Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  2,  comma  1
lettera h), 5, comma 1, 8, comma 6, 10, 15, comma 1, 18, commi 1 e  4
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n.  9
(Disposizioni in materia di  politiche  di  sicurezza  e  ordinamento
della polizia locale), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 3-7  luglio  2009,  depositato  in
cancelleria l'8 luglio 2009 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi
2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 2010 il Giudice relatore
Giuseppe Tesauro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato l'8 luglio 2009,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questione   di   legittimita'
costituzionale in via principale degli articoli 2, comma  1,  lettera
h); 5, comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e  4,  della
legge della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  29  aprile  2009,  n.  9
(Disposizioni in materia di  politiche  di  sicurezza  e  ordinamento
della polizia locale). 
    1.1. - Il ricorrente  premette  che  lo  statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia di cui  alla  legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1, all'articolo 5, comma 1,  punto  13,  attribuisce
alla  predetta  Regione  competenza  legislativa  concorrente   nella
materia della «polizia locale».  Considerato  che,  a  seguito  della
riforma  del  Titolo  V  della  parte  II  della   Costituzione,   e'
riconosciuta alle Regioni a statuto  ordinario  potesta'  legislativa
residuale in ordine alla polizia  amministrativa  locale  (art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost.),  in  base  all'articolo  10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001, deve ritenersi estesa anche  alla
predetta Regione la competenza legislativa residuale in tale materia,
con il limite costituito dalla competenza statale in tema  di  ordine
pubblico e sicurezza pubblica. 
    Ad avviso del ricorrente,  le  disposizioni  regionali  impugnate
avrebbero ecceduto dalla propria competenza  in  materia  di  polizia
amministrativa locale, invadendo sfere di competenza statale. 
    In particolare, il ricorrente  censura  l'articolo  2,  comma  1,
lettera h), della legge regionale n. 9 del 2009, nella parte  in  cui
stabilisce che la Regione  promuove  «lo  sviluppo  di  politiche  di
sicurezza  transfrontaliere»,  in  quanto  esso,  cosi'   disponendo,
invaderebbe la competenza statale  esclusiva  in  materia  di  ordine
pubblico e sicurezza, posto che le  Regioni  non  possono  concludere
accordi con Stati ed enti territoriali interni ad altri Stati in  una
materia, quella delle politiche di sicurezza, che non  rientra  nella
loro competenza. 
    Anche l'articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009,
nella parte in cui stabilisce che  la  Regione  promuove  e  sostiene
finanziariamente l'impiego del volontariato  e  dell'associazionismo,
«ivi comprese le associazioni d'arma e le  associazioni  delle  Forze
dell'ordine», sarebbe lesivo della competenza esclusiva  dello  Stato
in tema di ordine  pubblico  e  sicurezza  pubblica,  in  quanto  non
sarebbe dato rinvenire nello Statuto  alcuna  disposizione  idonea  a
giustificare la  competenza  regionale  in  tema  di  utilizzo  delle
associazioni d'arma e delle Forze dell'ordine. 
    Quanto,  poi,  all'articolo  8,  comma  6,  della  citata   legge
regionale, nella parte  in  cui  dispone  che  «nell'esercizio  delle
funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa  statale,  la
polizia locale assume il presidio del territorio tra i  suoi  compiti
primari, al fine di garantire, in concorso con le  forze  di  polizia
dello  Stato,  la  sicurezza  urbana  degli  ambiti  territoriali  di
riferimento», la violazione della  competenza  statale  esclusiva  in
tema  di  sicurezza  pubblica  si  desumerebbe  dal  contrasto  della
richiamata disposizione con la legge statale  7  marzo  1986,  n.  65
(Legge-quadro  sull'ordinamento  della  polizia   municipale),   che,
all'art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie»  le  funzioni
di pubblica sicurezza della polizia locale, e,  all'art.  3,  prevede
che gli  addetti  al  servizio  di  polizia  municipale  collaborino,
«nell'ambito delle proprie attribuzioni,  con  le  Forze  di  polizia
dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga  fatta,
per  specifiche  operazioni,  motivata  richiesta  dalle   competenti
autorita'». 
