Il Presidente del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro la Regione Lombardia, (codice fiscale n. 80050050154) in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera r) della legge Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 1° aprile 2010. Nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia 8 febbraio 2010, n. 6 e' stata pubblicata la legge regionale 5 febbraio 2010, n. 7, recante «Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative». Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni contenute nell'art. 8, comma 1, lett. r) e pertanto propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, Cost. per i seguenti Motivi La legge della Regione Lombardia ha introdotto nuove disposizioni in materia di appalti pubblici, le quali, in particolare, disciplinano la materia del controllo sull'esecuzione del contratto, segnatamente del collaudo, in modo difforme rispetto alla normativa statale di riferimento, contenuta nel Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 163 del 2006. L'art. 8 della legge regionale impugnata, che modifica la legge regionale 19 maggio 1997, n. 14 in materia di «attivita' contrattuale della regione, degli enti ed aziende da essa dipendenti, compresi gli enti operanti nel settore della sicurezza sociale e le aziende operanti nel settore dell'assistenza sanitaria», detta, infatti, al primo comma, lett. r), una nuova disciplina del controllo sull'esecuzione del contratto, la quale aspira a sostituire il previgente art. 20 della citata legge n. 14/1997. Nella specie, il novellato articolo 20, al comma 3, cosi' dispone: «3. Per gli appalti di importo inferiore alle soglie di cui all'art. 28 comma 1, lettere a) e b) del d.lgs. 163/2006, per le forniture dei beni prodotti in serie e di servizi a carattere periodico, nonche' per i servizi di natura intellettuale, il collaudo e la verifica di conformita' possono essere sostituiti da un attestato di regolare esecuzione rilasciato dal RUP ovvero dal dirigente della struttura destinataria della fornitura o del servizio». La norma, dunque, prevede una speciale procedura di controllo sull'esecuzione del contratto, disponendo che per gli appalti «sotto soglia», relativi alla fornitura di beni prodotti in serie e di servizi a carattere periodico ovvero di natura intellettuale, detto controllo possa consistere, in alternativa all'ordinario collaudo o alla verifica di conformita', in un - mero - «attestato di regolare esecuzione» rilasciato dal RUP ovvero dal dirigente della struttura destinataria della fornitura. , eccedono i limiti delle competenze regionali in materia di lavori pubblici. Esse, infatti, intervengono in un ambito riservato alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, in aperta violazione dell'art. 117 Cost. e delle disposizioni dello stesso Codice. L'art. 4 del predetto d.lgs. n. 163/2006, infatti, stabilisce in modo inequivoco e puntuale il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni (e Province autonome), individuando dettagliatamente al II comma le materie oggetto di competenza concorrente, e al III comma quelle di competenza esclusiva dello Stato. Tra le materie di pertinenza statale di cui al comma 3 rientra, tra l'altro, anche quella del collaudo. Spetta allo Stato, infatti, la disciplina degli aspetti concernenti, tra l'altro, la qualificazione e la selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione, il subappalto, e quelli, che qui vengono specificamente in rilievo, della stipulazione e dell'esecuzione dei contratti, tra cui, espressamente, «la direzione dell'esecuzione ed il collaudo». Si tratta di un riparto di competenze che segue sostanzialmente quello delineato, in via piu' generale, a livello costituzionale dall'art. 117 Cost.: cio' in quanto quegli ambiti di disciplina che il richiamato art. 4 riserva allo Stato, risultano invero riconducibili a materie gia' assegnate alla sua competenza esclusiva dal secondo comma dell'articolo 117 Cost. Da un lato, gli aspetti relativi alla fase «procedurale» e di scelta del contraente rientrano nella nozione di tutela della concorrenza di cui alla lettera e); dall'altro, quelli concernenti la fase «negoziale», di stipula ed esecuzione del contratto, sono ascrivibili a quella dell'ordinamento civile, di cui alla lett. l). Come chiarito da dottrina e