Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'intero  testo  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale), e, in particolare, dell'art. 153, comma 1, promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte  nel  procedimento
vertente tra la Federconsumatori  Piemonte  ed  altri  e  l'Autorita'
d'ambito n. 2 - Biellese  -  Vercellese  -  Casalese  ed  altri,  con
ordinanza del 3 settembre 2009,  iscritta  al  n.  297  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e della Regione Piemonte; 
    Udito nella camera di consiglio del  24  marzo  2010  il  Giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 3 settembre  2009,  il  Tribunale
amministrativo regionale per il Piemonte, nel corso  di  un  giudizio
promosso dalla Federconsumatori Piemonte e  da  altri  nei  confronti
dell'Autorita' d'ambito n. 2 Biellese-Vercellese-Casalese  ed  altri,
ha sollevato - in riferimento  all'art.  76  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 17, comma 25, lettera a), della  legge  15  maggio
1997, n.  127  (Misure  urgenti  per  lo  snellimento  dell'attivita'
amministrativa e dei procedimenti di decisione  e  di  controllo),  e
all'art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n.
1054 (Approvazione del testo  unico  delle  leggi  sul  Consiglio  di
Stato) - questione di legittimita' del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e,  in  particolare,  del
suo art. 153, comma 1; 
        che  lo  stesso  rimettente  ha  inoltre   sollevato   -   in
riferimento all'art. 76 Cost., in relazione all'art. 1, commi 1 e  8,
lettera c), della legge di  delegazione  15  dicembre  2004,  n.  308
(Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione
della  legislazione  in  materia  ambientale  e  misure  di   diretta
applicazione), all'art. 119, primo comma, Cost. e all'art. 3 Cost.  e
al «correlativo principio di  ragionevolezza,  logicita'  e  coerenza
interna della legge», in relazione all'art. 2 del medesimo d.lgs.  n.
152 del 2006 - questioni di legittimita' del citato art.  153,  comma
1,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  il  quale  stabilisce  che  «Le
infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti  locali  ai  sensi
dell'articolo 143 sono affidate in concessione  d'uso  gratuita,  per
tutta la durata  della  gestione,  al  gestore  del  servizio  idrico
integrato»; 
        che il  giudice  a  quo  riferisce  che  i  ricorrenti  hanno
richiesto l'annullamento  di  atti  della  Conferenza  dell'Autorita'
d'ambito n. 2 aventi ad  oggetto:  a)  l'uso  delle  reti  idriche  e
fognarie del Comune  di  Vercelli;  b)  la  tariffa  servizio  idrico
integrato e gli indirizzi  in  materia  di  canone  per  l'uso  delle
infrastrutture idriche; c) l'azzeramento del  canone  di  concessione
per l'uso delle reti idriche e fognarie del Comune di Vercelli; d) il
«Piano economico-finanziario in stralcio al  Piano  d'Ambito  per  il
triennio  2007/2009  riguardante  la  gestione  della  S.p.A.   ATENA
Approvazione   modifiche   ed   integrazioni»;   e)   l'articolazione
tariffaria  per  il  servizio  idrico  integrato  per   l'anno   2007
applicabile nel Comune di Vercelli; 
        che il rimettente prosegue descrivendo i profili fondamentali
della  controversia  al  suo  esame  ed  evidenziando  che:  a)   con
deliberazione della Giunta Comunale di Vercelli n. 63 del 20 dicembre
2000 era stata approvata una nuova convenzione quadro  che,  all'art.