    Il ricorrente sostiene, inoltre, l'illegittimita' costituzionale,
in riferimento all'art. 114 della Costituzione,  dell'art.  10  della
citata  legge  regionale,  nella  parte  in  cui  fissa  i   principi
organizzativi per  l'esercizio  delle  funzioni  di  polizia  locale,
prevedendo, al comma 1, che i comuni e  le  province  istituiscono  i
corpi di polizia locale e ne  regolamentano  l'organizzazione  ed  il
funzionamento: non competerebbe, infatti, alla  Regione  disciplinare
minuziosamente il contingente numerico degli addetti al servizio,  il
tipo di organizzazione del Corpo di polizia municipale ne'  lo  stato
giuridico del personale ed il relativo trattamento  economico,  posto
che simili compiti  rientrerebbero  nella  sfera  di  competenza  dei
comuni che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e  funzioni,
equiordinati alle regioni. 
    L'art. 15, comma 1, della citata legge regionale n. 9  del  2009,
sarebbe, poi, costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art.
117,  secondo   comma,   lettera   l),   della   Costituzione.   Tale
disposizione, nella parte  in  cui  prevede  che  «Gli  agenti  della
polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e  i
commissari  della  polizia   locale   sono   ufficiali   di   polizia
giudiziaria. Il comandante del Corpo di  polizia  locale  dei  comuni
capoluogo di provincia (..) non riveste la qualifica di ufficiale  di
polizia giudiziaria», si porrebbe  in  contrasto  con  la  competenza
esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale,  posto  che
la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55 e 57 del codice  di
procedura penale, opera di propria iniziativa e  per  disposizione  o
delega dell'Autorita' giudiziaria, ai  fini  dell'applicazione  della
legge penale. 
    Il ricorrente censura, infine, l'articolo 18, commi 1 e 4,  della
legge regionale in esame, nella parte in cui prevede che il personale
di polizia locale sia dotato di  armamento  secondo  quanto  previsto
dalla normativa  statale  e  che  gli  addetti  alla  polizia  locale
espletino «muniti di armi almeno i servizi di  vigilanza,  protezione
degli immobili di proprieta'  dell'ente  locale  e  dell'armeria  del
Corpo o Servizio,  quelli  notturni  e  di  pronto  intervento»,  per
violazione della competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«armi, munizioni ed esplosivi» di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera d), della Costituzione. 
    2. - Si e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, chiedendo che la Corte respinga il ricorso. 
    2.1. - La resistente premette che la legge  regionale  n.  9  del
2009 e' stata adottata nell'esercizio  della  competenza  legislativa
regionale residuale nella materia della polizia amministrativa locale
(ex  art.  117,  quarto  comma,  Cost.)   e   piena   nella   materia
dell'ordinamento degli enti locali (ex art. 4, n. 1-bis dello Statuto
speciale). Un peculiare ruolo  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia
nella materia della sicurezza dovrebbe, poi, riconoscersi - ad avviso
della resistente - non solo in  considerazione  del  carattere  della
Regione  di  ente  esponenziale  della  rispettiva   comunita',   che
legittimerebbe interventi regionali di promozione  pure  fuori  delle
materie indicate dall'art. 117 della  Costituzione,  ma  anche  sulla
base dell'Intesa istituzionale di programma raggiunta tra il  Governo
e la medesima Regione, il 9 maggio 2001,  che  individuava,  tra  gli
obiettivi da perseguire,  quello  del  miglioramento  della  qualita'
delle citta', delle istituzioni locali, della vita associata e  della
sicurezza, nonche' del Protocollo d'intesa stipulato tra il Ministero
dell'interno e la Regione Friuli-Venezia Giulia, il 27 marzo 2007, in
materia di politiche integrate di  sicurezza  urbana,  in  attuazione
dell'art. 7, comma 3, del decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 12 settembre 2000 (Individuazione delle risorse finanziarie,
umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli
enti  locali  per  l'esercizio   delle   funzioni   e   dei   compiti
amministrativi in materia di polizia amministrativa). 