giurisprudenza costanti infatti, in tale ultima fase, negoziale ed esecutiva, l'Amministrazione non agisce come autorita', ma opera nell'esercizio della sua autonomia negoziale, in posizione di tendenziale parita' con la controparte. Da cio', la riconducibilita' di tale momento del rapporto alla disciplina dell'ordinamento civile, che, appunto, l'art. 117 Cost. lettera l) riserva in via esclusiva alla potesta' legislativa dello Stato, e in cui e' da escludere qualsiasi margine di intervento da parte delle Regioni. Cio' e' stato costantemente riconosciuto da codesta stessa ecc.ma Corte, la quale, sul presupposto che l'attivita' contrattuale della P.A. - ed in particolare quella concernente i lavori pubblici -, non possa identificarsi con una vera e propria materia a se', ha provveduto a ricondurre i singoli aspetti in cui la stessa si esplica ad ambiti materiali gia' di competenza legislativa statale ovvero regionale ai sensi dell'art. 117 Cost. (ex multis, Corte cost. 12 febbraio 2010 n. 45, che richiama sent. n. 303 del 2003, sottolineando come l'attivita' contrattuale della P.A. rappresenti «un'attivita' che inerisce alle singole materie sulle quali essa si esplica», con la conseguenza che «avendo riguardo alle competenze delle singole Regioni, deve ritenersi che esse sono legittimate a regolare soltanto quelle fasi procedimentali che afferiscono a materie di propria competenza»; Corte cost. 6 novembre 2009 n. 283). Se profili attinenti il momento «procedimentale», prodromico rispetto alla stipula del contratto, rientrano, come detto, nella piu' generale materia della tutela della concorrenza (essendo caratterizzati principalmente dalla finalita' di assicurare «la concorrenza per il mercato»), quelli concernenti la fase dell'esecuzione del contratto e del collaudo, devono essere ascritti alla disciplina dell'ordinamento civile, come tale riservata allo Stato (Cfr., Corte cost. 23 novembre 2007, n. 401; da ultimo, Corte cost. 22 maggio 2009 n. 160; Corte cost. 1° agosto 2008 n. 322, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una legge della Regione Veneto le cui norme dettavano una disciplina «difforme da quella nazionale [codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163] in materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base all'art. 117, comma 2, Cost., da un lato, riducendo l'area alla quale si applicano le regole concorrenziali dirette a consentire la piena esplicazione del mercato nel settore degli appalti pubblici ... dall'altro, alterando le regole contrattuali che disciplinano i rapporti privati [«ordinamento civile»], per quanto attiene.. [tra l'altro] all'ambito delle procedure di affidamento [e] alla «esecuzione dei contratti; Corte cost. 17 dicembre 2008, n. 411, la quale afferma «la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa in relazione agli oggetti riconducibili alla competenza esclusiva statale»). Pertanto, nelle materie e negli ambiti ora descritti, e per quel che qui interessa in materia di collaudo, e' da escludere «qualsiasi margine di autonomia normativa per le Regioni», le quali piuttosto sono chiamate ad «adeguarsi alle norme, relative alle procedure di gara ed all'esecuzione del rapporto contrattuale, che costituiscono ... oggetto delle disposizioni del citato d.lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti)» (Corte cost. 17 dicembre 2008, n. 411 cit.; Corte Cost. 22 maggio 2009 n. 160). In tale prospettiva, e' stato riconosciuta ai principi e alle disposizioni del Codice degli Appalti la funzione di «limite alla potesta' legislativa delle Province autonome [e delle Regioni] «, come tale da queste inderogabile: «e cio' segnatamente per quelle norme del Codice che attengono, da un lato, alla scelta del contraente (procedure di affidamento) e, dall'altro, al perfezionamento del vincolo negoziale e alla sua esecuzione» (Corte cost. 12 febbraio 2010 n. 45). La Regione Lombardia e' intervenuta dunque illegittimamente sulla materia del collaudo, esorbitando dai limiti della potesta' legislativa esclusiva regionale. Le norme censurate ledono la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, regolando in modo difforme da quanto stabilito a livello statale un profilo concernente l'esecuzione del contratto di appalto, in palese violazione sia dell'art. 4 del Codice appalti, sia, a monte, dello