7, conteneva la previsione della  possibilita'  che  la  societa'  di
gestione del servizio idrico integrato corrispondesse all'Ente locale
un canone, «sulla base di un atto di concessione  amministrativa  nel
quale verra' stabilito il canone a favore del Comune  per  l'uso  dei
beni strumentali costituenti le dotazioni del  servizio  idrico»;  b)
era stato contestualmente approvato il relativo contratto di servizio
e «la concessione si presentava come onerosa, in linea con il dettato
dell'art. 9, co. 5 della L. Reg. Piemonte n.  13/1997,  a  mente  del
quale "la convenzione determina l'ammontare del canone di concessione
del servizio idrico integrato che i soggetti gestori  sono  tenuti  a
corrispondere per l'affidamento delle predette  infrastrutture"»;  c)
il  regime  concessorio  oneroso  era  proseguito   anche   dopo   la
privatizzazione  della  societa'  di  gestione   s.p.a.   Atena;   d)
l'Autorita' d'ambito aveva deliberato, con atto n. 211 dell'8 ottobre
2007, il «riconoscimento in tariffa del servizio idrico integrato del
canone per  l'uso  delle  reti  idriche  e  fognarie  del  Comune  di
Vercelli», approvando un atto di indirizzo che  vincolava  tutti  gli
uffici competenti; e) il Comune di Vercelli, con atto  consiliare  n.
91 del 12 novembre 2007, aveva deliberato di concorrere alle esigenze
di  sostenibilita'  tariffaria  dei   servizi   pubblici   attraverso
l'azzeramento graduale e quinquennale del canone d'uso delle  reti  e
delle infrastrutture con varie modalita'; f) le due  ultime  delibere
del 2007 erano state impugnate dai ricorrenti,  i  quali  ne  avevano
chiesto l'annullamento, per violazione del censurato  art.  153,  sul
rilievo che «tale norma costituisce  disposizione  che  si  inserisce
automaticamente nelle concessioni-contratto in corso, in  virtu'  del
noto meccanismo civilistico dell'inserzione automatica di clausole  o
norme di diritto di cui al  modulo  delineato  dall'art.  1339  c.c.,
applicabile anche ai rapporti stipulati da privati con la PA»;  g)  i
resistenti avevano contestato l'applicazione retroattiva della  norma
invocata, che non sarebbe stata atta a incidere negozi gia'  in  fase
di esecuzione  alla  data  della  sua  entrata  in  vigore,  pena  la
violazione dei diritti quesiti; 
        che il giudice a quo osserva che, al  fine  di  risolvere  la
controversia al suo esame, e' necessario stabilire se il principio di
gratuita' dell'uso delle infrastrutture idriche di  proprieta'  degli
enti locali fissato dalla disposizione censurata «sia applicabile  ai
rapporti concessori gia' sorti al momento della sua entrata in vigore
e, in particolare, alle convenzioni di gestione del  servizio  idrico
gia' stipulate e perduranti fino alla scadenza convenuta» o, in altri
termini, se detto principio «si imponga o meno,  attraverso  il  noto
meccanismo civilistico dell'inserzione automatica di clausole secondo
il paradigma definito all'art.  1339  c.c.,  anche  alle  convenzioni
accessive a provvedimenti concessori gia'  in  essere  e  contenenti,
invece, la previsione di un corrispettivo a favore degli Enti  locali
e a carico dei gestori del servizio, cessionari quindi anche dell'uso
delle infrastrutture strumentali al servizio idrico integrato»; 
        che, in  punto  di  rilevanza,  il  rimettente  afferma  che,
qualora la Corte costituzionale  «dovesse  ritenere  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 153 del Codice dell'Ambiente, la  norma  non
potrebbe  essere  applicata  al  caso  al   vaglio   della   Sezione,
conseguendone il  rigetto  dell'interposto  gravame  demolitorio,  il
quale si fonda su di un unico articolato mezzo deduttivo, con cui  si
lamenta la violazione del principio di gratuita' recato dal  predetto
censurato articolo»; 
        che  sono  censurati,  in  primo  luogo,  tutto  il   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  e,
in particolare, il  suo  art.  153,  comma  1,  nella  parte  in  cui
stabilisce che «Le infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti
locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione  d'uso
gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio
idrico integrato», in riferimento all'art. 76 della Costituzione,  in
relazione: a) all'art. 17, comma  25,  lettera  a),  della  legge  15
maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita'
amministrativa e dei procedimenti di decisione e  di  controllo),  il
quale prevede che il parere del Consiglio di Stato  e'  richiesto  in
via obbligatoria: «a)  per  l'emanazione  degli  atti  normativi  del
Governo e dei singoli ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge
23 agosto 1988, n. 400, nonche' per l'emanazione di testi unici»;  b)
all'art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n.