    Con riferimento, poi, alle singole censure,  la  Regione  osserva
che quelle proposte nei confronti dell'art. 2, comma 1,  lettera  h),
sarebbero inammissibili - essendo tale previsione priva di attitudine
lesiva - o  comunque  infondate,  limitandosi  la  predetta  norma  a
fissare un obiettivo politico-programmatico, senza  stabilire  alcuna
competenza alla conclusione di particolari accordi. Anche le  censure
sollevate nei confronti dell'art. 5,  comma  1,  sarebbero  prive  di
fondamento, posto che detta norma, limitandosi a  prevedere  un  mero
sostegno economico alle convenzioni che le associazioni stesse e  gli
enti locali provvedano a  stipulare,  costituirebbe  esercizio  delle
competenze regionali in materia di polizia amministrativa. 
    Quanto, poi, all'art. 8, comma 6, la Regione osserva che esso  si
limiterebbe ad incentivare  la  presenza  della  polizia  locale  sul
territorio al fine di rendere sensibile quella delle istituzioni, non
aggiungendo  alcun  compito  alla  polizia  locale  ne'  mutando   il
carattere ausiliario dei compiti gia' assegnati ad essa, ma indicando
solo una loro modalita' operativa. La censura proposta nei  confronti
dell'art. 10, particolarmente quanto ai  commi  4,  5,  6,  7  ed  8,
sarebbe in primo luogo  inammissibile,  in  quanto,  pur  riferita  a
disposizioni diverse, sarebbe genericamente motivata, sia rispetto  a
ciascuna di esse che rispetto  al  loro  insieme.  Nel  merito,  essa
sarebbe comunque infondata, tenuto conto del fatto che la  disciplina
posta dalle disposizioni impugnate in tema  di  servizio  di  polizia
municipale lascerebbe ampio spazio all'autonomia degli  enti  locali,
limitandosi a definire requisiti minimi, in piena coerenza con quanto
risulta dall'art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003. 
    Inammissibili  e  comunque  infondate  sarebbero,  altresi',   le
censure sollevate nei confronti dell'art.15, comma 1: il senso  della
disposizione non sarebbe, infatti, quello di attribuire la  qualifica
di appartenente alla polizia giudiziaria, ma solo quello di eliminare
una situazione di incertezza, derivante dalla formulazione  dell'art.
5 della legge n. 65 del 1986. 
    Infine, la Regione sostiene che anche le  censure  sollevate  nei
confronti dell'art. 18, commi 1 e  4,  siano  infondate,  posto  che,
quanto al comma 1, esso conterrebbe un  mero  rinvio  alla  normativa
statale, mentre, con il comma 4, si  limiterebbe  a  stabilire  quali
servizi sono necessariamente svolti dal personale armato, secondo  le
regole di cui all'art. 5 della legge n. 65 del 1986. 
    3. - Il ricorrente e la resistente, all'udienza  pubblica,  hanno
insistito per l'accoglimento delle conclusioni  svolte  nelle  difese
scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli articoli 2, comma  1,  lettera  h);
5,comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e 4, della  legge
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   29   aprile   2009,   n.   9
(Disposizioni in materia di  politiche  di  sicurezza  e  ordinamento
della polizia locale). 
    Il ricorrente assume che le citate  disposizioni,  pur  contenute
nella legge regionale n. 9 del 2009,  riconducibile,  essenzialmente,
alla materia della  polizia  amministrativa  locale,  esorbiterebbero
dalla competenza legislativa residuale, assegnata  in  detta  materia
alle Regioni dall'art. 117 della Costituzione, ed  applicabile  anche
alla Regione Friuli-Venezia Giulia in virtu' dell'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  Titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), ponendosi  in  contrasto  con  gli
artt. 114  e  117,  secondo  comma,  lettere  d),  l)  ed  h),  della
Costituzione. 
    2. - In particolare, e' impugnato l'articolo 2, comma 1,  lettera
h), della legge regionale citata nella parte in cui stabilisce che la
Regione   promuove   «lo   sviluppo   di   politiche   di   sicurezza
transfrontaliere», per violazione della competenza statale  esclusiva
in materia di ordine pubblico e sicurezza, posto che le politiche  di
sicurezza non rientrano tra  le  materie  per  le  quali  le  Regioni
possono concludere accordi con Stati ed enti territoriali interni  ad
altri Stati. 
