Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  26,  comma
7-bis, del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  aggiunto
dall'art. 21 della legge 30 luglio 2002, n. 189  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla   condizione   dello   straniero),   promosso   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente  tra
G. C. e il Ministero dell'interno con ordinanza dell'11 giugno  2009,
iscritta al n. 265 del registro ordinanze  2009  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del  24  marzo  2010  il  Giudice
relatore Maria Rita Saulle. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il  Veneto
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero); 
        che,  in  particolare,  la  norma  censurata  violerebbe   il
suddetto parametro costituzionale «nella parte in cui prevede che  la
condanna,  con  provvedimento  irrevocabile,  per  alcuno  dei  reati
previsti dalle disposizioni del Titolo III,  Capo  III,  Sezione  II,
della legge 22 aprile  1941,  n.  633,  e  successive  modificazioni,
relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli  articoli  473  e
474 del codice penale, comporta  in  via  automatica  la  revoca  del
permesso  di  soggiorno  (e  quindi,  implicitamente   ma   in   modo
inequivoco, il diniego del suo rinnovo alla scadenza)»; 
        che il giudizio a quo ha ad oggetto  il  ricorso  avverso  il
provvedimento del Questore di  Rovigo  in  data  5  gennaio  2009  di
diniego del rinnovo del permesso di soggiorno richiesto,  per  motivi
di lavoro autonomo, da un cittadino senegalese che afferma di «vivere
in Italia dal  1989  e  di  aver  conseguito  il  primo  permesso  di
soggiorno nel 1990»; 
        che il rimettente specifica che il  provvedimento  impugnato,
nonostante  richiami  nelle  premesse   altri   «cinque   deferimenti
all'autorita' giudiziaria [...] per lo piu' per violazioni  di  norme
in materia di tutela del diritto d'autore e per commercio di prodotti
con segni falsi», si fonderebbe  esclusivamente  «sul  fatto  che  lo
straniero, il 13 gennaio  2003,  e'  stato  condannato,  con  decreto
emesso dal GIP del Tribunale  di  Rovigo,  divenuto  esecutivo  il  4
febbraio 2005, alla pena di due mesi e  otto  giorni  di  reclusione,
oltre alla multa, per il reato di violazione delle norme sul  diritto
d'autore continuato»; 
        che, pertanto,  il  provvedimento  impugnato  sarebbe  frutto
dell'«automatismo di cui al  citato  comma  7-bis  dell'art.  26  del
d.lgs. n. 286 del 1998»; 
        che,  inoltre,  secondo  il  giudice  a   quo,   risulterebbe
ininfluente la circostanza dedotta con il ricorso  per  la  quale  lo
straniero avrebbe maturato da «tempo  i  requisiti  per  chiedere  il
rilascio di un permesso [...] per soggiornanti di  lungo  periodo  ex
art. 9 del d.lgs. n.  286  del  1998»,  giacche'  «nella  specie»  il
ricorrente avrebbe chiesto un «semplice rinnovo del permesso»; 
        che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,
il TAR del Veneto dubita «che la disciplina introdotta con il  citato
art. 26, comma 7-bis, sia coerente con i principi di uguaglianza e di
ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione»; 
        che,  in  particolare,  secondo  il   giudice   a   quo,   la
disposizione  denunciata,  «ove  raffrontata  con  la   disposizione,
omogenea, di cui all'art. 4, comma 3, del d.lgs.  n.  286  del  1998,
applicata in correlazione con il successivo art. 5, comma  5,  [...]»