1054 (Approvazione del testo  unico  delle  leggi  sul  Consiglio  di
Stato), il quale prevede che  il  voto  del  Consiglio  di  Stato  e'
richiesto «sopra tutti i coordinamenti in testi unici di leggi  o  di
regolamenti, salvo che non sia diversamente stabilito per legge»; 
        che, ad avviso del  rimettente,  le  disposizioni  denunciate
violano l'evocato parametro  costituzionale,  per  il  tramite  degli
indicati parametri interposti, perche' il Governo non ha richiesto  e
acquisito il previo obbligatorio parere del Consiglio di Stato; 
        che, a sostegno della sua prospettazione, il  giudice  a  quo
rileva che «la ratio della necessita' della  preventiva  richiesta  e
conseguente acquisizione del parere  del  Consiglio  di  Stato  sullo
schema di un testo unico, specie se di natura innovativa,  si  spiega
proprio in virtu' dell'attitudine di siffatta  seconda  tipologia  di
testi unici ad innovare il panorama normativo»; 
        che,  in  particolare  -  sempre  secondo  il  rimettente   -
«l'obbligo di richiesta del parere del Consiglio di Stato trascende e
supera il livello formale - di legge ordinaria - della fonte  che  lo
ha istituito, dovendo a detto obbligo attribuirsi  il  valore  di  un
principio e criterio direttivo a cui deve necessariamente conformarsi
l'esercizio  della  potesta'  normativa  delegata  al  Governo,  alla
stregua e allo stesso livello di uno di quei principi [...]  additati
dall'art. 76 della  Carta  costituzionale  a  limite  della  potesta'
legislativa delegata»; 
        che tale ricostruzione troverebbe conferma nell'art.  17-bis,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il quale prevede, per  i
testi unici compilativi, che «Lo schema di  ciascun  testo  unico  e'
deliberato dal Consiglio dei ministri,  valutato  il  parere  che  il
Consiglio di Stato deve esprimere entro quarantacinque  giorni  dalla
richiesta»; 
        che l'art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 -  sempre
nella parte in cui  stabilisce  che  «Le  infrastrutture  idriche  di
proprieta' degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate
in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al
gestore del servizio idrico integrato» -  e'  censurato,  in  secondo
luogo, in riferimento: a) all'art. 76 Cost., in relazione all'art. 1,
commi 1 e 8, lettera c), della legge di delegazione 15 dicembre  2004
n. 308 (Delega  al  Governo  per  il  riordino,  il  coordinamento  e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale e  misure  di
diretta applicazione), i quali prevedono,  rispettivamente,  che  «Il
Governo e' delegato ad adottare, entro diciotto mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori  oneri
per la finanza pubblica, uno o piu' decreti legislativi di  riordino,
coordinamento  e  integrazione  delle  disposizioni  legislative  nei
seguenti settori e materie, anche  mediante  la  redazione  di  testi
unici» (comma 1, alinea) e che  vi  debba  essere  «invarianza  degli
oneri a carico della finanza  pubblica»  (comma  8,  lettera  c);  b)
all'art.  119,  primo  comma,  Cost.;  c)  all'art.  3  Cost.  e   al
«correlativo  principio  di  ragionevolezza,  logicita'  e   coerenza
interna della legge», in relazione all'art. 2 del medesimo d.lgs.  n.