    2.1. - La questione non e' fondata. 
    2.2. - In linea preliminare, occorre  ricordare  che  lo  statuto
speciale, all'articolo 5, comma 1, punto 13, attribuisce alla Regione
potesta'  legislativa  concorrente  nella  materia   della   «polizia
locale». 
    A seguito della riforma del Titolo V della  parte  seconda  della
Costituzione,  e'  riconosciuta  alle  regioni  a  statuto  ordinario
potesta' legislativa residuale in ordine alla polizia  amministrativa
locale (art. 117, comma 2, lettera  h),  Cost.).  Pertanto,  in  base
all'articolo 10 della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001,  deve
ritenersi estesa alla Regione  Friuli-Venezia  Giulia  la  competenza
legislativa residuale in tale materia, ferme restando  le  competenze
esclusive statali, in particolare quella in tema di ordine pubblico e
sicurezza. 
    Questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  Regioni  e  Province
autonome non  sono  titolari  di  competenza  propria  nella  materia
dell'ordine pubblico e della sicurezza, nella materia cioe'  relativa
sia alla prevenzione  dei  reati,  sia  al  mantenimento  dell'ordine
pubblico (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006), inteso quest'ultimo, in
senso stretto, quale «complesso dei  beni  giuridici  fondamentali  e
degli interessi pubblici primari sui  quali  si  regge  l'ordinata  e
civile convivenza nella comunita' nazionale»  (sentenza  n.  290  del
2001). Rientrano, invece, fra i compiti di polizia amministrativa, di
competenza regionale (sentenza n. 196 del 2009), le  «misure  dirette
ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati a  soggetti
giuridici e alle cose nello svolgimento di  attivita'  relative  alle
materie nelle quali vengono  esercitate  le  competenze  [...]  delle
Regioni e degli enti locali,  purche'  non  siano  coinvolti  beni  o
interessi specificamente tutelati in funzione dell'ordine pubblico  e
della sicurezza pubblica» (sentenza n. 290 del 2001). 
    Con la legge regionale  n.  9  del  2009  in  esame,  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia ha ridefinito il quadro normativo in materia di
polizia  locale,  in  vista  dell'obiettivo  della   «promozione   di
politiche  locali  ed  integrate  per  la  sicurezza  sul  territorio
regionale» (art.  1,  comma  2).  All'art.  2  della  medesima  legge
regionale, e' stabilito che «per  il  perseguimento  delle  finalita'
generali della legge, indicate all'art. 1», la Regione  promuova  una
serie di interventi - l'integrazione tra gli interventi  regionali  e
degli enti locali  per  la  sicurezza  urbana  con  le  politiche  di
contrasto alla criminalita' e di  sicurezza  pubblica  di  competenza
degli organi statali (lettera a); il sostegno alla conoscenza ed allo
scambio di informazioni sui fenomeni criminali e sulle  situazioni  a
rischio (lettera b);  l'applicazione  di  tecnologie  finalizzate  al
coordinamento, alla  collaborazione  ed  alla  comunicazione  tra  le
polizie  locali  e  le  forze  dell'ordine  presenti  sul  territorio
regionale (lettera g), eccetera - fra i quali sono  annoverati  anche
quelli di  promozione  dello  sviluppo  di  «politiche  di  sicurezza
transfrontaliere» recati dalla disposizione (lettera  h)  oggetto  di
censura. 
    Tali interventi devono essere intesi nel senso  che  la  Regione,
nell'esercizio delle proprie competenze, svolge una mera attivita' di
stimolo e d'impulso,  nei  limiti  consentiti,  presso  i  competenti
organi statali, all'adozione di misure  volte  al  perseguimento  del
fine della tutela della sicurezza. La norma in  esame,  pertanto,  si
limita a prevedere simili interventi promozionali anche  nel  settore
delle politiche di sicurezza transfrontaliere, senza stabilire alcuna
competenza regionale  alla  conclusione  di  accordi  in  materia  di
sicurezza  pubblica,  nel  rispetto  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), della Costituzione, alla stregua del  quale  solo  «nelle
materie di sua competenza la  Regione  puo'  concludere  accordi  con
Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi
e con le forme  disciplinati  da  leggi  dello  Stato  (nono  comma)»
(sentenza n. 238 del 2004). 