stesso art. 117 Cost. Un tale travalicamento di competenze appare ancor piu' grave alla luce della ratio sottostante al riparto di poteri normativi in materia di lavori pubblici, trattandosi di garantire uniformita' ed omogeneita' di trattamento su tutto il territorio nazionale ed evitare che regimi e normative regionali differenti determinino inopportune barriere territoriali e ingiustificate disparita' di trattamento tra operatori economici («Sussiste, infatti, l'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' di trattamento, nell'intero territorio nazionale, della disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti di appalto», Corte cost. 22 maggio 2009 n. 160; «L'uniformita' rappresenta un valore in se', perche' differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali... Da quanto sin qui rilevato deriva che alle Regioni non e' consentito adottare una disciplina relativa alle procedure ad evidenza pubblica, neppure quando essa miri a garantire un livello di concorrenza piu' elevato rispetto a quello statale», Corte costituzionale 6 novembre 2009, n. 283). Ne' peraltro, come correttamente rilevato da codesto autorevole Collegio, a temperare l'incostituzionalita' delle impugnate disposizioni puo' rilevare il fatto che gli appalti cui esse si applicano siano appalti c.d. «sotto soglia». Cio' in quanto un dato meramente quantitativo, facente capo al valore economico del rapporto, non puo' in alcun modo far venire meno quelle esigenze di uniformita' sottese all'attribuzione di una competenza legislativa esclusiva in capo allo Stato e incidere sull'individuazione della materia, nella specie l'ordinamento civile, che ne costituisce oggetto (Con riferimento ad una normativa regionale che violava le prerogative statali in materia di concorrenza, Corte Cost. 6 novembre 2009 n. 283, che richiama sent. n. 160 del 2009 e n. 401 del 2007, secondo cui ai fini dell'individuazione «dell'ambito materiale della tutela della concorrenza, non ha rilievo la distinzione tra contratti sopra-soglia e sotto-soglia, perche' tale materia «trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento... al valore economico dell'appalto», sicche' «anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria puo' giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale»). Conclusivamente, le norme censurate appaiono costituzionalmente illegittime, e meritano di essere annullate in quanto invasive delle competenze statali per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l) come piu' precisamente specificato nell'esposizione che precede. (1) Quest'ultimo, infatti, dispone: «l. Per i contratti relativi a servizi e forniture il regolamento determina le modalita' di verifica della conformita' delle prestazioni eseguite a quelle pattuite, con criteri semplificati per quelli di importo inferiore alla soglia comunitaria. 1-bis: Per i contratti relativi a servizi e forniture, l'affidamento dell'incarico di collaudo o di verifica di conformita', in quanto attivita' propria delle stazioni appaltanti, e' conferito dalle stesse all'interno delle proprie strutture e a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze relative all'oggetto contrattuale, sulla base di criteri da fissare preventivamente, nel rispetto dei principi di rotazione e trasparenza. Nell'ipotesi di carenza di organico all'interno della stazione appaltante di soggetti in possesso dei necessari requisiti, accertata e certificata dal responsabile del procedimento, ovvero di difficolta' a ricorrere a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze specifiche in materia, la stazione appaltante affida l'incarico di collaudatore ovvero di presidente o componente della commissione collaudatrice a soggetti esterni scelti secondo le procedure e con le modalita' previste per l'affidamento dei servizi. 2. Per i contratti relativi ai lavori il regolamento disciplina il collaudo con modalita' ordinarie e semplificate, in conformita' a quanto previsto dal presente codice. D'altra parte anche l'art. 91 del Codice al comma 8 vieta che «l'affidamento di attivita' di progettazione, direzione lavori, progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, collaudo, indagine e attivita' di supporto a mezzo di contratti a tempo determinato o altre procedure diverse da quelle previste dal presente codice».