152 del 2006, il  quale  prevede  che  «le  disposizioni  di  cui  la
presente  decreto  sono  attuate  nell'ambito  delle  risorse  umane,
strumentali e finanziarie previste a  legislazione  vigente  e  senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»; 
        che, per il rimettente, la  disposizione  viola  gli  evocati
parametri, perche' sottrae le infrastrutture idriche «dal novero  dei
beni patrimoniali produttivi di entrata», privando i  Comuni  di  una
fonte di autofinanziamento; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  sollevate  questioni   siano   dichiarate
manifestamente inammissibili o, comunque, infondate; 
        che,  quanto  al   problema   preliminare   riguardante   «la
attitudine dell'art.  153  D.Igs  n.  152/2006  ad  imporsi  o  meno,
attraverso il noto meccanismo civilistico dell'inserzione  automatica
di clausole secondo il paradigma definito  all'art.  1339  c.c.»,  la
difesa erariale osserva che esso «attiene al concreto  esercizio  del
potere   giurisdizionale,   il   quale   puo'   ben   svolgersi   con
interpretazioni,  delle  richiamate  disposizioni,  coerenti  con  il
quadro costituzionale»; 
        che, quanto al  merito,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
rileva che: a) poiche' il d.lgs. n. 152 del 2006 non ha la natura  di
testo unico, non vi e' per esso l'obbligo  di  richiedere  il  parere
preventivo del Consiglio di Stato; b)  il  parere  del  Consiglio  di
Stato non e', in ogni caso, richiesto  da  norme  costituzionali,  ma
soltanto da norme di legge ordinaria; c) quanto al profilo economico,
«il legislatore  delegante  ed  il  Governo  delegato  hanno  vietato
soltanto o maggiori oneri (vulgo, spese)  per  l'ente  pubblico,  non
anche minori entrate (quali quelle che in precedenza derivavano dalla
concessione  d'uso  delle  infrastrutture   idriche),   che   infatti
avrebbero imposto una specifica previsione»; 
        che  e'  intervenuta  in  giudizio   la   Regione   Piemonte,
sostenendo, quanto all'ammissibilita' del suo intervento,  di  essere
«portatrice di un interesse qualificato strettamente  correlato  alle
proprie competenze nella materia», di avere adottato una legislazione
coerente  con  quella  statale  e  di  condividere  il  principio  di
gratuita' dell'affidamento delle infrastrutture idriche di proprieta'
degli enti locali; 
        che, con memoria depositata in prossimita'  dell'udienza,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  ribadito  quanto  gia'
rilevato nell'atto di intervento. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Piemonte  dubita  della  legittimita'  costituzionale   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  e,
in particolare, del suo  art.  153,  comma  1,  nella  parte  in  cui
stabilisce che «Le infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti
locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione  d'uso
gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio
idrico integrato»; 
        che tale dubbio e' posto in riferimento: a) all'art. 76 della
Costituzione, in relazione all'art. 17, comma 25, lettera  a),  della
legge 15 maggio 1997, n.  127  (Misure  urgenti  per  lo  snellimento
dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di  decisione  e  di
controllo), e all'art. 16, comma 1, numero 3), del regio  decreto  26
giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico  delle  leggi  sul
Consiglio di Stato); b) allo stesso art. 76 Cost., in relazione pero'
all'art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge  di  delegazione  15
dicembre 2004,  n.  308  (Delega  al  Governo  per  il  riordino,  il
coordinamento  e  l'integrazione  della   legislazione   in   materia
ambientale e misure di diretta applicazione); c) all'art. 119,  primo
comma, Cost.; d) all'art. 3 Cost.  e  al  «correlativo  principio  di
ragionevolezza,  logicita'  e  coerenza  interna  della  legge»,   in
relazione all'art. 2 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006; 
        che  e'  intervenuta  in  giudizio   la   Regione   Piemonte,
sostenendo, quanto all'ammissibilita' del suo intervento,  di  essere
«portatrice di un interesse qualificato strettamente  correlato  alle
proprie competenze nella materia», di avere adottato una legislazione
coerente  con  quella  statale  e  di  condividere  il  principio  di
gratuita' dell'affidamento delle infrastrutture idriche di proprieta'
degli enti locali; 
        che  l'intervento  e'  inammissibile,  perche'   la   Regione