    3. - Viene, poi, impugnato l'articolo 5, comma  1,  della  citata
legge n. 9 del 2009, nella parte in cui  stabilisce  che  la  Regione
promuove e sostiene finanziariamente  l'impiego  del  volontariato  e
dell'associazionismo, «ivi  comprese  le  associazioni  d'arma  e  le
associazioni  delle  Forze  dell'ordine».  Anche  tale   disposizione
sarebbe lesiva della competenza esclusiva  dello  Stato  in  tema  di
ordine pubblico e sicurezza pubblica, tenuto conto che nello  Statuto
non vi e' alcuna  previsione  che  si  riferisca  all'utilizzo  delle
associazioni d'arma e delle Forze dell'ordine  idonea  a  fondare  la
competenza regionale. 
    3.1. - La questione non e' fondata. 
    L'art. 5 della legge n. 9 del 2009 e' censurato nella sola  parte
(comma 1) in cui dispone che «al fine di favorire il  rispetto  della
legalita' e  migliorare  la  qualita'  della  convivenza  civile,  la
Regione  promuove   e   sostiene   finanziariamente   l'impiego   del
volontariato e dell'associazionismo,  ivi  comprese  le  associazioni
d'arma e le associazioni delle Forze dell'ordine,  nel  rispetto  dei
principi e delle finalita' previste dalle leggi statali  e  regionali
in materia». 
    Tale norma si inserisce nel quadro  del  programma  regionale  di
finanziamento annuale volto ad individuare le risorse da destinare  a
progetti ed interventi di rilievo regionale, locale  o  attuativi  di
accordi  con  lo  Stato,  anche  favorendo  il  coinvolgimento  delle
organizzazioni   di   volontariato   e    di    singoli    volontari,
nell'espletamento delle attivita'  volte  a  promuovere  l'educazione
alla convivenza ed il  rispetto  della  legalita'.  Essa  si  limita,
pertanto, a prevedere un mero sostegno  economico  alla  stipulazione
delle convenzioni che le predette associazioni provvedono a stipulare
con i Comuni e le Province interessate, nell'ambito delle  rispettive
competenze, peraltro precisando che cio' deve avvenire «nel  rispetto
dei principi  e  delle  finalita'  previste  dalle  leggi  statali  e
regionali», senza disporre alcunche' sui casi ed i modi  di  utilizzo
delle associazioni d'arma e delle Forze  dell'ordine.  Il  richiamato
contenuto della norma censurata esclude, quindi, che essa  invada  la
competenza statale esclusiva nella  materia  dell'ordine  pubblico  e
della sicurezza. 
    4. - Anche l'art. 8, comma 6, della legge regionale n. 9 del 2009
e' impugnato in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera  h),
della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che «nell'esercizio
delle  funzioni  di  pubblica  sicurezza  previste  dalla   normativa
statale, la polizia locale assume il presidio del  territorio  tra  i
suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le  forze
di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali
di riferimento». La richiamata disposizione contrasterebbe,  infatti,
con quanto stabilito dal legislatore  statale,  nell'esercizio  della
competenza esclusiva in tema di sicurezza pubblica, nella legge n. 65
del 1986, all'art. 5, comma 1, lettera c). 
    4.1. - La questione e' fondata. 
    Gia'  con  la  legge  7   marzo   1986,   n.   65   (Legge-quadro
sull'ordinamento della polizia municipale), il  legislatore  statale,
nell'esercizio della propria  competenza  aveva  fissato  i  principi
fondamentali in tema di polizia municipale, stabilendo  espressamente
che gli addetti alla  polizia  municipale  «collaborano,  nell'ambito
delle proprie attribuzioni, con le  forze  di  polizia  dello  Stato»
(art. 3), precisando che cio' puo' avvenire solo «previa disposizione
del Sindaco,  quando  ne  venga  fatta,  per  specifiche  operazioni,
motivata richiesta dalle competenti autorita'» e  puntualizzando  che
«il personale che svolge servizio di polizia municipale,  nell'ambito
territoriale dell'ente di appartenenza e  nei  limiti  delle  proprie
attribuzioni, esercita anche [...] funzioni  ausiliarie  di  pubblica
sicurezza» (art. 5). 
