ministero   sollevava   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/98  in
relazione agli artt. 3, 24, 27, 117 della Costituzione per  i  motivi
illustrati  con  nota  scritta  gia'  depositata  in  altro   analogo
procedimento sub R.G.N.R. 1319/09 e R.G.G.d.P. 258/09 e  chiedeva  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        le censure mosse dalla Procura della  Repubblica  di  Trieste
all'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/98 vengono cosi' sintetizzate: 
         violazione dell'art. 27 Cost. perche' la sanzione della pena
pecuniaria irrogabile a chi non ha alcuna  fonte  di  reddito  appare
meramente pretestuosa e quindi in alcun modo rieducativa; 
        violazione  dell'art.   24   Cost.   perche'   non   consente
all'imputato di dimostrare efficacemente  ed  a  fini  assolutori  la
esistenza di una qualche causa di giustificazione; 
        violazione dell'art. 117 Cost.  in  riferimento  all'art.  14
della Convenzione  ONU  sui  Diritti  dell'Uomo  ed  all'art.  5  del
Preambolo del Protocollo della Convenzione di Palermo 12-15  dicembre
2000 (i migranti non diventano assoggettabili all'azione  penale  per
il fatto di essere oggetto di condotte di cui all'art. 6 ); 
        violazione dell'art. 3 Cost.: 
          a) sotto  il  profilo  dell'irragionevolezza  della  scelta
legislativa di criminalizzare l'ingresso e la permanenza  clandestini
nello Stato Italiano,  considerato  che  l'ambito  applicativo  della
nuova fattispecie  coincide  con  quello  della  preesistente  misura
amministrativa dell'espulsione; 
          b) nella parte in cui impedisce  l'oblazione  ex  art.  162
c.p., senza darne alcuna valida ragione e/o spiegazione,  considerato
che la sent. 78 del 2007 della Corte costituzionale  (intervenuta  in
tema  di  misure  alternative  al  carcere  per  extracomunitari)  ha
precisato che il Legislatore potrebbe in linea teorica distinguere le
forme  sanzionatorie  previste,  nel  caso   di   stranieri   entrati
irregolarmente nel territorio dello Stato, o  privi  di  permesso  di
soggiorno, ma senza potersi spingere fino  al  punto  di  sancire  un
divieto assoluto e generalizzato di accesso alle  misure  alternative
in termini automatici, posto che un simile divieto contrasterebbe con
i principi ispiratori dell'ordinamento penitenziario che, sulla  base
del principio dell'uguale dignita' delle  persone  e  della  funzione
rieducativa della pena, non opera alcuna discriminazione,  in  merito
al  trattamento,  sulla  base  della  liceita'  della  presenza   nel
territorio nazionale; 
          c) sotto  il  profilo  della  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra la nuova fattispecie e quella  di  cui  all'art.  14,
comma 5-ter  d.lgs.  n.  286/98  che  prevede  la  punibilita'  dello
straniero inottemperante all'ordine di  allontanamento  del  Questore
solo quando lo stesso si trattenga nel territorio dello  Stato  oltre
il termine stabilito e «senza giustificato  motivo»,  condizione  che
non si ritrova nella nuova figura criminosa; 
          d) sotto il profilo della  irragionevole  criminalizzazione
del «migrante economico» in contrasto con il principio di uguaglianza
che vieta ogni discriminazione fondata, fra  l'altro,  su  condizioni
personali e sociali; 
          e) sotto il profilo dell'irrazionalita' nella parte in  cui
concedendo ai clandestini solo 15 gg. per allontanarsi dal territorio
nazionale, considerato che prima della entrata in vigore della  Legge
lo stato di clandestinita' non  era  reato,  nel  mentre  poi  lo  e'
diventato senza dar luogo ad adeguata tempistica,  si  traduce  nella
impossibilita' concreta di adempimento, cioe' nell'impossibilita'  di
non incorrere in un reato per un fatto materiale gia' avvenuto, cioe'
l'ingresso clandestino; 
        violazione dell'art. 2 Cost.  perche'  pregiudica  i  diritti
inviolabili  dell'uomo  alla  propria  identita'  personale  ed  alla
cittadinanza; 
      
        violazione dell'art. 25,  secondo  comma  Cost.  perche'  non
sanziona fatti materiali, ma condizioni personali. 
Sulla non manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
      
    La non manifesta infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata risulta ampiamente confermata dai motivi  di
irragionevolezza e di contrasto con varie  norme  costituzionali  che
caratterizzano la scelta legislativa. 
    Riportandosi  alla   motivazione   dell'Ordinanza   della   Corte
costituzionale n. 41 del 9 febbraio 2009,  deve  osservarsi  che  nel
presente  caso  sia  le  singole  censure,  sia  il  complesso  delle
medesime,  consente  di  ritenere   che   la   discrezionalita'   del
legislatore  sia  stata  manifestamente  irragionevole,   sia   nella
configurazione  della  fattispecie  criminosa,   sia   nel   relativo
trattamento sanzionatorio. 
Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Deve osservarsi innanzitutto che il procedimento  penale  risulta
istruito sulla base degli atti  irripetibili  espletati  dalla  pg  e
sulla base dei documenti prodotti da cui risulta, nel  concreto,  che
l'imputato attualmente si trova sul territorio nazionale senza valido
titolo. 
    Va osservato altresi' che  sussistono  le  condizioni  di  legge,
anche processuali, per dovere accertare o  meno  la  sussistenza  del
reato di che trattasi: sotto questo profilo  le  questioni  risultano
certamente rilevanti  per  il  processo  in  corso  poiche'  il  loro
eventuale accoglimento da parte della Corte  costituzionale,  con  la
conseguente    declaratoria    di    illegittimita',    comporterebbe
l'assoluzione dell'imputato Mor Gueye  che,  viceversa,  allo  stato,
andrebbe incontro ad una prossima sentenza di condanna. 
    In buona sostanza si ritiene, quindi, che il giudizio  non  possa
essere definito indipendentemente dalla  risoluzione  delle  suddette
sollevate questioni.