opererebbe una «irragionevole equiparazione», sotto il profilo  degli
effetti di natura amministrativa, di «fattispecie delittuose tra loro
assai eterogenee in termini di gravita'  della  condotta  commessa  e
della pena prevista»; 
        che, infatti, con la disposizione censurata, sarebbero  state
irragionevolmente equiparate, «ai fini dell'automatismo nel  disporre
la revoca del permesso di  soggiorno  o  nel  rifiutarne  il  rinnovo
[...],  situazioni  caratterizzate  dalla  accertata  commissione  di
fatti-reato particolarmente gravi (come nel caso dell'art.  4,  comma
3, del d.lgs. n. 286 del  1998  che  richiama  le  ipotesi  di  reato
disciplinate dall'art. 380, commi 1 e 2, c.p.p.), ad altre situazioni
contraddistinte, invece, dall'accertato compimento di reati di  lieve
entita', di scarso rilievo o, in ogni caso, non gravi (come nel  caso
degli artt. 171-171-quinquies della legge n. 633 del 1941)»; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  manifestamente
inammissibile o, comunque, manifestamente infondata; 
        che, in particolare, in una  successiva  memoria,  la  difesa
erariale deduce che il  giudice  rimettente  avrebbe  trascurato  una
«serie di decisivi elementi»; 
        che, in primo luogo, «l'automatismo di cui all'art. 26, comma
7-bis, presuppone  una  condanna  irrevocabile,  mentre  invece,  per
l'applicazione del meccanismo di  cui  al  combinato  disposto  degli
artt. 4 comma 3 e 5 comma 5, e' sufficiente,  almeno  sul  piano  del
diritto vivente, una sentenza di condanna in  primo  grado,  anche  a
seguito di patteggiamento»; 
        che, in  secondo  luogo,  sempre  ad  avviso  dell'Avvocatura
generale dello Stato, il rimettente non considera  che  «anche  reati
piu' lievi possono  essere  assunti  a  sintomo  della  pericolosita'
sociale  rilevante  in  ambiti  amministrativi  miranti  alla  tutela
preventiva dell'ordine pubblico,  quando  si  tratti  di  fattispecie
particolarmente diffuse, o che possano determinare  complessivamente,
e non  singolarmente  considerati,  danni  significativi  al  tessuto
economico e sociale  interessato»,  come,  appunto,  nel  caso  delle
fattispecie penali poste a presidio del diritto d'autore; 
        che, inoltre, la difesa erariale contesta  la  appropriatezza
della  scelta,  quale  tertium  comparationis  della   questione   di
legittimita' sollevata in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,
di «reati ritenuti maggiormente gravi», riferendo ad essi la  «soglia
al  di  sotto  della  quale  la  scelta  del  legislatore  diverrebbe
irragionevole», dal momento che il riferimento legislativo ad  alcuni
reati piu' gravi non escluderebbe la rilevanza, ai fini del  giudizio
operato dalla norma impugnata, di «altri  reati»  sebbene  sanzionati
«con piu' lieve pena edittale». 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Veneto dubita, in riferimento all'art. 3  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma  7-bis,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero); 
        che,  in  particolare,  a  parere  del  giudice  a  quo,   la
disposizione censurata violerebbe il citato parametro  costituzionale
nella parte in  cui  prevede  l'automatica  revoca  del  permesso  di
soggiorno  del  cittadino  straniero,  condannato  con  provvedimento
irrevocabile per alcuno dei reati  previsti  dalle  disposizioni  del
titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633,
e dagli artt. 473 e 474 del codice penale; 
        che,  tuttavia,  il  rimettente  ha   fornito   una   carente
descrizione della fattispecie sottoposta al suo esame: in particolare
ha omesso di specificare se risulti o  meno  fondata  la  circostanza
dedotta dal ricorrente concernente l'asserito possesso dei  requisiti
prescritti per il rilascio del «permesso CE per soggiornanti di lungo
periodo», nonche' se il ricorrente abbia o meno esercitato il diritto
al ricongiungimento familiare ovvero se sia un familiare ricongiunto; 
        che tali elementi, come piu'  volte  sottolineato  da  questa
Corte (sentenza n. 148 del 2008, nonche' ordinanze n. 219 del 2009  e
n. 378 del  2008),  assumono  grande  rilievo  nella  disciplina  del
rilascio e del rinnovo del permesso  di  soggiorno  per  effetto  del
decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della  direttiva
2003/109/CE  relativa  allo  status  di  cittadini  di  Paesi   terzi
soggiornanti di lungo periodo), e del decreto legislativo  8  gennaio
2007, n. 5 (Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto
di ricongiungimento familiare); 
        che, pertanto, secondo la costante giurisprudenza  di  questa
Corte,  l'insufficiente  descrizione   della   fattispecie,   poiche'
impedisce di vagliare l'effettiva applicabilita' della norma al  caso
dedotto, si risolve in  carenza  della  motivazione  sulla  rilevanza
della questione, determinandone la manifesta inammissibilita'. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.