    Prima dell'entrata in vigore  del  nuovo  Titolo  V  della  parte
seconda della Costituzione, poi, l'art. 159,  comma  2,  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59),  nell'ambito
dell'ampio conferimento di funzioni e compiti alle  regioni  ed  agli
enti locali operato in attuazione della legge di  delega  n.  59  del
1997, ha precisato che restano riservate allo Stato le funzioni ed  i
compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico ed alla sicurezza
pubblica che si riferiscono alle misure preventive e repressive  atte
al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come  il  complesso  dei
beni giuridici fondamentali e degli interessi  pubblici  primari  sui
quali  si  regge  l'ordinata  e  civile  convivenza  nella  comunita'
nazionale. In attuazione di tale previsione,  e'  stato  adottato  il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12  settembre  2000
(Individuazione  delle  risorse  finanziarie,  umane,  strumentali  e
organizzative da trasferire alle regioni  ed  agli  enti  locali  per
l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di
polizia amministrativa), con il quale si e' stabilito,  fra  l'altro,
che «lo Stato, le Regioni  e  gli  Enti  locali  collaborano  in  via
permanente, nell'ambito delle rispettive competenze, al perseguimento
di condizioni ottimali di sicurezza delle  citta'  e  del  territorio
extraurbano e di tutela  dei  diritti  di  sicurezza  dei  cittadini,
nonche' per la realizzazione di specifici progetti di  ammodernamento
e potenziamento tecnico-logistico delle strutture e  dei  servizi  di
polizia  amministrativa  regionale  e  locale,  nonche'  dei  servizi
integrativi di sicurezza e di  tutela  sociale,  agli  interventi  di
riduzione dei danni,  all'educazione  alla  convivenza  nel  rispetto
della legalita'» (art. 7, comma 1). Si e', poi, aggiunto, al comma 3,
che «il Ministro dell'Interno, nell'ambito  delle  sue  attribuzioni,
promuove le  iniziative  occorrenti  per  incrementare  la  reciproca
collaborazione  fra  gli  organi  dello  Stato,  le  regioni   e   le
Amministrazioni locali in materia, anche  attraverso  la  stipula  di
protocolli d'intesa o accordi per conseguire specifici  obiettivi  di
rafforzamento delle  condizioni  di  sicurezza  delle  citta'  e  del
territorio  extraurbano».  In  attuazione  di  tale  norma  e'  stato
stipulato tra il Ministero dell'interno e la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, il 27 marzo  2007,  il  Protocollo  d'intesa  in  materia  di
politiche integrate  di  sicurezza  urbana,  il  quale  prevede,  fra
l'altro, la «promozione, da parte della Regione, di  politiche  e  di
interventi  sul  piano  della  prevenzione  sociale,  situazionale  e
comunitaria, anche attraverso intese locali in materia  di  sicurezza
urbana in raccordo con  le  politiche  di  sicurezza  adottate  dalle
competenti autorita' statali, tenuto  conto  della  specificita'  del
territorio e dell'andamento dei fenomeni criminali», sempre pero' nel
rispetto delle proprie  competenze  ed  in  eventuale  attuazione  di
indicazioni del legislatore statale. 
    Con la modifica del Titolo  V  e'  stata  riservata  allo  Stato,
dall'art. 117, secondo comma, lettera h),  Cost.,  la  competenza  in
tema di ordine pubblico e  pubblica  sicurezza;  ed  alla  competenza
regionale residuale - e non piu' concorrente - e' stata attribuita la
materia della polizia amministrativa locale. Quanto  alla  necessita'
di una collaborazione fra forze di  polizia  municipale  e  forze  di
polizia di Stato, l'art.  118,  terzo  comma,  Cost.,  ha  provveduto
espressamente  a  demandare  alla  legge  statale   il   compito   di
disciplinare  eventuali  forme   di   coordinamento   nella   materia
dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    Sul tema, poi, questa Corte si e'  gia'  pronunciata,  affermando
che le «auspicabili forme di  collaborazione  tra  apparati  statali,
regionali e degli enti locali volti a  migliorare  le  condizioni  di
sicurezza dei cittadini e del territorio, sulla falsariga  di  quanto
ad esempio prevede il d.P.C.M. 12 settembre 2000  [...]  non  possono
essere  disciplinate  unilateralmente   e   autoritativamente   dalle
regioni, nemmeno  nell'esercizio  della  loro  potesta'  legislativa»
(sentenza n. 134 del 2004; sentenze n. 10 del 2008, n. 322 del  2006,
n. 429 del 2004). 