Piemonte non e' parte del giudizio a quo; 
        che infatti, per costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
possono  partecipare  al   giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale le sole  parti  del  giudizio  principale  e  i  terzi
portatori di un interesse  qualificato,  immediatamente  inerente  al
rapporto sostanziale dedotto in giudizio (ex plurimis, sentenza n. 96
del 2008; ordinanza pronunciata nell'udienza del 26 febbraio  2008  e
ordinanze n. 393 del 2008 e n. 414 del 2007); 
        che, contrariamente a quanto sostenuto  dalla  interveniente,
l'interesse da questa prospettato non e' correlato con le  specifiche
e peculiari posizioni  soggettive  dedotte  nel  giudizio  a  quo  e,
pertanto, la Regione non vanta una posizione  giuridica  individuale,
suscettibile    di    essere    pregiudicata     immediatamente     e
irrimediabilmente dall'esito del giudizio incidentale; 
        che, quanto all'oggetto del giudizio  a  quo,  il  rimettente
riferisce  che  i  ricorrenti   chiedono   l'annullamento   di   atti
amministrativi dell'Autorita' d'ambito e del Comune di Vercelli,  con
i quali si riconosce, per le gestioni  gia'  in  corso  del  servizio
idrico integrato, il carattere oneroso della concessione  al  gestore
delle infrastrutture idriche da parte del Comune proprietario; 
        che, quanto  alla  rilevanza  delle  questioni  proposte,  il
giudice a quo premette che, al fine di risolvere la  controversia  al
suo esame, e' necessario  stabilire  se  il  principio  di  gratuita'
dell'uso delle infrastrutture idriche di proprieta' degli enti locali
fissato dal censurato art. 153  del  d.lgs.  n.  152  del  2006  «sia
applicabile ai rapporti concessori gia' sorti al  momento  della  sua
entrata in vigore e, in particolare, alle convenzioni di gestione del
servizio idrico  gia'  stipulate  e  perduranti  fino  alla  scadenza
convenuta»,  le  quali  contengano,  invece,  «la  previsione  di  un
corrispettivo a favore degli Enti locali e a carico dei  gestori  del
servizio»; 
        che, sempre in punto di  rilevanza,  il  rimettente  conclude
affermando che, qualora la  Corte  costituzionale  «dovesse  ritenere
l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.    153    del    Codice
dell'Ambiente, la norma non potrebbe essere applicata al caso»  posto
al suo  esame,  «conseguendone  il  rigetto  dell'interposto  gravame
demolitorio»; 
        che le questioni sono manifestamente inammissibili; 
        che, infatti, il rimettente non fornisce alcuna soluzione  al
problema    preliminare,    da    lui    stesso    posto,    relativo
all'applicabilita'  del  principio  di   gratuita'   dell'uso   delle
infrastrutture idriche di proprieta' degli enti locali,  fissato  dal
censurato art. 153 del d.lgs. n. 152 del 2006,  anche  alle  gestioni
gia' in corso al momento della sua entrata  in  vigore,  come  quelle
oggetto degli atti amministrativi impugnati nel giudizio a quo; 
        che tale lacuna si risolve in un difetto di motivazione sulla
rilevanza delle questioni proposte, perche' il rimettente non  spiega
se le norme denunciate - e cioe' il d.lgs. n. 152 del  2006  nel  suo
complesso  e,  piu'  in  particolare,  il  suo  art.  153  -  trovino
applicazione nel caso concreto alle suddette gestioni; 
        che, anche a prescindere da tale difetto di  motivazione,  le
questioni proposte sarebbero comunque non rilevanti; 
        che, infatti, il censurato art. 153, comma 1, del  d.lgs.  n.
152 del 2006 non potrebbe trovare applicazione nel caso, come  quello
di specie, di concessioni di infrastrutture idriche che siano gia' in
essere  al  momento  della  sua  entrata  in  vigore,  perche',  come
affermato da questa Corte, tale disposizione «fa riferimento [...] al
contenuto della convenzione e  del  disciplinare  di  affidamento  al
gestore del servizio idrico integrato  e,  dunque,  si  applica  alle
concessioni  nuove  o  rinnovate  [...]»;  e  cioe'  ai  soli  «nuovi
affidamenti» (sentenza n. 246 del 2009, punto 16.2.5. del Considerato
in diritto); 
        che,  inoltre,  non  potrebbero  trovare   applicazione   nel
giudizio principale neppure gli altri articoli del d.lgs. n. 152  del
2006 - censurato dal rimettente anche nel  suo  complesso  -  perche'
tali articoli disciplinano fattispecie diverse da quella oggetto  del
giudizio a quo, la quale attiene allo specifico  profilo  del  regime
della concessione d'uso delle infrastrutture idriche. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.