    Nella specie,  la  norma  regionale  censurata  dispone,  pur  in
assenza di indicazioni del legislatore statale,  che  «nell'esercizio
delle  funzioni  di  pubblica  sicurezza  previste  dalla   normativa
statale, la polizia locale assume il presidio del  territorio  tra  i
suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le  forze
di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali
di riferimento», disciplinando non solo modalita' di esercizio  delle
funzioni di pubblica sicurezza da  parte  della  polizia  locale,  ma
anche le forme della collaborazione con le forze della polizia  dello
Stato, in evidente violazione della competenza esclusiva  statale  in
tema di sicurezza pubblica. 
    5. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  deduce,  inoltre,
l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 10 della  citata  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n.  9  del  2009  per  violazione
dell'art. 114 della Costituzione. La norma censurata  invaderebbe  la
sfera di competenza dei Comuni, enti con  propri  statuti,  poteri  e
funzioni, equiordinati alle Regioni,  nella  parte  in  cui  fissa  i
principi organizzativi per  l'esercizio  delle  funzioni  di  polizia
locale,  e  prevede,  al  comma  1,  che  i  Comuni  e  le   Province
istituiscano  i  corpi  di  polizia   locale   e   ne   regolamentino
l'organizzazione  ed  il  funzionamento,  disciplinando,  poi  -  nei
successivi commi 4, 5, 6, 7  e  8  -  minuziosamente  il  contingente
numerico degli addetti al servizio, il  tipo  di  organizzazione  del
Corpo di polizia municipale e lo stato giuridico del personale  e  il
relativo trattamento economico. 
    5.1. - La questione non e' fondata. 
    L'art. 114 della Costituzione stabilisce che  anche  i  Comuni  -
come le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni  -  sono  enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni,  secondo  i  principi
stabiliti dalla Costituzione, ma non  attribuisce  alcuna  competenza
statutaria  o  regolamentare  ai  predetti  Comuni.  Deve,  pertanto,
escludersi  la   denunciata   violazione   del   predetto   parametro
costituzionale. 
    6. - Il ricorrente impugna, poi, l'art. 15, comma 1, della  legge
regionale in esame, nella parte in cui prevede che «Gli agenti  della
polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e  i
commissari  della  polizia   locale   sono   ufficiali   di   polizia
giudiziaria. Il comandante del Corpo di  polizia  locale  dei  comuni
capoluogo di provincia non  riveste  la  qualifica  di  ufficiale  di
polizia giudiziaria». 
    Considerato che la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55
e 57 del codice di procedura penale, opera di  propria  iniziativa  e
per  disposizione  o  delega  dell'Autorita'  giudiziaria,  ai   fini
dell'applicazione della legge penale, la  norma  regionale  censurata
sarebbe in contrasto con  la  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di giurisdizione penale. 
    6.1. - La questione e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' avuto occasione  di  affermare  che  «quanto
alla polizia giudiziaria che, a norma  dell'art.  55  del  codice  di
procedura penale, opera, di propria iniziativa e per  disposizione  o
delega dell'Autorita' giudiziaria, ai fini della  applicazione  della
legge penale, l'esclusione della competenza regionale» in materia  di
attribuzione  di  funzioni  di  polizia  giudiziaria  «risulta  dalla
competenza esclusiva dello Stato in materia di  giurisdizione  penale
disposta dalla lettera l)  del  secondo  comma  dell'art.  117  della
Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003). 
    La norma regionale  censurata  e',  pertanto,  costituzionalmente
illegittima, in quanto, provvedendo ad attribuire agli  addetti  alla
polizia locale  la  qualifica  di  agenti  ed  ufficiali  di  polizia
giudiziaria, invade la  sfera  di  competenza  esclusiva  statale  in
materia di giurisdizione penale. Nessun rilievo assume, al  riguardo,
l'esistenza di norme statali (ed in  particolare  dell'art.  5  della
legge n. 65 del 1986) che gia' riconoscono la qualifica di  ufficiali
e agenti di polizia giudiziaria al personale  della  polizia  locale,
posto che «il problema qui in discussione non e'  di  stabilire  chi,
attualmente, sia riconosciuto come  ufficiale  o  agente  di  polizia
giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la  competenza  a  operare  il
riconoscimento» (sent. n. 313  del  2003),  competenza  «riservata  a
leggi e regolamenti che debbono  essere,  in  quanto  attinenti  alla
sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale»  (sent.  n.  185
del 1999). 
    7. - E' impugnato, infine, l'art. 18 della legge regionale  n.  9
del 2009, in quanto, stabilendo che il personale di polizia locale e'
dotato di armamento secondo quanto previsto dalla  normativa  statale
(comma 1) e che gli addetti alla polizia locale espletano  muniti  di
armi almeno i servizi di  vigilanza,  protezione  degli  immobili  di
proprieta' dell'ente locale e  dell'armeria  del  Corpo  o  Servizio,
quelli notturni e di pronto  intervento  (comma  4),  invaderebbe  la
competenza esclusiva dello Stato in materia di  «armi,  munizioni  ed
esplosivi». 
    7.1. - La questione relativamente all'art. 18, comma  1,  non  e'
fondata. 
    La disposizione in esame, nel  prevedere  che  «il  personale  di
polizia locale e' dotato di armamento secondo quanto  previsto  dalla
normativa statale» non contiene,  infatti,  una  disciplina  dell'uso
delle armi da parte dei membri della polizia locale, ma si  limita  a
rinviare a tal proposito a quanto disposto dal  legislatore  statale,
la cui competenza non e' quindi violata. 
    7.2.  - E',  invece,  fondata,  la  questione   di   legittimita'
costituzionale  relativamente  all'art.  18,  comma  4,  della  legge
regionale in esame. 
    Tale norma, stabilendo che, «in  conformita'  a  quanto  previsto
dalla normativa statale, gli addetti alla  polizia  locale  espletano
muniti di armi  almeno  i  servizi  di  vigilanza,  protezione  degli
immobili di proprieta' dell'ente locale e dell'armeria  del  Corpo  o
Servizio, quelli notturni e di pronto intervento»,  diversamente  dal
citato comma 1, non si limita a rinviare alla disciplina statale,  ma
identifica una serie di servizi in relazione ai quali gli  agenti  di
polizia locale devono essere muniti di armi. 
    L'art. 5, comma 5,  della  legge  quadro  sull'ordinamento  della
polizia municipale (n. 65 del 1986), prevede che solo «gli addetti al
servizio di polizia municipale ai quali e' conferita la  qualita'  di
agente di pubblica sicurezza possono,  previa  deliberazione  in  tal
senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui
possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini  e
nelle modalita' previsti dai rispettivi regolamenti»,  in  linea  con
quanto  stabilito,  in  via  generale,  «con   apposito   regolamento
approvato   con   decreto   del   Ministro   dell'Interno,    sentita
l'Associazione nazionale dei Comuni d'Italia»; dispone  altresi'  che
e' «demandato al Prefetto  il  conferimento  al  suddetto  personale,
previa comunicazione al Sindaco, della qualita' di agente di pubblica
sicurezza».  Emerge,  con  chiarezza,  quindi,  che  la   particolare
tipologia di servizi ai quali gli  agenti  ed  ufficiali  di  polizia
locale sono adibiti costituisce uno  dei  presupposti  giustificativi
dell'attribuzione,  da   parte   della   normativa   statale,   della
possibilita' per i medesimi di portare le armi.  Pertanto,  la  norma
regionale, enumerando esplicitamente ed autonomamente taluni  servizi
in relazione ai quali gli agenti di polizia locale devono portare  le
armi, interviene a disciplinare  casi  e  modi  di  uso  delle  armi,
invadendo la  competenza  statale  esclusiva  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera d), della Costituzione.